2
INTRODUZIONE
La sicurezza dei lavoratori può dirsi sia stata una delle preoccupazioni principali del
legislatore in materia di lavoro, fin dal momento in cui la prima, timida e incerta
legislazione sociale si mosse a disciplinare una situazione, quella della prima
rivoluzione industriale di metà Ottocento, pesantemente squilibrata a danno di chi
prestava la sua opera.
Le questioni della sicurezza dei lavoratori, della prevenzione degli infortuni e degli
incidenti sul lavoro nonché delle malattie professionali, si ripropongono
periodicamente e drammaticamente come alcuni dei problemi principali che
affliggono il mondo del lavoro nonostante lo sviluppo dinamico e sempre più
efficiente della scienza e dell’innovazione tecnologica.
Molto spesso è un problema di quale ruolo affidare al “Lavoro” e a tutti coloro che,
con la loro fatica e operosità, nel silenzio e nell’anonimato quotidiano, costruiscono e
fanno progredire la nostra economia.
Il 2008 ha registrato una diminuzione di morti bianche, si parla comunque di migliaia
di vittime; ciò dimostra che attraverso un’accurata attività di prevenzione, un’incisiva
diffusione della cultura della sicurezza si possono ottenere risultati importanti e
positivi per tutta la sociètà italiana.
Ciononostante episodi drammatici
1
ci testimoniano come la manchevolezza di
semplici e a volte davvero poco costosi accorgimenti, siano fatali per la vita dei
lavoratori.
Le statistiche indicano un quadro italiano in netto miglioramento anche per il 2009
2
:
diminuiscono ancora gli infortuni e le morti sul lavoro nei primi sei mesi del 2009, in
entrambi i casi ci troviamo di fronte a un calo sostenuto pari a rispettivamente al -
10,6% e -12,2%. Se il dato accentua sensibilmente il miglioramento in atto ormai da
molti anni, va detto, tuttavia, che il primo semestre 2009 è stato un periodo
particolarmente negativo per l'economia italiana sia sul versante dell'occupazione
1
Il riferimento è ai spaventosi incidenti avvenuti alla acciaierie Thissen Krupp di Torino, la notte tra il 5 e il 6
dicembre 2007 costato la vita a ben sette operai.; e alla Truck Center di Molfetta (Ba) dove il 3 marzo 2008 4
operai sono morti a causa delle esalazioni di zolfo, sprigionatesi mentre stavano lavorando alla manutenzione di
un’autocisterna adibita al trasporto della sostanza.
2
Dati rilevati dal sito internet: www.inail.it
3
(diminuita dello 0,9% nel primo trimestre e dell'1,6% nel secondo) che su quello
della produzione industriale, calata di oltre il 20%. Se a questo si aggiunge il
massiccio ricorso alla Cassa integrazione, appare chiaro come al sostenuto calo della
quantità di lavoro effettuata corrisponda, ovviamente, una considerevole flessione
dell'esposizione al rischio di infortunio. Sulla scorta dello applicazione di appropriate
metodologie di proiezioni statistica è possibile stimare, pertanto, che una quota da 5 a
6 punti percentuali del calo nel primo semestre 2009 (sia infortuni in complesso che
mortali), sia da attribuire alla componente "accidentale" rappresentata dalla
contingente congiuntura economica particolarmente sfavorevole.
Nel primo semestre del 2009 gli infortuni sul lavoro sono stati 397.980 contro i
444.958 del primo semestre 2008, mentre i casi mortali sono stati 490 a fronte dei
558 dello stesso periodo dell'anno precedente. Il calo ha interessato tutte le
componenti del fenomeno infortunistico, anche se in misura diversificata. La
riduzione degli infortuni e dei casi mortali, infatti, ha riguardato soprattutto i
lavoratori nell'effettivo esercizio della loro attività (cioè in occasione dei lavoro):
rispettivamente -11,1% e -13,1%.
Il traguardo raggiunto dal Testo Unico della Sicurezza d.lgs. n. 81/2008, modificato
dal D.Lgs. n. 106/2009, potrebbe rappresentare una svolta e l’inizio di una nuova
fase dopo quella contraddistinta dal d.lgs. n. 626/1994.
Quest’ultimo è stato e rimarrà un testo fondamentale sia per quello che ha significato
in termini d’innovazione legislativa al momento della sua emanazione, sia perché
esso rappresenta il presupposto per la riforma attuale. Esso ha accolto nel nostro
ordinamento, sebbene con ritardo alcune Direttive CEE in materia di sicurezza del
lavoro, ed in particolare la fondamentale direttiva quadro n. 89/391, oltre ad altre 17
direttive comunitarie a completamento di quella generale.
Nell’ambito europeo, l’Italia resta uno dei paesi con il più alto numero di morti sul
lavoro, a lanciare l’allarme è il Censis (Centro studi investimenti sociali), che con
un’indagine divulgata il 05/08/2008, sostiene che attualmente vi sono più morti
bianche che omicidi. Nell’ultimo decennio si è registrato in Europa un trend di
4
riduzione degli incidenti sul lavoro pur con differenze evidenti tra i vari Stati
3
; ad
esempio in Germania gli infortuni mortali sono diminuiti del 48,30%, in Spagna del
33,64%, in Italia solo del 25,49% anche se la situazione è migliorata, e non
dobbiamo dimenticare l’elevato numero di incidenti non denunciati nell’ambito del
lavoro nero.
Il fenomeno infortunistico nel mondo del lavoro è diventato un fenomeno sociale di
massa, radicato nello stesso modo di essere del sistema economico di un paese dove
è considerato predominante il concetto che la competitività di un’azienda sia il
risultato di una maggiore produzione a costi più bassi possibili, trascurando la qualità
del servizio offerto e la sicurezza dei propri lavoratori..
Secondo il 2° rapporto presentato il 04 febbraio 2008 da A.N.M.I.L. (Associazione
Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) dal titolo “tutela e condizione delle vittime
del lavoro tra leggi inapplicate e diritti negati” c’è un lavoratore morto ogni sette ore.
L’A.N.M.I.L, prosegue nella relazione sostenendo che il male dell’Italia sta nel fatto
che le leggi sembrano esistere solo sulla carta, nonostante i continui appelli del
Presidente della Repubblica e il grande impegno delle Istituzioni..
Alla luce di quanto detto con il presente elaborato ci si propone di delineare i
contorni specifici della disciplina giuslavoristica con riguardo agli aspetti storico-
evolutivi del sistema normativo italiano preposto alla tutela della salute e sicurezza
del lavoratore nello svolgimento della prestazione di lavoro e alla ripartizione e
accertamento delle responsabilità, sulla base della normativa vigente, fra i destinatari
dell’obbligo di sicurezza quando quest’ultimo è violato.
3
dati rilevati dal sito internet: www.censis.it
5
CAPITOLO I
L’EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA DELLA SICUREZZA SUL
LAVORO
1.1 La disciplina della sicurezza sul lavoro nell’ordinamento italiano: principi
costituzionali.
L’entrata in vigore della Costituzione repubblicana nell’immediato secondo
dopoguerra, ha rappresentato un nuovo inizio per la legislazione italiana in materia di
lavoro.
Una delle caratteristiche principali della nostra Carta costituzionale, espressione delle
diverse correnti antifasciste, socialista, cattolica, liberale, che si sono affermate
e hanno animato la scena politica italiana al termine della lotta di liberazione, è
appunto il suo carattere democratico - sociale, fortemente intessuto di valori e ideali
nati e consolidati nei momenti difficili della dittatura e della guerra e che si sono
manifestati appieno nel processo di rinnovamento politico che ha seguito la
resistenza. Nella nascente Carta costituzionale trova quindi spazio una c.d.
democrazia sociale", «che viene strutturata fin dai suoi primi articoli fondamentali e
programmata in un disegno di trasformazione economica della società che renda
effettivi i diritti riconosciuti a ogni individuo» e dove il “Lavoro" trova un
sostanziale e non formale riconoscimento quale elemento fondante e basilare della
6
nascente Repubblica Italiana
4
.
«L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro» afferma a chiare lettere il
primo comma dell'art. 1 quale valore costituzionale primario, tra tutti i principi
fondamentali" enunciati nella prima parte della carta, elevato a “diritto" al
successivo art. 4, c. 1, dove si ribadisce che «la Repubblica riconosce a tutti i
cittadini il diritto al lavoro» e dedicando un intero titolo, il terzo, ai c.d.
“rapporti economici".
Il testo costituzionale quindi non si limita a definire e regolare i rapporti tra gli organi
dello Stato e quelli tra cittadini e Stato, ma interviene anche nei rapporti interprivati
oltretutto senza più considerare i cittadini semplicemente nella loro uguaglianza
di fronte alla legge, bensì anche in relazione alla diversa posizione che essi rivestono
nella società civile, coniugando il liberismo economico con le libertà individuali e
collettive (compresa quella sindacale): in poche parole il progetto liberale si fonde
con quello democratico e con quello sociale.
In materia di igiene e sicurezza del lavoro, la Costituzione, agli artt. 2, 32, 35, 38 e
41
5
, afferma la salvaguardia della persona umana e della sua integrità
psico-fisica come principio assoluto e incondizionato, senza ammettere
condizionamenti e limitazioni quali quelli derivanti dall'ineluttabilità, dalla fatalità
4
C.Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, 1995.
5
“La Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2), del pari “tutela il lavoro in tutte le sue forme e
applicazioni” (art. 35 – c. 1), “cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori” (art. 35
c. 2), “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita in caso di infortunio, malattia, invalidità”, (art. 38 – c.2),e infine “l’iniziativa economica privata è
libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza
alla libertà e alla dignità umana” (art.41).
7
oppure dalla fattibilità economica e dalla convenienza produttiva circa la scelta
e la predisposizione di condizioni ambientali e di lavoro sicure e salubri.
Il lavoro e la sua tutela sono centrali nella carta fondamentale del nostro ordinamento
giuridico e si coniugano con il diritto alla salute. L’art. 32 individua la salute come
diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività , tutelato dallo Stato:
quindi un bene di interesse sociale che deve essere difeso dallo Stato. Si tratta di un
principio generale, a fondamento del quale si pone tutto il sistema normativo diretto
alla tutela del lavoratore. La salute è un bene indisponibile, non subordinabile ad altri
interessi e pertanto non negoziabile: qualsiasi accordo fra le parti sociali che rinunci
alla tutela della salute dei lavoratori non è pertanto da considerarsi valido.
Inoltre il diritto costituzionale della salute sancito dall’ art. 32, ha progressivamente
assunto nell’elaborazione giurisprudenziale un significato più ampio rispetto alla
mera garanzia dell’incolumità fisica, assorbendo un’ampia gamma di valori che si
sono specificati in altrettanti diritti, quali il diritto all’integrità psico-fisica e il diritto
a vivere in un ambiente salubre, che sul piano del lavoro si è tradotto nel diritto a un
ambiente di lavoro salubre
6
.
L’art. 35, 1° comma, Cost., <<la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e
applicazioni>>, in combinato disposto con l’art. 1 quale valore fondamentale dello
Stato, stabilisce l’inammissibilità che i cittadini-lavoratori subiscano un danno poiché
partecipano, senza distinzioni, alla costruzione di un bene ritenuto fondamentale per
l’intera società italiana.
Dalla normativa si possono trarre indicazioni di notevole interesse dal momento che
6
Cass., Sez. Unite, 6 ottobre 1979, n. 5172 e 26 settembre 1996, n. 8699, Foro it.
8
la tutela ivi prevista ha per oggetto non solo il lavoro subordinato, ma anche il lavoro
autonomo o comunque svolto in situazioni di soggezione o sottoprotezione.
L’art. 41 sancisce che l’iniziativa economica privata è libera, ed è ovunque un diritto
costituzionalmente protetto, ma nel senso che questa non può essere contraria
all’interesse della collettività, né danneggiare i valori fondamentali dell’individuo.
Essa deve pertanto svolgersi in un quadro di limiti e controlli e non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà,
alla dignità umana.
L’iniziativa privata è un’opportunità di cui tutti i cittadini possono fruire, ma proprio
per il suo carattere volontario deve apportare anche un utile alla collettività..
La salute del lavoratore è un interesse predominante che deve prevalere anche
rispetto alle esigenze economico-produttive dell’imprenditore.
Viene così attribuita preminenza assoluta al diritto alla salute di cui all’art. 32 citato.
I valori espressi dall’art. 41 della costituzione giustificano una valutazione negativa,
da parte del legislatore, dei comportamenti dell’imprenditore che, per imprudenza,
negligenza o imperizia, non si adoperi, anche al di là degli obblighi specificamente
sanzionati, per ridurre l’esposizione al rischio dei propri dipendenti
7
. Dunque la
tutela della salute del lavoratore, ossia della sua integrità psico-fisica, assurge al
rango di diritto fondamentale, non tollera alcun tipo di condizionamento e si presenta
come sovraordinato a tutti gli altri diritti previsti dalla Costituzione
8
.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 399 del 1996 ha rilevato con forza che la
salute è un bene primario che assurge a diritto fondamentale della persona e impone
7
Corte Cost. , 18 luglio 1996, n. 132 in Foro.it, 199, I, 2957.
8
C. Mortati, istituzioni di diritto pubblico, Cedam, 1195.
9
piena ed esaustiva tutela, tale da operare sia in ambito pubblicistico che nei rapporti
di diritto privato […]. La tutela della salute riguarda la generale e comune pretesa
dell’individuo a condizioni di vita di ambiente e di lavoro. che non pongano a
rischio questo suo bene essenziale. Conseguentemente non sono soltanto le norme
costituzionali (artt. 32 e 41) ad imporre ai datori di lavoro la massima attenzione per
la protezione della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori. in tal senso la Suprema
Corte di Cassazione ha affermato che non vi può essere dubbio che il lavoratore, ove
effettivamente emergano situazioni pregiudizievoli per la sua salute o per la sua
incolumità, possa legittimamente astenersi dalle prestazioni che lo espongono ai
relativi pericoli, in quanto è coinvolto un diritto fondamentale, espressamente
previsto dall’art. 32 della Costituzione, che può e deve essere tutelato in via
preventiva, come peraltro attesta anche la norma specifica di cui all’art. 2087 del
Cod. Civ.
9
. Dai principi costituzionali la giurisprudenza ha tratto il principio secondo
il quale la tutela del diritto alla salute del lavoratore, oltre che diritto all’incolumità
fisica del singolo individuo, si configura come “diritto ad un ambiente salubre”.
10
In particolare una sentenza della Cassazione
11
stabilisce che la domanda con la quale
il privato chiede la sospensione di un’opera intrapresa dalla Pubblica
Amministrazione, per effetto di esalazione rumori, e che quindi pregiudica la
salubrità dell’ambiente in cui abita o lavora, si ricollega ad una posizione soggettiva
inquadrabile nell’ambito del diritto alla salute, che la Costituzione riconosce e tutela
in via primaria, assoluta, non condizionata ad eventuali interessi di ordine collettivo o
9
Cass. Civile, Sez. Lavoro, 9 maggio 2005, n. 9576. Cfr. altresì Cass. Civile, sez. Lavoro 30 agosto
2004, n. 17314 e 30 luglio 2003, n. 11704
10
Cass. Sez. Unite, 6 ottobre 1979, n.5172 e 26 settembre 1996, n. 8699, in Massimario ’96 Barberini
11
Cass. Sez. Unite, 6 ottobre 1979, n.5172, in Foro.it, 1979, I, 2302, n. Lener.
10
generale e, quindi, anche nei confronti dell’Amministrazione medesima.
Possiamo infine rilevare come l’art. 2 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 4 novembre 1950) e il suo
protocollo addizionale, il quale dispone che il “diritto di ogni persona alla vita è
protetto dalla legge”, sia espressione “internazionale” del diritto fondamentale alla
salute riconosciuto dall’ordinamento italiano all’art. 32
12
della Costituzione.
1.2 Il dovere di sicurezza: art. 2087 c.c.
Avendo individuato i principi costituzionali del nostro ordinamento giuridico, ora
analizziamo il principio di dovere di sicurezza sul lavoro, configurato dalle norme
costituzionali e soprattutto dall’art. 2087 c.c.
L’art. 2087, come <<norma di chiusura>>, viene a completare e supportare la
legislazione tecnica sugli infortuni e l’igiene del lavoro ed è richiamato ai fini
dell’individuazione e valutazione della responsabilità in sede penale del datore di
lavoro.
Ai sensi dell’ art. 2087 c.c. <<l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio di
impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica,
sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di
lavoro>>.
Il tratto peculiare del dovere di sicurezza ex art. 2087 c.c. è rappresentato proprio
dalla sua funzione prevenzionale, quale condizione per l’esercizio di attività
12
G. BRANCA, Commentario della Costituzione, Rapporti Etico - sociali, Zanichelli,Bologna, 1976
11
produttiva organizzata, in vista del positivo apprestamento delle misure di tutela
piuttosto che, ai fini del risarcimento del danno per infortuni già subiti
13
.
La diligenza richiesta al datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c. non è peraltro
quella ordinaria, dell’imprenditore medio, ma è una diligenza particolarmente
qualificata, dovendo egli adottare tutte le misure <<necessarie>>a tutelare l’integrità
fisica e la personalità morale del lavoratore secondo i parametri della particolarità del
lavoro, dell’esperienza e della tecnica.
La norma individua tre concetti di riferimento cui il datore di lavoro deve ancorare
le misure di sicurezza:
- il concetto di particolarità del lavoro, che comprende tutti quegli elementi che
caratterizzano una particolare attività lavorativa, concorrendo a costituirne la
specifica pericolosità;
- l’esperienza, cioè quelle misure ed accorgimenti che hanno già dimostrato
un’efficacia protettiva sia nella specifica realtà aziendale, sia in contesti produttivi
caratterizzati da analoghi problemi di sicurezza;
- la tecnica, che impegna il datore di lavoro a rapportarsi alle nuove conoscenze in
materia di sicurezza messe a disposizione dal progresso scientifico e tecnologico. E’
questo il principio della <<massima sicurezza tecnologicamente possibile>>,
desumibile anche da altre norme della legislazione tecnica
14
che caratterizza il
modello italiano di prevenzione e che trova conferma nella legislazione di
derivazione comunitaria
15
.
13
M.LAI, Flessibilità e sicurezza del lavoro, G.Giappichelli Ed., Torino, 2006
14
Artt. 21 e 24, d.p.r. n. 303/1956 e art. 354, d.p.r. n. 547/1955.
15
L. MONTUSCHI, Ambiente, Salute, Sicurezza, per una gestione integrata dei rischi da lavoro,
G.Giappichelli Ed., Torino, 1997.
12
L’art. 2087 c.c. può essere considerato come punto di partenza e di arrivo. Esso
fornisce le coordinate sulle quali vanno poi ad inserirsi le disposizioni della
legislazione speciale tecnica, ma allo stesso tempo rappresenta un punto di arrivo nel
momento in cui costituisce la norma di “chiusura” del sistema, cioè ad essa si fa
ritorno la dove ci sono vuoti lasciati dalle regole tecniche.
Tale norma ha una funzione di adeguamento permanente dell’ordinamento alla
sottostante realtà socio-economica
16
con il pregio di poter colmare le inevitabili
lacune di una normativa che non può prevedere ogni fattore di rischio
17
.
In tal modo si preserva l’obsolescenza delle medesime garantendone un
aggiornamento automatico di pari passo con l’innovazione tecnologica.
Il datore di lavoro ha il dovere di aggiornamento delle misure e della tutela secondo
le possibilità aperte dal progredire della tecnica e suggerite dall’esperienza propria o
altrui; questi non ha solo un obbligo positivo di adottare le misure necessarie, ma
anche quello negativo di astenersi da comportamenti e iniziative cui possano
conseguire pericoli per l’integrità del lavoratore Il datore di lavoro deve anche
astenersi dall’imposizione di ritmi lavorativi troppo pressanti, dall’imposizione di
orari di lavoro eccessivi, dall’imposizione al prestatore di lavoro movimenti
continui, ripetuti e sempre uguali, per eccessivo periodo di tempo.
L’imprenditore è tenuto ad informare i dipendenti dei rischi insiti nel lavoro svolto e
delle cautele da adottare
18
; a controllare che quest’ultime vengano effettivamente
16
Cass. Civile, Sez. Lavoro, 6 settembre 1998, n. 5048.
17
Corte Cost. , 1996, n. 399.
18
Cass. pen., 15 luglio 1969, n. 743; Cass. pen., 1971, n. 514; Cass. pen., 13 novembre 1970, Cass.
pen., 1971, 1844.
13
adottate dai dipendenti
19
; ad assicurarsi che i prestatori di lavoro abbiano la perizia e
la capacità necessarie allo svolgimento delle attività cui le si propone e occorre tener
presente le eventuali peculiarità della posizione individuale dei singoli lavoratori
20
.
La giurisprudenza è costante nel ritenere necessaria la prova del nesso
causale tra il danno e l'attività lavorativa, in riferimento alle omissioni perpetrate dal
datore di lavoro che possono qualificarsi sia come istantanee, sia come permanenti
21
.
Quest' ultime si caratterizzano per una (condotta o) omissione protratta nel tempo che
oltre ad avere efficienza causale di danno nel momento in cui viene completata, è
altresì idonea a cagionare danni in ogni momento in cui viene tenuta.
Tale prova consente inoltre, nel sistema della tutela risarcitoria propria del diritto
civile, - allorquando un fatto viola contemporaneamente sia diritti che spettano alla
persona in base al principio generale del neminem laedere, sia diritti che trovano
fondamento nel vincolo contrattuale - il concorso, in sede processuale, dell'azione
extracontrattuale di responsabilità ex art. 2043 c.c. e di quella ex contractus
basata sugli obblighi di sicurezza posti a carico del datore di lavoro ex art. 2087 c.c.
La responsabilità dell'imprenditore dovrebbe essere esclusa o ridotta soltanto da
un comportamento doloso o eccezionale del lavoratore, (ossia esorbitante i
limiti delle funzioni assegnate e non legato allo svolgimento delle mansioni
lavorative), sempre comunque a fronte del rispetto di tutte le norme
antinfortunistiche
22
.
19
Cass. pen., 15 luglio 1969, n.743, Cass. pen., 1971, 514; Cass. pen., 13 novembre 1970, Cass. pen.,
1971, 1844.
20
G. NATULLO, La tutela dell’ambiente di lavoro, UTET, 1995.
21
Cass. Civile, Sez.Lavoro, 9 giugno 2003, n. 9211, in Foro.it 2003, I, 2630, n. Ferrari V.
22
Cass. Civile, Sez. Lavoro, 17 marzo 1999, n.2432: <<a norma dell’art. 2087 c.c. il datore di lavoro
è obbligato ad adottare non solo le misure tassativamente imposte dalla legge, ma anche tutte le altre
14
La tendenza giurisprudenziale è quella di ampliare a dismisura la responsabilità in
capo al datore di lavoro ex art. 2087.
L’art. 2087 c.c. si pone, quindi, come norma fondamentale e generale della
prevenzione in materia di lavoro nelle leggi ordinarie del nostro ordinamento, nucleo
basilare, sintetico ed efficace del “dovere di sicurezza” del datore di lavoro.
Dal punto di vista soggettivo questa norma si applica soltanto alle prestazioni di
lavoro subordinato – rimane escluso il settore del contratto d’opera, che presuppone
da parte del lavoratore
23
, che è un lavoratore autonomo, l’autonomia nella scelta dei
mezzi e nell’organizzazione – e senza limitazioni di sorta, vincolando tutti gli
imprenditori, a prescindere dalle dimensioni aziendali, in quanto la sua chiara e
incontrovertibile importanza non consente un’interpretazione restrittiva tale da
escludere una qualsiasi forma di prestazione lavorativa
24
.
In definitiva il ruolo dell’art. 2087 c.c. è quanto mai attuale. Anzi, è una norma
sempre moderna, sempre effettiva, sempre automaticamente adeguata alle pur veloci
trasformazioni del mondo del lavoro, potenzialmente capace di abbattere il mito
della “tragica fatalità” ed “inevitabilità” dei rischi legati ai luoghi di lavoro. Essa va
infatti a tutelare il lavoratore in tutti quei casi in cui la legislazione speciale non
misure che si rivelino idonee a tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore. Non assume alcun valore
esimente per il datore di lavoro l’eventuale concorso di colpa del lavoratore, potendosi configurare un
esonero da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri
dell’abnormalità, opinabilità ed eccezionalità>>
23
Il prestatore d’opera ex art. 2222 c.c. e ss., si trova in una situazione di indipendenza e di autonomia
tale per cui è ricondotta alla sua piena discrezionalità la scelta sulle modalità, il luogo e il tempo di
organizzazione della propria attività, nonché il rischio inerente all’esercizio dell’attività lavorativa.
Dal contratto d’opera non deriva quindi un obbligo di sicurezza del committente, ne è ipotizzabile da
parte sua un dovere generico di controllo riguardo all’attitudine del prestatore, all’efficacia o
adeguatezza dell’organizzazione predisposta..
24
E’ infatti applicabile anche ai rapporti di lavoro c.d. “domestico” e ad “domicilio”: G. NATULLO,
La tutela dell’ambiente di lavoro, Giappichelli, Torino, 1995
15
agisce con una tutela specifica e obbliga il datore di lavoro ad adottare non solo le
misure di sicurezza tipiche previste dalla legislazione speciale, ma anche quelle
atipiche, dettate dall’esperienza, dalla tecnica e secondo la particolarità del lavoro.
1.3 Il principio della <<massima sicurezza tecnologicamente possibile>>:
applicazioni e sviluppi recenti.
Il principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile, più d’ogni altro
caratterizza il modello italiano di prevenzione e trova conferma nella legislazione di
derivazione comunitaria. Con una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea
(CGCE) sull’obbligo di sicurezza a carico del datore di lavoro, si sposta l’angolo
prospettico analizzato a proposito dell’art. 2087 c.c. nei limiti di quanto
ragionevolmente praticabile
25
. La Corte europea quindi afferma che dalla norma
comunitaria in esame, e dal collegato art. 5 n..4, non può farsi derivare alcuna forma
di responsabilità oggettiva, limitandosi essa a consacrare un “obbligo generale di
sicurezza, il cui contenuto è precisato agli artt.6-12 della Direttiva 89/391 così come
da numerose direttive particolari che prevedono l’adozione di misure preventive in
alcuni settori produttivi specifici”
26
.
25
CGCE, 14 giugno 2007, n.C 127/05.
26
Corte di Giustizia UE, Sez. III, sentenza 14 giugno 2007, n C-127/05, Inadempimento di uno Stato,
politica sociale, tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori(punti 41 e42).
In base all’art. 5 n.1 <<il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori
in tutti gli aspetti connessi con il lavoro>>; ai sensi dell’art.5, n.4 <<La presente direttiva non esclude
la facoltà degli Stati membri di prevedere l’esclusione o la diminuzione delle responsabilità dei datori
di lavoro per fatti dovuti a circostanze loro estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi
eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili, malgrado la diligenza
osservata..>>
16
Come insegna da tempo la Cass., la sicurezza non va subordinata a criteri di fattibilità
economica o produttiva e il datore di lavoro è tenuto ad allineare il proprio assetto
produttivo e organizzativo ai risultati raggiunti dal progresso scientifico e
tecnologico
27
. Conseguente è l’obbligo di <<aggiornamento scientifico>> sugli
sviluppi della tecnica e sulle scoperte circa gli aspetti rischiosi del lavoro a carico del
datore di lavoro, il quale può eventualmente far ricorso ad esperti. Il principio della
massima sicurezza tecnologicamente possibile è stato utilizzato per dare contenuto
alle disposizioni di carattere generico e indeterminato della legislazione
antinfortunistica e di igiene del lavoro.
L’esatta applicazione delle prescrizioni tecniche non esima da responsabilità il datore
di lavoro là dove l’evoluzione tecnologica le abbia di fatto rese superate
28
. Il
progresso scientifico può suggerire, come disposto dal d.lgs. n. 277/1991 e dal d.lgs.
n. 626/1994, non solo gli accorgimenti di tipo strettamente tecnico, inerenti le
attrezzature o i luoghi di lavoro, ma anche quelle misure di carattere organizzativo e
procedurale che siano comunque idonee ai fini della sicurezza (ad esempio per
evitare l’esposizione prolungata al rumore basta usare pannelli di insonorizzazione,
per evitare rischi c.d. psico-sociali).
Una decisiva svolta su tale punto è svolta dalla Corte costituzionale
29
secondo la
quale per evitare la violazione della Costituzione ed in particolare l’art.25, 2° comma,
Cost., relativo alla necessaria determinatezza delle previsioni della legge penale, si
deve ritenere, là dove si parla di misure “concretamente attuabili”, di misure che nei
diversi settori corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e
27
Marco Lai, Flessibilità e sicurezza del lavoro, Torino, 2006, pag. 15.
28
Cass.pen., 24 giugno 2000
29
con sentenza 25 luglio 1996 n. 312