3
parentali dovuta al “passaggio dall’epoca d’oro del matrimonio all’alba
della coabitazione”. Si assiste ad una pluralizzazione dei modelli
familiari. Con tale espressione si allude al fatto che la società attuale e
prossima anziché avere un solo modello di famiglia ne farebbe emergere
“tanti quanti gli individui ne possono scegliere in base a gusti e
preferenze personali”. A questo punto ci chiediamo: ma la
pluralizzazione è un bene o un male? La pedagogia a quale famiglia deve
rivolgersi?
Nel secondo capitolo ci è sembrato peculiare, in questa fase storica,
contraddistinta da una realtà sempre più frammentata, incerta, complessa
e da un collasso educativo, ripensare i luoghi in cui si attua l’educazione
dell’uomo: primo fra tutti la famiglia, quale “luogo, naturale, primo e
privilegiato dell’educazione delle persone, del loro sviluppo e del loro
inserimento nella società”.
1
L’altro contesto educativo strettamente connesso con la famiglia, è la
scuola, il cui prezioso intervento all’interno della società deve essere un
contributo per migliorare la qualità della vita, per sostenere un equilibrio
dinamico fra le generazioni, in un’ottica di alleanza, di solidarietà e di
reciprocità con la famiglia. Non a caso si parla di un’alleanza educativa
vincente, quella tra la famiglia e la scuola; un’idea di alleanza fondata
più sul concetto di cooperazione che di reciproco vantaggio, più sulla
solidarietà che sull’interesse individuale. La famiglia dovrebbe entrare
nella scuola quale rappresentante dei bambini e come tale partecipare al
contratto educativo, condividendone responsabilità e impegni nel rispetto
1
OMAEEC – UNESCO, Pour l’éducation au XXI siècle, OIC, Paris 1995,
p.113 cit. in A. CHIONNA, Pedagogia della responsabilità, La Scuola,
Brescia 2001.
4
reciproco di competenze e ruoli. Ma l’educazione viene attuandosi in
forma diffusiva; tale criterio proietta l’educazione oltre i luoghi formali e
istituzionali, legittimando l’ampio universo del non formale. Pensare e
fare educazione sono compiti al tempo stesso comuni e specifici dei
diversi luoghi dell’educazione, singolarmente impegnati ad avvalorare la
maturità di ciascun soggetto nella sintesi/sinergia di interventi volti a
rendere l’uomo consapevole e responsabile delle sue scelte e capace di
dare un senso alla vita.
Il terzo capitolo si apre con un interrogativo: “quale avvenire per
l’educazione familiare?” Una proposta significativa, su cui abbiamo
ritenuto opportuno soffermarci, è la nascita di un progetto educativo
della e per la famiglia che abbia come obiettivo quello di chiarire le
condizioni idonee affinché la realtà familiare possa rispondere
adeguatamente alle nuove esigenze educative dei giovani d’oggi, alle
sfide di una società tanto disinteressata quanta frammentaria, al bisogno,
da parte delle nuove generazioni, di avere una stabilità e sicurezza
affettiva ma soprattutto relazionale per superare tutte le difficoltà che, in
un futuro così imprevedibile, possano verificarsi. Ma non solo. Di fronte
alla disintegrazione del modello familiare tradizionale, abbiamo ritenuto
opportuno ripensare la vita familiare in una prospettiva paidocentrica,
che si apra alla società, che presuppone un aumento della natalità che
invece tende a diminuire. L’educazione familiare è, pertanto, impegno
della madre e del padre, oltre che della società; essi hanno il compito di
agire secondo il principio di reciprocità. Urge che entrambe intervengano
con la loro sensibilità e preparazione, in un’unità di intendi e metodi. I
figli, nel momento in cui diventeranno adulti, custodiranno in sé
5
l’impronta materna e paterna e sapranno a loro volta insegnare ciò che
avranno appreso. Ma cosa pensano i giovani della famiglia? È giusto
riporre in loro le nostre speranze? Sembrerebbe proprio di sì, in quanto la
famiglia continua ad essere un saldo punto di riferimento per le nuove
generazioni e queste non sembrano proprio aver voltato le spalle alla
famiglia. Nell’economia di questo lavoro si avverte l’esigenza di
perseguire una “cultura della famiglia” imperniata sulla preparazione dei
giovani ad essa, sull’educazione dei giovani al matrimonio e alla vita
domestica, e sull’impegno della società a favore sia dei genitori che dei
giovani, propugnando un’idea di famiglia che maggiormente soddisfi le
aspettative della persona e meglio risponda al bene della società.
6
CAPITOLO PRIMO
MORFOGENESI STORICO-CULTURALE DELLA FAMIGLIA
La famiglia è viva più che mai.
Ha resistito e resisterà perché
essa risponde a profondi bisogni.
Certamente cambierà ancora. Ma
resterà uno dei principali soggetti
della trasformazione.
M. BARBAGLI
1. Uno sguardo nel passato
La storia della famiglia, che è una recente e valida acquisizione della
storiografia, ha avuto il merito di aver liberato il campo dall’erronea
convinzione che l’istituzione familiare fosse stata sempre uguale a se
stessa. Al contrario, la famiglia ha assunto svariati modelli nel corso dei
secoli, in particolare dalla caduta dell’Antico Regime si è messa in moto
senza mai fermarsi. Ha cominciato a modificarsi quando si è infranto il
binomio abitazione – lavoro, per la fuga dei contadini dalla miseria delle
campagne verso il lavoro nelle fabbriche, e quando si è frantumata la
rigorosa ereditarietà nella trasmissione dell’attività lavorativa.
Questo momento in Italia ha coinciso con il primo decollo industriale
alla fine dell’Ottocento.
Nell’economia di questo lavoro sarebbe impossibile soffermarsi su più di
un secolo di trasformazioni continue, per questo si individueranno solo
tre momenti significativi che hanno caratterizzato l’evoluzione familiare
in Italia: il periodo della prima industrializzazione tra fine ‘800 e inizio
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‘900; il ventennio fascista; e il secondo decollo industriale, gli anni del
“miracolo economico”.
In questi tre periodi la famiglia italiana è cambiata sia come oggetto di
politiche sociali che come soggetto, inteso come uno dei primi agenti del
cambiamento socio-economico. Questo significa che la famiglia non ha
solo passivamente assistito ai mutamenti economici, ma è stata essa
stessa uno dei principali fattori di cambiamento della società italiana.
2
Già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento aveva preso il via, in tutti
i paesi dell’Europa occidentale quel profondo processo di modificazione
della struttura familiare che diventerà poi più evidente nel corso del
Novecento. Per quanto riguarda l’Italia, il passaggio dalla famiglia
allargata alla famiglia ristretta avrà inizio durante lo sviluppo industriale
e avrà conseguenze nella vita privata e comportamentale dei singoli.
Nel periodo tra le due guerre i cambiamenti iniziati alla fine del secolo
scorso si faranno più evidenti, soprattutto, a causa della forte
accelerazione al cambiamento impressa dalla prima guerra mondiale. Ma
saranno, a dir poco, vorticosi nel periodo del secondo dopoguerra,
allorché tutta la società italiana subirà quella “grande trasformazione”
che la porterà a diventare un Paese industrializzato.
Il primo grande cambiamento è stato quello verificatosi alla fine dell’
Ottocento. In questa fase, accanto a una maggioranza di grandi famiglie
contadine, sono apparse anche molte famiglie operaie e un piccolo
numero di famiglie borghesi. È chiaro, che si tratta per lo più di
2
Cfr. M. BARBAGLI, Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in
Italia dal XV al XX secolo, Il Mulino, Bologna 1984, p. 112.
8
astrazioni, tuttavia il ricorso a modelli è inevitabile per meglio
comprendere le fratture e le continuità.
3
In effetti, non è mai esistito un unico modello di famiglia contadina
patriarcale, così come lo si immagina comunemente. O, per lo meno,
quello che era diffuso nell’Ancien Régime, alla fine del secolo scorso in
Italia già non esisteva più.
Per quanto riguarda i rapporti tra i coniugi, i matrimoni erano quasi
sempre combinati dalla famiglia di origine, sia tra i poveri che tra i
ricchi. Mentre i ruoli maschili e femminili erano ben definiti: le donne
lavoravano nei campi, ma in genere si dedicavano anche ad altre
mansioni. Dunque, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, in
Italia si assiste a quel processo di nuclearizzazione della famiglia che
tenderà ad estendersi negli anni più recenti. Infatti, dalla metà del secolo
scorso fino alla prima guerra mondiale, la diminuzione del numero delle
famiglie allargate, che già era evidente nelle classi più abbienti, si
manifestò anche tra la popolazione rurale che costituiva allora la
maggioranza della popolazione italiana. Tale fenomeno si deve attribuire
a due cause concomitanti: l’urbanizzazione e l’industrializzazione.
A partire da A. Comte e C. Marx la rivoluzione industriale era stata
considerata il momento di svolta dal “primato” della famiglia sulla
società civile al “primato” della società civile sulla famiglia: quella che
nel mondo antico, ed ancora nella prima stagione della modernità, era
stata la base ideologica e strutturale del potere, e cioè la famiglia, con il
processo di industrializzazione, e con l’emergere e l’affermarsi degli
3
G. VECCHIO, Profilo storico della famiglia italiana (secoli XIX-XX), in G.
CAMPANINI (a cura di) in Cisf, “Le stagioni della famiglia”, San Paolo,
Cinisello Balsamo 1994, p. 112.
9
individui, veniva relegata in secondo piano, condannata
all’insignificanza e, secondo i primi “profeti” della “morte della
famiglia”, destinata, nella società industriale avanzata, alla progressiva
estinzione.
4
Nel periodo del decollo industriale si afferma progressivamente la
famiglia borghese: ancora numericamente esigua, ma già un modello
trainante. Quando si dice borghese, non si intende solo appartenente alla
classe media, ma caratterizzata da una serie di comportamenti
decisamente innovativi: la tendenza al matrimonio d’amore, la ricerca
dell’intimità familiare, l’importanza concessa alla casa e agli spazi
privati dell’abitazione. La donna, sposa e madre esemplare, era la
divinità protettrice di questa isola felice celata agli occhi esterni dalle
mura domestiche. L’uomo, padre e lavoratore onesto, era la colonna
portante, mentre i figli erano educati e coccolati come mai era avvenuto
in passato.
5
Il secondo periodo di cambiamento non coincide con una fase di forte
sviluppo economico, ma piuttosto con un periodo di modernizzazione
della vita quotidiana che segnerà l’allargamento, quasi di massa, della
famiglia media. Uno dei più significativi cambiamenti degli anni Trenta
fu la concentrazione dell’età in cui nascevano i figli. Se, infatti, prima la
fecondità della donna avveniva in un arco di tempo molto lungo, circa tra
i 20 e 40 anni, nel periodo successivo la procreazione ebbe a concentrarsi
in un intervallo sempre più breve, tra i 20 e i 30 anni.
4
Cfr. M. CORSI, R. SANI (a cura di), L’educazione della democrazia tra
passato e presente, Vita e Pensiero, Milano 2004, p.31.
5
Cfr. C. DAU NOVELLI, Excursus storico sull’istituzione familiare, in
www.stpauls.it