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CAPITOLO I
Le radici dell’ipoteca navale
PARAGRAFO 1 Lineamenti storici: dall’antica Grecia al Codice di
commercio italiano del 1865.
L‟ipoteca navale, come conosciuta oggi, è indubbiamente un istituto
relativamente recente, ma le cui origini storiche possono individuarsi
nell‟ambito di altri istituti, a volte anche antichissimi, aventi analoga
funzione di garanzia del credito marittimo.
Progenitore dell‟ipoteca sulla nave può considerarsi il prestito a cambio
marittimo le cui origini risalgono almeno alla Grecia classica.
Anche se documentato quasi esclusivamente ad Atene
1
si ritiene che tale
istituto, abbia conosciuto nel corso del IV secolo a.C. una notevole
diffusione in tutti i principali centri marittimi del Mediterraneo. Il prestito
marittimo era “quello che si fa su garanzia della nave, se questa giunge
1
L‟esempio più significativo di prestito marittimo nella Grecia classica si riscontra nella
Orazione contro Lacrito (o il Porto dei ladri) di Demostene, edita a cura di Albani e
Aprosio, 1987. Cfr.anche Cailler, Etude sur les antiquités jiuridiques d‟Athénes: le contrat
de pret à Athénes, Paris, 1985.
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salva a destino. In caso contrario va perso per il creditore anche il
capitale”
2
In pratica, il debitore(capitano-proprietario della nave) che riceveva il
prestito da uno o più privati investitori concedeva a garanzia la nave o il
carico ovvero entrambi; la somma mutuata doveva allora essere restituita,
insieme con gli interessi pattuiti, a conclusione del viaggio. Tuttavia, se,
nel corso del medesimo, la nave andava perduta, il debitore andava
sollevato da ogni obbligo di rimborso. Era allora sul creditore che gravava
il rischio connesso ad un eventuale perimento del(i) bene(i) concesso(i) in
garanzia ed era proprio l‟entità di tale rischio che giustificava l‟applicazione
di un tasso d‟interesse molto alto(solitamente pattuito in una misura
variante fra il 20% e il 30%) .
Nel diritto romano è conosciuto un istituto analogo il foenus nauticum. La
pecunia traiecticia(detta appunto anche foenus nauticum )era un tipo
particolare di contratto di mutuo che riguardava somme di denaro date in
prestito per operazioni commerciali d'oltremare, con tassi di interesse
generalmente elevati.
I tassi erano spesso al di sopra del limite legale, ma non erano
considerati usurai perché, in deroga al principio res perit domino (la cosa
la perde chi la detiene), se il denaro trasportato fosse perito, il rischio
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Cfr.Bekker, Anedocta Graeca, Berolini, 1814-1821, I, 283.
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sarebbe stato sopportato dal mutuante e non del mutuatario, che era
liberato.
. Nel diritto germanico medievale, benché la nave fosse considerata
come un bene immobile o comunque ad esso equiparato, essa poteva
peraltro formare oggetto di pegno mediante trasmissione della Gewere,
reale o simbolica che fosse, al creditore. Nel diritto di Visby, si richiedeva,
ad esempio, ai fini della costituzione del pegno sulla nave, la consegna del
timone e delle vele al creditore .
Solo in seguito al debitore fu consentito di rimanere in possesso della
cosa e, allo scopo di fornire una qualche garanzia al creditore, si
predisposero allora particolari procedure a carattere pubblicitario che
prevedevano, per la costituzione del diritto reale di garanzia, una
dichiarazione da effettuarsi dinanzi al Consiglio della città e la trascrizione
del negozio costitutivo sui libri comunali.
Ad un vero e proprio sistema di pubblicità costitutiva faceva, invece,
riferimento la legge della Repubblica di Genova del 20 maggio 1644, nella
quale, al fine di porre rimedio alla pericolosa situazione in cui solitamente
venivano a trovarsi coloro che, prestando denaro alle navi per i bisogni
del viaggio o per la loro costruzione, non sapevano se e quali altri crediti
gravassero sulle medesime, si prevedeva l‟istituzione di un pubblico libro
nel quale avrebbero dovuto essere “registrate”tutte le operazioni
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finanziarie effettuate sulle navi. Si stabiliva, inoltre, che il diritto reale di
garanzia sarebbe sorto soltanto a seguito di tale “registrazione”e che essa
avrebbe preso grado della data della stessa, dunque con preferenza
rispetto a tutti gli altri crediti anche anteriori non iscritti.
Tale normativa sembra, comunque, non aver trovato pratica attuazione
per diversi anni e solo a seguito della promulgazione della successiva
legge del 28 maggio 1668 il sistema pubblicitario così delineato ebbe
modo di applicarsi, sebbene con alcune modifiche rispetto al testo
originario del 1664.
La nuova disciplina appare, infatti, più particolareggiata, richiedendo, in
primo luogo, che il credito da annotare fosse documentato in atto pubblico.
Essa indicava, inoltre, i dati che dovevano essere annotati sul libro, e
imponeva ai capitani delle navi l‟obbligo di registrare anche i crediti
ottenuti fuori dai dominii della Repubblica.
Il sistema accolto dalla legge genovese venne invece imitato dal
legislatore napoleonico ed introdotto, anche se in maniera assai più
imprecisa ed incompleta, nel Code de commercee. All‟art. 312 si
prevedeva, infatti, che il mutuante era tenuto a far registrare il contratto
presso la cancelleria del Tribunale di commercio, a pena di perdita del
privilegio.
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Venendo, ora, a trattare dell‟istituto vero e proprio dell‟ipoteca su nave,
l‟editto di Luigi XIV dell‟ottobre 1666 dispose che le navi fossero
considerate a tutti gli effetti beni mobili e fu ad esse precluse la possibilità
di essere suscettibili di ipoteca .Anche l‟Ordonance de la marine 1681,
così come il successivo Code de commercee napoleonico, confermarono
l‟appartenenza della nave alla categoria mobiliare, nulla peraltro
aggiungendo in merito a specifiche norme di garanzia sulla stessa.
L‟ipoteca su nave fu, poi, istituita per la prima volta in Francia con la legge
10 dicembre 1874, ben presto sostituita dalla legge 10 luglio 1885, rimasta
in vigore fino alla riforma generale del 1967. Fu invece la Prussia, con la
legge del 24 giugno 1861, ad introdurre la garanzia ipotecaria sulla nave
fra gli stati emergenti.
Nel codice di commercio italiano del 1865, il legislatore mantenne, invece,
il principio formale secondo cui sui beni mobili non poteva essere costituita
ipoteca. Tuttavia, il sistema di garanzia reale sulla nave che allora si
venne a creare rappresentava, nella sostanza, una sorta di ibrido tra
l‟istituto del pegno e quello dell‟ipoteca. Si stabiliva, infatti, da un lato, che
la garanzia in esame non potesse essere fatta valere contro i terzi se non
era attuata la pubblicità mediante trascrizione dell‟atto costitutivo e,
dall‟altro lato, che fosse comunque necessario, in via di principio, lo
spossessamento del debitore mediante la nomina di un custode della
nave (art.287). La “deputazione”del custode era, peraltro, prevista come
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necessaria soltanto se il proprietario o uno dei comproprietari fosse stato
anche capitano della nave. In caso contrario, si riteneva che il capitano
stesso dovesse fungere da custode nell‟interesse del creditore.
Con la soppressione della figura del custode intervenuta a seguito
dell‟entrata in vigore del successivo Codice di commercio del 1882, sparì
anche l‟ultimo riferimento all‟istituto del pegno. Tuttavia, il legislatore,
nonostante tale innovazione, volle conservare alla garanzia reale la
precedente denominazione di “pegno navale”, sempre sul presupposto
che la nave, in quanto bene mobile, non potesse essere suscettibile
d‟ipoteca. Occorse, di conseguenza, attendere fino all‟entrata in vigore del
R.D.L. 5 luglio 1928, n.1816, perché anche in Italia l‟istituto in esame
assumesse la qualifica che gli era propria e che discendeva logicamente
dalla sua stessa disciplina sostanziale, come, anche in precedenza, era
stato unanimemente riconosciuto in dottrina.
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PARAGRAFO 2: L’ipoteca navale nel nostro ordinamento
L‟ipoteca navale è disciplinata nel nostro ordinamento, fondamentalmente
dagli artt.565-577, 673-675 del codice della navigazione.
Il ricorrente problema della incidenza della Convenzione di Bruxelles del
10 aprile 1926, recepita in Italia con r.d.l. 6 gennaio 1928, convertito in l.19
luglio 1929 n.1638, in realtà, ha scarso rilievo, in re azione al fatto che tale
pattuizione, che mirava ad uniformare la disciplina delle ipoteche e dei
privilegi sulle navi da parte degli Stati contraenti, rinvia, poi, per quanto
attiene la disciplina propriamente ipotecaria, alle legislazioni nazionali,
ponendo solo lievi differenziazioni in ordine ai rapporti con i privati; ed è
opinione prevalente, quella secondo la quale tale normativa sia applicabile
solo ai rapporti di diritto internazionale, e non direttamente al nostro diritto
interno
3
.
Sembra chiaro al proposito che, in caso di mancanza di norme che
regolino in modo specifico single fattispecie, occorra, in primo luogo, rifarsi
alla normativa in tema di ipoteca generale contenuta nel codice
3
Occorre, poi, tener presente la nuova convenzione di Bruxelles del 27 maggio 1967,
non ratificata in Italia, la quale, facendo ancora più ampio riferimento alle legislazioni
nazionali, svuota ulteriormente la rilevanza del problema.
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civile;sistema normativo nel quale, le regole del codice della navigazione
vanno ad integrarsi, ovviamente prevalendo come normativa speciale
sulla normativa generale, là dove ad essa incompatibile. Il nostro
ordinamento regola l‟istituto generale dell‟ipoteca su beni mobili registrati
(art.2810, 2°c. Cod. civ.), di cui le fattispecie salienti sono l‟ipoteca su navi
e su aeromobili e quella sugli autoveicoli. Possono così essere suscettibili
di ipoteca le navi, i galleggianti e gli aeromobili (artt.565 e 1027 Cod.
nav.).Altro problema, non esattamente impostato, attiene il ricorso alla
interpretazione analogica:a proposito della quale, affermare che essa
vada eseguita prima sulla normativa del codice della navigazione, e poi su
quella del codice civile
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sembra in contrasto, sia con quanto sopra rilevato,
sia con l‟essenza stessa dell‟interpretazione analogica. In realtà, occorre
riferirsi alla norma esistente, che regoli un caso analogo, quanto meno
nell‟ambito della disciplina ipotecaria, intesa in senso ampio, e sempreché,
non sussistano ostacoli di sorta.
In maniera perentoria, l‟Art 565 c. nav. stabilisce che sulla nave può
concedersi solo ipoteca volontaria;è quindi sicura la volontà del
legislatore, di concedere solo questo tipo d‟ipoteca. E ciò a tal punto che
la prevalente dottrina ha ritenuto che la successiva promulgazione
dell‟art.189 cod.proc.pen. che prevedeva l‟ipoteca legale a favore dello S
4
Cfr.Spasiano, op.e loc. citt.
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tato sui beni dell‟imputato, (norma ora abrogata) non trovasse
applicazione per quanto attiene l‟ipoteca navale
5
.
Va detto che è prevista anche un‟ipoteca c.d. coattiva (o obbligatoria)-
sulla quale in appresso-, dove, verificandosi determinate situazioni, la
legittimazione all‟iscrizione può spettare al comandante del porto,
all‟autorità consolare o al comandante della nave. E‟da specificare che si
resta, pur sempre, nell‟ambito dell‟ipoteca volontaria.
L‟inammissibilità di ipoteca diversa da quella volontaria trova una
giustificazione specifica nel fatto che il sistema normativo, in tema di
navigazione, prevede numerosi privilegi, la cui funzione (se non anche la
loro stessa natura) appare affine a quella delle ipoteche legali;e spesso
possono svolgere funzione sostitutiva, rispetto alle ipoteche giudiziali.
Appare quindi evidente la preoccupazione del legislatore di assicurare,
sotto questo profilo, una tutela delle caratteristiche peculiari della
regolamentazione della materia della navigazione, rispetto alla
legislazione di diritto generale.
L‟ipoteca navale, sotto un profilo economico sociale, si caratterizza per il
fatto di incidere su un bene suscettibile di notevole deprezzamento per il
solo effetto di passare del tempo, oltreché, ovviamente, dell‟uso;inoltre, il
5
In questo senso, Volli, voce Ipoteca navale ed aereonautica, in Nss.Dig.it.Torino, 1963,
155;
Berlingieri, I diritti di garanzia, cit., 283;Fragali, L‟ipoteca penale e l‟ipoteca
sull‟aeromobile, in Il diritto aereo, 1, ss.
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suo valore economico è strettamente collegato alle fluttuazioni del
mercato;e ciò in misura decisamente più rilevante di quanto può
succedere nella classica ipoteca immobiliare
6
.
Emerge evidente, inoltre, l‟esigenza di garantire anche (e forse,
soprattutto) le spese per la costruzione della nave:onde, prima ancora
della promulgazione dell‟art.2825-bis, compariva nel nostro ordinamento
l‟ipoteca su nave in costruzione, su bene cioè, che la dottrina riteneva, in
un certo senso, futuro. L‟ipoteca navale si inserisce in un sistema di
privilegi relativi alle vicende del viaggio, molto più complesso ed articolato
di quello, che viceversa, sussiste in materia immobiliare.
Legittimato alla concessione di ipoteca sulla nave è, in linea di normalità, il
solo proprietario della nave.
Qualche problema sussiste nel caso di esistenza di una società di
armamento fra comproprietari;occorrendo all‟uopo, distinguere fra l‟ipotesi
in cui alla società sia conferita la proprietà della nave-e in questo caso,
l‟ipoteca va concessa secondo le norme generali che disciplinano la
6
In questo senso, va ricordata una risalente decisione di Appello Milano, 17 luglio 1957,
in Foro It., 1957, I, 1270, secondo la quale in relazione all‟art.2410 c.c. per cui la società
per azioni può emettere obbligazioni per somme eccedenti il capitale versato ed esistente
quando le obbligazioni stesse”sono garantite da ipoteche su immobili di proprietà sociale
sino ai due terzi del valore di questi” troverebbe applicazione anche in caso di ipoteche
navali, e la controversia che ne è sorta. In senso favorevole CANDIAN, in Temi 1957,
376; VOLLI, Ipoteca, cit., 157;in senso contrario Berlingieri, Idiritti di garanzia, cit.,
287;SPASIANO, Ipoteca, cit., 979.
Pare poter dire che, dato il tenore letterale della norma, che richiama specificamente la
necessità dell‟ipoteca immobiliare, occorrerebbe, per consentire l‟estensione all‟ipoteca
navale, una estensione analogica;della quale, proprio in relazione alle caratteristiche
peculiari dell‟ipoteca navale evidenziate nel testo, mancano i presupposti.
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formazione e la manifestazione della volontà sociale- e l‟ipotesi in cui alla
società sia conferito solo l‟uso della nave-occorrendo, in questo caso, il
consenso del proprietario o dei comproprietari sulla base della normativa
in tema di comproprietà
7
.
In caso di comproprietà, la disciplina si distacca notevolmente da quella
prevista per l‟ipoteca in generale;ed invero l‟art.262 codice navale richiede
per la concessione di ipoteca sull‟intera nave una maggioranza di
sedici(su complessivi ventiquattro) carati. Ove si raggiunga, invece, solo
una maggioranza semplice, l‟autorizzazione può essere concessa con
decreto dal Tribunale (del luogo di iscrizione della nave), il quale,
comunque, deve sentire i comproprietari dissenzienti
8
. Il singolo
proprietario, poi, non può concedere ipoteca sui carati di sua proprietà,
senza il consenso della maggioranza (questa volta semplice);in questo
caso, ove la maggioranza non sia raggiunta, è possibile ricorrere al
Tribunale, che, assunte le necessarie informazioni e sentiti gli altri
comproprietari, provvede con decreto, secondo l‟interesse comune.
7
In particolare, in relazione al dubbio se per la determinazione della maggioranza
nell‟ambito della società, in ordine alla delibera di concessione di ipoteca, debba
necessariamente essere raggiunto il limite minimo di maggioranza proporzionale a quello
di sedici carati su ventiquattro, richiesto per la concessione d‟ipoteca in caso di
comproprietà, appare approvabile la tesi negativa in quanto la proprietà sia riferibile ad
un soggetto unitario, appunto la scoietà, che delibera, al suo interno, secondo le regole
sue proprie. Cfr.Spasiano, op.cit., 887;Berlingieri, op.cit., 300.
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La normativa si spiega con un particolare interesse a tutelare la comproprietà della
nave(in misura più intensa della normale comproprietà dei beni immobili); e ciò tendendo
conto del fatto che, normalmente, i comproprietari gestiscono insieme la nave e della
opportunità di evitare che la comproprietà si sciolga e venga meno la gestione comune.