PREMESSA
L’immagine, che ho messo qui sopra, rappresenta il
simbolo del femminismo islamico. Come si può vedere ci
sono due simboli, quello che rappresenta la donna e
quello che identifica il mondo islamico, fusi assieme.
Questo emblema è la rappresentazione grafica
dell’obiettivo del femminismo islamico: dimostra, in
modo visivo, che l’unione tra questi due mondi, che può
sembrare impensabile, invece è possibile.
I
INTRODUZIONE
Come argomento della mia tesi di laurea
specialistica, ho deciso di occuparmi del femminismo
islamico e del suo legame con i diritti della donna.
Come sappiamo, a livello internazionale, sono
stati fatti vari passi avanti per migliorare la
condizione femminile nel mondo. Sono state approvate
varie Carte, Dichiarazioni che invitano tutti gli Stati
del mondo ad adoperarsi in modo pratico ( giuridico,
politico, culturale ed economico) per migliorare la
situazione della donna e a raggiungere una effettiva
uguaglianza di genere. La situazione nel mondo
occidentale è ben nota, ma in che condizioni vive la
donna nel mondo orientale e soprattutto in quello
islamico? Per rispondere a questo quesito, oltre ad
analizzare le carte musulmane sui diritti è necessario
andare a vedere la situazione reale. In Turchia, ad
esempio, è vietato celebrare l'8 marzo. Le donne però
sfidano lo stesso i divieti municipali e organizzano
manifestazioni per chiedere il rispetto dei loro
diritti, che spesso finiscono nella violenza e con la
reclusione di moltissime manifestanti. Le donne, in
Turchia, non sono esenti dalla violenza. Un recente
rapporto di Amnesty International evidenzia che metà
delle donne sono vittime di violenza tra le mura
domestiche. Le donne turche sono doppiamente vittime:
in casa non sono al sicuro e all'interno della famiglia
non possono contare nella giustizia e nello stato. Il
45,7 % delle donne non ha avuto voce in capitolo nel
matrimonio e il 50,8% è stata costretta a sposarsi
contro la propria volontà, sotto la minaccia di essere
uccisa se non avesse rispettato il volere della
famiglia.
II
Nonostante, a livello giuridico lo stupro
perpetrato dal marito sia considerato reato, rimane
però valida la pratica dei “test di verginità” condotti
forzatamente sulle detenute, sulle donne che fanno
domanda per lavori statali e sulle studentesse. Inoltre
le norme sui “crimini d'onore” rimangono vaghe. In
Turchia le donne, organizzate in collettivi e
organizzazioni femminili, hanno combattuto fortemente
per l'uguaglianza di genere. Molte di queste attiviste
si sono inserite nel movimento più ampio, chiamato
femminismo islamico.
Questo movimento, forse poco conosciuto in Italia,
è molto diffuso e analizzato nel resto del mondo,
soprattutto nelle zone in cui è sorto e si è sviluppato
il mondo islamico.
Il femminismo islamico è un movimento di carattere
globale e di natura eterogenea, che comincia a
diffondersi agli inizi degli anni '90. Esso può essere
definito come un insieme di “discorso e pratica di tipo
femminista espressamente articolati all'interno del
paradigma islamico”1.
Questo movimento ha come obiettivo quello di
inserire il discorso di genere all'interno della
cornice religiosa dell'islam, ricercando proprio nei
testi fondanti la tradizione islamica, i principi di
uguaglianza tra i sessi e i diritti della donna.
Il femminismo islamico ha tentato di ridefinire i
rapporti di genere, presentando istanze innovative,
sempre nel rispetto della tradizione, presentando però
un discorso autoctono. Infatti, le femministe
islamiche, sottolineano la loro lontananza dal
femminismo occidentale, che, in primo luogo, non può
1 Tratto da
http://www.feministezine.com/feminist/international/Islamic-
Feminism-01.html
III
essere applicato al mondo islamico e, in secondo luogo,
renderebbe tale movimento come estraneo e finalizzato
all'introduzione di idee occidentali nell'Islam
tradizionale.
Le femministe islamiche sostengono che i principi
di equità di genere sono intrinseci nel Corano e che
l'Islam è una religione che non dà priorità al genere,
bensì si indirizza a tutta l'umanità.
A questo punto una domanda sorge spontanea: come
mai, pensando all'Islam, le prime immagini che ci
vengono in mente sono legate alla segregazione della
donna sia nella vita pubblica che in quella privata?
Sicuramente parte dell'immaginario occidentale
dell'Islam è alimentato da una concezione
orientalistica2 dell'Islam. Ma effettivamente c'è una
distanza tra ciò che è scritto nel Corano e ciò che è
nella realtà, dovuta al fatto che l'ermeneutica dei
testi sacri dell'Islam è stata prerogativa degli
uomini, i quali hanno letto e interpretato il Corano e
la Sunna in termini patriarcali, quindi misogini.
Le esponenti del femminismo islamico ritengono che
le fonti del diritto islamico siano state mal
interpretate e che quindi occorra rileggerle e
analizzarle, elaborando una nuova esegesi rivendicando
il loro diritto all'ijitihad che è sempre stata
prerogativa degli uomini. Il femminismo islamico è un
fenomeno complesso e di difficile definizione.
Utilizzare il termine islamico vuol dire inserire il
problema della liberazione della donna nel mondo
musulmano e, quindi, vuol dire pensare a un femminismo
2 Per concezione orientalistica si intende la modalità peculiare
attraverso cui gli studiosi europei hanno rappresentato
l'Oriente. L'Oriente viene descritto in modo stereotipato e
semplificato a diversità, irrazionalità e pericolo, con
l'obiettivo di rendere l'Oriente una realtà estranea, ma
comprensibile all'Occidente. (Edward Said, Orientalismo,
Feltrinelli, Milano, 1999)
IV
che si propone di raggiungere la parità di genere
attraverso un ripensamento generale dell'Islam e delle
fonti.
Con questo mio elaborato ho voluto quindi offrite
una breve panoramica sui traguardi raggiunti a livello
internazionale nei confronti dei diritti della donna e
a livello islamico citando alcune carte dei diritti
femminili, sullo sviluppo del femminismo islamico, il
suo rapporto con le fonti islamiche e il suo ruolo in
Turchia, il caso di studio che ho scelto.
V
1CAPITOLO 1
I DIRITTI DELLE DONNE COME DIRITTI UMANI
1. Cosa sono i diritti umani?
Il tema dei diritti umani è al centro dell'agenda
politica fin dal 1948 quando le Nazioni Unite
approvarono la Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo. Gli orrori di Auschwitz e di tutti i campi
di concentramento erano ancora vive nella memoria di
tutti e la comunità internazionale decise che gli
uomini dovevano godere di diritti che fossero
inviolabili e che proteggessero la persona “senza
distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore,
di sesso, di lingua, di religione, di opinione
politica o di altro genere, di ordine nazionale o
sociale, di ricchezza, di nascita o di altra
condizione” come recita l'articolo della Dichiarazione
Universale dei diritti dell'Uomo.
Ma la definizione di diritti umani non è mai stata
unica. Si potrebbe dire che i diritti umani sono
diritti che spettano a ciascun individuo in quanto
essere umano: infatti essi, come dice l'art.1 “Tutti
gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e
diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e
devono agire gli uni verso gli altri in spirito di
fratellanza.”
Bisogna però capire bene cosa significhi la parola
diritti umani e le implicazioni che questo concetto
porta nell'ambito politico, filosofico e culturale.
Cassese3 fa risalire l'essenza della nozione dei
diritti umani al concetto di dignità della persona. La
3 Cfr. A. Cassese, I diritti umani oggi, ed Laterza, 2005
2dignità sottende l'ineliminabile propensione di ogni
individuo a ricercare il proprio spazio di vita tra le
forze della società. L'“essere” persona non significa
determinarsi solo come fine in sé nel senso di “ centro
autonomo” ma affermarsi come momento “ policentrico” di
titolarità di diritti4.
Il senso della “dignità”5 si compie nella pienezza
della sfera etica, giudiziaria, politica, sociale e
culturale. Per quanto riguarda la sfera etica, il suo
fondamento si trova nella spiritualità e nell'aspetto
laico-razionale. Infatti con la verità di Cristo e con
il messaggio universale del Vangelo, tutti gli uomini
si elevano alla dignità di persone nel loro essere
uguale al Padre.
Già dai tempi dei greci si dibatteva sul concetto
di essere umano, di natura e di diritto. Si doveva
definire il concetto di essere umano: chi fosse, quali
caratteristiche avesse e cosa lo distinguesse dagli
altri esseri viventi. Il filo rosso delle varie
opinioni su questo argomento è quello di considerare
l'uomo nella sua integrità di corpo e spirito; quindi
vedere la persona umana legata alla sua dignità.
Ci si domanda quindi cosa sia l'uomo. Esso è
legato alla sua capacità di conoscere, quindi alla sua
capacità di comportarsi in società in modo idoneo
seguendo il diritto naturale. Per diritto naturale si
intende quell’insieme di precetti, di norme, che, per
usare un’espressione particolare, “ sta scritto nel
cuore degli uomini”; uno statuto giuridico, cioè, che,
a prescindere dalla sua formulazione espressa
nell’ordinamento, la collettività dei consociati sente
indubitabilmente proprio6.
4 Cfr. L. Di Santo, Teoria e pratica dei Diritti dell'Uomo, Ed.
Scientifiche Italiane, 2002
5 Cfr. U. Vincenti, Diritti e dignità umana, Laterza, 2000
6 “Per diritto naturale s’intende, in senso latissimo, un diritto