II
Nell’ultima parte del lavoro, ragioneremo sulla definizione di post-
modernità, delineando i caratteri della nostra società mediante le teorie di
alcuni teorici contemporanei. Analizzeremo la condizione dell’uomo in
questo contesto, la trasformazione della sua individualità in relazione ai
cambiamenti sociali e il modo in cui essi vengono percepiti e vissuti.
Attraverso questo excursus storico-sociale, proveremo a capire se davvero la
nostra è l’epoca della fine delle ideologie e se invece c’è ancora qualche
ideologia e cosa s’intende oggi per ideologia, quale significato ha assunto il
termine, quanto siamo lontani dalle prime interpretazioni del fenomeno.
1
“Un' ideologia è letteralmente quel che il suo
nome sta a indicare: è la logica di un’idea.
L'ideologia tratta il corso degli avvenimenti
come se seguisse la stessa «legge»
dell'esposizione logica della sua «idea». Essa
pretende di conoscere i misteri dell'intero
processo storico - i segreti del passato, l'intrico
del presente, le incertezze del futuro - in virtù
della logica inerente alla sua «idea».”
(Hanna Arendt, Le origini del totalitarismo,
edizioni di comunità 1997 (2), pp. 641-7,
passim.)
Capitolo primo
“L’ideologia tra storia e interpretazione”
1.1 Le Origini
La storia del termine “ideologia” , che è stato uno dei concetti più discussi e
tutt’ora è oggetto di dibattiti, ha inizio nel XVIII secolo, in Francia, in pieno
contesto illuministico.
In realtà, però, anni prima in Inghilterra un filosofo appartenente alla
corrente empirista, introdusse un concetto che, per certi tratti, sembrava
anticipare quello di ideologia.
Costui è Francesco Bacone, il quale elaborando la sua teoria sugli
“idola”, indicò il carattere ideologico del pensiero. Gli “idola” sono
2
considerati da Bacone errori o superstizioni a cui la mente si sottomette,
rendendo difficile il riconoscimento della verità.
In ogni società l’uomo è esposto all’influenza degli idola, sosteneva, e
l’unico mezzo per poterli contrastare è l’adozione di un metodo
conoscitivo specifico, che Bacone indicava nell’esperienza.
La teoria di questo filosofo costituisce, indubbiamente, in relazione al
suo tempo, una delle riflessioni più acute circa la questione
dell’ideologia. Essa anticipa la teoria delle ideologie. Infatti, anche se
non compare ancora l’uso del termine, ciò che gli idola baconiani
1
rappresentano per l’uomo si avvicina moltissimo al significato che il
termine ideologia è arrivato ad acquisire nel tempo. Come osserva Izzo:
“Bacone, svolge una critica degli idoli che costituisce certamente un
grande tentativo di razionalizzare il pensiero distogliendolo dall’errore e
della superstizione.”
2
1
Francesco Bacone (Londra 1561-1626), uomo di stato e filosofo inglese. Il “Novum
Organum” rappresenta la sua opera maggiore, all’interno della quale egli elabora la dottrina
degli “idola”, che Bacone distingue in quattro classi:
1) Gli “idola tribus” ossia gli errori comuni al genere umano che provengono da alcune
disposizioni naturali della mente dell’uomo, dalla sua limitatezza, dalla sua tendenza a cercare
sempre regolarità e uniformità nella natura anche dove non esistono, dall’inclinazione a fare
“anticipazioni” ossia a formulare giudizi non ancora forniti di riprova sperimentale.
2)gli “idola specus” ossia gli errori che si annidano nella caverna che ogni uomo ha dentro di
sé (caverna come luogo simbolico dell’errore) :i raggi della luce sono deformati in ogni uomo
secondo deviazioni particolari che gli sono proprie e sono relative al suo carattere, alle
abitudini e alle passioni da cui è dominato.
3) gli “idola fori” ,ossia gli errori che derivano dall’uso del linguaggio, dalla vita sociale:nel
linguaggio e nell’ambiguità che esso comporta risiedono innumerevoli possibilità di
incomprensione.
4)gli “idola teatri” , gli errori derivanti dall’influenza e dal dominio che esercitano sulle menti
umane le teorie antiche e tradizionalmente affermate, le figure di grande autorità e prestigio:gli
uomini insomma non hanno il coraggio di sottoporre a critica gli eventuali errori tramandati
dalla tradizioni e accreditati dall’autorità.
2
Alberto Izzo, Il concetto di ideologia ,ISEDI, Milano, 1986 cit., p. 17
3
Ma, nonostante l’indiscutibile rilevanza storico-filosfica dell’intuizione
baconiana, la tradizione è più propensa ad attribuire la paternità del
termine “ideologia” ai “philosophes” francesi, proprio perché è
all’interno del contesto filosofico francese che esso compare per la prima
volta.
L’ideologia: prime definizioni
Nella formulazione originaria la nascita del termine è collocata
all’interno della tradizione dell’Illuminismo francese.
Ufficialmente, fu Destutt de Tracy
3
nel 1796 ad adoperare per primo la
parola ideologia, indicando con essa la scienza della genesi delle idee
che egli si propose di fondare, rifacendosi alle teorie sensiste.
E’ opportuno riportare per intero la definizione che De Tracy dà del
termine, poiché è da qui che ha inizio tutta quella riflessione socio-
filosofica che ha caratterizzato la storia dell’ideologia.
“Aver delle idee, esprimerle, combinarle sono tre cose differenti sì,
ma strettamente legate assieme. Queste tre operazioni si trovano in
ogni minima frase, e sono così miste insieme, e si eseguiscono con
3
Destutt de Tracy, Antoine-Louis-Claude (Paray-le-Fresil, Allir 1754 -Parigi 1836), filosofo
francese.
Deputato per la nobiltà agli stati generali nel 1789, si schierò dalla parte del terzo stato per
l’abolizione dei privilegi feudali; durante il terrore fu incarcerato per le sue posizioni
moderate.Fu membro del consiglio della pubblica istruzione dopo il termidoro; nominato
senatore dopo il 18 brumaio, preferì ritirarsi a vita privata per la sua ostilità a Napoleone del
quale propose la destituzione nel 1814.
4
tanta prestezza, in un’ora, in un momento che quasi pare a prima
vista cosa impossibile a comprendere come questo fenomeno
succeda a noi. (…) E per ben conoscerlo basta esaminarlo a parte.
(…) Questa scienza può chiamarsi ideologia se non si riguarda che
al soggetto.(…) A me pare che Ideologia sia il termine generico,
perché la scienza delle idee comprende quella espressione delle
medesime e quella della loro deduzione.”
4
L’ideologia è quindi la conoscenza di come si formano le idee a partire
dalle quattro facoltà basilari del pensiero: sensibilità, memoria, giudizio,
volontà. Tali facoltà, combinandosi tra loro, danno vita a idee composte,
sulle quali si fondano la grammatica e la logica, così come la morale.
5
L’autore si pone il fine di ridurre le idee a sensazioni e, mediante questa
riduzione, arrivare all’ideologia intesa come scienza delle idee e quindi
liberare il pensiero da tutti gli elementi irrazionali da cui è oppresso.
L’ideologia nella riflessione illuminista
Con l’Illuminismo, il termine ideologia perde il suo significato
originario.
“Ideologia” non è più considerato un termine col quale designare una
determinata scienza, quanto un vero e proprio concetto sul quale intessere
discussioni ed elaborare interpretazioni.
4
Destutt de Tracy, Elementi d’ideologia da G. Pasqualotto, Storia e critica dell’ideologia,
CLEUP, 1978 , Padova, p.83.
5
Per approfondimenti: Enciclopedia Garzanti di filosofia, nuova edizione.
5
A tal proposito, la riflessione illuminista si basa sulla convinzione che la
parola ideologia sia strettamente legata al concetto di dominio e interesse.
Essa viene considerata una “consapevole mistificazione dei sottomessi da
parte dei potenti”.
6
Gli illuministi credono che l’uomo sia un prodotto dell’ambiente sociale
e culturale in cui vive, fortemente condizionato nel modo di pensare e
vedere le cose.
La condizione ideale per la conoscenza della verità da parte dell’uomo è
l’eliminazione della coercizione della mente da parte dello Stato e della
Chiesa.
Il credo degli illuministi si fonda, dunque, sulla naturale autonomia della
ragione.
Fu certamente Napoleone a conferire al termine il significato moderno,
quando con tono sprezzante definì “ideologi” coloro che cercavano di
opporsi alle sue ambizioni imperiali. Gli “ideologi” erano coloro che
miravano, mediante le loro idee, a sostituire considerazioni astratte alla
politica reale.
Da questo momento in poi la nozione di ideologia servì a indicare tutte
quelle teorie, astratte e dubbie, che pretendono di fondarsi su principi
razionali e scientifici che tendono a modellare l’ordine sociale e ad
orientare l’azione politica.
6
K. Lenk, Ideologia, Enciclopedia delle scienze sociali, Ed. Einaudi, cit., p. 507
6
Anche se arricchita di ulteriori critiche, si può dire che questa accezione
negativa del termine ideologia permane a lungo, acquistando pochi
decenni dopo, ben altro spessore.
Marx ed Engels: l’ideologia come “falsa coscienza”
Il significato del termine ideologia oggi prevalente è quello inaugurato da
Marx ed Engels, i quali, riprendono il termine per indicare una
rappresentazione della realtà distorta dalla collocazione di classe e dagli
interessi del soggetto che la produce.
Ne “L’ideologia Tedesca” (1845-46) Marx ed Engels delineano
l’ideologia come “falsa coscienza”, caratterizzandola come
rappresentazione del mondo dal punto di vista delle classi dominanti, e
come tentativo, più o meno consapevole, di dare ad essa il significato di
senso comune, allo scopo di alimentare nelle masse l’illusione della
naturalità dei processi di dominazione politica e di subordinazione
sociale, celandone il carattere di prodotto contingente della storia e la
possibilità di rovesciarli o modificarli attraverso l’azione politica.
I due autori sostengono che la fondamentale illusione “ideologica” sia
quella di ritenere che le idee siano indipendenti dai rapporti sociali nei
quali si producono o, addirittura, che siano gli eventi spirituali a muovere
la storia e a trasformare le condizioni reali della vita, come sembrano
credere le filosofie idealistiche della storia.
7
I mutamenti delle forme ideologiche, in quanto espressioni
sovrastrutturali della base economico-sociale, sono indotti dalle
trasformazioni strutturali della società. Non si possono quindi combattere
le ideologie con la sola critica intellettuale, senza trasformare
praticamente i rapporti sociali che le hanno prodotte.
La teoria marxista dell’ideologia è stata un punto di riferimento per tutti
coloro che si sono imbattuti nell’analisi del fenomeno ideologico.
In particolare, è con Marx ed Engels che il discorso sull’ideologia
assume le caratteristiche della critica.
L’ideologia nella “sociologia della conoscenza”
Qualche decennio più tardi, Mannheim elaborò i fondamenti di una teoria
sociologica che muove dal ripensamento della concezione marxista
dell’ideologia.
Nel 1929 in “Ideologia e utopia”, infatti, il sociologo tedesco cerca di
definire il concetto di ideologia, distinguendo due forme di ideologia:
quella particolare e quella totale.
“L’uso del termine ideologia non ha, nella sociologia del sapere, alcun
intento morale o denunciatorio.”
7
Potrebbe essere questa l’affermazione più esplicativa degli intenti che
animano l’autore nella sua analisi dell’ideologia.
7
K. Mannheim, Ideologia e Utopia, Il Mulino, 1957, Milano, cit., p.261.
8
Tutte le ideologie, comprese quelle rivoluzionarie gli appaiono come il
prodotto di un sistema di credenze orientato agli interessi di un
determinato gruppo o classe sociale.
Mannheim si rifece alla concezione marxista dell’ideologia, ma la
differenza è che per Marx certe idee o credenze sono oggettivamente
false, per Mannheim la questione è più articolata.
Egli è d’accordo con Marx sull’effettiva falsità di alcune credenze, ma
nel suo studio si spinge oltre, con l’ambizione di studiare tali credenze
(ideologie) ponendo maggior attenzione sulla dimensione mentale e
soggettiva della loro origine e della loro azione.
In sostanza ciò che distingue Mannheim da Marx è l’opinione secondo
cui l’ideologia non sia più prerogativa negativa esclusiva delle classi
dominanti.
La sociologia della conoscenza deve, secondo l’autore, superare questo
limite, adottando il punto di vista secondo il quale ogni manifestazione
del pensiero umano è condizionata da interessi di natura sociale
(relazionismo).
Si apre così una questione del tutto nuova: gli uomini pensano in termini
conservatori o innovatori a seconda del loro gruppo sociale di
appartenenza e dei problemi e vissuti ad esso relativi.
All’ideologia, che comunque giustifica un sistema di poter oppone,
rivalutandone le potenzialità, l’utopia, che si scontra con le logiche di
dominio e consente la preservazione di aspettative e valori orientati alla
trasformazione.
9
1.2. Il dibattito ideologico nel XX secolo.
Nella prima metà del XX secolo alcune importanti scuole di pensiero
radicale- più o meno influenzate dall’opera di Marx- hanno contribuito a
modificare e ad estendere la nozione di ideologia.
E’ il caso:
• della teoria critica della Scuola di Francoforte;
• dell’elaborazione di Gramsci intorno al concetto di
egemonia;
La Scuola di Francoforte
La concezione della Scuola di Francoforte circa l’ideologia fu
caratterizzata dalle teorie di T. Adorno, M. Horkheimer e H. Marcuse, i
quali hanno sempre definito l’ideologia come qualsiasi spiegazione della
realtà in cui fosse prevalente il tradimento rispetto ai fatti la
giustificazione rispetto la giustizia, il travestimento rispetto al corpo, la
maschera rispetto al volto.
La concezione dell’ideologia che essi elaborano è connessa alla critica
che muovono alla società del capitalismo avanzato, il quale
rappresentava il massimo di libertà fittizia contro il minimo di
liberazione effettiva; il mercato era considerato una costruzione
feticistica che imprigiona in modi complicati il fondo pulsionale
dell’uomo; a questo si aggiunge il concetto di “desublimazione
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repressiva”, paradigma standard che spiega l’apparente tolleranza di una
società severamente repressiva.
La loro teoria è racchiusa in due opere storiche: “La dialettica
dell’Illuminismo” scritta da Adorno e Horkheimer e “L’uomo a una
dimensione” il cui autore è Marcuse.
Gramsci: ideologie organiche e ideologie arbitrarie
Antonio Gramsci, invece, ha affrontato il tema dell’ideologia nei
“Quaderni del carcere” (1929-1935), inserendolo nello scontro per
l’egemonia e dando importanza politica alla lotta culturale condotta sul
senso comune.
Sebbene costui sia stato considerato rappresentate del marxismo in Italia,
la sua concezione si distacca da quella di Marx in alcuni punti.
In Gramsci emerge un’accezione positiva di ideologia, sicché il termine
tende a identificarsi con l’espressione “concezione del mondo”. Egli
reagisce contro l’uso polemico di questa nozione e della connessa
categoria di sovrastruttura, mantenendo dell’accezione deteriore del
termine elaborata da Marx, unicamente l’affermazione della storicità
delle sovrastrutture.
Il concetto di egemonia amplia e arricchisce quello di ideologia in quanto
conferisce a quest’ultimo pregnanza politica.
Fondamentale nella riflessione sull’ideologia di Gramsci, è la distinzione
tra ideologie organiche e ideologie arbitrarie.
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La prima categoria include tutte quelle ideologie che hanno coscienza
critica e che è compito dell’intellettuale formare; la seconda riguarda le
ideologie individuali che non hanno importanza storica.
In quanto non siano mere elucubrazioni individuali, bensì costituiscano
seri tentativi di conciliare interessi opposti, le ideologie fungono da
forme necessarie di organizzazione di masse umane.
1.3. L’ideologia nella riflessione contemporanea:
Più recenti sono le formulazioni teoriche di autori come:
• R. Boudon ;
• P. Ricoeur ;
• L. Althusser.
Boudon
Boudon elabora la sua “teoria ristretta dell’ideologia” , concentrando la
sua riflessione più che sulle ideologie costituite, sulle ideologie in “statu
nascendi” .
8
La sua riflessione sul fenomeno ideologico si articola intorno all’idea,
elaborata da Weber
9
, che si ha agire sociale quando l’azione
dell’individuo è prodotta da comportamenti razionali. L’autore, inoltre,
8
R.Boudon, Ideologia – origine del pregiudizio, Einaudi, 1991, Torino. Cit.,p. 304
9
La Teoria dell’azione sociale: Weber propone una tipologia dell’agire sociale in base
all’orientamento di senso. L’agire sociale può essere determinato:1) in modo razionale rispetto
allo scopo; 2) in modo razionale rispetto al valore; 3) in modo affettivo; 4) in modo
tradizionale.
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sostiene che le ideologie siano un elemento fondamentale e naturale della
società, e che nascano proprio in quanto l’uomo è razionale.
Ma perché questa tesi possa essere dimostrata, bisogna tener conto del
fatto che l’attore sociale è situato socialmente e che questo determina, in
maniera incisiva, il suo punto di vista sul mondo e le sue idee.
Come dal titolo del suo saggio “L’ideologia – origine del pregiudizio”,
l’autore analizza il fenomeno ideologico in rapporto a un altro elemento,
quello del pregiudizio appunto, per distinguere i due termini, che a suo
avviso vengono confusi spesso provocando conseguenze dalle quali è
difficile venir fuori.
Ricoeur
Come Boudon, anche Ricoeur parte della teoria dell’azione sociale e
della relazione sociale di Weber.
La sua idea è che questi meccanismi permettano di inquadrare le azioni
in un sistema di significati, ed è proprio a questo livello del carattere
significante, socialmente integrato e orientato, che si può comprendere il
fenomeno ideologico.
L’analisi di Ricoeur si caratterizza, inoltre, per la classificazione che egli
compie dei caratteri positivi e negativi dell’ideologia.
Di rilievo è anche la critica che l’autore sferra a Marx circa la sua
interpretazione del fenomeno ideologico e l’accusa di “ideologia” che
muove allo stesso marxismo.
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Althusser e gli Apparati Ideologici di Stato.
L’influenza marxista torna incisiva nel pensiero di Louis Althusser , il
quale sostiene che l’ideologia esista sempre in un apparato e nelle sue
pratiche. La sua riflessione prende le mosse dalla concezione marxista di
Stato per poi arricchirsi di nuovi contenuti e caratterizzazioni.
Egli introduce il concetto di “Apparati ideologici di Stato” col quale
intende definire la funzione di istituzioni quali la scuola, la Chiesa e la
famiglia.
In essi - sostiene l’autore - viene inculcata, attraverso l’educazione, l’ideologia
delle classi dominanti e, mediante questo processo, vengono riprodotti
all’infinito anche i rapporti di produzione di una formazione sociale
capitalistica.
La tesi della fine delle ideologie
La storia dell’ ideologia giunge ad una nuova e del tutto diversa fase
quando negli anni ’50 alcuni sociologi americani teorizzarono la “fine
delle ideologie”.
Uno di essi fu Daniel Bell, che nel 1960, pubblicò un libro il cui titolo è
“La fine dell’ideologia”.
Egli definisce l’ideologia come “il trasformarsi delle idee in leve
sociali”
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Daniel Bell, La fine dell’ideologia, Sugarco editore, Milano, cit., p.400