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Introduzione
Con l’avvento delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione
(Information and Communication Technologies), e di Internet in particolare, il
mondo intero è stato completamente rivoluzionato. Ciò che pochi anni fa sembrava
inimmaginabile oggi è realtà e la tecnologia sembra non avere più limiti, con le
innovazioni in questo campo che si susseguono ad un ritmo incalzante. In questo
contesto, le aziende non possono più prescindere dall’attribuire alle Information and
Communication Technologies (ICT) una collocazione centrale all’interno di ciascuno
dei loro processi decisionali (Artusi, 2009). Queste tecnologie, infatti, aprono
continuamente la strada a nuove possibilità che, se sfruttate al meglio, permettono
alle aziende di ambire al raggiungimento di vantaggi competitivi in un mercato che,
altrimenti, lascia sempre meno spazio alla possibilità di ottenerne. Fra di esse, il
Web, in particolare, sta vedendo la nascita e lo sviluppo di molte nuove e diverse
strategie di marketing. L’elevato grado di interattività, e quindi di informazioni, che
caratterizzano la rete, infatti, sta rendendo quest’ultima sempre più un mezzo tramite
il quale offerta e domanda si incontrano: tramite il Web, per i consumatori, è
possibile esprimere le proprie preferenze, sulle quali, successivamente, l’impresa
modellerà e aggiusterà la propria offerta commerciale. L’interattività che caratterizza
la rete rispetto agli altri mezzi di comunicazione risiede nel diverso modo in cui le
informazioni vengono scambiate. Nei canali tradizionali (televisione, radio, giornali,
etc.), infatti, la logica comunicativa è del tipo definita “push”: il messaggio, cioè,
viene spinto verso i consumatori, senza che questi lo richiedano. I consumatori
possono, in questo caso, solo accettare in maniera passiva ciò che gli viene
comunicato. Il Web, al contrario, si differenzia completamente dalle altre tecnologie.
In esso, infatti, si realizza una logica comunicativa denominata “pull”: l’utente
decide consapevolmente quando e quali informazioni reperire in base ad una
determinata ricerca o ad una precisa conoscenza e, quindi, partecipa attivamente e in
prima persona al processo comunicativo. I medium di comunicazione di massa
tradizionali (TV, radio e stampa), quindi, non possono che essere caratterizzati da
una logica comunicativa del tipo one to many (broadcasting). Il Web, invece, a causa
della forte interattività che lo contraddistingue, nasce come terreno ideale per
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sviluppare logiche comunicative del tipo one to one (narrowcasting). Tuttavia, è
importante sottolineare che la presenza di una comunicazione narrowcasting non
esclude che, all’interno dell’ambiente digitale, si possano sviluppare anche altre
logiche di comunicazione. Ne è un esempio quella di tipo many to many (network),
caratterizzata da una comunicazione di gruppo, che avviene tramite chat, forum e
communities, e che può fornire potenzialità addirittura superiori rispetto alle forme
precedenti. Tuttavia, la vera forza della rete risiede nella sua grande versatilità,
ovvero nella sua capacità di riuscire a far uso di tutte queste logiche comunicative.
Grazie a questa caratteristica, non solo è stato possibile “dare nuova forza” alle già
note ed usate strategie di marketing, ma anche realizzarne alcune che prima
dell’avvento della rete erano rimaste solo teoriche (come, ad es, il marketing one-to-
one). Inoltre, grazie al Web, è stato possibile sviluppare nuove strategie tramite i
diversi strumenti che l’ambiente virtuale mette a disposizione. Fra queste, quelle di
maggiore impatto e che, quindi, hanno acquisito, nel tempo, maggior importanza,
sono: il search engine marketing, ovvero l’insieme delle strategie che consentono di
generare traffico mirato e un aumento delle visite di valore attraverso il
posizionamento e la pubblicità dei siti sui motori di ricerca; l’e-mail marketing, una
forma di direct marketing “costo-efficace” che utilizza la posta elettronica come
canale di comunicazione con i consumatori al fine sia di mantenere la propria
clientela, sia di acquisizione di nuovi clienti, nonché al rafforzamento dell’immagine
aziendale; il viral marketing: ovvero ogni strategia che incoraggi gli individui a
passare (o che favorisca il passaggio di) un messaggio di marketing agli altri,
creando il potenziale per una crescita esponenziale del messaggio stesso e, quindi,
della sua influenza; il buzz marketing: ovvero l’insieme delle strategie volte ad
aumentare il “chiacchiericcio”, letteralmente il “brusio”, attorno ad un determinato
prodotto/servizio, con l‘intento di amplificare il messaggio iniziale che l’azienda
vuole comunicare; il guerrilla marketing, termine coniato per descrivere l’insieme
strategie di marketing finalizzate alla “cattura” dell’attenzione dei consumatori
tramite idee innovative, trasgressive, scioccanti, etc. che sono frutto più del tempo,
dell’energia e dell’immaginazione utilizzati, che di grandi capitali.
Le brand communities si inseriscono in questo contesto, in quanto costituiscono un
prezioso strumento per vari scopi di marketing per le aziende. Una brand community
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è definita come “una comunità specializzata, che non presenta vincoli geografici,
basata su un insieme strutturato di relazioni sociali fra ammiratori di un determinato
brand”. Essa, tuttavia, pur essendo una particolare espressione della necessità e della
volontà individuale di legarsi ad utenti giudicati “simili” è, innanzitutto,
un’espressione della comunità moderna e, quindi, presenta tutti i suoi tratti
caratteristici. In una brand community, conseguentemente, è possibile individuare
innanzitutto tre markers. Il primo e più importante è quello definito “consciousness
of kind” cioè l’intrinseca connessione che i membri sentono l’uno nei confronti
dell’altra, nonchè senso collettivo della differenza dagli altri non appartenenti alla
comunità. Il secondo è la presenza di “rituali e tradizioni condivise” (shared rituals
and traditions), attraverso i quali questi è possibile perpetuare la storia, la cultura e la
coscienza della comunità. Infine, il terzo elemento è il “senso di responsabilità
morale” (sense of moral responsability), ovvero il senso di dovere o di obbligazione
che gli individui sentono nei confronti dell’intera comunità e dei suoi singoli
membri. Ai tre componenti chiave appena descritti si affianca una caratteristica
importante della comunità dell’era moderna: il non essere ristretta da vincoli
geografici. Il fatto che, in effetti, non vi sia bisogno di un “recinto geografico” nel
quale “rinchiudere” la comunità, fa sì che, in realtà, soprattutto nell’era del Web 2.0,
la maggior parte delle comunità possa essere solo “immaginata”. Le brand
communities sono, tuttavia, caratterizzate dall’essere esplicitamente commerciali. Lo
spirito commerciale, inoltre, non è occulto o naive, ma è pienamente visibile e
riconosciuto con consapevolezza dal gruppo. Le brand communities, quindi,
rappresentano una tipologia particolare di comunità, figlia del suo tempo, ovvero il
ventunesimo secolo: sono entità sociali che rispecchiano l’incorporazione dei marchi
nelle vite dei consumatori. Nella letteratura di settore, la maggiore distinzione che
viene fatta, per quanto riguarda questo tipo di comunità, è che esse siano reali o
virtuali. Benchè entrambi i tipi di comunità siano ampiamente caratterizzate da
interazione sociale fra i membri, nel primo caso le relazioni interpersonali sono
prevalentemente fisiche, si hanno cioè rapporti del tipo face to face, mentre nel
secondo caso le comunicazioni relazionali sono prevalentemente computer-mediated,
cioè avvengono per mezzo del World Wide Web. E’ importante sottolineare,
comunque, che la componente virtuale di una comunità non esclude quella reale: i
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membri di una comunità possono, ad esempio, comunicare tramite il Web, ma
possono anche incontrarsi ricorsivamente per diversi motivi. Il Web, grazie alle
forme di comunicazione che mette disposizione ((forum, email, chat…), è la
piattaforma attraverso la quale questo tipo di comunità riesce meglio ad esprimersi.
Questo studio, conseguentemente, verterà sulla forma più diffusa ed interessante di
brand communty, ovvero quella virtuale. Nel caso delle comunità operanti tramite il
Web, esistono tante forme di espressione almeno quanti sono i diversi mezzi di
comunicazione che la rete mette a disposizione. Possono essere considerate
manifestazioni di brand communities virtuali: fan pages; chat rooms; forum di
discussione online; scambio di e-mail (mailing list); newsletter; pagine facebook;
pagine twitter; siti commerciali; free software communities; blog; etc. che siano,
ovviamente, “specializzate su un interesse esplicitamente commerciale”. Fra le
diverse tipologie di brand communities virtuali, i forum di discussione meritano
un’attenzione particolare. Innanzitutto, perché sono “dedicati” e, in secondo luogo,
poiché la comunicazione C2C al suo interno avviene in maniera asincrona,
caratteristica, quest’ultima, in grado di renderla particolarmente facile. La grande
presenza di informazioni e la possibilità di comunicare in maniera asincrona fanno sì
che, sia per qualità, sia per quantità, i forum siano una delle più diffuse e studiate
forme di brand community. Anche questo studio, quindi, al fine di analizzare le
dinamiche comportamentali dei gruppi di fan della Vespa, sarà incentrato sulle
informazioni ricavate dai forum di discussione ad essa dedicati.
Lo studio delle dinamiche interne delle brand communities è andato sempre più
intensificandosi negli ultimi anni. Le aziende, infatti, hanno iniziato a rendersi conto
degli enormi vantaggi che le comunità di marca sono in grado di fornire, soprattutto
quando si manifestano in un contesto virtuale. Grazie alle brand communities è
possibile: la realizzazione di ricerche di mercato; la vendita di informazioni sensibili;
una migliore segmentazione della clientela rispetto alle tecniche standard; una
migliore e meno costosa fase di ricerca e sviluppo; l’implementazione di tecniche di
marketing information e viral marketing; un aumento delle vendite e dei profitti e,
conseguentemente, della profittabilità di un’azienda; l’ampliamento della clientela;
una riduzione dei costi di assistenza e la costruzione di una relazione di lungo
periodo fra utente e brand (brand loyalty) e, quindi, della profittabilità. Nel corso di
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questo studio si cercherà di capire quali siano le dinamiche interne ad una brand
community in grado di aumentare la lealtà al marchio (brand loyalty) e quali siano
quelle in grado di influenzare la partecipazione degli utenti nella comunità e la loro
promozione della stessa ai non membri. Partecipazione e promozione, infatti, sono i
due aspetti chiave per la sopravvivenza di una comunità e, quindi, per l’azienda, per
potere ottenere i già citati vantaggi legati ad essa. In questo studio, inoltre, si
cercherà di trattare alcuni aspetti relativi ad una brand community che la letteratura
di settore ha tralasciato. Se, infatti, le ricerche sulla tematica delle comunità legate ad
un brand si sono soffermate molto sull’aspetto sociale della membership ad una
community, cioè sulle dinamiche interne ad una comunità in risposta ad una
necessità di identità sociale degli individui, poco è stato fatto per vedere cosa
praticamente influenzi queste dinamiche; per vedere, cioè, quali siano i meccanismi
di base che “muovono” queste comunità. A tal fine verranno proposti quattro
antecedenti, rappresentativi della qualità percepita della brand community, alla
partecipazione e all’identificazione del consumatore nella comunità. Infine, si
cercherà di studiare quale sia il rapporto fra qualità percepita della brand community
e qualità percepita del marchio. Cioè se una brand community sia in grado di
influenzare negativamente o positivamente l’immagine che l’azienda costruisce nel
tempo per il marchio. Il proposito di questo studio è, quindi, quello di costruire un
modello concettuale, attraverso la definizione di alcuni costrutti e la formulazione di
alcune ipotesi ad essi inerenti, e di testarlo, in modo da poter “rispondere” agli
obiettivi che questo studio si pone e di fornire ulteriori preziose informazioni,
rispetto alla letteratura di settore, riguardanti le brand communities.
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1 Le nuove strategie di marketing
1.1 Le tecnologie della comunicazione e dell’informazione e
Internet
Con l’avvento delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione
(Information and Communication Technologies), e di Internet in particolare, il
mondo intero è stato completamente stravolto. Ciò che pochi anni fa sembrava
inimmaginabile oggi è realtà e la tecnologia sembra non avere più limiti, con le
innovazioni in questo campo che si susseguono ad un ritmo incalzante. Tutti si
trovano, volenti o nolenti, immersi in questo cambiamento e, nonostante si possa
immaginare che gli sviluppi futuri di queste tecnologie saranno altrettanto notevoli,
l’importanza che esse hanno raggiunto sinora è tale che nessuno può esimersi
dall’utilizzarle. In questo contesto, anche le aziende non possono più prescindere
dall’attribuire alle Information and Communication Technologies (ICT) una
collocazione centrale all’interno di ciascuno dei loro processi decisionali (Artusi,
2009). Le ICT, infatti, aprono continuamente la strada a nuove possibilità che, se
sfruttate al meglio, permettono alle aziende di ambire al raggiungimento di vantaggi
competitivi in un mercato che, altrimenti, lascia sempre meno spazio alla possibilità
di ottenerne. “Nessuna organizzazione”, quindi, “può permettersi il lusso di ignorare
tali fenomeni” (Artusi, 2009) perché all’interno del mercato globale i problemi che
un’azienda incontra stanno diventando sempre più complicati e sofisticati (Hsu et al.,
2010). In questo contesto di innovatività e cambiamento continuo, se, di fatto, molte
delle idee e dei modelli del marketing relazionale rimangono pressochè gli stessi,
molte nuove strategie stanno nascendo grazie allo sfruttamento dei sempre nuovi
strumenti di comunicazione che vengono implementati tramite la rete. Nei paragrafi
seguenti verrà spiegato come e perchè le strategie di marketing tradizionali stiano
acquisendo una nuova ed inaspettata forza dal Web e come quelle nuove si stiano
lentamente affermando come indispensabili nel contesto molto competitivo che
caratterizza il mercato moderno.
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1.2 Le strategie di marketing ed il Web
1.2.1 Interattività
Una delle caratteristiche peculiari di Internet è l’interattività. Artusi (2009) definisce
l’interattività come “…un rapporto all’interno del quale i messaggi trasmessi tra le
parti si influenzano in maniere reciproca e che sviluppano un processo di
apprendimento e aggiustamento continuo…”. Da questa definizione appare chiaro
che l’interattività è un rapporto caratterizzato da uno scambio continuo e nutrito di
informazioni fra i comunicanti.
La rete rende possibile essenzialmente due tipi di interattività:
1. l’interattività con il mezzo (with the medium) permette all’utente di scegliere
ciò che vuole vedere tra i diversi contenuti presenti in rete. Questo tipo di
interattività è realizzabile traminte i cosidetti “ipertesti”, cioè fornendo un
ambiente informativo virtuale strutturato su diversi livelli di profondità;
2. l’interattività attraverso il mezzo (through the medium) svolge la funzione di
unione e collegamento tra i soggetti di una relazione. Questa forma di
interattività si sviluppa sul Web all’interno delle chat, dei forum di
discussione, delle comunità virtuali, etc..
L’interattività non è un fenomeno nuovo, né è una novità la sua associazione al
marketing: per la prima volta, però, grazie ad Internet, passa dall’essere
un’opportunità, all’essere una fonte imprescindibile di vantaggi competitivi duraturi
e sostenibili per un’azienda (Artusi, 2009). Infatti, l’elevato grado di interattività, e
quindi di informazioni, che caratterizza il Web, sta rendendo quest’ultimo sempre più
un mezzo tramite il quale offerta e domanda si incontrano: tramite il Web, per i
consumatori, è possibile esprimere le proprie preferenze, sulle quali,
successivamente, l’impresa modellerà e aggiusterà la propria offerta commerciale.
1.2.2 Informazioni
La comunicazione delle preferenze, da parte degli utenti, può essere più o meno
consapevole. Alcune informazioni, ad esempio, sono fornte in maniera consapevole
dai consumatori tramite alcune procedure ormai standard. Fanno parte di questa
categoria i dati forniti autonomamente dall’utente in fase di registrazione ad un
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determinato sito, o per usufruire di un servizio presente in esso, e i dati forniti
obbligatoriamente in fase di acquisto, ad esempio, di un prodotto, tramite la
piattaforma digitale. La maggior parte delle volte però, gli utenti forniscono
informazioni relative ai propri interessi, abitudini, etc. in modo involontario. Durante
la navigazione, ad esempio, si lasciano delle “tracce” dei propri spostamenti da una
pagina all’altra, che vengono prontamente registrati tramite apposite modalità quali i
file log e i cookies. I primi sono file che contengono le informazioni riguardanti la
navigazione dell’utente che i server, su cui sono conservati i siti, memorizzano ogni
qualvolta viene scaricato un elemento. I secondi sono file di testo che i server inviano
al computer degli utenti che richiedono una determinata pagina Web e che
quest’ultimo memorizza. Attraverso l’uso dei cookies e dei file log le aziende
sviluppano i cosidetti “Reccomender Systems”, cioè sistemi che, in base alle
preferenze passate del consumatore, o di quelle di consumatori che hanno profili
simili, riescono a “raccomandare” l’offerta più adeguata ai suoi interessi. Tramite
questi file, quindi, le aziende adeguando continuamente l’offerta alla domanda. Ma le
informazioni vengono raccolte dalle aziende sempre più spesso attraverso l’analisi di
chat, forum e comunità. In questo modo, ad esempio, è possibile conoscere le
valutazioni dei membri/clienti riguardo ai nuovi prodotti/servizi offerti, alle azioni
competitive nei confronti degli avversari, etc (Algesheimer, 2005).
Indipendentemente dal fatto che i dati di cui entra in possesso l’azienda siano stati
ottenuti con la collaborazione volontaria o meno da parte dell’utente, comunque, essi
rappresentano la “chiave per costruire relazioni personalizzate” (Artusi, 2009) e
permettono alle aziende di adeguare continuamente l’offerta alla domanda, anche a
livello individuale (marketing one to one).
La forza con la quale il Web ha saputo trasformare e rivoluzionare il mondo
dell’economia e del management deriva, quindi, dalle sue potenzialità comunicative:
le possibilità interattive offerte da Internet rappresentano gli strumenti ideali per
realizzare, nella pratica, tutte le più moderne teorie di marketing (ad esempio il
marketing one to one) che per anni, prive dei supporti necessari per una loro efficace
e efficiente applicazione, sono rimaste valide soltanto nella teoria.
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1.2.3 Comunicazione push VS pull
L’interattività che caratterizza la rete rispetto agli altri mezzi di comunicazione,
risiede nel diverso modo in cui le informazioni vengono scambiate. Nei canali
tradizionali (televisione, radio, giornali, etc.), infatti, la logica comunicativa è del
tipo definita “push”: “il messaggio…”, cioè,”…viene spinto verso i consumatori,
senza che questi lo richiedano, invadendone l’attenzione” (Artusi, 2009). I
consumatori possono, in questo caso, solo accettare in maniera passiva ciò che gli
viene comunicato. Il Web, al contrario, si differenzia completamente dalle altre
tecnologie. In esso, infatti, si realizza una logica comunicativa denominata “pull”:
l’utente decide consapevolmente quando e quali informazioni reperire in base ad una
determinata ricerca o ad una precisa conoscenza e, quindi, partecipa attivamente e in
prima persona al processo comunicativo.
La logica di tipo pull, tuttavia, non è necessariamente la più efficace, “soprattutto
quando il risultato dovrebbe essere quello di solleticare l’attenzione di un target che
non è ancora informato o motivato ad entrare in contatto con la comunicazione
d’offerta prodotta” (Artusi, 2009). Anche la logica push, come è stato detto, conduce
a risultati limitati; il che diventa ancor più vero quando questo tipo di comunicazione
avviene attraverso la rete. In questo caso, infatti, il messaggio comunicato tende ad
assumere un carattere particolarmente intrusivo e, in molti casi, tende a danneggiare,
più che a rinforzare, l’immagine del brand/prodotto. Questo fenomeno è talmente
forte che l’uso di questo tipo di comunicazione è stato notevolmente rivisto col
tempo. La soluzione risiede nel riuscire a trovare un giusto equilibrio fra le due
forme di comunicazione. La vera forza che un’azienda può trarre da Internet, quindi,
è proprio quella di potere coniugare le due logiche in base agli obiettivi che persegue.
Secondo Prandelli e Verona (2002), infatti, l’abilità di un’impresa risiede “…nel
saper realizzare processi comunicativi che sia nel contenuto, sia nella forma sappiano
trovarsi in sintonia con l’interesse personale di quell’individuo…”.
1.2.4 Da broadcasting a narrowcasting e network
I medium di comunicazione di massa tradizionali (TV, radio e stampa), seppur molto
potenti, sono caratterizzati da una logica comunicativa definita one to many
(broadcasting), dove un unico messaggio viene diffuso dalla fonte allo stesso modo
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per tutti i riceventi, senza concedere ad essi possibilità di interazione (logica di
comunicazione pull). Il Web, invece, a causa della forte interattività che lo
contraddistingue, nasce come terreno ideale per sviluppare logiche comunicative del
tipo one to one (narrowcasting). Le aziende, infatti, hanno a disposizione molte
informazioni, grazie alle quali è possibile la trasmissione di messaggi personalizzati
per ogni utente, i quali, a loro volta, avranno la possibilità di rispondere grazie alla
natura bidirezionale e partecipativa del mezzo. Tuttavia, è importante sottolineare
che la presenza di una comunicazione narrowcasting non esclude che, all’interno
dell’ambiente digitale, si possano sviluppare anche altri logiche di comunicazione.
Ne sono un esempio quelle di tipo many to many (network), caratterizzate da una
comunicazione di gruppo e che possono dare avvio a potenzialità di collaborazione
superiori rispetto alle forme precedenti. Ad esempio, le informazioni ottenute tramite
chat, forum e communities hanno assunto un ruolo così importante che spesso non si
parla più di creazione di valore da parte della compagnia ma di co-creazione di
valore fra compagnia e consumatori (Wu, 2010) e, quindi, di “prosumers” (Casalo,
2010), una parola composta da “productors e consumers”, per indicare che i
consumatori appartenenti a queste comunità hanno “l’abilità” di intervenire nella
creazione di prodotti e servizi ritagliati “su misura” per loro stessi. Le caratteristiche
relative a questo tipo di comunicazione sono quelle che più verranno osservate in
questo studio. Ad esempio, verrà riportato un modello (Adjei, 2010) in cui gli autori
prendono in esame l’influenza della qualità della comunicazione “network” sulle
intenzioni d’acquisto, e nel modello ipotizzato nel terzo capitolo, il ruolo che ha
ricopre rispetto alle intenzioni comportamentali dei membri di una brand community,
ed in particolar modo sulla fedeltà alla marca, e sulla qualità percepita del brand.
L’importanza dell’applicazione di Internet alle strategie di marketing note risiede,
quindi, in particolar modo, nel passaggio da una comunicazione di tipo broadcasting
(one to many) a una comunicazione più interattiva e personalizzata come quella
narrowcasting (one to one) e network (many to many). Tuttavia, la vera potenzialità
di questo mezzo, sta nella sua grande versatilità, nella sua capacità di riuscire a far
uso di tutte queste logiche comunicative, integrando i modelli push, pull, one to one,
one to many e many to many e applicando questa diversificazione nello sviluppo
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delle strategie di marketing più note e nell’implementazione di strategie nuove che il
Web rende possibile (Artusi, 2009).
1.3 Le nuove strategie di marketing
Nei paragrafi precedenti è stato detto che, di fatto, le strategie di marketing sono
rimaste pressochè le stesse anche nel contesto attuale e che ciò che cambia, in realtà,
è solo la forza che queste acquistano se vengono implementate grazie alle nuove
tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) e, in particolar modo,
tramite il Web. Ad esempio, è stato detto che la rete mette in condizione le aziende di
effettuare una maggiore segmentazione del mercato: siccome l’individuazione di
interessi e bisogni avviene ad livello vicino a quello individuale, le aziende possono
operare secondo la tipologia di marketing che più si avvicina ai bisogni del
consumatore, cioè quella one-to-one. Tuttavia, oltre a rinforzare le strategie già note
in letteratura, o renderne addirittura possibili alcune che prima dell’avvento della rete
erano rimaste solo teoriche (ad es il marketing one-to-one), il Web ha consentito lo
sviluppo di alcune nuove strategie che vengono realizzate dalle aziende tramite i
diversi strumenti che l’ambiente virtuale mette loro a disposizione. In seguito ne
verranno descritte le principali.
1.3.1 Search engine marketing
Il numero dei documenti che il Web mette a disposizione dei naviganti supera, ad
oggi, le possibilità di consulatazione degli esseri umani. I tassi di crescita di Internet
aumentano esponenzialmente ed è stato calcolato, dal Web Search Infrastructure
Team di Google, che, già nel 2008, le pagine totali che il motore di ricerca più
famoso nel mondo processava aveva raggiunto l’incredibile numero di mille miliardi.
All’interno della caotica e incontrollabile espansione della rete, tuttavia, le esigenze
degli utenti e delle aziende rimangono sempre, rispettivamente, quelle di trovare ed
essere trovate. Ed è per questo che i motori di ricerca stanno assumendo, col tempo,
un’importanza sempre crescente. I dati forniti dalla Nielsen/NetRatings Media
Research mostrano, infatti, che chi cerca informazioni si affida quasi esclusivamente
ai motori di ricerca (Artusi, 2009). Per ottenere una buona visibilità, per le aziende,
diventa, quindi, molto importante innazitutto ottenere un buon posizionamento fra i
risultati della ricerca. Questa considerazione risulta ancora più importante se si pensa