2
In questo lavoro lo "ius ad e contra bellum", per ovvie esigenze
di spazio, riceveranno un'attenzione marginale, mentre si tenterà
di individuare le norme che attualmente costituiscono lo "Ius in
bello" applicabili all'intervento umanitario.
E' opportuno, tuttavia, sottolineare che le norme giuridiche non
sono in grado di risolvere i gravi problemi causati dai conflitti
armati.
Le vittime della guerra possano beneficiare di una protezione
efficace solo se il diritto internazionale umanitario è
accompagnato dall'azione svolta dalle parti di un conflitto
armato, nonché dalla comunità internazionale e dalle
organizzazioni non governative
5
.
Nella consapevolezza di ciò cercheremo di distinguere
nell'ambito dell'intervento umanitario le operazioni di assistenza
dalle operazioni di protezione umanitaria, specificandone la
definizione ed i limiti di liceità rispetto alle norme generali e
particolari che regolano questo delicato ambito.
Si affronteranno per tale vie il discorso relativo: all'incidenza di
tali operazioni nell'ambito del divieto dell'uso della forza e del
principio del rispetto della giurisdizione domestica, alla
necessarietà del consenso dello Stato interessato dalla crisi
umanitaria, al diritto o dovere di ingerenza umanitaria, alla
capacità ed al ruolo della comunità internazionale, delle
organizzazioni governative e non governative nella risoluzione
delle crisi umanitarie.
Distinguendo tra le diverse esigenze umanitarie che sono alla
base dell'intervento, ognuno dei punti su elencati sarà affrontato
relativizzandolo alle attività di assistenza umanitaria prima e di
protezione poi, onde determinare i soggetti attivi e passivi nelle
situazioni di emergenza umanitaria.
Non sorprenda che nella trattazione delle argomentazioni relative
all'assistenza umanitaria si farà accenno, anche, alle tematiche
5
Bettati, "Le devoir d'ingerence", Paris, 1987, pp. 80 e ss.
3
relative agli interventi conseguenti a calamità naturali, poiché
tale scelta è dipesa dalle similitudini che si palesano nella
soluzione delle problematiche di studio correlate all'argomento in
oggetto.
Il lavoro, basatosi sull'individuazione delle fonti cognitive e sulla
ricostruzione della storia del diritto internazionale umanitario,
della prassi internazionale rilevante e delle varie tesi dottrinali a
riguardo, cercherà di individuare i principi di portata generale
che regolano le differenti tipologie d'intervento, evidenziando le
interconessioni tra il diritto internazionale umanitario ed i "più
giovani diritti dell'uomo", al fine di delineare i limiti entro i quali
tali operazioni possono essere ritenute lecite, anche, in
considerazione di interessi particolari che potrebbero minarne la
corrispondenza ai fini dichiarati delle attività in argomento.
Tracciate le "linee guida" dell'intervento umanitario di assistenza
e protezione, nella consapevolezza delle loro profonde
differenze, si analizzerà la crisi dell'ex-Yugoslavia, che ha
costituito, per la sua durata decennale, un importante test case
per la comunità internazionale ed ha contribuito a catalizzare
l'attenzione, anche dei non addetti ai lavori, sui temi in
argomento. L'analisi del conflitto si svilupperà secondo tre
direttrici, una storica, una giuridica, ed una politica. Tale scelta,
che ha richiesto un particolare impegno, è stata motivata dalla
necessità di distinguere i tre aspetti della ricostruzione della crisi,
interessanti per il nostro lavoro, cercando di evitare commistioni
che avrebbero condotto inevitabilmente, anche, nella
ricostruzione storica e giuridica a delle scelte di campo che
seppure latenti, avrebbero potuto inficiare la bontà dello studio.
Non ci si illude di essere riusciti ad omettere qualsiasi tendenza
personalistica sui delicati temi trattati, che potrebbero fare la
differenza tra l'incolpevole omissione d'intervento e l'indebita
ingerenza, tra la salvaguardia del diritto alla vita ed il
perseguimento di interessi tutt'altro che meritevoli, ma si spera di
4
averle ridotte al minimo. Si deve confessare che il compito è
stato particolarmente arduo, anche in considerazione di un
personale impegno decennale direttamente in campo, rispetto al
quale questa tesi è un'ulteriore tributo.
In conclusione del lavoro sono stati presi in considerazione gli
orientamenti percorribili nell'attività di assistenza e protezione
delle vittime dei conflitti armati sulla base degli argomenti
sviluppati e delle problematiche evidenziate dallo studio.
5
Capitolo Primo - L'assistenza umanitaria
1§ Diritto internazionale umanitario e intervento umanitario;
2§ L'assistenza umanitaria nell'ambito dell'intervento umanitario;
3§ L'assistenza umanitaria e la teoria del consenso;
4§ Le operazioni d'assistenza e la comunità sostanziale.
1§ Diritto internazionale umanitario e intervento
umanitario.
Prima di trattare le problematiche relative all'intervento
umanitario si ritiene utile definire cosa debba intendersi per
diritto internazionale umanitario, quali siano i fondamenti
giuridici e l'ampiezza della sua portata. Tradizionalmente le
regole sul diritto internazionale umanitario erano ripartite in due
branche distinte: il diritto internazionale di pace e diritto
internazionale bellico (ius in bello); il primo disciplinava le
relazioni tra Stati in assenza di un conflitto, il secondo era
applicato conseguentemente all'apertura di un conflitto armato e
per tutta la durata delle ostilità
6
.
Lo ius in bello disciplinava sia i rapporti tra i contendenti, sia i
rapporti tra questi e gli Stati terzi; in quest'ultimo caso, la
disciplina era nominata "diritto della neutralità"
7
. Il diritto di
ricorrere alla forza armata (ius ad bellum) era considerato come
parte del diritto internazionale di pace, mentre l'insieme di norme
relative alla disciplina delle ostilità tra i belligeranti faceva parte
della trattazione del diritto internazionale bellico.
Con la nascita delle Nazioni Unite si è limitato lo ius ad bellum e
si è avviato un processo volto alla riqualificazione e
risistemazione dottrinale dello ius in bello, fino a parlare, nelle
trattazioni più recenti, di diritto internazionale umanitario,
6
Ronzitti, "Diritto internazionale dei conflitti armati", Torino, 1998, pp. 21 e ss.
7
Ferrari Bravo, "Lezioni di diritto internazionale", Napoli, 1992, pp. 53.; L'Autore fa
risalire la nascita del diritto della neutralità alla guerra marittima.
6
comprendente il cd. "diritto dell'Aja", il cd. "diritto di Ginevra
8
"
e un sistema in via di codificazione relativo alla tutela delle
popolazioni interessate da calamità naturali (diritto internazionale
umanitario di pace), come branche facenti parte di un unico
sistema di diritto
9
.
Se la Carta delle Nazioni Unite afferma in maniera
inequivocabile il divieto della minaccia o dell'uso della forza
contro un altro Stato, perché parlare di norme internazionali da
applicarsi ai conflitti armati ed ai loro effetti? A questa domanda
vanno date tre risposte complementari:
- la Carta delle Nazioni Unite seppure ha vietato il ricorso
all'uso della forza, come criterio generale, lo ammette per i
casi di legittima difesa, sia individuale sia collettiva
10
, contro
gli attacchi che minaccino l'indipendenza o il territorio di uno
Stato e, nonostante tale divieto, i conflitti armati sono un dato
di fatto;
- il divieto di ricorrere alla forza, enunciato nella Carta delle
Nazioni Unite non è un limite alle modalità di garanzia
dell'ordine pubblico dei singoli stati, con la conseguenza che,
finché il conflitto non viene internazionalizzato, il ricorso alla
"forza" rimane lecito
11
;
8
Ronzitti, "Diritto internazionale… ", op. cit., p 18.
9
Così la Corte Internazionale di Giustizia nel parere dell'8 luglio 1996, nel caso Legality of
the use of nuclear weapons in armed conflicts, Advisory Opinion of July 8
th
, 1996 (testo
reperito nel sito della Corte- Http://www.icj-cji.org)
10
Sul punto si veda Ronzitti: "Forza (uso della)", in Digesto delle Discipline
Pubblicistiche, vol. VII, 1991, pp. 3 e ss. Testualmente l'Autore sostiene che "Nella carta
bisogna distinguere le disposizioni relative all'uso della forza che riguardano gli Stati
individualmente considerati da quelle relative al sistema di sicurezza collettiva che fa capo
al Consiglio di Sicurezza. Al primo gruppo appartengono la disposizione che stabilisce un
divieto generale di usare la forza nelle relazioni internazionali e le relative eccezioni…. Le
eccezioni hanno per oggetto la legittima difesa individuale e collettiva e le azioni contro
Stati ex nemici di cui all'art.107 della Carta".
11
Eisner, "The continuing validity of the non intervention norm", Bruxelles, 1994, pp. 113 e
ss; Gasser, "International Humanitarian law and protection of war victimes", in
International Review of Red Cross, n.325, March 1998., pp. 569 e ss. Si veda anche
l'opinione in tal senso di Conforti, che evidenzia delle eccezioni alla portata della norma
7
- il capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite autorizza gli
Stati membri all'utilizzo della forza nel contesto di azioni
collettive, volte al mantenimento o al ripristino della pace e
della sicurezza internazionale
12
.
È evidente, allora, la necessità di disporre di norme internazionali
che limitino gli effetti della guerra sulle persone e sui beni e che
proteggano certi gruppi di persone, particolarmente vulnerabili.
Questo compito è assolto dal diritto internazionale umanitario,
costituito da disposizioni sia di carattere convenzionale, tra cui
spiccano per importanza le convenzioni di Ginevra del 1949 ed i
protocolli aggiuntivi del 1977 (cd. diritto di Ginevra) e le
convenzioni dell'Aia, sia da norme internazionali primarie
13
.
I vari trattati, che costituiscono il diritto di Ginevra, hanno per
oggetto la sorte delle persone che hanno cessato di combattere o
che sono cadute in potere del nemico, anche se non impongono
dei limiti al modo in cui le operazioni militari possono essere
condotte. Dunque, da un lato si sviluppa il sistema normativo
convenzionale di Ginevra e, parallelamente, in diverse tappe, il
consuetudinaria a ciò relativa, "Diritto internazionale", V ed., Napoli, 1997, pp. 191, 192,
198.
12
Gasser, op. cit., pp. 569 e ss.
13
Gasser, op. cit., pp. 570 e ss. L'Autore in realtà parla di norme consuetudinarie, ma si
ritiene anche che si possa affermare che le convenzioni di Ginevra ed i protocolli aggiuntivi
abbiano cristallizzato o contribuito all'affermazione di norme primarie diverse dalle
consuetudini. Parte della dottrina in proposito ha parlato di "Consuetudini istantanee" altra
ha parlato di Principi generali di diritto internazionale (differenti dai principi di diritto
interno delle nazioni civili) intesi come "…espressione immediata e diretta della volontà
del corpo sociale…". Sul punto si veda Quadri ,"Diritto internazionale Pubblico", Napoli,
1968, pp.109 e ss. Per un'analisi delle posizioni dottrinali a riguardo si veda Ziccardi
Capaldo, "Democratizzazione all'Est e diritto internazionale generale", in
Democratizzazione all'Est e diritto internazionale, a cura di Ziccardi Capaldo, Napoli, 1998,
pp. 36 e ss. L'Autrice in parola sembra riconoscere la validità dei principi generali (definiti
"principi di legalità", p.39, nota 40) come norme primarie, anche se nello specifico si
riferisce al principio di Democrazia, ed asserisce "che i principi espressi dalle forze
egemoni non vengano "imposti", ma siano operanti per tutti gli Stati solo se sorretti da un
ampio consenso manifestato in sedi istituzionali (p.38)". Anche Ferrari Bravo riconosce
valore a questo tipo di norme primarie definendoli principi materiali, Ferrari Bravo, op. cit.,
pp. 55 e ss. Di diverso avviso è Conforti che non ammette l'esistenza di tali principi.
Conforti, "Diritto Internazionale", V ed., Napoli, 1997, pp.87 e ss.
8
cd "diritto dell'Aja
14
", costituito da regole internazionali
contenute nelle convenzioni dell'Aja del 1889 e del 1907 che,
invece, fissano dei limiti al modo di condurre le operazioni
belliche, circoscrivendo quelle lecite agli attacchi contro obiettivi
necessari al risultato delle operazioni militari, al fine di
proteggere la popolazione civile
15
.
Con la conclusione della seconda guerra mondiale, si forma
anche il complesso di regole che vanno sotto il nome di "diritti
dell'uomo"
16
. "Esiste una convergenza tra gli obiettivi dei diritti
dell'uomo e quelli del diritto umanitario: entrambi i sistemi
mirano ad imporre dei limiti al potere dell'autorità statale, allo
scopo di salvaguardare i diritti fondamentali dell'individuo"
17
.
Le norme internazionali sia generali che pattizie relative ai diritti
dell'uomo riescono ampiamente a raggiungere quest'obiettivo in
quanto si applicano a tutti gli aspetti della vita. "Le regole, in
esse enunciate, devono essere applicate in ogni circostanza,
anche se, un certo numero di garanzie, per esigenze di
particolare urgenza, possono essere temporaneamente sospese.
Il diritto internazionale umanitario, invece, si applica
esclusivamente in caso di conflitto armato e, per tutta la durata
14
Il diritto di Ginevra, che si sostanzia nella convenzione del 18 Agosto 1864, nelle
convenzioni del 12 agosto 1949, relative al miglioramento delle condizioni ed alla
protezione, dei feriti delle forze armate, dei naufraghi, dei prigionieri di guerra e delle
popolazioni in tempo di guerra e nei due protocolli aggiuntivi del 8 giugno 1977 (relativi
alla protezione delle vittime dei conflitti internazionali e non internazionali), si differenzia
dal cd. diritto dell'Aja (convenzioni del 29 luglio 1899 e del 18 ottobre 1907) perché
quest'ultimo concerne prevalentemente le limitazioni imposte all'uso delle armi e metodi di
guerra, solo indirettamente interessando il diritto "umanitario" in senso stretto. Ronzitti,
"Diritto internazionale… ", op. cit., p. 18.
15
Gasser, op. cit., pp. 579 e ss.
16
Si prenda ad esempio per l'importanza politica la Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo, New York, 10 dicembre 1948. Si vedano: il Patto dei diritti economici, sociali e
culturali; il Patto internazionale sui diritti civili e politici, New York, 16 dicembre 1966,
hanno tradotto i principi della dichiarazione della Dichiarazione universale in una forma
vincolante per gli Stati che hanno provveduto alla ratifica; la Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, Roma, 4 novembre 1950 e i
relativi undici protocolli aggiuntivi contenenti sia norme sostanziali che procedurali.
17
Gasser, op. cit., pp. 569 e ss.
9
dello stesso, le sue regole non possono essere derogate in alcuna
circostanza. In sostanza il diritto internazionale umanitario
costituisce un insieme specifico di norme che emergono dai
diritti dell'uomo e che sono peculiarmente adattate alle
situazioni di conflitto armato
"18
.
In verità, alcuni autori concepiscono il diritto internazionale
umanitario come un insieme tale da ricomprendere tutte le norme
poste a protezione degli individui, a cominciare da quelle relative
ai diritti dell'uomo; tale concezione si pone nell'ottica che lo
Stato debba dar conto, in ogni tempo ed in ogni luogo, del
rispetto dovuto alla persona umana, realizzando una
trasposizione di principi dal campo etico-morale al campo
giuridico
19
.
C'è, inoltre, chi sostiene che il diritto internazionale umanitario
sia da configurarsi come un diritto speciale, non potendo, per le
sue caratteristiche, essere ricondotto né entro il diritto interno, né
entro il diritto internazionale; esso, semmai, potrebbe definirsi
sovranazionale, poiché pone obblighi diretti agli Stati nei
confronti dei propri cittadini e riconosce diritti anche a soggetti
privi di personalità giuridica internazionale come, per esempio, le
popolazioni interessate da esigenze umanitarie o gli insorti
20
.
Leyendecker sostiene che per diritto internazionale umanitario,
sia di pace, sia di guerra, si debba intendere l'insieme dei principi
generali, delle norme consuetudinarie e convenzionali dirette a
proteggere gli esseri umani coinvolti in situazioni di grave
emergenza provocate da comportamenti commissivi o omissivi
18
Gasser, op. cit., p 589. La traduzione in Italiano, a cura del Dr. Guerra (responsabile
diffusione D.I.U. della C.R.I.) qui riportata è reperibile con il titolo di "Il diritto
internazionale umanitario e la protezione delle vittime della guerra" nel Web site:
Http\\www.cicr.org.
19
Patrnogic, "Le droit de l'homme et les conflcts armés" ,in "I diritti dell'uomo come base
del diritto internazionale umanitario", San Remo, 1970,pp.59 e ss.
20
Ridruejo, "Contribucion al estudio del derecho humanitario belico" in Revista Espaňola
de Derecho Militar, Vol. I, 1956, pp.28 e ss.
10
dell'uomo o da eventi naturali
21
. Classifica, dunque, le
"emergenze umanitarie" a seconda del rango delle fonti di
regolamentazione giuridica, convenzionali o primarie. L'autore
sostiene che le emergenze dovute a conflitti armati rinvengano
una loro regolamentazione normativa di natura convenzionale,
mentre le emergenze dovute a catastrofi naturali o indotte trovino
fondamento nel diritto consuetudinario
22
.
La tesi avanzata da Leyendecker non opera distinzioni tra diritto
umanitario di guerra e di pace
23
ed è capace, per tale ragione, di
ricomprendere anche le azioni umanitarie, che non siano
conseguenti a conflitti armati, distinguendo il fondamento
giuridico dal fondamento ideale-morale
24
. Si mette, così, in
evidenza come le tesi che riconducono il diritto internazionale
umanitario alla regolamentazione giuridica dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali comprenderebbero in un unico insieme
norme a carattere vincolante con mere dichiarazioni di principio,
con la possibile conseguenza di un'eventuale attenuazione
dell'efficacia delle norme vincolanti
25
.
Della stessa opinione è il Condorelli che sottolinea, inoltre, come
generalmente le risoluzioni o raccomandazioni adottate dagli
organi delle Nazioni Unite opererebbero tale distinzione
sistematicamente
26
.
21
Leyendecker, "Le azioni di soccorso nel diritto internazionale umanitario", Milano,
1979, pp. 17 e ss.
22
Leyendecker, op cit., p. 13.
23
Come invece propone Ridruejo, op cit., pp. 29.
24
Ci si riferisce alla suggestiva definizione avanzata da Patrnogic, "Le droit de l'homme…"
op. cit., pp. 59 e ss.
25
Leyendecker, op. cit., pp.8 e ss.
26
Si notino a tale proposito per la Crisi del Kosovo, le risoluzioni del Consiglio di
Sicurezza: U.N. doc. S/Res 1244 del 10 giugno 1999; U.N. doc. S/Res 1239 del 14
maggio1999; U.N. doc. S/Res 1203 del 24 ottobre 1998; U.N. doc. S/Res 1199 del 23
settembre 1998. Per la situazione relativa in generale alla crisi dell'ex Jugoslavia si vedano:
U.N. doc. S/Res 1186 del 21 luglio 1998; U.N. doc. S/Res 1183 del 15 giugno 1998; U.N.
doc. S/Res 1174 del 15 giugno 1998; U.N. doc. S/Res 1147 del 13 gennaio 1998; U.N. doc.
S/Res 1145 del 19 dicembre 1997; U.N. doc. S/Res 1144 del 19 dicembre 1997. Si veda
anche: Boisson de Chazournes, "Le résolutions des organes des Nations Unies, et en
11
Il Consiglio di Sicurezza si richiamerebbe direttamente al diritto
internazionale umanitario nell'esporre le motivazioni a
fondamento dell'intervento umanitario riferendosi al cd. diritto di
Ginevra ed al gruppo degli altri accordi e principi che vi si
rapportano e non agli strumenti relativi ai diritti dell'uomo che
per prassi sono indicati a parte
27
.
Nell'ambito del diritto internazionale umanitario si pongono le
operazioni di assistenza e protezione delle vittime dei conflitti
armati o calamità naturali, come strumento attuativo dell'insieme
dei principi generali e delle norme convenzionali dirette a
proteggere in modo immediato quanti, senza loro colpa, versino
in situazioni di grave emergenza.
L'autore sottolinea come l'aggettivo "umanitario" abbia un
significato più ampio nel caso venga riferito non più al "diritto",
ma alle "esigenze umanitarie", intese come cause giustificative
dell'intervento umanitario; Condorelli specifica che il significato
è più ampio, perché le esigenze umanitarie possono scaturire non
solo da violazioni del diritto internazionale umanitario, ma anche
da violazioni dei principi relativi ai diritti dell'uomo; e, infine,
che i bisogni umanitari, che possano giustificare un intervento,
sono esclusivamente di carattere collettivo
28
.
particulier celles du Conseil de Sécurité, en tant que source de droit international
humanitaire" in Les Nations Unies et le Droit International Humanitaire, a cura di
Condorelli - La Rosa, Paris, 1996, pp. 149 e ss.
27
A tale proposito degno di nota è il tentativo di Condorelli di specificare il concetto di
intervento umanitario differenziando le operazioni di assistenza da quelle di protezione,
ponendo particolare attenzione sul concetto di assistenza umanitaria e di "esigenze
umanitarie". Condorelli, "Intervention humanitaire et/ou assistance humanitaire? Quelques
certitudes et beaucoup d’Interrogations ", in International legal Issues Arising under the
United Nations Decade of International Law, a cura di: Naumi - Meese, Dordrecht, 1995,
pp. 1000 e ss.
28
Condorelli parla di violazioni che producono delle sofferenze massicce di una gravità
particolarmente evidente, come causa giustificativa dell'intervento umanitario. Op cit.
p.1002 e ss.
12
2§ L'assistenza umanitaria nell'ambito dell'intervento
umanitario.
Dopo aver distinto il corpus di norme relativo ai "diritti
dell'uomo" da quello relativo al diritto internazionale umanitario
e la loro portata, occorre valutare quale sia il ruolo dell'assistenza
umanitaria e, più in generale, dell'intervento umanitario.
Una chiave di lettura definisce l’intervento umanitario come
“l’azione violenta volta a salvare vite umane dei propri o altrui
cittadini
29
" o diretta a porre fine a massicce violazioni dei diritti
umani
30
.
L'uso della forza per far fronte a determinate esigenze umanitarie
sarebbe l'ultima ratio a cui ricorrere esclusivamente in caso altre
misure meno "forti" risultassero inefficaci
31
.
Altra dottrina ritiene che l'uso della forza non sia necessario per
qualificare tale intervento
32
e che si debba parlare di intervento
umanitario, ogni qual volta la comunità internazionale, gli Stati,
le organizzazioni non governative e le organizzazioni
internazionali, anche singolarmente, mettano a disposizione le
loro risorse economiche ed umane, per fare fronte a determinate
29
Conforti, op. cit., p 186 e 370.
30
Benjamin, "Unilateral Humanitarian intervention: legalising The use of force to prevent
human rights atrocities", in Fordham international law Journal, vol.16, 1992-1993, pp. 218
e ss.
31
In tale senso Ridruejo, "Contribucion…", op. cit., pp. 30 e ss. ; Patrnogic "Le droit de
l'homme .."; op. cit. pp. 59 e ss; Picone, "Peace Keeping nel mondo attuale, tra
militarizzazione e amministrazione fiduciaria", in Rivista di Diritto Internazionale, 1996,
pp. 121 e ss; Lattanzi, "Assistenza umanitaria ed Intervento d’umanità", Torino, 1997;
Ronzitti, "Diritto internazionale dei conflitti armati", Torino 1998.
32
L'intervento umanitario non può riferirsi ad ogni azione intrapresa dal Consiglio di
Sicurezza a norma del Capo VII, come sembra facciano alcuni autori tra cui Lattanzi, op.
cit. Secondo questa dottrine le operazioni di assistenza umanitaria sarebbero lecite se
autorizzate dalle Nazioni Unite (o fondate sul consenso). Altri Autori tra cui Condorelli e
Bettati ritengono necessario un provvedimento autorizzativo ai termini della Carta solo in
un'eventuale fase "patologica" dell'assistenza umanitaria in cui si necessiti di azioni decise
in base al capo VII in appoggio all'operazione di assistenza umanitaria (si tratterà il punto
più diffusamente in seguito, pp. 35 e ss). Si veda in proposito anche Pineschi, "Le
operazioni delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace", Vol. I, Padova, 1998, pp.
18 e ss.
13
"esigenze umanitarie". L'intervento umanitario, dunque,
andrebbe distinto in "intervento d'assistenza" ed "intervento di
protezione", secondo il fine cui esso è teso
33
. Si potrebbe parlare
di "assistenza", quando per far fronte alle esigenze umanitarie
non sia necessario il ricorso all'uso della forza, mentre si
dovrebbe parlare di intervento in protezione, quando l'uso della
forza si renda necessario, come extrema ratio, per garantire
l'esito delle attività di assistenza umanitaria o la protezione di
quelle particolari esigenze umanitarie che sono costituite dai
"fondamentali diritti umani"
34
.
Il Condorelli reputa che si debba parlare di assistenza umanitaria
nelle ipotesi in cui il "sovrano territoriale", cioè chi detiene
l'effettivo controllo del territorio, non ponga ostacoli
33
La teoria della concezione teleologica dell'azione umanitaria, avanzata già negli anni '70
da Leyendecker, è stata ripresa ed adattata alle mutate condizioni del diritto internazionale
umanitario anche da alcuni autori francesi. Secondo tale teoria è possibile distinguere le
azioni umanitarie non in base agli strumenti utilizzati o autorizzati per il buon fine della
missione, ma a seconda del fine stesso che l'attività si propone di raggiungere. Si veda
Leyendecker, op. cit., pp. 10 e ss Ma anche il rapporto del Segretario Generale U.N. doc.
S/1998/843 del 22 settembre 1998 "on protection for humanitarian assistance", pp. 3 e ss..
Una distinzione in base ai mezzi utilizzati nello svolgimento di tali operazioni sulla scorta
della dottrina internazionale prevalente, viene operata da Pineschi, op. cit., p.18. L’Autrice
ritiene che si possa arrivare ad una connotazione esatta dei temi in discorso, dal confronto
delle basi giuridiche, che le varie dottrine prospettano. L'Autrice, distingue le operazioni
delle Nazioni Unite in:
- operazioni d'osservazione, caratterizzate, dall'utilizzo di personale civile o anche
militare, ma con un mandato tale da non permettere un intervento diretto in nessuna
circostanza;
- operazioni per il mantenimento della pace, caratterizzate dalla finalità della forza
d'interposizioni, dall'imparzialità nello svolgimento del mandato e dall'uso delle armi
solo in caso di legittima difesa (regole d'ingaggio);
- operazioni coercitive, finalisticamente orientate all'applicazione di una sanzione a
norma del capo VII della Carta.
L'Autrice in parola pone l'accento su come sia labile il confine tra le categorie individuate
all'interno delle operazioni delle Nazioni Unite ed inserisce nell'insieme delle Peace
keeping operations le azioni d'assistenza umanitarie, per il carattere comune
dell'imparzialità. Pineschi, op. cit. pp. 43 e ss.
34
Ci si riferisce al "nucleo portante" dei diritti umani che è comune tanto al sistema dei
"diritti dell'uomo", tanto al diritto internazionale umanitario. Gasser, "Le droit international
humanitaire", Berne,1993, pp.3 e ss; Gasser, "International Humanitarian law…", p. 571.
14
sistematicamente volti ad impedire l'esercizio di questo dovere e
assicuri il corrispondente diritto delle popolazioni colpite da
calamità naturali ed indotte
35
. Sarebbe necessario, viceversa,
parlare di intervento in protezione quando il "sovrano
territoriale" o lo Stato che verte in una situazione di inerzia o
incapacità, non consenta l'accesso alle popolazioni vittime di
calamità naturali o indotte
36
.
Nelle operazioni di assistenza, in pratica, non si delineerebbe una
responsabilità diretta dello Stato nella situazione generante
"l'esigenza umanitaria", mentre nelle operazioni di protezione
non si potrebbe prescindere da una violazione delle norme
internazionali, da parte dello Stato interessato. Se si accetta il
punto di vista di Condorelli, il concetto di "assistenza umanitaria"
e quello di "intervento umanitario" non avrebbero lo stesso
significato; tali espressioni poggerebbero su due piani differenti
sebbene logicamente concatenati, poiché l'intervento umanitario
entrerebbe in gioco solo quando l'operazione d'assistenza
umanitaria fosse fallita o al solo scopo di renderla possibile
37
.
La dottrina, in specie Condorelli, palesa la necessità di tale
distinzione, al fine di ricercare un fondamento maturo dei temi
dell'intervento rispetto alle diverse fonti, che disciplinano il
diritto internazionale umanitario, e d'individuare i limiti alla
liceità dello stesso
38
. L'assistenza umanitaria inciderebbe,
esclusivamente, sull'estensione del principio del "dominio
riservato", mentre le operazioni di protezione inciderebbero sulla
35
Condorelli, "Le Nations Unies et le droit…", op. cit., pp. 149 e ss.
36
Per l'Autore rientrerebbero nelle operazioni di intervento in protezione anche le ipotesi di
prevenzione e repressione dei crimini di guerra. Si veda Condorelli "Les Natons Unies…",
op. cit., pp. 445 e ss.
37
Anche la distinzione tra diritto internazionale umanitario di pace e di guerra, operata da
Leyendecker, suggerisce tale orientamento.
38
Condorelli, "Le Nations Unies…", op. cit., pp. 465 e ss; "Intervention humanitaire..", op.
cit., pp. 1000 e ss. Sul Tema si veda anche il contributo di Plattner, "Assistance to civilian
population: The development and present state of international humanitarian law", in
International Review of the Red Cross no. 288, pp. 249-263.
15
cogenza del divieto dell'uso della forza e delle sue eccezioni,
oltre che sulla portata del principio dell'esclusività della
giurisdizione domestica
39
.
Carrillo Salcedo, nell'attività di assistenza distingue tre "domini"
principali
40
:
- catastrofi, qualunque ne sia l'origine;
- gruppi a rischio (profughi, rifugiati, bambini…);
- conflitti armati.
Alcune organizzazioni internazionali preferiscono, invece,
distinguere tali "domini", o stati di bisogno, secondo una
bipartizione, che tenga conto della causa genetica dell'esigenza
dell'intervento umanitario, perché da ciò dipenderebbe la
qualificazione dell'attività come mera assistenza o protezione:
a) catastrofi naturali (terremoti, attività vulcaniche in generale,
alluvioni e più in generale eventi atmosferici straordinari);
b) calamità indotte, cioè calamità in cui è ravvisabile una diretta
responsabilità dell'uomo, comprendenti a loro volta:
- incidenti ad impianti industriali (rischio chimico, atomico
ecc.
41
);
39
In propostio risultano confermare tale tesi alcuni documenti dei vari organi delle Nazioni
Unite, a titolo esemlificativo e per la loro importanza si vedano: U.N. doc. S/PRST/1997/34
del 19 giugno 1997 "Statement by the President of the Security Council on protection for
humanitarian assistance";. U.N. doc. S/1998/883 del 22 settembre 1998, "Report of the
Secretary General on protection for humanitarian assistance in conflict situations"; U.N.
doc. S/1999/957 del 8 settembre 1999, "Report of the Secretary General on
recommendations to protect civilian in armed conflicts".
40
Carillo Salcedo, "Le droit à l'assistance humanitaire: à la recherche d'un équilibre entre
les devoirs des autorites territorials et les obligations des donateurs des secours
humanitaires", in Le droit face aux crises humanitaires, vol. II, Luxembourg, 1995, p. 110.
41
Questa tipologia di incidenti per la sua trattazione, in questo studio, non presenta
difformità rispetto alle calamità naturali, ma richiede una diversa attenzione nello studio dei
rischi perché:
- potrebbero sorgere delle differenti esigenze umanitarie e conseguentemente
cambierebbero le politiche operative;
- muterebbero le modalità di prevenzione ed il fondamento giuridico di eventuali
responsabilità