1
Introduzione
Questo lavoro intende presentare la complessa figura di Manuel Atienza,
filosofo del diritto appartenente al movimento analitico di stampo
anglosassone. La definizione di filosofia analitica come filosofia linguistica
(del linguaggio e della giustificazione) ricorre a partire dal XX secolo1. I
filosofi “analisti" privilegiano un approccio "intralinguistico" alle
tradizionali problematiche filosofiche, in particolare, e più di recente
sull‟onda di una critica interna, l‟autocomprensione del pensiero analitico
ha portato di converso anche a ripensare a metodi, forme ed analisi del
pensiero. Le qualità del filosofo analitico si coniugano nel rigore, nella
chiarezza espositiva e nella ristretta cerchia di argomenti trattati,
caratteristiche queste che si trovano tutte agevolmente nel pensiero di
Atienza.
La teoria di Manuel Atienza si innesta in un contesto post-bellico in cui la
prevalenza della cultura positivistica aveva assunto una posizione nuova
quanto al diritto. E‟ noto che un‟applicazione ortodossa degli assunti
positivistici considera il diritto, nella sua essenza, quale norma giuridica e
1
F. D‟Agostini, Storia della filosofia analitica, Torino 2002, p. 11 ss.
2
l‟attività del giudice quale mera applicazione del diritto. Entro la nuova
generazione di giuristi accumunata dall‟esigenza di un ripensamento
generale dei modelli, delle questioni, delle categorie della scienza giuridica,
Atienza si muove a partire dalle moderne teorie dell‟argomentazione, con
chiari tratti di originalità, sebbene nella piena consapevolezza per cui “in
filosofia nulla è mai assolutamente nuovo e nulla definitivamente perento”2.
Tuttavia la filosofia del diritto – a parere di Atienza – è quell‟area in cui
non solo si intrecciano le problematiche scottanti della scienza del diritto,
ma essa può anche ambire ad un sapere trasversale. Apertamente ispirato
alla filosofia giuridica3 di Alchourrón e Bulygin, Atienza analizza la logica
dei sistemi normativi, ricostruisce le relazioni di indipendenza e
implicazione logica tra le norme e rappresenta le loro conseguenze logiche.
Per quanto attento alle tematiche classiche della filosofia del diritto, quali
ad esempio il rapporto tra diritto e morale4, il corpo intellettuale dei suoi
scritti tende ad un sapere pratico ed utile al giurista.
Il lavoro di tesi si compone di tre capitoli. Il primo capitolo, “Sulla retorica.
Origine e sviluppi”, riporta uno studio diacronico dalle origini del pensiero
retorico al dibattito moderno. Il primo paragrafo, “Le origini della retorica”
2
N. Bobbio, Prefazione in C. Perelman e Olbrechts-Tyteca,Trattato dell‟argomentazione,
Torino 1968, p.1.
3
M. Atienza, A propósito de la argumetación juridica in Doxa, II/21, 1998, p. 39 ss.
4
“Il problema della relazione tra morale e Diritto non è un tema della filosofia giuridica,
ma è il luogo in cui si trova la filosofia del diritto” F. Laporta, Entre al Derecho y la
moral, Messico 1993, p.8 ss.
3
ricostruisce a grandi linee l‟evoluzione della tradizione retorico-dialettica
del mondo antico. Ripercorrere le tematiche filosofiche degli autori del
passato non rappresenta solo un omaggio dovuto, ma è anche il momento
per riscoprire un patrimonio ancora attuale. Non stupisce che in più
occasioni il nostro autore riprende dichiaratamente la stoica distinzione di
Cicerone5, recuperata più di recente da Viehweg, tra “arte della
verificazione” e “arte della scoperta”. Per evitare però di fomentare ancor
oggi il sogno del Calculemus6 nell‟area analitica, Atienza decide di
sviscerare compiutamente le moderne teorie del linguaggio e applicarle
all‟ambito dell‟argomentazione. Il secondo capitolo “Il Medioevo e la
scolastica” continua questo percorso di ricostruzione, evidenziando come
poi si sia giunti, ad una nuova concezione della retorica. Si può ricordare
come Leibniz cercò di sintetizzare il tradizionale stile del ragionamento
medievale con quello matematico del XVII secolo; il tentativo fallì in una
polisemia senza valore7. Tuttavia, con Odifreddi: “la sua intuizione che la
5
Al fine di individuare la corretta metodologia nella decisione di un caso, si contrappone
correttamente il procedimento di scoperta a quello di giustificazione: la distinzione risale
ad Aristotele. E. Ancona, La struttura del ragionamento giuridico tra contesto della
scoperta e contesto della giustificazione. Il modello della quaestio disputata,
www.filosofiadeldiritto.it 2003.
6
“Quando sorgeranno delle controversie non ci sarà maggior bisogno di discussione fra
due filosofi di quanto ce ne sia fra due calcolatori. Sarà sufficiente, infatti, che essi
prendano la penna in mano, si siedano a tavolino, e si dicano reciprocamente (chiamando
se vogliono un testimone o un amico): Calculemus”. F.Barone, Gottfried Wilhelm
Leibniz, a cura di, Bari 1992 ma anche P. Odifreddi, Il diavolo in cattedra, Piacenza
2003, p. 240 ss.
7
M. Atienza, Las razones del Derecho: teoria de la argumentación juridica, Madrid
1997, p. 56
4
logica sillogistica cadesse sotto il dominio dell‟ars iudicandi era corretta,
così come andavano nella giusta direzione i suoi abbozzi di calcoli per
renderla algoritmica”8. Il terzo capitolo, “La rinascita novecentesca”, si
sofferma sul Chaïm Perelman, giusfilofo polacco che ha recuperato uno
studio sopito verso la scienza dialettica. Il suo fortunato Traitè de
l'argumentation, un passaggio obbligato per gli studiosi
dell‟argomentazione, ha ridato slancio alla disciplina retorica, analizzando
le logiche del dialogo. Il quarto paragrafo, “Il manifesto di Aarnio, Alexy e
Peczenik”, si sofferma su una prima ricostruzione e ricomposizione delle
moderne teorie dell‟argomentazione. Il quinto e ultimo paragrafo del primo
capitolo “Lo scenario attuale: Hart e Ross” è dedicato al pensiero di
Herbert H.L. Hart e di Alf Ross e ai due differenti modelli di analisi delle
decisioni giudiziarie. Il rapporto tra Hart e Ross risulta sicuramente fecondo
in relazione ad Atienza. Attraverso gli strumenti del metodo analitico, da un
lato Atienza riflette sull‟ontologia del diritto e sul linguaggio open texture
di esso; dall‟altro indaga, con particolare acribia, sui problemi discrezionali
dell‟attività di decisione del legislatore e del giudice 9. Se Ross privilegia
gli aspetti “sociali” quanto a decisione del giudice e Hart quelli linguistico-
8
P. Odifreddi, cit., p. 241 ss.
9
Frege scrive nell‟Introduzione ai Fondamenti dell‟aritmetica: “Il significato delle
parole va indagato nel contesto dell‟enunciato e non considerandole isolatamente” in E.
Picardi, La svolta contestuale, Milano 2002, p. 1.
5
semantici10, Atienza pone l‟accento sull‟equità della decisione del caso
concreto.
Il secondo capitolo “Manuel Atienza: diritto, potere, giustizia” è dedicato
invece agli scritti più significativi dell‟Atienza giurista. Il primo paragrafo,
“Sull‟analogia” analizza la figura retorica dell‟argomento a simili. Focale
per la trattazione sarà – sempre di Atienza – il noto lavoro Sobre la
analogia del derecho, testo che rappresenta un significativo spunto
filosofico quanto ad una delle figure retoriche più studiate che Atienza
definisce “uno dei nodi dove passano i fili più resistenti dell‟attuale teoria
del diritto”11. L‟analogia ha il pregio di risolvere una delle questioni basilari
dell‟ordinamento: innovare il sistema, pur conservandone la struttura. Il
secondo paragrafo, “Le ragioni del diritto” indaga con più di qualche
dettaglio, le posizioni teoriche più discusse degli gli anni Cinquanta. In
particolare partendo da un‟analisi delle teorie dell‟argomentazione di
Viehweg, Perelman, Toulmin, MacCormick e Alexy si comincia a
delineare, seppur in via embrionale, il progetto di Atienza quanto ad una
teoria dell‟argomentazione. In una recente lezione12 sul ragionamento
giuridico, Atienza asserisce che “la peculiarità del ragionamento giuridico
si incontra nella nozione tradizionale della topica e la topica non è ars
10
F. D‟Agostini, cit., p. 384.
11
M. Atienza, Algunas tesis sobre la analogía en el Derecho in Doxa 2/1985, p. 229.
12
Presso la Universidade Nova de Lisboa, giugno 2009.
6
iudicandi, ovvero una tecnica riferita all‟analisi della premessa e delle
conclusioni, ma ars inveniendi13, diretta alla scoperta della premessa”.
Nelle pagine che seguiranno vedremo come le tesi portate avanti da Atienza
sviluppano o offrono una soluzione pratica alle attuali questioni filosofiche-
giuridiche nella convinzione per cui il diritto è una pratica sociale.
Parallelamente al lato di questa consapevolezza, Atienza sviluppa tecniche
di formalizzazione logica, quelle proprie del neopositivismo degli anni
Cinquanta14, tramite cui vengono analizzati i dati empirici. Dunque il cuore
della questione è la seguente: il ragionamento giuridico non è solo nel
passaggio da premesse a conclusioni, del tipo more geometrico, ma è
proprio nel fissare le premesse. Questo concetto sarà il filo conduttore, sia
quanto alle critiche che Atienza muove ai realisti americani, sia quanto alla
distinzione tra contesto di descubrimiento y contesto di justificación.
Successivamente, nel terzo paragrafo “Sulla giustizia” vengono riportati
alcuni casi di Giurisprudenza spagnola contenuti in Tras la justicia e altri
articoli pubblicati in Doxa e Isonomia, la cui complessità accompagna e dà
forza al lavoro di Atienza. Per Atienza, ed è questo il punto, le premesse
(seguendo la classificazione di Wróblewski) sono ragioni. L‟argomentare,
cioè il mostrare un certo percorso logico, può essere analizzato per
13
Vedi anche il saggio di Viehweg, Topica e giurisprudenza, Milano 1962 e M. Atienza,
Tras la Justicia, Barcellona 1993, p. 124 ss., o dello stesso autore Las razones, cit., p. 53
ss nonché Las razones del derecho: sobre la justificacción de las decisiones judiciales in
Isonomía: revista de Teoría y Filosofía del Derecho e in Doxa 1/1994, p.58.
14
F. D‟Agostini, cit., p. 370.
7
comprendere quale procedimento segue l‟individuo per giungere a
determinate conclusioni. Ma le premesse non sono poste in maniera
arbitraria: la giustificazione giudiziale deve fornire significato e funzione
agli argomenti (pratici) posti come premesse. Secondo Atienza: gli
argomenti pratici nel senso meramente logico, menzionano le premesse; gli
argomenti pratici nel senso teorico-ricostruttivo, applicato ad una azione,
menzionano ragioni esplicative. Ed ancora; gli argomenti pratici nel senso
normativo, stabiliscono come si devono valutare le ragioni esplicative. La
prospettiva di Atienza è dunque antitetica ad alcuni assunti del post
positivismo di Hart dove, ancora, l‟analisi ha come punto di partenza il
legislatore. Atienza indossa invece i panni del giudice, e sulla base di una
rigorosa analisi dei casi di giurisprudenza e delle classificazioni
maggiormente condivise dai giusfilosofi moderni, adotta uno schema tanto
semplice, quanto convincente. Come Hart, anche Atienza è mosso da un
intento ricostruttivo sia quando analizza i casi paradigmatici, sia quando
focalizza i tratti preponderanti delle concezioni del diritto nella storia:
l‟intento è lo stesso, quello di far luce sui casi dubbi, sulle zone di
penombra che interessano la filosofia del diritto. Il quarto paragrafo
“Regole, principi e ponderazione”, si incentra sugli sviluppi contemporanei
delle teorie dell‟argomentazione. Il paragrafo ricalca lo stile dialettico e
vivace tipico di Atienza, che si accompagna al rigore analitico quanto allo
8
studio degli enunciati del diritto, enunciati che rappresentano di esso le
unità elementari. Qui Atienza non solo si limita ad una analisi strutturale e a
fornire “una specie di mappa”15 degli enunciati, ma indaga anche sul ruolo
che essi giocano nel ragionamento giuridico. A conclusione del II capitolo,
nel quinto paragrafo “Il senso del diritto” è analizzato il lavoro più
completo di Atienza El sentido del derecho: la ricerca di Atienza si batte
per un recupero della filosofia del diritto dei filosofi e non per i filosofi. Il
pensiero di Atienza si pone in un filone interstiziale tra sociologia giuridica,
informatica giuridica e logica, proponendo uno strumento quotidiano per
l‟operatore del diritto a partire dalle più moderne teorie. Tuttavia la
scientificità dei contributi di Atienza si accompagna anche ad una critica
storica delle varie ideologie del XX secolo. Per Atienza Il filosofo del
diritto, sebbene produca contributi astratti spesso rivolti ad una cerchia di
intellettuali, deve porsi come “intermediario tra i saperi e la pratica del
diritto”16, come osservatore di quelle “frizioni e vuoti” che si producono
nella cultura giuridica e nelle sue relazioni con altre culture.
Il terzo capitolo “Argomentazione e teoria dell‟argomentazione giuridica”,
si apre con il paragrafo “Teoria standard dell‟argomentazione. Critiche e
proposte teoriche”. E‟ una rappresentazione delle critiche che globalmente
15
M. Atienza, Las piezas del derecho: teorìa de los enunciados juridicos, Barcellona
1996, p. XV.
16
M. Atienza in Doxa 1/1984, p. 32.
9
Atienza rivolge alle teorie di Alexy e MacCormick. Le intuizioni di questi
autori sono per Atienza incomplete poiché, da un lato, esse non offrono un
metodo che permetta di analizzare adeguatamente i processi di
argomentazione giuridica, dall‟altro, esse non valutano i risultati pratici
dello stesso; ciò,con le parole di Atienza, poiché “la teoria standard ricorre
a la logica formale (…) però questa, non costituisce uno strumento
adeguato”17. I successivi tre paragrafi hanno a fuoco la proposta
metodologica di Atienza, contenuta nel suo ben noto El Derecho como
argumetación. La proposta alternativa rappresenta una teoria
dell‟argomentazione che rivaluta la retorica, a partire da tre prospettive-
cardini: la concezione formale, materiale e pragmatico-dialettica
dell‟argomentazione. Una teoria dell‟argomentazione pienamente
sviluppata deve quindi disporre di un metodo che possa contemplare il
processo dell‟argomentazione, così come realmente accade. Per cui solo
un‟osservazione arricchita da differenti punti di vista può ambire a teoria
completa. Nell‟ultimo paragrafo “La teoria dell‟argomentazione e i casi
tragici” è si dà forza all‟idea per cui la pratica del diritto è
nell‟argomentare; per tacere gli interrogativi sul cosa sia argomentare o
quali siano le ragioni che inducono a giustificare una decisione, Atienza
riporta ancora una volta la giurisprudenza di maggior interesse. Arriva così
17
M. Atienza, Para una teoría de la argumentación jurica, in Doxa 8/1990 p. 41.
10
alla conclusione per cui la soluzione degli hard cases non può che essere
ricercata a partire da una formalizzazione18: individuato il tipo problema si
deve saggiare il “peso” della argomentazione posta. Dunque Atienza
“restaura” la logica formale deduttiva, oramai indebolita, attraverso
un‟analisi sugli aspetti semantici e pragmatici del linguaggio, in modo tale
per cui l‟argomentazione giuridica non ricordi una catena ma la trama di un
tessuto19.
18
M. Atienza, Para una teoria, in Doxa 8/1990.
19
M. Atienza, Las razones, cit., p. 240.
11
CAPITOLO I: SULLA RETORICA. ORIGINI E SVILUPPI.
1.1 Le origini della retorica
Secondo le fonti storiche, la retorica è di fatto nata in Magna Grecia, a
Siracusa, dove abbattuta la tirannide del V secolo, si apre una lunga serie di
processi per la rivendicazione delle proprietà confiscate. Lì il sembrare vero
conta più dell‟essere vero secondo i leggendari maestri Corace e Tisia:“ si
riteneva che per conoscere la realtà fosse essenziale conoscere i segni
linguistici che la esprimevano. Di qui l‟aspetto precocemente palese, della
retorica come scienza, oltre che come pratica del linguaggio: aspetto che
caratterizza il pensiero dell‟attività di Protagora e di Gorgia”20. Essi non
solo dettarono regole per la disposizione della materia di un discorso e per
la ricerca degli argomenti, ma per la prima volta, colsero la distinzione tra
vero e verosimile21.
La distinzione fa eco difatti al più antico dialogo Socratico con il retore
Gorgia di Lentini22. E‟ l‟attacco più celebre di Platone contro quella
20
B. Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Milano 2008, p. 19 ss.
21
U. Eco, Il linguaggio politico, p. 91-92 in AAVV I linguaggi settoriali in Italia, Milano
1973, p.94 tratto da www.csm.it osserva “Tanto per capirci, dire che due più due fa
quattro, che due rette parallele non si incontrano mai, (…) non apparteneva (e non
appartiene) alla retorica. Si tratta di affermazioni che si basa sul sistema di assiomi
preciso e convenzionato: dato gli assiomi e date le regole per derivarne delle
dimostrazioni, che si è inserito una certa logica non può discutere certe conclusioni. Esse
sono apodittiche”.
22
M. Riposati, La retorica in AA.VV., Introduzione alla cultura classica, Milano 1973,
p. 93 ss.
12
“tecnica ad uso degli incolti, di persone cioè impazienti di arrivare
rapidamente a conclusioni, desiderose di formarsi un‟opinione senza
essersi prima data la pena d‟una riflessione seria”23. Gorgia da risposte
concise, mentre il suo Socrate articola domande meglio costruite; del pari
Socrate gli rivolta contro la sua arma, e lo induce a contraddizione.
Si legga il frammento:
Socrate - E allora dimmi, o Gorgia, quale delle due persuasioni produce
nei tribunali e nelle altre adunanze la retorica intorno al giusto e
all'ingiusto? Quella, cioè, da cui deriva opinione senza sapere, oppure
l'altra da cui deriva il sapere?
Gorgia - Evidentemente quella da cui deriva opinione senza sapere.
Socrate - Dunque la retorica, a quanto pare, è produttrice di quella
persuasione che induce all'opinione senza il sapere, e non alla scienza del
giusto e dell'ingiusto.[454c]
Gorgia – Così è.
Socrate - Di conseguenza il retore non insegna nei tribunali e nelle altre
adunanze nulla intorno al giusto e all'ingiusto, ma suscita soltanto una
semplice credenza. Ed infatti, come potrebbe in così breve tempo insegnare
ad una moltitudine di gente cose di così grande importanza?
23
C. Perelman, L. Olbrechts-Tyteca, Trattato dell‟argomentazione, Torino 1968, p. 9.
13
Gorgia - Sarebbe effettivamente impossibile24.
Socrate, pensa che una vera technè includa la consapevolezza e la
valutazione dei suoi fini, e sia volta a dimostrare che i retori e i tiranni non
hanno le potenzialità loro attribuite, perché non hanno la consapevolezza e
la capacità di valutare gli scopi per i quali agiscono. Essi non fanno ciò che
desiderano, ma ciò che sembra loro opportuno. Inoltre il
filosofo induce Gorgia a distinguere fra il memathekenai e il pepisteukenai,
ossia fra il sapere che segue all' avere imparato e la convinzione che segue
all' essere stati persuasi. “I sofisti erano maestri di saggezza col compito
particolare di educare le nuove classi dirigenti della democrazia. Perciò al
centro del loro insegnamento stava la retorica; e perciò era necessario
comunicare ogni sapere e facoltà richiesti per l‟attività politica d‟un capo
del popolo ateniese”25. Socrate si batte per superare il relativismo dei
sofisti, alla scoperta di alcuni concetti indiscutibili (il buono, il giusto,
eroico, ecc), tuttavia nessuno dei suoi tentativi lo conduce al risultato
desiderato.
Socrate non ci lascia nulla di scritto, sarà l‟allievo Platone a renderlo
immortale. Anche quest‟ultimo è incline a rifiutare “la retorica cattiva,
24
Platone, Gorgia, trad. Vito Stazzone, Catania 1944. Le indicazioni racchiuse tra i
parentesi quadre si riferiscono alla canonica ripartizione del testo dello Stephanus (Henri
Etienne, Paris 1576).
25
H. Welzel, Diritto naturale e giustizia materiale, Milano 1965, p.15.