storico. Preziose per il ricercatore si rivelano non solo le tracce materiali del passaggio
di scrittrici, attrici, saggiste, educatrici, conferenziere, poetesse improvvisatrici,
filantrope, emancipazioniste, drammaturghe, rivoluzionarie italiane e straniere, ma
anche tutte quelle fonti che parlano di esse, rimandando ai lettori coevi e a noi posteri
un’immagine o, più precisamente, un ventaglio di immagini, che rivelano ciò che una
fetta dell’élite culturale del tempo pensa di esse, come questa porzione di società
reagisce al loro apparire e alla loro graduale conquista di spazi pubblici sempre più
ampi, quali, infine, sono gli ostacoli ad esse posti sulla strada della partecipazione agli
ingranaggi che modellano la società, agendo sulla pubblica opinione.
Una ricostruzione delle dinamiche di genere fondamentali che si sviluppano nel
periodo che ha come termine post quem il 1896 e termine ante quem il 1900 non
potrebbe essere compiuta in modo efficace con il solo supporto della nostra fonte-
periodico. Essa, se pur ricca di notizie importanti, personaggi rilevanti, ecc., nega al
femminile alcuni spazi e in altri ne accoglie l’immagine, ritagliandone o sfumandone i
contorni che stonano, che minacciano, che mettono in discussione un modello
femminile fatto proprio e divulgato dalla maggior parte delle pubblicazioni di cui
Treves si fa editore e promotore in questi anni. Dunque, necessario ed estremamente
efficace si rivela l’ausilio di “fonti integrative”, cui rivolgerci per colmare le lacune che
la nostra rivista crea più o meno intenzionalmente. Il soggetto nascosto, dunque, è
l’obiettivo privilegiato della nostra ricerca.
«[…] Il movimento politico delle donne attivo in Italia tra Ottocento e Novecento non
si distingue, nel panorama delle esperienze internazionali, per la qualità e la quantità
della sua produzione teorica […]». Dunque, l’analisi del pensiero emancipazionista va
condotta non su di un corpus organico di scritti, ma attraverso quella che Sibilla
Aleramo ha ribattezzato «massa di scritti», in cui si rintracciano gli interventi delle
protagoniste e delle figure di secondo piano del panorama intellettuale e politico
femminile. Il discorso ha validità anche nello spazio della produzione letteraria di
penna femminile. Le scrittrici che, nel periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, si
cimentano nella difficile prova della pubblicazione di narrativa breve, romanzi e
poesie, difficilmente affrontano la questione femminile in modo aperto e raramente
propongono al pubblico modelli di comportamento apertamente trasgressivi e
rivoluzionari. Il proposito di consolidare il neo-acquisito diritto alla scrittura e di
mantenere ben saldo il legame con un pubblico femminile che va gradualmente
preparato a percorrere la strada che conduce alla «donna nuova» le fa essere caute,
sottili, guardinghe. Dunque, anche nell’analisi della produzione femminile per il grande
pubblico c’è qualcosa da far riapparire, dei “tra le righe” da portare in evidenza.
Emerge dalle ricerche la sacralità dell’amicizia che lega, in questi anni, figure femminili
differenti per età, per estrazione sociale, per formazione culturale, per ambito di
intervento professionale, ma unite da un resistente quanto poco visibile (agli occhi dei
loro contemporanei) filo che le rende un fronte compatto nella lotta per la conquista di
spazi di partecipazione alla società. Un’amicizia che va al di là della comunanza
d’interessi, dell’affinità personale, facendosi “politica”; un legame che, prima d’ogni
altra cosa, è solidarietà femminile, che si manifesta nel fare, nell’agire,
nell’organizzare, più che nel discutere, argomentare, teorizzare.
Per quanto i fermenti presenti nel tessuto sociale fossero celati, taciuti o poco
rumorosi, l’élite culturale al servizio del potere non poteva non rilevarli, non poteva
soprattutto non avvertire la minaccia incombente sugli spazi monopolizzati dal
maschile e quella ai modelli costruiti e divulgati alla nuova nazione; i modi di reazione
all’ingresso del femminile sulla scena pubblica sono un’ulteriore traccia eloquente dei
mutamenti delle dinamiche di genere. Vi è chi si ostina a proporre il modello ormai
anacronistico della donna “tra le mura domestiche”; chi si accanisce nell’attribuire ad
una differenza stilistica rilevata negli scritti femminili, il motivo di una mancanza di
erudizione, di istruzione, di basi tecniche; v’è chi semplicemente ignora, omette ciò
che è femminile e potenzialmente eversivo; v’è, infine, chi si arrocca su posizioni
nettamente antifemministe, cimentandosi in pseudo-scientifiche dimostrazioni di una
presunta inadeguatezza “naturale” del femminile agli ambiti della vita pubblica e della
politica che esulano dall’insegnamento e dalla filantropia. Punti di vista che, quanto
più si presentano esasperati, tanto più tradiscono paure reali e dunque si fanno
dimostrazione delle capacità che le donne giorno dopo giorno dimostrano in campo
letterario, teatrale, scientifico, organizzativo e politico. E mentre la cultura dominante
si cimenta in querelle nazionali ed internazionali, letterarie e politiche, le punte di
diamante del movimento emancipazionista si avvicinano alle classi sociali indigenti ed
emarginate, sia idealmente che concretamente: attraverso la denuncia delle
ingiustizie di una patria che penalizza il femminile e la povertà; attraverso il sostegno
alle lotte operaie e la mobilitazione per l’amnistia delle detenute politiche; attraverso
la creazione dal basso di strutture di assistenza che sostengano e forniscano agli
indigenti gli strumenti per una crescita morale e intellettuale oltre che materiale.
“L’Illustrazione” si avvale della collaborazione di nomi di rilievo del panorama culturale
e politico del tempo. De Amicis e Verga, ad esempio, intervengono con frequenza tra
le pagine del periodico, tanto da comparire nella lista dei collaboratori principali, sul
frontespizio del 1897. Accanto ad essi, uomini di formazione ed orientamenti politici e
culturali molto vari ma tutti uniti nell’impegno di edificazione della patria, attraverso
l’educazione della pubblica opinione. Educazione che è portatrice dei valori del
liberalismo borghese, che poche aperture mostra nei confronti delle istanze sociali e
culturali più progressiste ed eversive. La raccolta e la conseguente lettura degli articoli
de “L’Illustrazione”, nel periodo considerato dal presente lavoro, sembra confermare la
tendenza conservatrice della rivista edita da Emilio Treves. Ciò non vuol dire che ad
essa collaborino soltanto retrogradi difensori del conformismo borghese e della fede
cattolica; al contrario, accedono alle pagine del periodico e contribuiscono ad
alimentarne l’anima anche nomi, quali il De Castro e il Ferrero, tutt’altro che ostili alle
ideologie democratiche e socialiste, o scienziati del sociale, come Scipio Sighele, che si
considerano “moderatamente progressisti”. Ancora, il giurista Giurati — si perdoni il
bizzarro gioco di parole —, che si fa portatore di punti di vista e di istanze senza
dubbio colorate di modernità. E, per finire, gli stessi Cicco e Cola —, nomi fittizi dietro
i quali si mascherano Emilio Treves, Ugo Pesci e Raffaello Barbiera — non sempre, nei
loro editoriali, mantengono posizioni di difesa della morale dominante. Più che di
radicate convinzioni ideologiche, i loro atteggiamenti culturali sembrano essere frutto
di un intento patriottico, di una volontà di “fare gli italiani”, di educare la nuova
nazione sulla base dei modelli di vita e di comportamento propri della borghesia
liberale al potere. E borghese è il pubblico cui la rivista si rivolge, e grazie al quale
aumenta le sue tirature. L’atteggiamento nei confronti del femminile non è univoco.
Varia secondo la penna che scrive, la circostanza in cui compare, lo spazio culturale
cui appartiene. Gli animi dei collaboratori sembrano scaldarsi quando dall’ambito
letterario e teatrale si passa a quello della società e della politica; sono questi gli spazi
in cui le voci maschili de “L’Illustrazione” mostrano di rifiutare in modo intransigente le
ingerenze del mondo muliebre. E lo fanno, ad esempio, negando completamente alle
donne la rubrica SETTIMANA — dedicata alla politica nazionale ed internazionale —,
ignorando i fermenti più minacciosi del tessuto sociale declinato al femminile,
smussando gli spigoli più pungenti di donne celebri, o scagliando il loro sarcasmo sulle
iniziative femminili italiane ed internazionali che si colorano di politica. Le donne cui si
dà voce diretta, tra le pagine de “L’Illustrazione”, sono quelle che si cimentano nella
scrittura di professione, tenendone fuori il dibattito e le istanze emancipazioniste.
Per integrare il lavoro svolto e fornire potenziali strumenti di approfondimento della
ricerca, oltre alla rassegna bibliografica, abbiamo dedicato uno spazio, nell’Appendice
Seconda, alla catalogazione degli articoli che, individuati tra le pagine della rivista,
riguardano la società, la cultura, le relazioni internazionali, l’educazione, l’istruzione e
quant’altro abbia attinenza con le dinamiche di genere e con i percorsi di costruzione
dell’identità nazionale. Buona parte di essi è citata all’interno del lavoro presentato.
Ma il lettore può trovarvi anche interventi che, per motivi di “economia” degli spazi
espositivi, abbiamo dovuto lasciar fuori dalla nostra presentazione. Il programma,
compilato e salvato su supporto elettronico (Cd-rom) è allegato al presente lavoro.
La Galleria delle immagini ci è sembrata una sezione irrinunciabile per un lavoro di
ricerca condotto su di un periodico che delle affascinanti illustrazioni fa uno dei suoi
punti di forza.