7
“…Infiniti sono i difetti della donna e le virtù tre soltanto,
quelle di curare la casa, di far figli e di morire insieme con il mari-
to
1
…”
Così si trova scritto nella Vrddhacanakya
2
, un’antichissima
raccolta di sentenze indù, purtroppo ancora attuale in molte zone
dell’India, un paese in cui i problemi delle donne spesso iniziano
alla nascita; se a venire al mondo è un maschio lo si accoglie con
entusiasmo, ma se è una femmina la si considera una sciagura, un
fardello pesante ed insostenibile per il bilancio familiare.
La femmina lascia la casa dei genitori quando si sposa e que-
sti ultimi debbono provvedere al pagamento della dote, anche a co-
sto di indebitarsi per tutta la vita. Cardine della sua vita sociale e
simbolo della sua rispettabilità, il matrimonio è per la donna india-
na obbligatorio (una donna nubile è una reietta sociale) e da pagarsi
appunto tramite il sistema della dote.
In realtà la condizione femminile in India ha subito nel corso
della storia una grandissima evoluzione, tanto da caratterizzarne le
attuali principali contraddizioni.
Fino al secondo millennio a.C. la donna godeva di una posi-
zione sociale privilegiata. Una serie di reperti archeologici testimo-
1
Indian Council of Social Science Research, Critical Issues on the Status of Women, New Del-
hi, 1977, pag. 1
2
ibidem, pag. 1
8
niano che sul piano religioso le divinità indiane erano soprattutto
femminili.
L’istituzionalizzazione dell’inferiorità della donna avvenne
grazie al consolidamento del potere religioso ed economico della
casta dei bramini che, tramite una serie di testi religiosi e giuridici,
crearono sul piano etico e legale le condizioni per una progressiva
sottomissione delle caste subalterne e delle donne.
I numerosi condizionamenti di ordine storico, religioso e
culturale rendono ancora oggi particolarmente difficile la posizione
della donna indiana in seno alla famiglia e alla società.
Le denunce di Organizzazioni non Governative, secondo le
quali le donne sarebbero continuamente sottoposte a violenze e so-
prusi sia dai familiari che dalle autorità, rendono il quadro sulla
condizione femminile in India molto allarmante.
La donna indiana, vittima invisibile della violazione dei diritti
umani, non è cosciente di avere dei diritti, deve badare piuttosto a
sopravvivere. Sono poche quelle donne che cercano di opporre re-
sistenza, le altre accettano passivamente quello che è stato dato loro
in attesa di una nuova vita. E’ per questo fatalismo inscritto nella
stessa religione e tradizione indù che le donne non si ribellano an-
che di fronte ai peggiori soprusi.
L’uguaglianza dei diritti, ribadita anche nella Costituzione, si è tro-
vata molto spesso in contrasto con la realtà complessa del vasto su-
9
bcontinente indiano, dove coesistono una pluralità di religioni assai
differenti tra loro, decine di scritture, centinaia di lingue, migliaia
di dialetti diversi ed una infinità di tradizioni popolari e locali.
Parte integrante di queste ultime sono le leggi consuetudina-
rie delle religioni, le antiche sentenze e i codici ancora attuali nella
prassi (fra cui il Codice di Manu), che mal si conciliano con
l’attuale legislazione.
Il governo indiano ha formalmente riconosciuto la particolare
vulnerabilità della donna ed ha effettuato numerosi passi avanti nel
campo dei diritti umani ratificando, ad esempio, nel 1993 la
Convenzione del 1979 sull’Eliminazione di ogni Forma di
Discriminazione nei Confronti della Donna (CEDAW) ed ha inoltre
istituito una Commissione Nazionale per la Donna.
Tuttavia i contrasti con la tradizione ed il fallimento nel dare
attuazione alle leggi esistenti rende vano questo pubblico impegno
a favore della salvaguardia dei diritti della donna.
Ipotesi ed obbiettivi dell’indagine
Nel corso del lavoro, si procederà ad una dettagliata osserva-
zione dei più differenti ambiti della vita sociale, al fine di valutare
quale sia nel concreto l’inserimento della donna all’interno degli
stessi. Si terrà conto, in particolar modo, delle rilevanti
contraddizioni esistenti, al fine di poter valutare la qualità nonché
10
zioni esistenti, al fine di poter valutare la qualità nonché l’efficacia
degli interventi fino ad ora realizzati.
In proposito, possiamo fin d’ora premettere come, per le speci-
ficità del subcontinente indiano e per la situazione di arretratezza in
cui tuttora alcune aree versano, le nostre analisi si soffermeranno
sugli interventi governativi, ma anche su quelli delle ONG Indiane
e sulle azioni della Cooperazione Internazionale, al fine di com-
prendere quali siano stati i reali benefici che la donna indiana ne ha
tratto, e quali ne siano invece stati i limiti.
Costituiranno oggetto di osservazione prevalente i diritti uma-
ni, nelle loro più differenti manifestazioni, e verranno evidenziati i
problemi sociali della donna, partendo dalle cause di maggior disa-
gio, nonché dal soddisfacimento dei più elementari bisogni attra-
verso l’accesso ai servizi pubblici, per arrivare ad un’analisi della
partecipazione della stessa alla vita politica del paese.
A conclusione del lavoro, proveremo ad indicare le possibili
vie d’intervento, alternative e complementari agli attuali progetti, e
tali da consentirne una più efficace realizzazione.
CAPITOLO I
CONDIZIONE
SOCIOCULTURALE
DELLA DONNA
13
1.1 Evoluzione storica della condizione femminile
Nel corso dei secoli lo status della donna indiana è andato e-
volvendosi in modo sfavorevole, a causa di condizionamenti da
parte di numerosi fattori storico-sociali che hanno determinato le
attuali principali contraddizioni.
Una serie di reperti archeologici
1
risalenti al secondo millen-
nio a.C. testimoniano che le principali divinità indiane erano so-
prattutto femminili.
Il culto della Madre Divina (Devi Mata)
2
, che personificava il
principio vitale, era comune in Tamil Nadu, in Kerala e nelle regio-
ni dell’Himalaya.
Nel testo sacro dei Rig Veda
3
la donna non solo godeva di una
autonomia rispetto all’uomo sul piano religioso ma anche dal punto
di vista sociale. Le vedove erano libere di risposarsi, le ragazze non
sposate avevano diritto alla proprietà e non esisteva obbligo di do-
te.
1
Updhaja, Bagwat Saran, Women in Rigveda, Nand Kishore and Bras, Benares, 1933
2
Madhavananda, Swani, Great Woman of India, Advaita Ashrama, Mayavati, 1953, pagg. 129-
168
3
Updhja, Bagwat Saran, Benares, 1933, op. cit.
14
Tale organizzazione sociale, dove l’idea dell’energia femmini-
le era costantemente riaffermata, fu modificata dalla conquista A-
riana (1500 a.C.)
4
. La religione dei bramini assorbì e subordinò le
divinità femminili tradizionali, spostandole a divinità maschili.
L’“istituzionalizzazione” dell’inferiorità della donna rispetto
all’uomo avvenne dunque grazie al consolidamento del potere reli-
gioso ed economico della casta dei bramini che in vari testi religio-
si e giuridici crearono sul piano etico e legale le condizioni per una
progressiva subordinazione delle donne.
A partire dal quinto secolo a.C. una serie di testi, fra cui il Co-
dice di Manu
5
, considerata la più importante raccolta di leggi in In-
dia, sancirono sul piano legale l’inferiorità della donna. Nella ge-
rarchia sociale le donne vennero dunque apertamente classificate
con i sudra
6
, ossia la casta più bassa. Il Codice di Manu garantì per
più di un millennio legittimità all’ideologia bramina di gerarchizza-
zione delle caste, predominio del sistema patriarcale e subordina-
zione della donna.
4
ibidem
5
Cfr. Cap.II, par. 2.5, pag. 56
6
Madwanda, Swani, Benares, 1933, op. cit., pag. 343
15
Il più alto ideale della femminilità diventò nell’induismo quel-
lo di pativrata
7
, la donna che venera il marito come una divinità.
Vennero esaltate le virtù dell’obbedienza e del sacrificio, tanto che
la vedova poteva ottenere la salvezza spirituale solo attraverso
l'immolazione di sé attraverso il sati, ossia il sacrificio sulla pira
del marito. Il matrimonio delle bambine divenne un fatto normale e
alle giovani donne veniva impedito l’accesso all’istruzione.
I colonizzatori inglesi si definirono una forza di liberazione
soprattutto per le donne indiane, ma la loro azione contraddisse in
molti sensi queste affermazioni. Tra il 1772 ed il 1947, gli inglesi,
appoggiati dagli indiani riformatori, introdussero nuove leggi, im-
portanti per la posizione legale della donna, concedendo alle vedo-
ve di rimaritarsi e di avere una migliore posizione nella successio-
ne; inoltre proibirono l’infanticidio femminile, il sati e i matrimoni
delle bambine
8
.
In ogni caso, però, l’atteggiamento del governo coloniale ri-
mase molto ambiguo, perché anche di fronte al problema femmini-
le, badava in primo luogo a conservare il proprio dominio (non a
7
ibidem, pag. 358
8
Baig, Tara Ali, Women of India, Ministry of Information and Broadcasting-Government of
India, Delhi, 1958, pagg. 14-31
16
caso già dal 1772 gli inglesi avevano dichiarato che i testi sacri dei
bramini erano la sola autorità nella legge indù)
9
.
In realtà un primo risveglio della coscienza femminile indiana
avvenne proprio durante il periodo di dominazione britannica e non
tanto grazie alle leggi introdotte dagli inglesi, quanto piuttosto al
ruolo che Gandhi attribuì alla donna nella lotta per
l’indipendenza
10
.
“…if non violence is the law of our being, the future is with
woman
11
…” (Gandhi).
Jawarlal Nehru, Primo Ministro dell’India indipendente, pro-
mosse numerose riforme sociali e civili. Insistendo
sull’uguaglianza di fronte alla legge, istituì il divorzio, la monoga-
mia e la parità di diritti per la donna
12
. Nel 1953 venne fondato il
Central Welfare Board
13
allo scopo di promuovere servizi sociali
per donne, bambini e gruppi più disagiati della popolazione.
9
ibidem, pagg. 14-31
10
AA.VV., Indian Women - from Purdah to Modernity, Brnanda, New Delhi, 1990, pagg. 16-
40
11
ibidem, pag. 20
12
Baig, Tara Ali, Delhi, 1958, op. cit., pagg. 72-89
13
AA.VV., New Delhi, 1990, op. cit., pag. 15
17
“…Our civilization, our customs, our laws, have all been
made by man and he has taken good care to keep himself in a supe-
rior position and to threat woman as a chattel and a plaything to
be exploited for his own advantage and amusement. Under this
continous pressure the woman has been unable to grow and to de-
velop her capacities for her fullest, and the man has blamed her for
her backwardness
14
…” (Jawarlal Nehru).
Dal 1948 ad oggi la legislazione indiana ha fatto numerosi
passi avanti sulla strada del riconoscimento alle donne di pari op-
portunità, a partire dall’istituzione del suffragio universale e di ga-
ranzie costituzionali per l’uguaglianza fra i sessi, caste e religioni.
Ma la realtà ha corrisposto solo in parte a questo processo legale.
1.2 Caste, classi e comunità tribali.
Le cause delle numerose contraddizioni che caratterizzano la
società indiana e che determinano una generale inferiorità dello sta-
tus della donna vanno ricercate in fattori di ordine storico e religio-
so, e più in particolare in un sistema di stratificazione in caste e ceti
sociali.
14
Da: Jawarlal Nehru’s Adress at the Prayag Mahila Vidyapitha, 20 Genn. 1934, pag. 1
18
La piramide sociale indiana si caratterizza in quattro caste
principali: i bramini (brahmin) in testa, i guerrieri (kshatriya), se-
guiti da proprietari terrieri, commercianti e artigiani (vaishya) e
dalle basse caste (sudra); successivamente ci sono i fuori casta (che
Gandhi chiamò harijan, o “figli di Dio”) e 532 tribù
15
.
La casta è un sistema strutturale che si mantiene grazie a ma-
trimoni endogeni e alle occupazioni ereditarie. La struttura di casta
determina l’accesso alle risorse e ai mezzi di produzione. La casta è
anche un sistema culturale, basato sulla fede nel karma
16
e su una
scala di purezza che sopravvive da duemila anni. Da esso deriva
un’oppressione di casta per le caste inferiori, per i fuori casta e per
le tribù, a cui si aggiunge un’oppressione specifica per le donne.
Nelle caste inferiori, lo status di inferiorità delle donne deriva
dall’attribuzione al figlio maschio di maggiori possibilità di acces-
so all’istruzione e dalla difficoltà di poter usufruire delle risorse
economiche della famiglia, anche quando la donna contribuisce, in
maniera uguale o maggiore rispetto all’uomo, all’economia familia-
re
17
. Al tempo stesso per le donne delle caste svantaggiate non esi-
15
Srinivas, M.N., Caste in Modern India, Asia Publishing House, Bombay,1962, pag. 15
16
ibidem, pag. 17
17
ibidem, pag. 35
19
ste la purdah
18
, cioè la reclusione domestica, dato che in esse tutti
devono lavorare duramente per la sopravvivenza della famiglia.
La situazione è ben diversa nelle caste superiori, dove la re-
clusione più o meno dorata fra le mura domestiche, richiesta dalle
esigenze di purezza castale, non è affatto superata, tanto più che il
mantenimento della donna è uno dei segni distintivi di queste caste;
esistono quindi gravi limitazioni addirittura allo sviluppo delle re-
lazioni esterne da parte delle donne. A ciò si collega l’impossibilità
o quasi per le donne di tali caste di sposare un uomo di casta infe-
riore
19
, perché i figli avrebbero uno status inferiore rispetto a quello
di lei e quindi ridurrebbero il prestigio sociale della famiglia ma-
terna. La famiglia patriarcale considera dunque necessarie pratiche
come i matrimoni combinati fra bambini in età prepuberale, la
proibizione del divorzio e la stretta monogamia per le donne, non-
ché il divieto alle vedove di risposarsi: tutti mezzi per preservare la
purezza del gruppo sociale
20
.
18
AA.VV., Caste-Its Twentieth Century Avantar, Penguins books India, New Delhi, 1996, pag.
4
19
ibidem, pag. 12
20
AA.VV., The Cross Culture Study of Women, The Feminist Press, New York, 1994
20
L’appartenenza per nascita alla casta si intreccia con
l’appartenenza alla classe, determinando precisi cliché per la scelta
della scuola e per l’occupazione oppure per la loro preclusione.
Nelle caste alte la donna può studiare ma non deve lavorare, nelle
caste basse la donna non può studiare per ragioni economiche, ma
per le stesse ragioni deve lavorare accontentandosi dei lavori più
umili
21
.
La classe economica determina il reddito, l’accesso ai mezzi
di produzione e all’istruzione, e quindi naturalmente il livello di
soddisfacimento dei bisogni e la tipologia occupazionale.
L’accesso al lavoro non è certo precluso alle donne dei ceti più sfa-
voriti, soprattutto quando le tradizioni sembrano essere attenuate
dalla modernizzazione. Mentre per i ceti medio alti la tradizione è
molto attenuata dalla globalizzazione e dallo sviluppo, per i ceti più
sfavoriti, invece, tali fattori influenzano soltanto le tipologie di oc-
cupazione femminile. Inoltre se l’attribuzione di una maggiore im-
portanza al figlio maschio percorre orizzontalmente ogni casta e
ogni ceto socioeconomico, laddove le condizioni economiche sono
sfavorevoli questa discriminazione pregiudizievole per la bambine
giunge persino ad influire sul piano nutrizionale
22
.
21
AA.VV., New Delhi, 1996, op. cit., pag. 19
22
ibidem, pag. 21
21
La condizione attuale della donna nelle società tribali
23
è del
tutto particolare.
I “tribali” sono le fasce più sfruttate delle popolazioni rurali,
quelle che vengono allontanate dalle loro terre e poi ipersfruttate
nel momento in cui emigrano nelle città. Le strutture tribali non so-
no stratificate come le altre bensì aperte. Le donne godono di un
accesso paritario alle risorse.
Prima del colonialismo inglese era molto diffuso tra queste
comunità un sistema matriarcale all’interno del quale la donna go-
deva di un posto di prestigio e di numerosi vantaggi
24
. Il coloniali-
smo britannico prima e l’influenza dei costumi indù poi smantella-
rono via via le strutture portanti delle comunità tribali. La donna
tribale non ha oggi una sua identità predefinita
25
; ormai impossibi-
litata a lavorare nelle foreste come era invece abituata, è costretta a
trasferirsi in città dove l’influenza della cultura indù si fa sentire
molto forte: di conseguenza sono ormai diffusissimi i matrimoni
combinati e la pratica della dote.
23
Krishna Iyer, Bala Ratnam, Anthropology in India, Bharatija Vidya Bhawan, Bombay, 1961
24
AA.VV., New York, 1994, op. cit.,
25
AA.VV., Indian Society Today, Har-Anand Publications, Bombay, 1995