12
altro successivo ad esaurire la trattazione completa di un argomento (come in
un'opera scientifica pubblicata a dispense). Non costituiscono, altresì, un gior-
nale, pur avendo in comune la funzione informativa ed il carattere di attualità,
gli altri periodici come i cataloghi, le riviste specializzate, i notiziari che si di-
stinguono per la maggiore specificità in un determinato settore di attività intel-
lettuale e per il fatto di trattare argomenti una volta per tutte.
Al pari delle agenzie di stampa, anche gli uffici stampa vanno considerati
come una delle fonti di informazione, pur essendo in essi prevalente il fine di
carattere propagandistico e pubblicitario che si realizza attraverso la pubblica-
zione di bollettini e riviste in cui si forniscono ai lettori notizie da divulgare.
Il carattere giornalistico si riscontra anche nei programmi radiotelevisivi
in rapporto al mezzo tecnico con il quale si dirama il messaggio. Questa è, infat-
ti, la natura dei giornali radio e dei telegiornali, soprattutto dopo la riforma della
RAI con la legge 14 aprile 1975, n. 103, così come degli analoghi giornali delle
radio e televisioni private, disciplinati al pari di quelli pubblici, dalla legge 6
agosto 1990, n. 223.
Non è chiaro, invece, quando abbiano contenuto giornalistico le altre tra-
smissioni e rubriche d'attualità che si caratterizzano per un titolo sempre identi-
co al pari della testata del giornale stampato. La giurisprudenza ritiene suffi-
ciente che i fatti sottoposti all'attenzione degli utenti rivestano il requisito del-
l'attualità e della novità e si richiama a quelle trasmissioni in cui il giornalista
agisce da tramite tra la notizia e lo spettatore direttamente coinvolto nel dibatti-
to e sollecitato dalla presenza degli esperti. Critica si mostra, al contrario, la
dottrina per la quale l'attualità costituisce un elemento meramente "cronologico"
e, quindi, inadeguato, se considerato unico indice caratterizzante, soprattutto
perché può ritrovarsi in altre produzioni intellettuali non necessariamente gior-
nalistiche. Potrà essere necessario, allora, riscontrare se, accanto all'imprevedi-
bilità e irripetibilità del fatto, inteso ancora una volta come attualità, ricorrano
nella specie altri elementi che in maniera non equivoca dimostrino il carattere
documentale e giornalistico dell'opera cinetelevisiva. A titolo esemplificativo si
possono indicare l'assenza di creatività, quale prevista dalla legge sul diritto
d'autore 22 aprile 1941, n. 633, l'estraneità dell'autore al fatto documentato, il
giudizio a posteriori, il contenuto principalmente informativo dell'opera.
L'attività giornalistica, tratta dai canoni della comune esperienza, presup-
posti tanto dalla legislazione di settore quanto dalle fonti di contrattazione col-
lettiva, costituendo un'espressione della libertà di manifestazione del pensiero,
può essere esercitata da chiunque partecipi o collabori alla stesura di una pub-
blicazione periodica. Quando, però, tale attività, pur non essendo definita dal-
l'ordinamento professionale, viene svolta in maniera stabile, continuativa, si-
stematica e retribuita è obbligatoria l'iscrizione all'Ordine dei giornalisti, istitui-
to dalla legge 3 febbraio 1963, n. 69 e regolato con D. P. R. 4 febbraio 1965, n.
115, il cui antecedente storico si trova nel R. D. 26 febbraio 1928, n. 384. In
particolare, secondo l'articolo 1 di detta legge, la quale, disciplinando l'ordina-
mento professionale dei giornalisti, ne definisce anche i diritti e i doveri del loro
status, essi si distinguono in due categorie: i professionisti, ossia "coloro che e-
sercitano in modo esclusivo e continuativo la professione giornalistica" e i pub-
blicisti ovvero "coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e re-
13
tribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi". Ciò che, in base alla
normativa vigente, distinguerebbe, quindi, le due figure sarebbe soltanto la pro-
fessionalità esclusiva dei primi rispetto ai secondi, ma è questa un'opinione av-
versata da larga parte della giurisprudenza e della dottrina. La legge prevede
anche i modi e i tempi per poter accedere all'elenco dei professionisti, dei pub-
blicistici e al registro dei praticanti, pur nell'unicità dell'albo. Chi non risulti i-
scritto all'Ordine dei giornalisti, che è una persona giuridica di diritto pubblico,
su cui esercita l'alta vigilanza il Ministro di Grazia e Giustizia, è punibile ai sen-
si degli articoli 348 e 498 del codice penale
1
. La sua struttura è basata su un
Consiglio nazionale e 17 Consigli regionali o interregionali.
L'esistenza del suddetto Ordine professionale ha posto e pone molteplici
problemi di costituzionalità, dal momento che l'obbligatorietà dell'iscrizione e le
regole sull'accesso e lo svolgimento del giornalismo sembrano contrastare con il
diritto alla libertà di manifestazione del pensiero, garantito dall'articolo 21 della
Costituzione italiana, tanto alla collettività quanto al singolo giornalista, ed al-
tresì appaiono in conflitto con la libertà di associazione sancita e protetta an-
ch'essa dall'articolo 18 della nostra Carta fondamentale.
La Corte costituzionale, con le sentenze 21-23 marzo 1968, n.11 e 10 lu-
glio 1968, n. 98, ha preso in esame alcune norme della citata legge e, pur non
essendo stata espressamente investita delle varie questioni, dato che l'istituzio-
ne, la modificazione e l'estinzione degli Ordini non rientra nella sua competenza
d'accertamento, perché si tratta di sfera di discrezionalità riservata al legislatore,
ha offerto direttamente o implicitamente indicazioni sufficienti in merito al pro-
filo generale del problema.
Secondo i giudici di Palazzo della Consulta, la legittimità dell'Ordine in
relazione all'articolo 21 della Costituzione, dato che la Corte si è dichiarata
competente a pronunciare in relazione alla riserva della professione giornalisti-
ca ai soli iscritti allo stesso Ordine per vedere se le modalità di applicazione ri-
spondano al diritto che tutti hanno di manifestare il proprio pensiero con ogni
mezzo di diffusione, nasce dal fatto che la legge del 1963 disciplina l'esercizio
dell'attività professionale giornalistica e non l'uso del giornale come mezzo di
libera manifestazione del pensiero. La legge, dunque, non limita il diritto che
l'articolo 21 riconosce a tutti di enunciare le proprie opinioni attraverso un gior-
nale. Tale diritto sarebbe sicuramente violato se solo gli iscritti all'albo fossero
1.Si riportano detti articoli nel loro testo integrale:
Articolo 348 (Abusivo esercizio di una professione): "Chiunque abusivamente esercita una pro-
fessione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione
fino a sei mesi o con la multa da lire duecentomila a un milione".
Articolo 498 (Usurpazione di titoli o di onori): "Chiunque abusivamente porta in pubblico la di-
visa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o
giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello
Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l'abito ecclesiastico, è punito con la multa da lire
duecentomila a due milioni.
Alla stessa pena soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre
pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o profes-
sioni, indicati nella disposizione precedente.
La condanna importa la pubblicazione della sentenza".
14
"autorizzati" a scrivere sui giornali, ma si deve escludere che siffatta conse-
guenza derivi dalla legge.
La Corte costituzionale ha riconosciuto, anzi, l'opportunità che i giornali-
sti vengano associati in un organismo che, oltre a controllarne la preparazione e
la correttezza, li tuteli nei confronti del contrapposto potere economico dei da-
tori di lavoro, contribuendo a garantire il rispetto della loro personalità e quindi
della loro libertà. Questo compito supera di gran lunga la tutela strettamente
sindacale della categoria. Esso può perciò venire assolto soltanto da un Ordine e
cioè da un ente pubblico che, pur avendo una struttura democratica, sia dotato
però di quei poteri di autorità propri della pubblica amministrazione dovendo
vigilare, nei confronti di tutti e nell'interesse della collettività, sullo svolgimento
della attività giornalistica. Tale vigilanza si traduce anzitutto e soprattutto nel
principio che il giornalista non deve abdicare mai alla libertà di informazione e
di critica, garantite dall'articolo 21 della Costituzione, e non deve mai cedere a
sollecitazioni che potrebbero compromettere questa libertà, anche se provenis-
sero dal datore di lavoro. Questo, tra i tanti principi enunciati dalla Consulta,
appare fondamentale come parametro della correttezza e della "deontologia"
professionale.
Del resto, le norme che disciplinano l'Ordine garantiscono la possibilità a
chiunque di accedervi e non attribuiscono ai suoi organi poteri di tale ampiezza
da costituire minaccia alla libertà degli iscritti.
È giusto, in sostanza, che vi siano, a favore del giornalista, due forme di
tutela. Innanzitutto quella di diritto del lavoro, riguardante gli aspetti economici
e contrattuali del rapporto: questa tutela è svolta dal sindacato. In secondo luogo
quella volta a difendere la serietà professionale nei confronti della controparte,
cioè dell'editore, che deve essere attuata dall'Ordine il quale, oltre a controllare
l'attività giornalistica, deve garantire e difendere il giornalista stesso nell'eserci-
zio delle sue funzioni, per così dire di interesse pubblico.
L'Ordine professionale è, però, anche connesso alla tutela dei destinatari
dell'informazione sia come singoli sia come collettività sociale. In questo modo
viene spiegato l'interesse pubblico alla qualificazione professionale non solo del
giornalista, ma anche del medico, dell'avvocato, dell'ingegnere..., riconoscendo
così che il diritto alla salute, il diritto alla difesa e così via, possono e debbono,
anzi, essere affidati all'autonomia e all'autogoverno della categoria.
Sul tema sono state varie le discussioni in dottrina, non tutte schierate sul-
la legittimità costituzionale dell'Ordine.
Una certa dottrina (Merlini), ad esempio, rileva come la stessa libertà d'in-
formazione risulti oggi garantita non dall'Ordine, ma direttamente dal sindacato,
attraverso la tutela delle mansioni, il controllo sui trapassi di proprietà dell'a-
zienda, le funzioni dei Comitati di redazione, ai quali è espressamente demanda-
ta la difesa dei diritti morali e materiali del giornalista
2
. Sembra rispondergli, al-
2.L'attuale contratto di lavoro dei giornalisti, rinnovato di recente, prevede, all'articolo 34, che
"il Comitato di redazione, a richiesta del singolo giornalista dipendente che ravvisi un pregi-
udizio alla propria funzione professionale", possa, "con carattere non vincolante, esprimere
pareri e formulare proposte integrative al direttore in tema di completezza dell'informazione
anche in riferimento ai servizi di cronaca". In base all'articolo 6 dello stesso contratto, il corpo
redazionale ha diritto ad essere informato della nomina del direttore, "con priorità rispetto a qua-
15
tra dottrina (Cheli), a giudizio della quale, in tal modo, l'Ordine rischia di pre-
sentarsi con tutti i tratti caratteristici della corporazione. Tale tesi, dal canto suo,
ritiene fondata la visione della Corte costituzionale, dato che non vi è serio con-
trasto tra la disciplina dell'albo professionale e l'articolo 21 della Costituzione.
Tra i pareri negativi, merita di essere ricordato quello di un altro insigne
studioso (Einaudi) che già si era dichiarato contrario all'Ordine addirittura pri-
ma della legge istitutiva: "Limitare il numero degli iscritti alla professione, - so-
stenne - nella ingenua persuasione che ciò valga a dare più lavoro agli arrivati, è
idea falsa in ogni campo e falsissima nella stampa dove l'idea crea i lettori, dove
i lettori non sono una quantità fissa, che cresce e scema a seconda di chi parla ai
lettori e sa parlare chi inventa la parola nuova, sia egli iscritto o non iscritto al-
l'albo". Ancora in posizione negativa sull'istituzione di un Ordine professionale
dei giornalisti, è un altro giurista (Assante), che teme non tanto il prepotere di
gruppi più o meno privilegiati , ma la stratificazione di una sorta di "monopo-
lio", sostanzialmente "politico", che possa limitare il diritto di tutti, e dei giorna-
listi, in primo luogo, alla libertà di stampa.
Se, infine, secondo altra illustre dottrina (Esposito) l'esercizio dell'attività
giornalistica è estraneo all'articolo 21 della Costituzione, per altri (Fois) non
debbono esserci discriminazioni all'accesso alla professione, altrimenti si verifi-
cherebbe la situazione paradossale che "chi esercita l'attività giornalistica... go-
drebbe della garanzia costituzionale ex articolo 21 qualora rinunci ad esercitarla
in modo stabile, continuativo e retribuito".
Va ricordato, per completezza, che varie sono state nel corso degli anni le
pronunce della Corte costituzionale in materia di giornalismo. Citiamo per tutte
la n. 113 del 1974 e quella più recente n. 71 del 1991, con cui agli imprenditori-
editori non è stato riconosciuto alcun diritto alla disapplicazione di un provve-
dimento costitutivo di uno status giornalistico. Non si verifica, perciò, a giudi-
zio della Corte costituzionale, alcuna violazione del diritto di difesa, allorché gli
imprenditori-editori non sono ammessi a prendere parte, in alcuna forma e in
alcuna sede, al procedimento di riconoscimento dello stato professionale che è
cosa ben diversa da quello previsto dalla contrattazione collettiva.
Per esaurire l'analisi sull'Ordine dei giornalisti, bisogna dare uno sguardo
a come tale professione è regolamentata all'estero ed in particolare in alcuni de-
gli Stati dell'Unione europea. Si nota un dato singolare: soltanto in Italia esiste,
in forma così dettagliata, un Ordine nazionale della categoria. A ben guardare,
però, anche Belgio e Lussemburgo hanno una situazione simile alla nostra, dato
lunque comunicazione a terzi", e, comunque, almeno 48 ore prima che il direttore medesimo as-
suma la carica. Gli accordi sull'indirizzo politico ed editoriale tra lui e l'editore sono anch'essi,
contestualmente alla comunicazione della nomina, resi noti al Comitato di redazione. Nel con-
tratto di lavoro, il giornalista è tutelato anche nella sua dignità professionale, nel caso, sancito
dall'articolo 32, noto come "clausola di coscienza", di "sostanziale cambiamento dell'indirizzo
politico del giornale ovvero di utilizzazione dell'opera del giornalista in altro giornale della
stessa azienda con caratteristiche sostanzialmente diverse". In tal caso egli potrà "chiedere la
risoluzione del rapporto con diritto all'indennità di licenziamento (trattamento di fine rapporto e
indennità di mancato preavviso)". Uguale trattamento spetta al giornalista il quale, per fatti che
comportino la responsabilità dell'editore, venga a trovarsi in una situazione incompatibile con la
sua dignità.
16
che in queste nazioni è giornalista professionista "chi fa parte della redazione di
un giornale ricavandone la maggior parte dei propri guadagni" ed esiste una
Commissione che rilascia una tessera-stampa (decidendo l'iscrizione in un par-
ticolare albo), i cui membri sono nominati dal re. Ben diversa è la realtà france-
se, dove "l'esercizio della professione di giornalista è libero per tutti", e più an-
cora quella tedesca, in cui "chiunque può fregiarsi della qualifica e svolgere at-
tività giornalistica professionalmente, cioè traendone lucro; non è richiesto al-
cun tipo di studio né generale né specifico". Questo per restare in Europa.
Se ci spostiamo negli Stati Uniti, emerge un elemento particolare che ren-
de del tutto originale, rispetto alle altre democrazie occidentali, il metodo ame-
ricano. Qui si privilegiano le scuole di giornalismo a qualsiasi altra forma di ac-
cesso alla professione (anche se si tratta di scuole da frequentare al termine di
un ciclo di studi specifici di circa 8 anni). Ciò che colpisce è la sostanziale dif-
ferenza con un altro Paese anglosassone, quale, per tornare all'Europa, la Gran
Bretagna, dove non solo non è richiesto alcun titolo di studio per diventare
giornalista, ma non viene data alcuna importanza alla preparazione propedeuti-
ca. Comunque, per una dettagliata e diffusa esposizione su come si diventa
giornalisti e quali norme regolano la professione nel mondo, rinviamo alla parte
seconda del lavoro ed in particolare al primo paragrafo.
Meritano, invece, di essere approfonditi i soggetti dell'attività giornalisti-
ca. La figura primaria è costituita dal "direttore" che è responsabile delle notizie
pubblicate e risponde degli eventuali reati
3
. Ogni organo di informazione deve
contenere l'indicazione del direttore responsabile ai sensi degli articoli 3, 4 e 5
della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47, dell'articolo 7 della legge 14 a-
prile 1975, n. 103 e dell'articolo 10 della legge 6 agosto 1990, n. 223. Egli non
solo ha la direzione tecnica del mezzo d'informazione di cui è a capo, ma anche
quella ideologica tanto nei rapporti con l'editore, del quale deve sempre rispetta-
re la linea, quanto con la redazione e con i lettori verso i quali è il diretto inter-
locutore. Il direttore ha il compito di dare le direttive per lo svolgimento dell'at-
tività quotidiana in generale e deve offrire un quadro obiettivo degli avvenimen-
ti. A lui spetta stabilire le mansioni dei redattori e fissarne, nei limiti previsti dal
contratto collettivo nazionale della categoria, orari e compiti; propone le assun-
zioni e, per motivi professionali, i licenziamenti. Agisce in stretta collaborazio-
ne con un eventuale condirettore, il vicedirettore, il caporedattore ed in armonia
con l'intero corpo redazionale. L'ultima parola, però, spetta a lui in ogni campo.
Ad un così grande potere, la contrattazione collettiva (articolo 6 del vigente ac-
cordo) ha inteso, comunque, porre dei limiti (vedi nota numero 2). Affiancano il
direttore, quali stretti collaboratori, come detto, il "condirettore" ed il "vicediret-
3.L'articolo 11 della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47 si occupa della "responsabilità
civile", stabilendo che "per i reati commessi con il mezzo della stampa sono civilmente responsa-
bili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l'editore".
Pur non essendo espressamente previsto dalla legge, si ritiene, però, che sia solidalmente respon-
sabile per i danni anche il direttore il quale, del resto, risponde di reato, in concorso con l'arti-
colista, quando ha voluto al cento per cento la pubblicazione dell'articolo, per esempio diffamato-
rio, ovvero quando omette, a titolo colposo, il controllo sul contenuto del periodico da lui diretto
per impedire che con la pubblicazione siano commessi reati, ai sensi dell'articolo 57 del codice
penale (vedi anche gli articoli 57 bis, 58 e 58 bis dello stesso codice).
17
tore" che possono essere anche più di uno. Essi hanno funzione simile a quella
del direttore (lo sostituiscono in caso di assenza), oppure funzione operativa, di-
rigendo, coordinando e controllando il lavoro del caporedattore e dei capiservi-
zi. A loro possono competere anche compiti tecnici, quali mantenere i contatti
con la diffusione o preoccuparsi di iniziative editoriali particolari. Il vicediretto-
re diviene responsabile "quando il direttore...sia investito di mandato parlamen-
tare", secondo quanto afferma il quarto comma dell'articolo 3 della legge sulla
stampa 8 febbraio 1948, n. 47.
Direttore e vicedirettore debbono essere iscritti all'albo o dei giornalisti
professionisti, ex articolo 46 della legge n. 69/1963, o dei pubblicisti, in virtù
della sentenza della Corte costituzionale 10 luglio 1968, n. 98 che ha parzial-
mente dichiarato l'illegittimità del citato articolo 46. La direzione potrà essere
affidata anche a chi non sia iscritto all'albo, nel caso si tratti di una pubblicazio-
ne avente carattere ideologico (quale un organo di partito o movimento politico
o organizzazione sindacale), nella quale ipotesi vi dovrà essere un direttore i-
scritto all'albo dei professionisti o dei pubblicisti, sempre in base alla predetta
sentenza. Per coloro che, pur non esercitando l'attività di giornalista, siano diret-
tori responsabili di riviste periodiche a carattere tecnico, professionale o scienti-
fico, escluse quelle sportive o cinematografiche, non è necessario essere iscritti
all'albo; essi vengono inclusi in elenchi speciali ex articolo 28 della legge n.
69/1963, purché in possesso dei requisiti richiesti per i direttori responsabili
dall'articolo 3, secondo e terzo comma, della legge sulla stampa 8 febbraio
1948, n. 47.
In posizione intermedia tra il direttore e la redazione si trovano il "capo-
redattore" e il "caposervizio". Il primo è una figura centrale nell'organizzazione
del giornale. Anello di congiunzione tra direzione e redazione, ha il compito di
dirigere e coordinare l'attività dei vari servizi giornalistici. Il suo ruolo esecutivo
copre tutto il ciclo lavorativo: dalla ricerca della notizia, alla sua elaborazione e
realizzazione tipografica. Al caporedattore affluiscono le copie di tutte le agen-
zie, delle corrispondenze, degli articoli prodotti dalla redazione. È lui che prov-
vede all’assegnazione dei vari servizi fissando contenuti e lunghezze dei pezzi,
secondo i menabò preordinati (ossia i progetti delle pagine), decide le illustra-
zioni fotografiche, tiene i contatti sia con le redazioni esterne, sia con la segrete-
ria di redazione e con il responsabile della tipografia o, come oggi si chiama,
della fotocomposizione, nonché con l'ufficio grafico.
Dipende dal caporedattore, che in genere segue la lavorazione del giorna-
le fino alla chiusura, cambiare parti dello stesso per l'arrivo di notizie più impor-
tanti e, di fronte ad avvenimenti di grande rilievo dell'ultima ora, decidere una
ribattuta o addirittura un'edizione straordinaria. È lui a richiedere, nel caso, un
aumento della tiratura, totale o per alcune zone di diffusione.
L'aumento delle pagine, la riduzione dei tempi di lavorazione e l'introdu-
zione di supplementi ed inserti specializzati hanno fatto sì che il ruolo di capo-
redattore venga svolto da più persone. Nei grandi giornali esiste l'ufficio dei ca-
piredattori, chiamati anche capidesk, ciascuno dei quali segue un settore parti-
colare. Le pagine degli interni, degli esteri, della politica, la terza pagina, gli
spettacoli, lo sport, le pagine speciali, hanno il loro caporedattore.
18
La seconda figura, quella del "caposervizio", viene subito dopo. Il contrat-
to di lavoro dei giornalisti, che definisce anche il ruolo dei capiredattori, come
sopra illustrato, presenta il caposervizio come un redattore investito della re-
sponsabilità di un determinato settore redazionale a carattere continuativo ed
avente alle proprie dipendenze due o più redattori o collaboratori fissi con il
compito di coordinarne e rivederne il lavoro, fornendo le opportune direttive. I
capiservizio partecipano, in genere con il direttore ed i redattori, alla riunione
che alla mattina decide la formazione del giornale. Durante la giornata, il capo-
servizio segue il flusso delle notizie e può quindi variare lo schema di lavoro at-
traverso cambiamenti al menabò, assegnando ulteriori compiti ai redattori, oltre
ad informare tempestivamente i gradi superiori.
E siamo al "redattore" che è genericamente il giornalista di una redazione.
Per quanto le sue mansioni possano variare a seconda del settore in cui è impe-
gnato, egli svolge una serie di compiti comuni a tutti i redattori: innanzi tutto, la
cucina, cioè leggere, correggere, riscrivere, impastare pezzi provenienti da cor-
rispondenti e collaboratori o da agenzie e naturalmente controllarne la credibili-
tà e l'esattezza. Poi titolarli, trovare in archivio le foto relative, preoccuparsi che
"cadano" bene nello spazio loro riservato sul menabò. Spesso il redattore segue
il lavoro anche dell'impaginazione, ieri sul bancone della tipografia, dove, come
dicevano i vecchi maestri di giornalismo, si imparava il mestiere, oggi sui lumi-
nosi tavoli della videoimpaginazione. Molti redattori sono anche articolisti, se-
guono argomenti di cui hanno competenza particolare. Ci sono cronisti specia-
lizzati in "bianca", "nera", "giudiziaria", "sindacale". Fra i redattori degli spetta-
coli, c’è chi segue la televisione piuttosto che il cinema, i concerti-rock piutto-
sto che il teatro; fra quelli dello sport, il calcio piuttosto che il basket e così via.
L'"inviato speciale" è, poi, il giornalista che è incaricato dal giornale di
recarsi sul luogo dove è avvenuto un fatto o di effettuare un'intervista su un caso
di interesse locale o nazionale. È una delle figure più prestigiose del giornale.
Ciò lo si deduce anche dal fatto che l'inviato generalmente dipende dal direttore
e gode, rispetto agli altri redattori, di molta autonomia e non ha obblighi di ora-
rio in redazione.
Esiste anche il "redattore-inviato" che compie il regolare lavoro in reda-
zione, ma può trasferirsi e, quindi, uscire per seguire avvenimenti di sua compe-
tenza: questa eventualità è facile che si verifichi, però, nei settori dello sport e
dello spettacolo.
Diverso dall'inviato, sia per i compiti che per la stabilità della sede, è il
"corrispondente dall'Italia o dall'estero", che prende di norma il grado di capo-
servizio quando risiede in una capitale. Il redattore distaccato a volte occupa se-
di disagiate dove per contratto non rimane più di tre o quattro anni. Egli stabili-
sce contatti con tutte le fonti accessibili e spesso produce materiale originale ed
autorevole.
Può avere un suo ufficio nella sede di un grande giornale alle cui infor-
mazioni ha accesso e spostarsi, poi, come inviato, in altre capitali a seconda del-
le situazioni.
Oltre ai corrispondenti veri e propri, molti Paesi ospitano quelli che sono
definiti gli "stringer", ovvero giornalisti residenti senza un regolare rapporto di
dipendenza con il giornale cui collaborano. Anzi, è questa la forma più diffusa
19
del rapporto perché il libero professionista, non è come in genere in Italia, un
aspirante al contratto, ma una buona firma che offre liberamente i suoi servizi,
con maggior profitto, a media diversi.
Il "collaboratore fisso", invece, può essere sia un giornalista professioni-
sta, sia un pubblicista, ma la sua attività deve rispondere a tre condizioni, fissate
dal contratto di categoria: a) la prestazione deve essere continuativa, b) con vin-
colo di dipendenza, c) e responsabilità di servizio nel caso egli debba compilare
rubriche e redigere con continuità articoli su specifici argomenti.
Il "collaboratore esterno" agisce, per contro, senza vincolo di subordina-
zione, fornendo al giornale una o più prestazioni d'opera a carattere giornalisti-
co e assumendosi il rischio che il suo lavoro possa essere di volta in volta non
accettato.
Infine, ma non certo per ultimi in ordine di importanza ai fini della buona
riuscita di un prodotto editoriale, troviamo i "grafici": sono giornalisti che si oc-
cupano dell'impaginazione del giornale. È un figura professionale che sino a
qualche anno fa non esisteva e che ora, riconosciuta anche da consolidata giuri-
sprudenza, ha assunto importanza al punto che nei grandi quotidiani esiste un
ufficio grafico, coordinato da un caposervizio (art director). Il compito del gra-
fico è preoccuparsi che le pagine, quotidianamente create sugli avvenimenti, si
adattino alla linea grafica della testata.
Fin qui si sono viste le figure professionali tipiche dell'attività giornalisti-
ca, con particolare riferimento alla carta stampata, ma la situazione non cambie-
rebbe di molto negli altri organi di informazione (radio, televisione, agenzie).
A qualificare un giornalista non basta, però, il lavoro di semplice media-
zione tra il fatto e la diffusione dello stesso attraverso i mass media. Chi si limiti
a riferire ciò che da altri è stato redatto, o a preparare il materiale tecnico che
verrà poi elaborato in forma giornalistica da terzi, non è giornalista. Così, ad e-
sempio, lo speaker, ossia il semplice lettore del giornale radio o del telegiornale,
anche se deve correggere eventuali errori materiali dello scritto o diversificare
la lettura a seconda della natura e del contenuto del messaggio o adattare un
ritmo diverso in relazione alle esigenze di tempo e di programmazione, diffonde
notizie predisposte dai giornalisti.
Al contrario, è considerata attività giornalistica, ai sensi del D. P. R. 19
luglio 1976, n. 649, che ha modificato il regolamento di esecuzione (articolo 34
del D. P. R. 4 febbraio 1965, n. 115) della legge 3 febbraio 1963, n. 69, quella
dei tele-cine-foto operatori i quali utilizzano le immagini per sostituire o com-
pletare l'informazione scritta, "nell'esercizio di autonomia decisionale operativa
e avuto riguardo alla natura giornalistica della prestazione". A tali soggetti è sta-
ta, pertanto, consentita l'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti e in quello dei pro-
fessionisti, rispettivamente ex articolo 1 e articolo 2 di detto decreto. Va preci-
sato che la materia è stata oggetto di un lungo contenzioso e che ha visto nume-
rose pronunce tanto della magistratura amministrativa, quanto della Corte di
Cassazione la quale, di recente, a sezioni unite, con ordinanza del 13 aprile
1988, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale delle norme sulla
legge professionale, nella parte in cui non consentono all'editore di impugnare
dinanzi ad una qualsiasi istanza giurisdizionale il provvedimento del Consiglio
dell'Ordine con cui un soggetto viene iscritto all'albo professionale (come gior-
20
nalista o praticante), benché tale provvedimento possa influenzare il rapporto di
lavoro e quindi gli interessi dell'editore. Tale questione è stata risolta dalla Con-
sulta con la sentenza 8 febbraio 1991, n. 71, già citata in precedenza.
Resta da dire che i giornalisti italiani sono organizzati in sindacato tramite
la Federazione nazionale della stampa (FNSI) per difendere la libertà di stampa
della categoria e dei singoli, stipulare i contratti collettivi di lavoro e collaborare
con gli altri organismi rappresentativi dei giornalisti: l'Ordine, l'INPGI (Istituto
di previdenza e assistenza dei giornalisti italiani), che, sotto la vigilanza del Mi-
nistero del Lavoro, gestisce le forme di assicurazione obbligatoria (pensione di
vecchiaia, invalidità e ai superstiti), l'assistenza per la disoccupazione, quella
per infortuni ed assegni familiari, e la CASAGIT, ovvero la Cassa autonoma di
assistenza e previdenza integrativa dei giornalisti italiani, con il compito di ga-
rantire agli iscritti, professionisti, praticanti e pubblicisti, le prestazioni econo-
miche e le integrazioni sanitarie, dopo che l'istituzione del servizio sanitario na-
zionale aveva fatto cessare la copertura fornita dall'INPGI.
21
PARTE PRIMA
LIBERTÀ DI INFORMAZIONE E DIRITTO DI CRONACA:
SIGNIFICATO E LIMITI
1 - Libertà di manifestazione del pensiero, di informazione e di infor-
matica: il diritto-dovere di informare e di essere informati nel rispetto del-
l'individuo. Studio esegetico e comparato.
La libertà di manifestazione del pensiero ha ricevuto garanzia costituzio-
nale nell'articolo 21 della nostra Carta fondamentale, del quale converrà riporta-
re l'intero testo:
"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudi-
ziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo auto-
rizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'in-
dicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempesti-
vo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può
essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e
non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa
non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revoca-
to e privo d'ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti
i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre mani-
festazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati
a prevenire e a reprimere le violazioni."
4
4.La commissione parlamentare per le riforme istituzionali, la Commissione Bozzi, che ha ulti-
mato i propri lavori ed ha approvato la pubblicazione di una relazione conclusiva il 29 gennaio
1985, ha tra l'altro proposto la modifica delle norme costituzionali in tema di libertà di espres-
sione del pensiero, prevedendo un nuovo testo dell'articolo 21 e l'introduzione degli articoli 21 bis
e 21 ter così formulati:
Articolo 21: "Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto, l'immagine e ogni altro mezzo di diffusione, con i soli limiti tassativamente previsti dalla
legge a tutela dei diritti della persona. Nessuna manifestazione del pensiero può essere soggetta a
censura. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a reprimere le manifestazioni contrarie al
buon costume nonché a prevenire ed a reprimere quelle che possano ledere i minori nella for-
mazione della loro personalità. Particolare disciplina è riservata alle manifestazioni lesive attuate
attraverso il mezzo televisivo."
22
Fra tutte le libertà garantite dalla Costituzione, si ritiene comunemente
che quella in esame sia la fondamentale, pietra angolare dell'ordine democrati-
co.
La libertà di pensiero, come ellitticamente viene chiamata, ha dunque un
valore centrale in un ordinamento fondato sulla sovranità popolare, al cui cor-
retto funzionamento concorre come presupposto e condizione di ogni altro isti-
tuto.
La libertà di esprimersi è certo quella cardine di tutte le altre alla pari, se
non prima, della libertà personale, ossia dell'habeas corpus del diritto anglosas-
sone. Essa è espressione della personalità e, come tale, attributo primigenio del-
l'uomo che concettualmente ne precede ogni altro, in quanto segno distintivo
della sua identità spirituale, per la quale andrebbe sempre rivendicato un diritto
all'habeas mentem.
Inserita nel contesto del titolo primo relativo ai "rapporti civili", nella
prima parte della Costituzione repubblicana, la libertà di esternare il pensiero,
contenuta nell'articolo 21, può configurarsi come diritto pubblico soggettivo.
Essa rappresenta la disposizione più ampia e normativamente diffusa del-
l'intera parte del testo costituzionale, nonché quella che presenta il maggior nu-
mero di rinvii al legislatore ordinario per la compiuta disciplina delle singole
fattispecie previste.
Ciò si spiega, in quanto la manifestazione del pensiero è destinata ad in-
fluire sulla altrui sfera giuridica individuale e su quella collettiva, determinando
così un'esigenza di regolazione di rapporti, di individuazione e definizione di
limiti che valgono a preservarne l'esercizio, ma anche a tutelare l'esistenza di
beni e valori costituzionalmente rilevanti e protetti.
A parte tali profili di relazione, la suddetta libertà solleva questioni di di-
sciplina del mezzo con cui si esercita, di effettiva disponibilità dello stesso, di
organizzazione, accesso e impiego adeguato e prospetta ancora problemi di
Articolo 21 bis: "Nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge, tutti hanno il diritto di cercare, tras-
mettere e ricevere informazioni, nonché di accedere ai documenti ed agli atti amministrativi che li
riguardano. Sono vietati la raccolta e l'uso di informazioni che implichino discriminazioni o le-
sioni dei diritti fondamentali della persona."
Articolo 21 ter: "La Repubblica garantisce il pluralismo nei sistemi informativi. La legge detta le
norme necessarie per impedire la formazione di concentrazioni. Stabilisce la pubblicità della pro-
prietà e dei mezzi di finanziamento della stampa e delle emittenti radiofoniche e televisive. Ri-
conosce carattere di preminente interesse generale al servizio pubblico radiotelevisivo e definisce
le modalità per l'istituzione e l'esercizio di emittenti radiotelevisive da parte di privati. Disciplina
il diritto di rettifica e le condizioni per l'accesso dei singoli e di gruppi al servizio pubblico radio-
televisivo.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni. Si può procedere a sequestro di mezzi di
diffusione dell'informazione soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti
per i quali la legge espressamente lo preveda, o nel caso di violazioni delle norme che la legge
prescriva per la indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia
possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro può essere eseguito da uffi-
ciali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre 24 ore, fare denunzia
all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle 24 ore successive, il sequestro si intende
revocato e privo di ogni effetto".
23
forma e sostanza espressiva, di dovere o meno di comunicazione, di aspettativa
rispetto a terzi, nella continua dinamica dei rapporti in cui consiste la vita di re-
lazione.
Tali temi possono essere accennati nell'analisi delle singole proposizioni
della norma, che così come afferma il diritto di diffondere il pensiero, sottinten-
de quello di tacere (libertà negativa) e, oltre a quello individuale esplicito di in-
formare, include il diritto sociale ad essere informati.
È bene, tuttavia, precisare che la fattispecie della "informazione" (coeva
alla nascita del moderno giornalismo) introduce nella generale libertà di pensie-
ro una peculiare funzione sociale correlata a diritti-doveri di opinione e di affi-
damento notiziale per la collettività.
In conformità al principio già richiamato, secondo il quale il godimento di
ogni libertà, che non appartenga a quelle alle quali si colleghino direttamente
caratteri di doverosità, si deve poter effettuare anche negativamente, la libertà in
esame include anche il diritto di non manifestare il proprio pensiero o di non
manifestarne uno diverso da quello vero: è il cosiddetto diritto al silenzio, ossia
la facoltà di non esternare ciò che si pensa su un qualsiasi argomento, salvo gli
obblighi, previsti dalle leggi, di riferire notizie, come testimoniare in giudizio o
l'obbligo di denunzia. Tale diritto è naturalmente limitato dalle imposizioni che
possono derivare dall'esigenza della conoscenza di fatti a fini di giustizia o di
buona amministrazione, o dall'ufficio pubblico rivestito. Può avvenire che, in
occasione di censimenti o altre rilevazioni statistiche, si richieda di dichiarare
l'eventuale appartenenza a confessioni religiose oppure a partiti politici. Si do-
vrebbe ritenere che tali affermazioni non siano obbligatorie. Diverso è il caso in
cui da queste notizie si facciano derivare diritti o obblighi particolari, come
quando si disponga di un trattamento differenziato nei confronti di minoranze
nazionali (protette anche dalla nostra Costituzione all'articolo 6).
Il diritto al silenzio contrasta con quanto era praticato dai regimi totalitari
che richiedevano dai cittadini non già l'astensione dalle critiche, ma anche le
espressioni di consenso al regime, in sostanza l'acclamazione.
Sotto l'aspetto positivo, la libertà di manifestazione del pensiero abbraccia
tutte le facoltà di dichiarare le proprie opinioni, di sostenerle, difendendole, con
la discussione di fronte alle altrui obiezioni, di farne l'apologia, di diffonderle e
propagandarle allo scopo di raccogliere intorno ad esse consensi ed acquisire
proseliti.
A differenza di quanto avveniva vigente lo Statuto albertino, allorquando
questa libertà era garantita solo attraverso la tutela dei mezzi di diffusione del
pensiero, vale a dire attraverso la libertà di stampa (articolo 28 dello Statuto,
primo comma)
5
, nell'attuale Costituzione la libertà di pensiero trova espressa
garanzia tanto nel suo aspetto sostanziale , che consiste nel pensare ed esprime-
re ciò che si pensa, quanto in quello strumentale, nella libertà cioè di adoperare
ogni mezzo adatto a divulgare il proprio o l'altrui pensiero, salva poi l'effettività
del diritto di disporre dei mezzi di divulgazione meno accessibili, problema cer-
to non secondario.
5.Articolo 28, primo comma: "La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi".
24
Nell'ordinamento giuridico italiano, l'articolo 21 della nostra Carta fon-
damentale rappresenta non solo la garanzia della fondamentale libertà di espres-
sione, ma il punto di riferimento obbligato per la costruzione dell'intero sistema
dell'informazione. Detta norma, infatti, ribadisce un portato che caratterizza tut-
te le nazioni liberal-democratiche e si riconduce strettamente alle filosofie poli-
tiche razionalistiche sviluppatesi tra il XVII e il XIX secolo, sulla base del pre-
supposto che non esistono depositari in assoluto della verità, che ogni verità è
parziale, e che pertanto occorre consentire la libera espressione ed il confronto
di idee, onde favorire la formazione di un convincimento personale e di un'opi-
nione pubblica criticamente fondati. Inoltre, questo diritto si collega strettamen-
te anche alla libertà di coscienza, affermatasi progressivamente nel vivo della
lotta per la conquista della libertà di professare la propria fede religiosa.
La libertà di manifestazione del pensiero affonda le sue radici nelle cor-
renti individualistiche ed è stata prospettata sempre come una rivendicazione di
autonomia del singolo da ogni potere estraneo ad esso. Si ricordava, infatti, da
parte dei costituzionalisti del secolo scorso, nonché da alcuni contemporanei,
che la libera espressione del pensiero costituisce un valore da tutelare per il pie-
no sviluppo della personalità del singolo, un valore quindi da proteggere di per
sé.
Ciò non di meno, l'affermazione di questa libertà e la sua consacrazione
tra le garanzie costituzionali è stata possibile grazie a costanti e profonde esalta-
zioni delle virtù di libertà "funzionali", esercitabili cioè nell'interesse generale,
anche da parte di scrittori che pure ne hanno minimizzato il carattere individua-
listico.
Si è dunque prospettata la questione se tale diritto abbia carattere esclusi-
vistico, posto in sostanza a garanzia della personalità privata dei singoli, o inve-
ce tuteli un bene essenzialmente sociale e rivesta quindi carattere globale. Poi-
ché il pensiero di cui si parla è quello che si rivolge alla generalità, è chiaro che
esso operi come strumento di formazione delle convinzioni collettive, adem-
piendo ad una chiara funzione consociativa.
Il nesso tra l'esercizio del diritto individuale e i riflessi sociali del mede-
simo è avvertito in modo più intenso negli ordinamenti contemporanei, in cui
operano in stretta interdipendenza fra loro, da un lato lo straordinario potenzia-
mento dei mezzi di diffusione del pensiero, e dall'altro l'emancipazione delle
masse dallo stato di abbrutimento e di assenteismo in cui in precedenza viveva-
no. Mentre negli Stati totalitari è l'apparato autoritario ad assumere il monopo-
lio della propaganda politica, considerata di vitale importanza per il manteni-
mento dello Stato medesimo, ed esclude ogni possibilità di espressioni in con-
trasto con l'ideologia dominante, in quelli democratici, invece, la garanzia di un
buon funzionamento del sistema poggia sulla più ampia libertà di manifestazio-
ne del pensiero, essendo questo ad alimentare l'opinione pubblica. È altrettanto
vero, però, che la regolamentazione di tale libertà incontra le maggiori difficol-
tà, dovendosi soddisfare due esigenze di uguale rilievo ed in parte contrastanti.
Da un lato, occorre assicurare la più vasta e penetrante circolazione di idee,
quale la stampa, la radio e la televisione consentono, dall'altro si rende necessa-
rio preservare la retta formazione dell'opinione pubblica sia da notizie o infor-
mazioni false o allarmistiche diffuse allo scopo di deformarla per soddisfare in-
25
teressi contrari a quello generale, sia dall'incitamento alla sovversione violenta,
rivolta all’insurrezione armata contro le istituzioni.
Si deve concludere che il diritto attribuito ai singoli si colora ed è diver-
samente limitato secondo il modo di intendere la persona: valore di fine in sé o
di semplice mezzo per la realizzazione degli interessi collettivi quali sono visti
dalle classi al potere.
La nostra Costituzione, che si ispira ad una concezione "personalista" (ar-
ticolo 2)
6
, ha optato per la prima soluzione, garantendo la manifestazione del
pensiero sia nel suo contenuto, che non può essere coercito in alcun modo, sia
nell'uso dei mezzi dei quali ha bisogno per estrinsecarsi, facendo sì che in tal
modo l'uomo si realizzi nelle sue attività sociali.
Sembra non corretto quindi contrapporre il carattere individualistico (E-
sposito) e quello funzionale (Barile) della libertà di manifestazione del pensiero
che sul piano della tutela giuridica possono coesistere senza contraddirsi (Mor-
tati).
Sulla stessa linea, pur con delle peculiarità diverse in ragione dei regimi
governativi, si collocano le scelte operate nelle Costituzioni di altri Paesi in ma-
teria di libertà di manifestazione del pensiero e di accesso alle fonti di informa-
zione, con conseguente maggiore obiettività delle notizie.
Riferimenti meno specifici, che riguardano la necessità di porre a disposi-
zione del cittadino i mezzi per rendere effettiva questa libertà, si ritrovano nel-
l'articolo 71 e 85 rispettivamente delle Costituzioni polacca e rumena, entrambe
risalenti al 1952, ma successivamente adeguate alla caduta delle dittature co-
muniste (1989-1990), mentre nell'articolo 30 della Costituzione costaricana del
1949 si garantisce, con altra prospettiva, il libero accesso alle pubbliche ammi-
nistrazioni per la soddisfazione di esigenze informative su temi di pubblico inte-
resse.
Si tratta della libertà d'informazione e dell'accertamento delle fonti anche
negli articoli 40-42 della Costituzione di Malta.
Si riferiscono, inoltre, a detta libertà, espressamente o implicitamente, al-
cune Costituzioni occidentali ed orientali del secondo dopoguerra a cominciare
dalla Legge fondamentale di Bonn la quale, nel primo comma dell'articolo 5,
proclama il diritto di trarre informazioni "da fonti accessibili a tutti". Come co-
rollario, poi, si afferma quel risvolto del diritto in cui un individuo può esprime-
re e diffondere liberamente le proprie opinioni.
La libertà di informare, come base di quella di manifestare il proprio pen-
siero, è secondo una terminologia divenuta classica in Francia, un "potere di fa-
re". Essa non impone ai terzi, e allo Stato in primo luogo, se non un obbligo ne-
gativo, cioè quello di non frapporre ostacoli al giuoco delle iniziative personali.
Il diritto di informarsi è, però, di altra natura: conferisce al professionista del-
l'informazione un vero e proprio credito nei confronti dei detentori del potere,
6.Articolo 2: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come sin-
golo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei do-
veri inderogabili di solidarietà politica , economica e sociale".
26
ufficiali o privati, delle notizie; obbliga le porte ad aprirsi, gli uomini a parlare,
senza trincerarsi dietro il segreto.
Tutela rafforzata alla libertà di espressione, si riscontra anche nel primo
emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, il quale proibisce
al Congresso di "emanare leggi limitative della libertà di parola o di stampa".
Tale libertà è chiamata spesso dalla giurisprudenza statunitense prima inter pa-
res. Al riguardo emerge una interpretazione restrittiva del diritto e lo stesso e-
mendamento consente (non richiede) due conclusioni. In primo luogo, non vie-
ne proibita la limitazione della parola di per sé, ma solo la limitazione della li-
bertà di parola, in secondo luogo è la libertà di parlare o di pubblicare che non
può essere sottoposta a limiti né a restrizioni.
In Svezia, per tornare all'Europa, la libertà di espressione vanta tradizioni
storiche convalidate dall'articolo 7 della Costituzione, in cui si legge che "se
non è prescritto dalla legge, il cittadino svedese sarà libero di dare informazioni
e presentare opinioni con la parola, lo scritto, la figura o altrimenti, e che avrà il
diritto di raccogliere e ricevere informazioni".
Anche l'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti fondamentali
dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU a New York il 10 dicem-
bre 1948, e firmata dall'Italia all'atto della sua ammissione alle Nazioni Unite il
14 dicembre 1955, contiene affermazioni del medesimo tenore, mentre la Con-
venzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fonda-
mentali, siglata a Roma il 4 novembre 1950, e resa esecutiva nel nostro ordina-
mento con legge 4 agosto 1955, n. 848, indica all'articolo 10 il diritto di avere
opinioni e di ricevere e comunicare informazioni o idee senza alcuna interferen-
za da parte della pubblica autorità e senza riguardo a frontiere
7
.
Sulla stessa linea appaiono gli articoli 19 e 20 del Patto internazionale di
New York, relativo ai diritti civili e politici, del 19 dicembre 1966 e ratificato
dal Presidente della Repubblica italiana a seguito di autorizzazione conferitagli
dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881
8
ed entrato in vigore in Italia il 15 dicembre
1978.
7.Articolo 19: "Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto
di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere infor-
mazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere".
Articolo 10: "Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà
d'opinione e la libertà di ricevere o comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da
parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiere. Il presente articolo non impe-
disce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di
cinema o di televisione.
L'esercizio di queste libertà, comportando doveri e responsabilità, può essere sottoposto a deter-
minate formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e costituenti misure neces-
sarie in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l'integrità territoriale e l'ordine pub-
blico, la prevenzione dei disordini e dei reati, la protezione della salute e della morale, la protezi-
one della reputazione o dei diritti altrui, o per impedire la divulgazione di informazioni confiden-
ziali o per garantire l'autorità e la imparzialità del potere giudiziario".
8.Articolo 19: "Ogni individuo ha diritto a non essere molestato per le proprie opinioni.
Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende la libertà di cercare,
ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente,