8
tendono a posporre il proprio progetto generativo: tali trasformazioni hanno, 
chiaramente, conseguenze rilevanti per quanto riguarda il clima familiare, 
l’organizzazione della vita quotidiana, la relazione genitori-figli e quella di coppia.
1
  
Questo fenomeno, sempre più diffuso, sta modificando lo schema classico e 
preconcetto a tappe del ciclo di vita, portando soluzioni ad antiche categorizzazioni e 
nuovi problemi. Ecco perché, utilizzando uno strumento qualitativo, l’intervista semi-
strutturata, andremo ad approfondire proprio questo argomento, cercando di 
comprendere la reale voglia di autonomia dei giovani e l’influenza che hanno le 
famiglie su tali ragazzi di età compresa tra i 20 ed i 35 anni.  
Per una visione completa della situazione familiare italiana, vanno valutate le 
conseguenze che la presenza dei figli, giovani-adulti sempre più a lungo nel nucleo 
d’origine, e dei genitori, anziani con sempre più alte aspettative di vita, hanno sulla 
generazione di mezzo. Schiacciata tra i bisogni degli uni e degli altri, questa generazione 
intorno ai 50 anni, solitamente donne, si trova a dover gestire una situazione, a sua 
volta, nuova. 
Per fare ciò, molto frequentemente, si trova sola. Le politiche sociali in Italia, 
ancora oggi, sono frammentarie e teoriche. Lontane, in modo imbarazzante, da quasi 
tutte le altre realtà europee, cercano di risalire la china affidandosi ad una 
decentralizzazione comunale. Ma, le storiche abitudini, la mentalità assistenzialista e la 
mancanza di fondi, purtroppo, per ora fanno arenare, nel concreto, qualsiasi progetto.    
                                                 
1
 Cfr. in Di Nicola P., “Sulle tracce di Proteo. Concetti e metodi della ricerca sociale sulla 
famiglia”, Carocci, Roma, 1993  
 9
LA NASCITA DELLA FAMIGLIA MODERNA 
 
 
 
1. La “famiglia” 
 
La famiglia è una rete di relazioni. Anzi, nella sua essenza sociale, la famiglia è 
un tipo specifico di relazione sociale. Ma questo certo non basta per definire in modo 
completo ed esaustivo la “famiglia”. Nella lingua italiana, infatti, tale termine è poco 
specifico e copre una gran varietà di esperienze e relazioni, con molte inclusioni ed 
esclusioni. 
Il vivere insieme, sotto lo stesso tetto, costituisce uno degli indicatori più 
semplici ed ovvi dell’esistenza di una famiglia, poiché la separa dagli altri rapporti 
sociali, inclusi quelli di parentela. La convivenza familiare
2
, però, è e rimane un 
semplice indicatore, in sé largamente insufficiente per la comprensione del significato 
del termine. Non tutte le persone che vivono insieme, infatti, sono considerate o si 
autodefiniscono come famiglie. Le convivenze non matrimoniali in Italia, ad esempio, 
hanno uno statuto incerto sia dal punto di vista legale che dal punto di vista del 
riconoscimento sociale. E di una famiglia con un solo genitore si parla come di una 
“famiglia incompleta” o “spezzata”, alludendo così ad un preciso criterio oltre che di 
immagine, di interezza.  
L’elenco, quindi, di ciò che viene incluso ed escluso dal termine famiglia 
potrebbe continuare, soprattutto in virtù della sua forte variabilità a livello storico e 
culturale. Ciò è molto importante perché ci aiuta a comprendere la complessità delle 
relazioni e dimensioni implicate nello spazio della famiglia, i vincoli ed i confini diversi 
che la articolano. Sono molti, infatti, i discorsi che definiscono che cosa sia una 
famiglia: religiosi, morali, legali, delle tradizioni, culturali, delle politiche sociali, fino 
alla specifica tradizione familiare di ciascuna famiglia, di ciascun individuo. In 
sostanza, la diversità dei modi di concepire e definire la famiglia ha due cause 
                                                 
2
 Questo termine è stato coniato da Saraceno [cfr. in Saraceno C. e Naldini M. , “Sociologia della 
famiglia”, Il Mulino, Bologna, 2001, p. 57], in sostituzione a quello di “aggregato domestico” proposto da 
Barbagli, per riferirsi a coloro che vivono assieme. Secondo la mia percezione risulta più semplice ed 
immediato da comprendere. 
 10
principali: in primo luogo le differenze culturali e di valori e, secondariamente, i livelli 
del discorso che si prende in considerazione. 
 
 
1.1      Struttura e relazioni familiari 
 
Per analizzare le strutture familiari dal passato fino ai giorni nostri, è 
indispensabile delimitare il concetto di famiglia in modo concreto. Come già detto, la 
convivenza familiare è un indicatore importante, ma vivere insieme non sempre è 
“essere una famiglia”. Quali caratteristiche, attività e legami, dunque, individuano e 
circoscrivono come famiglia un gruppo di persone che abitano assieme? Quali sono le 
regole per l’inclusione e l’esclusione? E’ importante chiarire i criteri che delimitano i 
confini della convivenza familiare e che definiscono i rapporti tra le diverse persone 
come rapporti familiari, per poter effettuare confronti nel tempo e tra diverse culture. 
A partire dalle riflessioni di Malinowski del 1913 sull’universalità del bisogno di 
cura dei piccoli, da cui faceva discendere l’universalità della famiglia, molti antropologi 
si sono cimentati nel compito di dimostrare l’universalità della famiglia. Essenzialmente 
queste teorie si basavano sul fatto che essa fosse un’istituzione per la cura e 
l’allevamento dei piccoli, definita da precisi confini spaziali e relazionali ed i cui 
membri fossero legati da particolari vincoli affettivi.  
Anche molti sociologi hanno parlato e parlano di “funzioni della famiglia” come 
di dimensioni in qualche misura naturali, omogeneamente confrontabili e rinvenibili 
attraverso il tempo e lo spazio, pur con la possibilità di perdite o distorsioni. Tra le 
funzioni maggiormente evidenti ci sarebbero la riproduzione, la cura, l’educazione e la 
regolamentazione della sessualità, da cui deriverebbero necessariamente sia la 
condivisione economica sia la divisione del lavoro tra i sessi. Questo tipo di 
interpretazione è stato però criticato sia dagli antropologi che dai sociologi in quanto, 
come tutte le argomentazioni di tipo funzionalistico, attribuisce un carattere di necessità 
logica al dato empirico, per cui talune istituzioni sociali realizzano determinate funzioni. 
In questo senso, in particolare la ricerca etnografica, ha mostrato come culture 
diverse organizzino e distribuiscano diversamente le “funzioni” che siamo abituati a 
considerare caratteristiche e specifiche della famiglia ed attribuiscano una rilevanza 
differente a queste situazioni nel definire che cosa sia una famiglia e che cosa no. 
 11
Questo sforzo di percepire le funzioni invariabili culturalmente ha portato ad una 
sostanziosa accumulazione di materiale antropologico ed etnografico sulle diverse 
forme familiari esistenti.  
Attualmente, però, è una seconda direzione di ricerca tesa non all’individuazione 
di funzioni, ma di «strutture della famiglia» (intese come convivenza), ad essere 
considerata maggiormente interessante. Sorto in campo demografico e storico, questo 
tipo d’indagine non si pone la domanda su a che cosa serva la famiglia, bensì quella del 
chi viva con chi, chi sia all’interno della famiglia. La struttura della famiglia, infatti, non 
si riferisce né al numero dei membri, né a qualche attività predominante, ma al tipo di 
vincolo che lega i membri di una convivenza: vincolo di affinità e di consanguineità, di 
matrimonio e di discendenza. Da questo punto di vista, la struttura della famiglia viene 
definita dal modo in cui le persone che la compongono si collocano lungo i due assi, 
rispettivamente orizzontale e verticale, dei rapporti di sesso e dei rapporti di 
generazione.   
Come teoria di riferimento prenderemo in considerazione quella derivante dagli 
studi degli storici e demografi del Gruppo di Cambridge [Laslett, 1972].
3
 Essi hanno 
elaborato la collocazione delle strutture familiari lungo due assi ed hanno evidenziato 
quattro distinte categorie fondamentali di strutture di convivenza familiare , a loro volta 
articolate in sottotipi: 
a) i gruppi domestici cosiddetti «senza struttura», cioè senza chiari rapporti né di 
sesso né di generazione. Vi sono comprese sia le convivenze di fratelli e sorelle, o 
consanguinei senza vincoli di generazione, sia coloro che vivono da soli; 
b) i gruppi domestici «semplici», composti sia dai genitori con i figli, sia da un solo 
genitore con i figli, che dalla coppia senza figli;  
c) i gruppi domestici «estesi», composti, oltre che dai membri della famiglia 
semplice, da parenti ascendenti (un nonno/a), discendenti (un nipote), o collaterali 
(un fratello/sorella del marito/della moglie); 
d) i gruppi domestici «multipli», dove sono presenti più nuclei coniugali, più coppie 
con i loro figli. Questo gruppo si articola ulteriormente a seconda dei legami 
lungo l’asse generazionale che intercorrono tra i diversi nuclei (famiglie a ceppo, 
in cui la coppia anziana vive con quella dell’erede; famiglie congiunte in cui tutti i 
                                                 
3
 Laslett P. (a cura di), “Household and the family in past time”, Cambridge University Press, Cambridge, 
1972 
 12
figli maschi sposati portano le loro mogli e poi i loro figli a vivere nella casa dei 
genitori; frérèches, in cui tutti i fratelli sposati vivono insieme con le proprie 
famiglie; …). 
La struttura familiare è importante perché condiziona i modi in cui i componenti 
della famiglia interagiscono tra loro, in quanto si creano dei modelli di interazione e 
scambio che in un certo senso stabiliscono come, quando e con chi stare in relazione. 
Questi modelli, come vedremo, regolano il comportamento dei membri della famiglia 
attraverso due livelli: uno, più generale, che riguarda le regole condivise rispetto 
all’organizzazione familiare (ad es., differenza di ruoli e funzioni tra genitori e figli); 
l’altro, più specifico, che riguarda le aspettative reciproche dei singoli componenti della 
famiglia (ad es., la gestione dell’autorità, in una famiglia è delegata alla madre, in 
un’altra al padre). 
A questo proposito, pur essendo una visione semplificata dei modelli di 
distribuzione di potere, è interessante citare anche la distinzione analitica proposta da 
Barbagli [2000] tra struttura e relazioni familiari per lo studio della famiglia come 
convivenza.
4
 In questo caso, la struttura designa le regole con cui una convivenza si 
forma e trasforma, la sua composizione ed ampiezza, mentre le relazioni definiscono i 
rapporti di autorità e di affetto esistenti all’interno del gruppo di persone che vivono 
assieme. In pratica, si parla di struttura nucleare o multipla e di relazioni patriarcali o 
paritarie, di distanza o di intimità. Questa distinzione è molto importante più che per la 
valenza probante, per la capacità si segnalare e mettere in evidenza l’esistenza di 
dimensioni diverse entro l’esperienza familiare.  
Resta da sottolineare che il vivere sotto lo stesso tetto è certo un confine visibile 
e non secondario, ma il grado e direzione della sua permeabilità, innanzitutto rispetto 
alla parentela, è altrettanto importante per la definizione della convivenza familiare 
[Saraceno, 1984].
5
 
                                                 
4
 Barbagli M., “Sotto lo stesso tetto”, Il Mulino, Bologna, 2000 
5
 Saraceno C., “Changing the gender structure of family organization”, in “Quaderni del dipartimento di 
politica sociale”, n. 2, 1984 
 13
1.2      La famiglia come costruttrice di significati 
 
Prima di passare alla descrizione delle strutture familiari del passato è necessario 
chiarire e sottolineare la funzione sociale e relazionale della famiglia, in quanto sono 
aspetti sempre correlati ed interdipendenti.  
La famiglia è uno dei luoghi privilegiati di costruzione sociale della realtà, a 
partire dalla costruzione sociale degli eventi e dei rapporti apparentemente più naturali. 
Questo spazio che è sia fisico, sia relazionale che simbolico, infatti, è spesso usato come 
metafora di tutte quelle situazioni che riguardano la spontaneità, la naturalezza e la 
riconoscibilità senza bisogno di mediazioni.
6
 Ed è proprio entro questi rapporti, 
socialmente definiti e normati, che gli eventi della vita individuale apparentemente più 
naturali, ricevono il proprio significato e tramite questo ritornano nell’esperienza 
individuale (così, ad esempio, succede per il nascere e il morire, il crescere, 
l’invecchiare, la sessualità e quant’altro…). A conferma di questo dato basti pensare al 
linguaggio con cui si nominano le trasformazioni e i nuovi processi di costruzione della 
realtà, che implicitamente conferma la forza particolarmente normativa della 
codificazione familiare.
7
 
In quanto sistema interpersonale, la famiglia, dunque, rappresenta l’ambiente nel 
quale si realizzano i processi di sviluppo e di crescita dei suoi membri (luogo sociale). 
Essa è un contesto che orienta in senso cognitivo le azioni dei suoi componenti, nel 
senso che i comportamenti assumono significato in rapporto alla situazione ed alle 
circostanze specifiche di ogni singola realtà (contesto di significato). La famiglia, 
inoltre, contribuisce a costruire un senso d’identità nei suoi membri, attraverso 
l’esperienza dell’appartenenza e della differenziazione. Questo senso di appartenenza si 
forma attraverso la sperimentazione e l’acquisizione di modelli di relazione che si 
ripetono in quella determinata famiglia (contesto di apprendimento).  
Partendo da questo stesso concetto si possono osservare anche diverse immagini 
di “famiglia” (la famiglia-rifugio, la famiglia come luogo dell’affettività e dell’intimità, 
come cardine della solidarietà e della dimensione privata o, all’opposto, la famiglia 
                                                 
6
 E’ un concetto usato comunemente in locuzioni tipo: “siamo come una famiglia”, “un discorso di 
famiglia”, una “persona di famiglia”, … 
7
 Si parla di “relazioni extra o pre-coniugali” per persone non legate da vincoli matrimoniali che vivono 
rapporti sessuali od affettivi tra loro; di “famiglie di fatto” per quelle che non hanno sanzione legale; di 
“madre lavoratrice” per una donna-madre sola che lavora, alludendo così alla valenza ibrida, nella doppia 
sfera sociale e familiare; ecc. ecc. 
 14
come luogo dell’oppressione, dell’obbligo, dell’egoismo e di violenza) che convivono 
pure nel medesimo individuo e sono rintracciabili sia nelle conversazioni quotidiane, sia 
nell’immaginario che sottende la legislazione e le politiche sociali.
8
 Ciò che accomuna 
queste diverse immagini, pur nella loro contraddittorietà, è la loro astoricità ed il fatto 
che sembrano considerare la famiglia come una realtà a tutto tondo, omogenea 
all’interno e rinvenibile come tale in ogni contesto sociale e storico: un concetto 
universale, come abbiamo già potuto intuire, non calato nella realtà. 
 
 
1.3       La prospettiva storica nello studio della famiglia 
 
Gli studi di storia sociale si sono incaricati di mostrare la varietà di esperienze 
familiari nel passato, indicando l’impossibilità di ricostruire una vicenda unitaria di 
trasformazioni, un filo unitario nel quale rintracciare la “famiglia”. Così, a queste 
ricerche, si sono aggiunte quelle antropologiche ed etnologiche, che mostrano la varietà 
di forme familiari accostatesi e succedutesi nelle società umane. La storia, infatti, 
presenta un repertorio sostanzialmente inesauribile di organizzazioni ed attribuzioni di 
significato da parte degli uomini all’alleanza tra gruppi ed individui. Lo studio delle 
diverse forme familiari mentre organizzano la loro vita quotidiana e stabiliscono legami, 
attribuiscono significati al proprio essere nel mondo, alla propria collocazione nel tempo 
e nello spazio e nei rapporti sociali, costituisce, quindi, un passaggio importante per la 
comprensione anche della società stessa.   
E’ indispensabile, dunque, per poter capire quale sia la famiglia moderna, partire 
dalle sue radici e seguirla nelle trasformazioni principali adottando una  prospettiva 
storica che ci aiuti a collocare la vicenda familiare nello spazio e nel tempo, a 
individuarne i nessi e le interdipendenze con la particolare società in cui si trova e con le 
circostanze dei diversi gruppi sociali. A questo proposito Segalen [1981] osserva che la 
dimensione storica aiuta ad essere più modesti, meno totalizzanti, nelle interpretazioni 
della famiglia, a cogliere insieme la varietà dei modi in cui gli esseri umani hanno 
                                                 
8
 Anche in questo caso è comune sentir parlare di voler “recuperare i valori familiari”, di “incoraggiare la 
solidarietà familiare” o all’opposto, di famiglia che tende ad “espellere i propri membri malati e 
bisognosi”. 
 15
organizzato la loro sopravvivenza e riproduzione ed a ridimensionare fenomeni che ci 
sembrano assolutamente nuovi e peculiari del tempo in cui viviamo.
9
 
Gli studi storici sulla famiglia si sono moltiplicati da circa tre decenni, in 
particolare grazie all’approccio tipico dell’ultima produzione storiografica inglese e, 
soprattutto, francese, che ha fortemente rivalutato le tematiche della vita quotidiana, ma 
anche in Italia, in epoca relativamente più recente, queste ricerche hanno conosciuto 
significativi sviluppi.
10
 
Resta comunque da evidenziare che l’attuale storiografia sulla famiglia non si 
sottrae da alcuni limiti. In primo luogo il carattere fortemente selettivo delle fonti 
utilizzate, che molto spesso sono le uniche disponibili, non permette una visione estesa 
e d’insieme del periodo trattato. I documenti giuridici, letterari, iconografici e via 
dicendo che sono alla base di questi studi, si riferiscono, infatti, quasi esclusivamente 
alle classi medio-alte (per il mondo antico e l’alto medioevo l’aristocrazia, per il basso 
medioevo e le età successive anche la borghesia). In secondo luogo è profondamente 
limitante il netto prevalere di elementi quantitativi su quelli qualitativi. Si può 
facilmente conoscere, infatti, il numero dei componenti della famiglia, si può valutare il 
tasso di fecondità e, a volte, le scelte matrimoniali dei singoli, ma ben poco si sa 
dell’effettiva qualità dei rapporti fra le persone, di quale ruolo giocasse, per esempio, il 
sentimento d’amore nelle scelte degli sposi o quale fosse l’atteggiamento dei genitori 
nei confronti dei figli nelle varie età della vita, dall’infanzia all’età adulta.   
 
 
2. Strutture familiari nel passato 
 
La famiglia, qualunque sia la sua organizzazione, è un gruppo di parentela i cui 
componenti stabiliscono relazioni secondo modelli culturali che ne definiscono 
specifiche relazioni. I gruppi parentali, come abbiamo accennato, hanno molte e 
diversificate funzioni che tratteggiano i ruoli di comportamento, permettendo di 
prevedere compiti e funzioni dei singoli. Guardando alle trasformazioni sociali e 
culturali che si sono avute nel corso dei secoli, possiamo individuare non la famiglia, 
                                                 
9
 Segalen M., “Sociologie de la famille”, Colin, Paris, 1981 
10
 Da citare la serie di volumi curati da Ariès Ph. e Duby G., “La vita privata dall’Impero romano all’anno 
Mille”; “La vita privata dal feudalesimo al Rinascimento”; “La vita privata dal Rinascimento 
all’Illuminismo”, vol. 3, tr. it. Laterza, Bari, 1987 e la ricerca di Goody J., “Famiglia e matrimonio in 
Europa – Origini e sviluppi dei modelli familiari nell’Occidente”, tr. it. Mondadori, Milano, 1984 
 16
ma le “famiglie”, una molteplicità di modelli. A seconda delle esigenze storiche, infatti, 
la famiglia ha assunto una struttura e delle funzioni particolari. 
Bisogna ricordare, innanzitutto, che per molti secoli la famiglia ha costituito non 
solo il normale luogo di riproduzione e garanzia di continuità delle generazioni, ma 
anche una vera e propria impresa, produttiva, finanziaria o politica, a seconda dei ceti, 
ma sempre un’impresa. Nella società contemporanea questa dimensione esiste, ma non 
è un aspetto costitutivo ovvio ed atteso, come invece lo era nel passato. La struttura e 
l’ampiezza della famiglia dipendevano in larga misura dalle risorse materiali, legali e 
culturali (disponibilità di terra, ampiezza del patrimonio, risorse politiche, modelli di 
eredità, …) che nelle diverse epoche e ceti esistevano per far fronte ai propri compiti 
[Wheaton, 1977; König, 1970].
11
  
 
 
2.1 Cambiamento della struttura familiare in Europa           
 
Fino agli anni ’70 l’opinione corrente era che nel passato le famiglie fossero per 
lo più a struttura multipla e che avessero attraversato nel tempo quello che Durkheim 
[1988] aveva definito un processo di progressiva contrazione, dalla famiglia multipla 
del gruppo di parenti fino alla famiglia coniugale moderna.
12
 In questo resoconto, 
l’industrializzazione avrebbe avuto un ruolo essenziale, da spartiacque, favorendo prima 
il nascere, appunto, della famiglia nucleare nell’Occidente capitalistico ed industriale 
europeo e poi l’esportazione di questo modello di struttura in altre culture. 
Serie critiche e smentite empiriche a questa teoria partirono soprattutto dai lavori 
dei demografi del Gruppo di Cambridge. In particolare, nel grosso volume “Household 
and the Family in the Past” [1972], sembrarono quasi rovesciare questo resoconto, 
poiché dimostrarono che già verso la metà del XV secolo, prima degli inizi 
dell’industrializzazione, la struttura coniugale-nucleare era il modello prevalente in 
diversi paesi del Nord europeo e, soprattutto, in Inghilterra, patria della cosiddetta 
                                                 
11
 Wheaton R., “Famiglia e parentela nell’Europa occidentale. Il problema della famiglia congiunta”, in 
Barbagli M. e Saraceno C. (a cura di), “Lo stato delle famiglie in Italia”, Il Mulino, Bologna, 1997, pp. 
360-386; König R., “Old problems and new queries in family sociology”, in Hill R. e König R. (a cura 
di), “Families in Est and West”, Mouton, Paris, 1970, pp. 602-622 
12
 Durkheim E., “La sociologie de la famille”, in “Annales de la Faculté des Lettres de Bordeaux”, 1988 
 17
Rivoluzione industriale.
13
 Secondo Laslett, esistevano due tipi di famiglia; quella 
occidentale, nelle regioni europee che stanno ad ovest di una linea tracciata da 
Leningrado a Trieste e quella orientale e meridionale, ad est di questa linea 
immaginaria. 
Le caratteristiche di quella che è stata definita la famiglia occidentale sarebbero 
state: 
a) un’età al matrimonio relativamente alta, soprattutto per le donne (23-24 anni);  
b) una differenza di età tra i coniugi relativamente bassa e perciò: un matrimonio tra 
adulti coetanei in grado di condurre da soli la propria impresa familiare come 
contadini o artigiani e di stabilire la propria residenza in modo separato da quella 
dei genitori di lui e di lei; 
c) una fecondità ridotta a causa dell’età al matrimonio non giovanissima della donna; 
d) la presenza di servi per talune fasi del ciclo di vita. 
La coniugalità della famiglia occidentale più che essere una conseguenza, date le 
sue caratteristiche, appariva, piuttosto, una delle circostanze favorevoli 
all’industrializzazione stessa che si è sviluppata, in primo luogo, proprio dove prevaleva 
questo modello nucleare. 
A questa struttura familiare, infatti, si contrappone un’altra supposta visione di 
due modelli simili ma non uguali: un modello di famiglia orientale ed un modello di 
famiglia meridionale, che non hanno sortito lo stesso effetto di industrializzazione 
precoce. La famiglia orientale (dalla zadruga iugoslava alla famiglia congiunta indiana) 
sarebbe stata caratterizzata da una struttura multipla discendente, un’età al matrimonio 
delle donne molto basso e alta fecondità della coppia. La famiglia meridionale, invece, 
avrebbe sempre avuto come base la struttura familiare multipla, ma di vario tipo, 
dall’orizzontale frérèche della Francia meridionale, alla famiglia multipla discendente 
dei mezzadri toscani, alla famiglia a ceppo di certe zone dell’Austria meridionale e del 
Tirolo. 
La famiglia europea, quindi, da come appare nelle ricerche storiche e 
demografiche, risulta molto diversificata nelle sue strutture, tra città, campagna, tra i 
ceti sociali e tra le forme di accesso e distribuzione della proprietà. Un’altra 
considerazione che ci porta ad escludere, dunque, l’omogeneizzazione delle strutture 
                                                 
13
 Laslett P. (a cura di), “Household and the family in past time”, Cambridge University Press, 
Cambridge, 1972 
 
 18
familiari a partire dall’industrializzazione, è che le trasformazioni economiche e 
politiche che nel corso del tempo, con i loro cambiamenti, hanno sempre spostato i 
confini della famiglia, non hanno mai un andamento lineare ed univoco, tanto meno 
“logicamente obbligato”, come sembrava presumere la legge di contrazione 
durkheimiana. 
 
 
2.2       La situazione italiana 
 
Nell’Italia centro-settentrionale, grazie agli studi di Barbagli [2000], siamo in 
grado di affermare che la famiglia nucleare è comparsa molti secoli prima di quella 
attuale coniugale-intima.
14
 Questo dimostra che, se per l’Italia è vero che 
urbanizzazione ed industrializzazione sono state effettivamente decisive per 
l’affermazione della famiglia coniugale nel XIX e XX secolo, non è affatto vero che 
nella società tradizionale italiana precedente, prevalesse ovunque la famiglia multipla a 
tre generazioni. E’ stato provato che questa struttura, pur con distinzioni a seconda del 
tipo di contratto che legava il contadino alla terra, prevaleva nella campagna del Centro-
Nord. Ma non certamente nelle città dove, dal XIV secolo in poi, la maggioranza della 
popolazione seguiva la regola di residenza neolocale
15
 dopo le nozze e trascorreva gran 
parte della propria vita in famiglie nucleari. E neppure nel Meridione, dove il modello a 
coltura estensiva, il grosso frazionamento e la dispersione della proprietà hanno favorito 
l’affermazione di strutture familiari di tipo nucleare per molti secoli a prescindere 
dall’industrializzazione e senza costituirne un fattore favorevole.  
Le grandi crisi di mortalità che si sono ripetute fino alla metà del XVII secolo 
modificavano di solito le strutture familiari, riducendone la complessità. Ma, pur 
subendo periodicamente delle oscillazioni a causa di queste crisi, le famiglie hanno 
avuto a lungo, sia nelle città che nelle campagne, una grande stabilità. Il che significa 
che le persone appartenenti ai diversi ceti urbani e rurali hanno continuato a seguire per 
lungo tempo le regole di formazione e di trasformazione delle famiglie dei loro 
predecessori.  
                                                 
14
 Barbagli M., “Sotto lo stesso tetto”, Il Mulino, Bologna, 2000 
15
 Questo termine è utilizzato per designare la famiglia composta da un solo nucleo coniugale (marito, 
moglie ed eventuali figli), che vive per conto proprio. Viene detta neolocale per segnalare che la 
costituzione di un nucleo coincide con lo stabilirsi di una nuova sede di abitazione. 
 19
La storia delle strutture familiari, dunque, ha avuto un lentissimo svolgimento, 
ma è innegabile che, nel corso dei secoli, esse abbiano subito significativi cambiamenti. 
Ora analizzeremo i principali mutamenti nelle città e nelle campagne italiane.  
Già nel XIV secolo, come abbiamo accennato, una quota considerevole della 
popolazione, e gran parte di quella urbana, passava la propria vita in famiglie che non 
erano complesse. Ciò succedeva sia agli artigiani delle città che agli strati più poveri, 
quelli formati da persone immigrate dalla campagna o da altre città. Le uniche persone 
che nei centri urbani seguivano dopo le nozze la regola di residenza patrilocale, andando 
a vivere nella casa dei genitori del marito, erano quelle appartenenti ai ceti più elevati. 
Tra il XIV e il XX secolo, però, la struttura delle famiglie ha subito quattro grandi 
cambiamenti: 
a) una stabilizzazione dovuta alla diminuzione, dal 1660 in poi, della frequenza ed 
intensità delle crisi di mortalità dovute a carestie ed epidemie; 
b) una riduzione del peso delle famiglie incomplete, cioè con un solo genitore, 
proprio a motivo della riduzione della mortalità; 
c) una riduzione delle differenze nel grado di complessità delle famiglie dei diversi 
ceti urbani, soprattutto per i mutamenti nelle regole di trasmissione della proprietà 
patrilineare nei ceti più elevati, della nobiltà e della borghesia mercantile. La 
divisibilità tra tutti i figli (compresa la dote alle figlie), ha dato inizio alla 
nuclearizzazione delle famiglie nobiliari, portando, quindi, ad una diminuzione 
delle differenze tra i ceti urbani e avvicinandole così alle famiglie degli artigiani e 
dei commercianti che da diversi secoli avevano stabilizzato questo tipo di 
struttura; 
d) il ridursi della presenza del personale domestico nelle strutture delle famiglie 
urbane a partire dal XVII secolo. Ciò implicò un minor peso di membri esterni, 
ma anche una più lunga presenza dei figli in famiglia. 
Nelle campagne la situazione di partenza era diversa. Le famiglie complesse 
erano in genere più frequenti, indifferentemente dallo strato sociale di appartenenza, ma, 
specialmente, in quelli che vivevano sui poderi. C’erano, poi, diversità tra il Sud ed il 
Centro-Nord dell’Italia; qui ci fu la prima netta frattura tra città e campagna, sia a livello 
politico-culturale che a livello di organizzazione domestica. In generale, la struttura 
della famiglia contadina, comunque, tendeva a corrispondere alle esigenze della 
produzione agricola, con differenze, quindi, nei diversi centri tra proprietari, affittuari e 
 20
mezzadri (che di norma avevano strutture più complesse) e braccianti. Del resto, così 
come non tutti i fenomeni di proletarizzazione sono legati all’industrializzazione, non 
sempre la proletarizzazione in agricoltura porta alla nuclearizzazione della famiglia, ma 
solo quando il rapporto di lavoro agricolo è di tipo individuale, come nel bracciantato. 
A creare questa situazione contribuì un importante mutamento che portò all’aumento 
delle differenze tra struttura familiare di città e di campagna. Le famiglie della 
popolazione agricola assunsero, a poco a poco, una struttura sempre più complessa 
come conseguenza di un insieme di profonde trasformazioni economiche e sociali, ma 
soprattutto per la diffusione dell’organizzazione produttiva poderale, per cui le terre 
venivano riunite a costruire, appunto, un podere gestibile ed utile per un determinato 
numero di persone. Ciò favorì, quindi, il passaggio da un tipo di insediamento 
accentrato ad uno sparso e lo stabilizzarvisi di famiglie complesse. Iniziate in alcune 
aree prima del XV secolo, queste trasformazioni avvennero in momenti diversi nelle 
varie zone dell’Italia centro-settentrionale nei tre secoli successivi. Fu probabilmente fra 
la seconda metà del XVII secolo e la prima del XX che la frequenza delle famiglie 
complesse raggiunse il punto più alto, non solo perché era aumentato il peso della 
famiglie di questo tipo nella popolazione agricola, ma anche perché giunse a termine un 
lungo processo di redistribuzione della popolazione fra città e campagna. 
Il caso italiano, difficilmente accostabile ad altri stati, mostra non solo una 
varietà di strutture familiari in ogni epoca, ma anche processi non lineari di 
trasformazione. 
 
 
2.3 L’instabilità familiare nel passato 
 
Per capire come si vivesse all’interno delle famiglie del passato, nucleari o 
complesse che fossero, bisogna pensare alle molte situazioni di necessità che si 
trovavano a fronteggiare.  
Innanzitutto, erano esposte ad un elevato tasso di casualità. Durante il ciclo di 
vita familiare ed individuale, infatti, era normale imbattersi in eventi imprevisti più o 
meno catastrofici. Ovviamente le conseguenze erano assai rilevanti non solo sui destini 
personali, ma sulla composizione stessa della famiglia e persino sulla sua possibilità di 
sopravvivenza come tale.