Quindi si pone la necessità di continuare una analisi complessiva e
critica verso la situazione attuale capace di partire da un'analisi filosofica
della crisi ecologica, dell'uomo contemporaneo e del concetto economico
di sviluppo, attraverso un approccio integrale che può dare all'uomo la
possibilità di uscire dalla crisi attuale.
Prima di affrontare velocemente i motivi che ci guideranno lungo
questo lavoro, è importante definire perché l'ambiente non può
prescindere dall'uomo e, quindi, da una traduzione della crisi attraverso
soluzioni giuridiche e politiche. Molti filosofi contemporanei
considerano l'uomo un estraneo nell'ecosistema, quasi un disturbatore
capace solo di distruggere. Partendo dalla definizione data da Mario
Sirimarco non possiamo dividere l'ambiente dall'uomo perché “solo
l'uomo può ricomporre l'equilibrio, solo l'uomo può assumersi la
responsabilità di garantire le condizioni di vita sulla terra anche nella
prospettiva del futuro. Se è così, la problematica diventa più complessa
perché per far sì che tutto ciò avvenga occorre non solo una
mobilitazione delle coscienze o il mutamento più o meno drastico della
nostra considerazione del rapporto con la natura, occorre una
ridefinizione netta del giuridico e del politico”3. Queste due frasi
rappresentano il progetto iniziale di questa tesi, lungo la quale
cercheremo di affrontare il tema della crisi ambientale attraverso una
breve storia della filosofia della crisi ecologica, rappresentando come sin
maniera significativa le alterazioni climatiche sulla terra, i gas serra di produzione
umana, praticamente assenti durante la Piccola Era Glaciale, sono quasi certamente i
principali agenti dell'attuale protratto riscaldamento (p.241-242), ma allo stesso
tempo il cambiamento climatico è quasi sempre improvviso, si verifica rapidamente
nel volgere di qualche decennio, se non di anni, e con un andamento assolutamente
imprevedibile (p.241), quindi la nostra capacità di previsione è ridotta, anche se è certo
che gli effetti determinanti nell'aumento dei gas serra siano dovuti ai combustibili
fossili.
3 M. SIRIMARCO, Ecosistema Diritto e Ambiente, in T. SERRA, L'uomo
programmato, Torino, 2000, p.165.
8
dai greci ed i romani la natura rappresentasse un problema con cui la
civiltà doveva confrontarsi. Passeremo successivamente attraverso
l'analisi dell'uomo contemporaneo e dell'evoluzione del diritto
all'ambiente, ad elaborare un'etica capace di futuro, basata sulla centralità
del principio di precauzione, e affronteremo il tema dello sviluppo
sostenibile e della critica della decrescita, utile per comprendere quali
elementi sono alla base dell'attuale difficoltà a rendere sostenibile la
nostra vita sulla terra .
1. Lo sviluppo ed i suoi limiti.
Indispensabile per le argomentazioni sostenute in questo lavoro
sono i lavori realizzati da Dennis Meadows ed altri studiosi sui limiti
dello sviluppo. Il primo lavoro fu commissionato dal Club di Roma ad un
gruppo di studiosi del Massachusetts Institute of Technology (MIT),
organizzati da Dennis Meadows, e nel 1972 uscì il loro primo lavoro sui
limiti dello sviluppo, che affrontava il tema della sostenibilità delle
politiche dell'epoca e, soprattutto, cercava di realizzare scenari capaci di
rispondere alla domanda sui bisogni futuri dell'umanità. Come affermano
nell'ultima opera “I nuovi limiti dello sviluppo. La salute del pianeta nel
terzo millennio”, nel 1972 le loro analisi erano centrate “soprattutto sui
limiti fisici del pianeta, e in particolare sulle risorse naturali esauribili e
sulla capacità non infinita della Terra di assorbire le emissioni industriali
e agricole. Ogni scenario realistico di World3 mostrava che questi limiti
avrebbero costretto la crescita fisica a fermarsi nel corso del XXI
secolo”4. La fine della crescita era presentata come un evento che poteva
4 D. MEDOWS, D. MEADOWS, J. RANDERS, I nuovi limiti dello sviluppo. La salute
del pianeta nel terzo millennio, Milano, 2006, p.7.
9
avvenire in molti modi, ma le cui cause sembravano essere chiare: i
limiti fisici della terra, a cui si poteva ovviare con una politica più
accorta ed un cambiamento negli stili di vita, al fine di invertire la
crescita demografica e lo sfruttamento incontrollato delle risorse. Anche
se ponevano nel 2015 la data della fine della crescita, il collasso
dell'umanità era evitabile, secondo loro, approntando per tempo le
politiche adatte a ridurre la pressione dell'uomo sulla terra. Nello stesso
anno ci fu la Conferenza delle Nazioni Unite su “L'ambiente Umano” a
Stoccolma da cui maturò una dichiarazione che cercava di inscrivere in
un'ottica di sviluppo economico la difesa delle risorse ambientali, che
una tecnologia adeguata avrebbe reso compatibile con la preservazione
delle risorse naturali per il futuro. Ancora, nonostante l'individuazione
del limite, si continuava a considerare le risorse terrestri illimitate.
Nel 1983 l'Assemblea Generale dell'ONU affidò alla Commissione
Mondiale su Ambiente e Sviluppo (W.C.E.D), chiamata anche
Commissione Brundtland dal nome del suo presidente, l'incarico di
riflettere su sviluppo e ambiente, in un'ottica di cooperazione
internazionale capace di promuovere una consapevolezza globale del
problema. Quello che si voleva fare era sostituire il mito della fine,
proprio de “I limiti dello sviluppo”, con un nuovo ottimismo nelle
capacità dell'uomo di crescere attraverso l'innovazione tecnologica
industriale, una crescita, però, rispettosa dell'ambiente. Il Rapporto “our
common future” (il futuro di noi tutti) del 1987, si basa sulla crescita
economica che deve essere estesa a tutto il sud del mondo, perché
solamente un mondo benestante può prendere a cuore le sorti
dell'ambiente. L'unico punto in comune fra il primo rapporto Meadows
ed il rapporto Brundtland è il contenimento demografico. In questo
lavoro, per la prima volta, vennero date diverse definizioni di sviluppo
10
sostenibile, definizioni essenzialmente politiche, ma che possono essere
riassunte nella seguente: “lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni
delle generazioni presenti senza compromettere le possibilità per le
generazioni future di soddisfare i propri bisogni”5. Questo lavoro si
discostò notevolmente dal lavoro commissionato dal Club di Roma
perché rimuoveva il limite a vantaggio della centralità dell'innovazione
tecnologica ed era tutto centrato e basato su uno sviluppo mitigato
dall'aggettivo “sostenibile”6.
Nel 1992, venne pubblicato dal gruppo di lavoro coordinato da
Meadows “oltre i limiti dello sviluppo”, un lavoro resosi necessario a
distanza di venti anni perché, al punto in cui si era arrivati “il
superamento dei limiti non poteva essere evitato attraverso
provvedimenti illuminati: era ormai cosa fatta. L'obiettivo principale era
riportare giù il mondo, farlo rientrare nel campo della sostenibilità”7.
Nello stesso anno la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e
Sviluppo (UNCED) tenuta a Rio de Janeiro, elaborò gli argomenti
contenuti nel rapporto Brundtland, creando così le basi per “elaborare
strategie e misure per arrestare e invertire gli effetti di degrado
ambientale, nel contesto di un accresciuto sforzo nazionale e
internazionale diretto a promuovere in tutti i paesi uno sviluppo
5 A. LANZA, Lo sviluppo sostenibile, Bologna, 2002, p.15.
6 A. MANCARELLA, Il diritto dell'umanità all'ambiente. Prospettive etiche, politiche e
giuridiche, Milano, 2004, p.91, in cui l'autore sottolinea che il rapporto Brundtland si
fonda sull'accettazione incondizionata del sistema consumistico-capitalistico di tipo
occidentale, fondato sul principio di “libera impresa in libero mercato”. L'ideologia
dello spreco imperante nel Nord del mondo non è mai attaccata né considerata,
perché l'attenzione dei relatori è sempre fortemente indirizzata al rapporto
conseguibile di sviluppo > crescita economica > espansione del mercato > ricchezza
per il Sud del mondo > maggiore tutela dell'ambiente; rapporto che vede come suo
antagonista quello di economia non di mercato > arretratezza > povertà del Sud del
mondo > minore tutela dell'ambiente.
7 D. MEDOWS, D. MEADOWS, J. RANDERS, I nuovi limiti dello sviluppo. La salute
del pianeta nel terzo millennio, Milano, 2006, p.9.
11
sostenibile e compatibile con l'ambiente”8. Dalla Conferenza di Rio
scaturirono nel complesso cinque atti, la Dichiarazione su Ambiente e
Sviluppo, non vincolante, l'agenda 21, non vincolante, la Convenzione
Quadro sul cambiamento del clima, vincolante, la Convenzione Quadro
sulla biodiversità biologica, vincolante e la Dichiarazione sui principi
relativi alle foreste, non vincolante9.
La Convenzione Quadro sul clima ebbe una prima traduzione
pratica nel 1997 con il Protocollo di Kyoto per la riduzione delle
emissioni di gas serra, cercando di seguire il successo del precedente
protocollo di Montreal del 1987 sulla riduzione dei gas che provocavano
il buco nell'ozono.
Nel 2002 il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile,
organizzato dall'ONU a Johannesburg, i cui temi principali erano
l'esauribilità delle risorse e la difficoltà di accesso a quelle vitali, come
l'acqua, e l'esistenza di molti paesi nel mondo esclusi dallo sviluppo
economico, diede risposte deludenti, confermando la natura di concetto
multidimensionale dello sviluppo sostenibile, basato sullo sviluppo
economico, la protezione ambientale e lo sviluppo umano. Si è cercato in
queste grandi conferenze di affrontare le tematiche ambientali con un
approccio più sistematico, cercando di coinvolgere anche l'OMC in
un'ottica di sviluppo sostenibile, aprendo gli scambi in modo equo e
regolamentato ai paesi meno sviluppati e, nel rispetto del “principio delle
responsabilità comuni ma differenziate” alla base del principio n.7 della
Dichiarazione di Rio, ma si è notato che occorrerebbe una struttura
8 M. TALLACCHINI, Diritto per la natura. Ecologia e filosofia del diritto, Torino,
1996, p.204-205.
9 Cfr. S. MARCHISIO, Il diritto internazionale dell'ambiente, in G. CORDINI, P. FOIS,
S. MARCHISIO, Diritto ambientale. Profili internazionali europei e comparati,
Torino, 2008. Si veda inoltre G. C. GARAGUSO, S. MARCHISIO, (a cura di), Rio
1992: Vertice per la terra, Milano, 1993; A. MANCARELLA, Il diritto dell'umanità
all'ambiente. Prospettive etiche, politiche e giuridiche, cit..
12
democratica ed internazionale per garantire ad ogni paese il
raggiungimento di un reale sviluppo10.
La maggior parte degli analisti ha ritenuto il vertice di
Johannesburg un fallimento perché i passi in avanti rispetto a Rio sono
stati pochissimi, perché gli obiettivi sono vaghi e come ha affermato
Giovanni Sartori: “Johannesburg insegna che i mega-baracconi, i macro-
carnevali, devono finire. Ormai fanno molto più male che bene” ed
ancora “la terra è malata di sovraconsumo: noi stiamo consumando molto
più di quanto la natura può dare. Pertanto a livello globale il dilemma è
questo: o riduciamo drasticamente i consumi, oppure riduciamo
altrettanto drasticamente i consumatori. Johannesburg è l'ennesima
conferma del fatto che la via alla riduzione dei consumi non è
percorribile. Resterebbe, allora, l'altra via. Ma la via del controllo delle
nascite fu bloccata alla conferenza sulla popolazione del Cairo del 1994
[...]. Come ne usciamo? La risposta è che ci salverà la tecnologia [...].
Ma in pratica la tesi degli sviluppisti è falsa, falsissima. Se ci salveremo
non sarà con la tecnologia ma con un ritorno all'intelligenza”11.
Di fronte ai problemi evidenziati a livello internazionale, gli
sviluppi positivi sono stati diversi, soprattutto grazie ad una maggiore
attenzione al rispetto dell'ambiente. Ma l'uomo ha continuato a crescere e
svilupparsi in un mondo finito, attingendo pesantemente dalle fonti
naturali, soprattutto quelle fossili, aumentando la velocità del loro
esaurimento. Certo si può proseguire come si è fatto fino ad ora, parlando
del problema e sostanzialmente non affrontandolo, oppure bisognerà
10 Cfr. A. MANCARELLA, Il diritto dell'umanità all'ambiente. Prospettive etiche,
politiche e giuridiche, cit., pp.117-118.
11 Cfr. G. SARTORI, L'effetto serra delle idee confuse, Corriere della Sera, 14 settembre
2002, riportata in MANCARELLA A., Il diritto dell'umanità all'ambiente. Prospettive
etiche, politiche e giuridiche, cit., pp.121-122.
13
ridurre l'impronta ecologica12 globale dell'umanità e questo dovrà
avvenire diminuendo una delle variabili evidenziate dal Sartori. Partendo
da queste considerazioni nel 2004, Meadows assieme al suo gruppo di
lavoro ha elaborato nuovi scenari, in grado di offrire un contributo per
contrastare “le posizioni politiche prevalenti secondo cui l'umanità,
addentrandosi nel XXI secolo, è sulla giusta strada”13 per uscire dalla
crisi. Anzi con “I nuovi limiti dello sviluppo” gli autori hanno
sottolineato il “superamento dei limiti ecologici globali” e vogliono
“incoraggiare la società a mettere in discussione l'idea della crescita
come panacea per la maggior parte dei problemi. Di conseguenza,
l'espressione limiti della crescita è entrata largamente nell'uso”14.
A livello internazionale ci si appresta a preparare il dopo Kyoto.
durante la Conferenza internazionale sui Cambiamenti Climatici,
sponsorizzata dall'ONU, tenutasi a Bali nel dicembre 2007, i problemi
per la riuscita di un accordo erano dipendenti dalla capacità di
coinvolgere gli Stati Uniti, che ha partecipato, ma che per mantenere il
proprio stile di vita, non sembra intenzionato a condividere l'approccio di
Kyoto al problema, preferendo includere India e Cina in accordi organici,
di cui gli statunitensi possano beneficiare15.
Si comprende quanto siano determinanti i problemi economici per
uscire dalla crisi ecologica. Se lo sviluppo sostenibile è un concetto
12 Il concetto di impronta ecologica è un indicatore elaborato da Mathis
WACKERNAGEL. Nel manuale di M. WACKERNAGEL e W. E. REES, L'Impronta
Ecologica. Come ridurre l'impatto dell'uomo sulla terra, Milano, 2004, p..34, essa
viene definita la misura di quanto territorio biologicamente produttivo e quanta
superficie ricoperta d'acqua vengono utilizzati da un individuo, una città, un paese,
una regione o dall'intera umanità per produrre le risorse che consuma e per assorbire
i rifiuti che genera.
13 D. MEDOWS, D. MEADOWS, J. RANDERS, I nuovi limiti dello sviluppo. La salute
del pianeta nel terzo millennio, Milano, 2006, p.16.
14 D. MEDOWS, D. MEADOWS, J. RANDERS, I nuovi limiti dello sviluppo. La salute
del pianeta nel terzo millennio, Milano, 2006, pp.17-18.
15 A giustificazione di quanto affermato si rimanda al capitolo 3, paragrafo 3.1.2.
14
tripartito, se non si vuole mettere in discussione lo sviluppo umano e la
protezione della natura, soggetto della crisi ecologica, il carattere
problematico della sostenibilità deve necessariamente concentrarsi sullo
sviluppo economico. Se la maggiore responsabilità dell'attuale crisi è
dovuto ad una bulimia dei consumi dell'occidente, dal dovere di crescita
economica per la crescita in sé, senza porsi alcun limite, forse
bisognerebbe prestare ascolto alla “provocazione” che proviene dagli
studiosi che parlano di scommessa della decrescita e chiedono di
rigettare l'idea di sviluppo economico, divenuta così importante da aver
messo in secondo piano il diritto inalienabile dell'umanità alla vita,
sempre più difficile su un pianeta inquinato, sfruttato e dove un miliardo
di persone muore di fame.
2. La geopolitica dell'ambiente.
“Ogni volta che si discute di Darfur se ne parla in termini militari
e politici, come di un conflitto etnico che contrappone le milizie arabe ai
ribelli neri e ai contadini – ha scritto infatti il segretario generale
dell'ONU, Ban Ki Moon, in occasione della giornata mondiale della lotta
alla desertificazione dello scorso anno – guardate invece alle cause
scatenanti e scoprirete una dinamica più complessa. Negli ultimi
vent'anni il Sudan ha registrato un calo delle precipitazioni, dovuto in
parte al riscaldamento globale causato dalle attività umane. Gli
agricoltori stanziali e i pastori nomadi che abitano il Darfur hanno
convissuto pacificamente fino a quando siccità e mancanza di cibo hanno
scatenato una tragedia di cui oggi siamo testimoni”16. Siamo entrati come
16 C. M. DACLON, Geopolitica dell'ambiente. Sostenibilità, conflitti e cambiamenti
globali, Milano, 2008, p.7.
15