7
Il fenomeno dell’immigrazione è tutt’altro che nuovo nel panorama
internazionale ed europeo. Ciononostante, il tema del contrasto all’immigrazione
irregolare è salito negli ultimi anni, per così dire, alla ‘ribalta’ delle cronache e
delle agende politiche italiane ed europee, venendo sempre più spesso associato
al tema della sicurezza e dell’ordine pubblico interni.
Ciò è dovuto in gran parte all’idea distorta diffusa tra l’opinione pubblica
circa la mole del fenomeno dell’immigrazione via mare; la situazione viene
descritta come “emergenziale” dai media italiani e stranieri in ragione della
frequenza degli sbarchi di immigrati sulle coste degli Stati del Sud Europa e
dell’Italia in particolare. Purtroppo, non altrettanto risalto è dato alle statistiche
che dimostrano che gli arrivi via mare rappresentano una porzione assolutamente
minoritaria del numero complessivo di immigrati irregolari presenti in Italia.
L’idea del presente lavoro parte dall’osservazione delle dinamiche
attraverso le quali l’Italia ha fatto leva sul sentimento corrente dell’opinione
pubblica rispetto ai numerosi sbarchi di immigrati con l’obiettivo di instaurare e
sviluppare una relazione con la Libia, Stato di partenza della maggior parte di tali
sbarchi, per ottenere collaborazione nella riduzione degli arrivi via mare, nonché
in vista dei vantaggi economici e strategici derivanti da una tale intesa.
Ciò che è sempre mancato in tali dinamiche, a parere di chi scrive, è
l’impegno dell’Italia nell’imporre ed ottenere valide garanzie circa il rispetto dei
diritti umani delle persone coinvolte, soprattutto in considerazione della
situazione esistente in Libia, di cui le nostre autorità erano al corrente.
Lo strumento utilizzato per ridurre il numero degli arrivi via mare è stato
quello di rimandare i migranti “tutti indietro, per tutti la stessa soluzione a
prescindere dalle cause che stanno alla base della fuga di ciascuno”
1
.
1
Laura Boldrini, “Tutti indietro” (Rizzoli: Milano, 2010). Laura Boldrini è stata portavoce dell’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) dal 1998 fino al marzo del 2013, ovvero
fino alla sua elezione alla Presidenza della Camera.
INTRODUZIONE
8
Per questa ragione, il presente lavoro mira ad approfondire la
comprensione del contenuto di tale relazione bilaterale e valutare le conseguenze
della sua attuazione alla luce dell’analisi della legislazione internazionale in
materia di protezione dei rifugiati e delle altre regole che entrano in gioco nello
svolgimento di simili operazioni di respingimento di migranti in alto mare.
Ciò che si vuole dimostrare è che la ‘politica dei respingimenti’ si pone in
flagrante contrasto con le norme fondamentali a tutela di tutti gli individui in
fuga da guerre, persecuzioni e torture. Norme nazionali, europee ed
internazionali, tutte inequivocabilmente dirette ad evitare che vengano effettuati
respingimenti senza prima valutare le ragioni e le situazioni individuali di
ciascuno dei migranti.
I respingimenti indiscriminati verso la Libia hanno contravvenuto infatti al
più importante principio a tutela degli individui che fuggono dal proprio Paese
per salvaguardare la propria vita, sempre operante e non suscettibile di deroga: il
divieto di refoulement, principio essenziale ed irrinunciabile che rappresenta
l’appiglio fondamentale a cui rimangono ancorate le vite di queste persone.
Per comprendere al meglio il modo in cui opera il principio in questione in
relazione ai fatti che costituiranno il centro del presente lavoro, si introdurranno
nel primo capitolo i lineamenti essenziali della disciplina a tutela dei rifugiati,
partendo da un breve excursus storico sul diritto d’asilo e sulla relazione tra
questo e le norme del diritto dei rifugiati, per poi passare ad esporre i principi
fondamentali della tutela dei rifugiati, con particolare riferimento al contenuto
del principio di non-refoulement. Verrà quindi dato conto dello sviluppo di tale
principio e della sua configurazione nei vari strumenti giuridici di cui è stato
oggetto, a livello sia universale che regionale.
Nel secondo capitolo ci si concentrerà invece sulla descrizione della
tragica condizione in cui si ritrovano di fatto bloccati i moltissimi migranti che
9
giungono ogni anno in Libia per restarvi o per partire alla volta dell’Europa. Essi
trovano in questo Paese una misera sorte, che costituisce il risultato delle
scellerate politiche migratorie condotte dalla Libia negli ultimi quarant’anni,
delle quali si darà brevemente conto.
Ciò sarà fondamentale per capire la portata e le conseguenze della
decisione del governo italiano di saldare una partnership sul tema della gestione
dell’immigrazione con la Libia.
Al fine poi di ottenere una visione il più possibile completa delle relazioni
italo- libiche in materia di immigrazione, sarà necessario fare riferimento anche
alle dinamiche di cooperazione che si sono instaurate tra la Libia di Gheddafi e
l’Unione Europea. Successivamente, verranno analizzati nel dettaglio gli
strumenti giuridici bilaterali conclusi tra la Libia e l’Italia.
Nel terzo ed ultimo capitolo verranno infine descritte le operazioni di
respingimento in alto mare degli immigrati provenienti dalla Libia, in attuazione
della politica a cui si è fatto cenno.
Si vedrà in che modo e fino a che punto tali operazioni trovano il loro
fondamento negli accordi bilaterali citati e, dopo aver tentato di inquadrare questi
ultimi in una corretta cornice giuridica, se ne valuterà la legittimità rispetto alle
regole esposte nel primo capitolo e, in particolare, rispetto al principio di non-
refoulement.
Una volta effettuata tale valutazione, se ne trarranno le conclusioni con
riferimento alla responsabilità internazionale dell’Italia per le eventuali
violazioni commesse.
A tale ultimo proposito verrà quindi analizzata e commentata la sentenza
Hirsi Jamaa c. Italia, emessa nel 2012 dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo,
con la quale quest’ultima ha condannato l’Italia per una delle operazioni di
respingimento descritte ed analizzate nel presente lavoro.
11
CAPITOLO I – LA TUTELA DEI RIFUGIATI NEL DIRITTO
INTERNAZIONALE
1. EVOLUZIONE STORICA DEL DIRITTO D’ASILO
Il concetto di asilo e, conseguentemente, il relativo diritto hanno subito
un’importante evoluzione nel corso della storia. Esso nasce nell’antichità quale
garanzia di protezione che poteva essere accordata a chiunque si rifugiasse in un
determinato luogo, inviolabile perché a ciò deputato, anche se colpevole di aver
commesso un crimine. L’istituto, seppure in forme primordiali, affonda le sue
radici all’inizio della storia dell’uomo. Senza soffermarsi sull’origine greca del
termine ‘asilo’, è noto che tutte le popolazioni più antiche conoscevano un
istituto concettualmente assimilabile al diritto d’asilo come inteso oggi. Ciò
detto, è evidente come debba tracciarsi una netta separazione tra l’asilo nella sua
connotazione originaria, arcaica, e l’istituto del diritto d’asilo nella sua
conformazione attuale, dovendo considerare la importante e decisiva evoluzione
delle relazioni tra le popolazioni e le relazioni tra il cittadino ed il proprio Stato
di appartenenza
2
. Infatti, se pure dapprima l’asilo si sviluppò maggiormente
come fenomeno di natura religiosa o sacrale, a questa venne col tempo
affiancandosi un’altra componente: quella territoriale, ovvero legata alla
percezione di inviolabilità garantita all’interno di un certo territorio. Questo
aspetto divenne predominante e poi esclusivo per quanto concerne la concessione
dell’asilo, evolvendosi fino a rappresentare uno degli elementi del più moderno
concetto di sovranità territoriale
3
.
Si può dire che la ‘laicizzazione’ del diritto d’asilo vada di pari passo con
l’affermazione degli Stati nazionali. Seppure il percorso di affrancazione dalle
2
GOODWIN-GILL e McADAM, The refugee in international law, Oxford University Publishing, 2007,
p. 355.
3
LENZERINI, Asilo e diritti umani. L'evoluzione del diritto d'asilo nel diritto internazionale, Milano:
Giuffrè, 2009, p. 22.
12
connotazioni religiose dell’istituto è stato molto tortuoso, il risultato di tale
processo è stato la sostituzione dell’asilo canonico con un analogo istituto laico.
Questo processo è poi senz’altro una conseguenza dello sviluppo degli Stati
nazionali, nonché dell’esistenza di forti ostilità esistenti tra gli stessi.
Un punto di svolta nella configurazione dell’istituto avvenne anche grazie alla
diffusione della dottrina filosofica e giuridica del giusnaturalismo. Le idee
diffuse da tale dottrina da un lato portarono a valorizzare il principio secondo il
quale gli Stati avevano il compito di aiutarsi reciprocamente nella repressione
dei delitti comuni, favorendo così la stipulazione di numerosi accordi di
estradizione. Dall’altro lato, lo stesso pensiero filosofico aveva spiccatamente
aumentato la sensibilità verso la libertà di pensiero e di religione, considerati
quali valori da difendere. Questa condizione favorì la percezione dell’asilo come
una garanzia da accordare a coloro che si configuravano come perseguitati
politici in quanto si opponevano ai regimi dispotici dell’epoca.
Si può dire che dal XVII secolo in poi si sia gradualmente consolidato il
principio di diritto internazionale in base al quale i sovrani hanno il diritto di
concedere asilo politico nel proprio territorio
4
.
A favorire tale transizione ci fu anche l’apporto di molti studiosi dell’epoca, tra
cui l’olandese Grozio, il tedesco Wolff ed in parte anche l’italiano Cesare
Beccaria
5
.
Un momento sicuramente significativo nella storia dell’istituto fu rappresentato
dall’inserimento nella Costituzione francese del 1793 di una norma che
prevedeva che lo stato francese avrebbe dato asilo agli stranieri cacciati dalla loro
patria per la causa della libertà. Lo stesso riconoscimento viene attuato da parte
di altre legislazioni nazionali; ciononostante, per raggiungere l’accettazione da
parte della generalità degli Stati occidentali della natura consuetudinaria dello
4
LENZERINI, Asilo e diritti umani. L'evoluzione del diritto d'asilo nel diritto internazionale, p. 22;
NASCIMBENE, Asilo e statuto di rifugiato, Relazione tenuta al Convegno dell’Associazione Italiana dei
Costituzionalisti, Lo statuto costituzionale del non cittadino, Cagliari,16-17 ottobre 2009.
5
Sebbene egli fosse fondamentalmente contrario all’istituto dell’asilo in principio.
13
status dell’asilo politico bisognerà aspettare il XIX
6
. Un’importante
testimonianza in proposito è fornita dalla lettura della risoluzione di Oxford del
1880 che,all’articolo 1, afferma che l’estradizione “cannot take place for
political acts”
7
.
Tuttavia, all’inizio del Novecento, era ancora predominante in materia l’interesse
dello Stato a fornire o viceversa negare l’asilo
8
. Innegabilmente gli Stati hanno
sempre mostrato una certa ritrosia ad ammettere l’esistenza di un obbligo a
proprio carico di accogliere e garantire protezione ad individui appartenenti ad un
altro Stato, e di questo è data ampia prova dalla storia degli strumenti
internazionali in materia di diritto d’asilo
9
.
2. CONVENZIONI E ALTRI STRUMENTI INTERNAZIONALI IN
MATERIA D’ASILO
2.1 L’asilo nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo
La prima solenne proclamazione del diritto d’asilo si trova nella Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo, all’articolo 14, che recita: “Everyone has the
right to seek and to enjoy in other countries asylum from persecution.(…)”.
In realtà, nella versione proposta dalla Commissione dei diritti umani il diritto
doveva essere espresso in termini più ampi: si sanciva “(…) the right to seek and
be granted asylum (…)”. Si tratta, come è evidente, di una differenza
terminologica che cambia radicalmente la portata della disposizione. Gli Stati
optarono per una versione del testo che non imponesse un obbligo a garantire
6
LENZERINI, Asilo e diritti umani. L'evoluzione del diritto d'asilo nel diritto internazionale, p. 33.
7
INSTITUT DE DROIT INTERNATIONAL, Tableau général des résolutions (1873-1956), Resolutions
of the Institute of international law dealing with the law of nations, with an historical introduction and
explanatory notes”.
8
GOODWIN-GILL e McADAM, The refugee in international law, p. 356.
9
Ibid, p. 358.
14
asilo, preferendo una versione più vaga, meno incisiva, che non faceva altro che
riaffermare ciò che già era incontestato, ovvero il diritto degli Stati di concedere
tale asilo
10
. Da questo discende logicamente l’assenza di un diritto dell’individuo
ad ottenere il beneficio in questione. Quella appena esposta in termini essenziali
è l’impostazione tradizionale del diritto d’asilo come disciplinato dal diritto
internazionale generale.
2.2 Ulteriori tentativi di codificazione del diritto d’asilo
I profondi contrasti tra gli Stati in materia di asilo si erano rivelati in tutta la loro
problematicità durante i negoziati della Dichiarazione, dei quali è dato ampio
commento in dottrina
11
. In seguito, la Commissione dei Diritti Umani annunciò
in una risoluzione la decisione di prendere in esame la questione dell’inclusione
del diritto d’asilo di chi sfugge da una persecuzione nell’International Bill of
Human Rights oppure in una convenzione specifica
12
. Pertanto i dibattiti
ripresero quando la Commissione diede inizio alla redazione dei trattati sui diritti
umani intorno al 1950
13
. Poca fortuna ebbe però il dibattito a favore della
inclusione del diritto d’asilo del diritto d’asilo nel Patto sui diritti civili e politici
del ’66
14
.
Si ripiegò piuttosto sullo strumento della Declaration on territorial
asylum, adottata dall’Assemblea Generale nel 1967 con la Risoluzione 2132
(XXII)
15
, sprovvista di alcuna efficacia vincolante ma rilevante, se non altro, in
quanto integra l'articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Dell'uomo
10
Ibid, p. 360.
11
LAUTERPACHT, International Law And Human Rights, London: Stevens & Sons Limited, 1950;
GOODWIN-GILL e McADAM, The refugee in international law, p. 360.
12
UN doc. E/600, para 48, disponibile all’indirizzo <http://daccess-
ods.un.org/access.nsf/Get?Open&DS=E/600(SUPP)&Lang=E>
13
GOODWIN- GILL e McADAM, The refugee in international law, p. 357.
14
International Covenant on Civil and Political Rights, adottato ed aperto alla firma dalla risoluzione
2200A (XXI) dell’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 Dicembre 1966 ed entrato in vigore il
23 Marzo 1976.
15
LAUTERPACHT e BETHLEHEM, The scope and content of the principle of non-refoulement:
Opinion, p. 90.