A queste, e a molte altre domande, si cercherà di dare una risposta nel corso
della trattazione, senza avere la presunzione di indicare una strada unica e
vincente da seguire, ma con la speranza di fornire argomenti ed informazioni, utili
a rendere un quadro della situazione più chiaro, in modo da poter effettuare, più
consapevolmente, delle scelte.
A tal fine, nel primo capitolo verranno proposte le nuove e le tradizionali
forme di internazionalizzazione, con i connessi benefici e svantaggi, la relazione
esistente tra l’innovazione e l’internazionalizzazione delle imprese e le relative
strutture di supporto.
Nel secondo e terzo capitolo saranno presentate le diverse strategie
competitive e organizzative che possono essere intraprese da una impresa che
intende crescere anche fuori dai confini nazionali, il ruolo strategico delle risorse
attuali e potenziali nel percorso di internazionalizzazione, l’evoluzione delle
strutture organizzative considerate sia nella loro classica concezione, sia in quella
moderna.
Nel quarto capitolo, poi, sarà descritto il caso di una impresa, la “Serpone &
Co. srl” che ha intrapreso con successo un processo di internazionalizzazione, non
senza difficoltà e attraverso alterne vicende che spesso hanno fatto dubitare sul
buon fine delle strategie di crescita adottate.
Infine, verranno esposte delle considerazione conclusive, nelle quali si
cercherà di sintetizzare ed evidenziare l’interazione tra le nozioni teoriche dei
primi tre capitoli, con quelle empiriche del quarto.
I IL PROCESSO DI
INTERNAZIONALIZZAZIONE
1.DEFINIZIONE
Il “processo di internazionalizzazione” comprende due percorsi diversi :
quello dell’orientamento al marketing internazionale e quello al commercio
internazionale.
1
La modalità del commercio internazionale è anche detta
internazionalizzazione passiva, mentre quella del marketing internazionale
corrisponde all’internazionalizzazione attiva.
L’impresa è in condizioni di internazionalizzazione passiva quando sono gli
altri operatori economici (buyer, importatori, distributori) che trovano conveniente
comprare il prodotto di un determinato paese.
Infatti avviene che nel paese di origine i prodotti siano comprati dai buyers
delle multinazionali o da esportatori nazionali oppure che nel paese di
destinazione i prodotti siano comprati da importatori o da distributori.
In via preliminare possiamo affermare che i caratteri fondamentali di tale
forma di processo di internazionalizzazione sono:la saltuarietà dei rapporti
commerciali,la non attuazione di una politica promozionale, l’assenza della
ricerca del cliente, la mancanza della conoscenza del mercato, la presenza di un
buyer o di un esportatore/importatore che si accolli il rischio di collocazione del
1
Materiale scaricato dal sito www.geocities.com il 13/10/2002.
prodotto sul mercato. Questa forma sarà utile per l’impresa la quale ha notevoli
surplus produttivi.
Nel caso in cui l’impresa considerata riesca a riferire all’estero almeno la fase
distributiva della propria attività economica e promuove i propri prodotti, allora
potremo parlare di internazionalizzazione attiva.
Infatti , gli agenti e commissionari all’export operano nel paese di origine per
conto dell’impresa produttrice, ricercando clienti sul mercato non domestico,
mentre nel paese di destinazione l’impresa agirà mediante agenti di vendita,
distributori grossisti e distributori finali.
I caratteri fondamentali della internazionalizzazione attiva possono quindi
essere individuati nella sistematicità dei rapporti commerciali,nella selezione dei
mercati di sbocco,nell’utilizzo di una adeguata campagna pubblicitaria.
Originariamente un processo di internazionalizzazione veniva visto
esclusivamente come un modo grazie al quale una impresa cresceva in mercati
diversi rispetto a quello nazionale di riferimento. Con il trascorrere degli anni,le
continue mutazioni della geografia economica hanno creato un ambiente sempre
più complesso,costringendo i competitori nazionali a fronteggiare sempre di più
quelli esteri.
In altri termini, un mercato sempre più integrato,se da un lato permette alle
imprese nazionali di poter sfruttare nuove opportunità in ambito
internazionale,dall’altro fa sì che i competitori esteri attuino strategie sempre più
invasive sul mercato interno.
Così stando le cose, è inevitabile che l’ambiente nel quale le imprese
operano divenga sempre più concorrenziale, dando così nuovo impulso alle
strategie competitive degli operatori stessi.
Tutto ciò ha provocato un ampliamento del significato di processo
internazionalizzazione precedentemente enunciato. Più precisamente si può
affermare che con questo termine oggi si allude non solo allo svolgimento di
attività all’estero e alla connessa presenza di imprese estere nel proprio
ambiente,ma anche ad una tendenziale attenuazione delle differenze a livello
internazionale di modalità e metodologie operative,di regolamentazioni e di
comportamenti
2
.
2
D. VELO(1991),Un modello di analisi dei caratteri evolutivi del contesto ambientale -
Impresa:globalizzazione dei mercati e processi di internazionalizzazione in Sinergie quaderno n.6.
2.I PERCORSI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
Una impresa può internazionalizzarsi completamente o parzialmente in
funzione della dimensione di internazionalizzazione che ha scelto di far propria.
In tal senso può essere di notevole esemplificazione l’analisi di Depperu
3
, la
quale afferma che una impresa può essere internazionalizzata su una o più delle
seguenti dimensioni : mercati di sbocco, mercati di approvvigionamento, mercati
dei capitali, concorrenza, produzione, prestatori di lavoro, partner aziendali,
interlocutori sociali dell’impresa.
La dimensione dell’impresa,vista sotto questa ottica,rappresenta un aspetto
importante da valutare nella scelta della forma di internazionalizzazione da
perseguire. A tal proposito possiamo affermare che esistono principalmente due
forme di internazionalizzazione, le “classiche”e le “nuove”.
3
D. DEPPERU(1993),L’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese,EGEA,MILANO.
Tabella n. 1 – vecchie e nuove forme di internazionalizzazione
Vecchie forme
“MAKE”
organizzazione interna
(IDE)
O
“BUY”
ricorso a transazioni sul mercato
(ESPORTAZIONI)
Nuove forme
“MAKE TOGETHER”
sviluppo di accordi cooperativi tra imprese
Equity agreements: non equity agreements:
partecipazioni di minoranza al capitale licenze
consorzi accordi di fornitura
joint venture sub-fornitura
accordi commerciali
franchising
cessione di assistenza
fonte:Sanguigni(1995)
2.1. Le “tradizionali” forme di internazionalizzazione
4
Le forme vecchie o “classiche” di internazionalizzazione hanno avuto una
grande diffusione ed efficacia soprattutto negli anni ’70, epoca nella quale il
sistema nel quale operavano le imprese non era certo competitivo come quello che
si è determinato nei decenni successivi.
L’ambiente di riferimento era abbastanza stabile, non molto incline a
cambiamenti rapidi e connotato da elevate barriere all’entrata che garantivano alle
imprese italiane una maggiore facilità nell’ affrontare la concorrenza straniera.
L’internazionalizzazione era vista come una opportunità di crescita esterna e
si concretizzava sostanzialmente in due forme:
a) vendita all’estero (EXPORT),all’interno della quale troviamo la
suddivisione tra export diretto ed indiretto;
b) produzione all’estero, tramite un investimento diretto all’estero
(IDE),distinta a sua volta tra proprietà totale e parziale;
4
D. DEPPERU(1993),L’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese,EGEA,MILANO.
2.1.1. L’ export indiretto
L’esportazione indiretta permette all’impresa di mantenere basso il livello di
rischio e di impegno finanziario – organizzativo, grazie alla presenza di
intermediari commerciali che direttamente hanno contatti con l’acquirente finale
dei prodotti e/o servizi, realizzati dall’impresa.
Tra gli intermediari ora citati ricordiamo:
a) i buyers , ovvero compratori esteri presenti in Italia con propri agenti di
acquisto. Collaborano con il produttore per definire caratteristiche, attributi,
posizionamento del prodotto.
Per esempio, agiscono come buyers le centrali d’acquisto e le grandi catene
del dettaglio che possono distribuire all’estero sotto il proprio marchio.
Oggi, nonostante l’uso di questi canali è andato diminuendo, essi continuano
ad avere molta importanza.
b) l’importatore – distributore, impresa commerciale che acquista la
proprietà dei prodotti per poi distribuirli all’interno del proprio paese.
Ha propri magazzini e scorte. Oltre che dell’amministrazione degli ordini e
della distribuzione fisica, si occupa anche di promozione e finanziamenti alla
clientela.
E’la forma abituale per i beni che necessitano di alta capacità distributiva.
In particolare possiamo delineare un profilo del distributore estero secondo i
diversi elementi di criticità.
Figura n. 1-Profilo del distributore estero
1) Linee di prodotto trattate (concorrenti o complementari)
2) Volume di vendita assicurato
3) Supporti logistici di servizio
4) Possibilità di magazzinaggio
5) Supporto promozionale (finanziamento della promozione da parte de trade)
6) Assistenza pre e post vendita
7) Integrazione dei sistemi gestionali (primariamente quello informativo)
8) Stabilizzazione del rapporto sul medio periodo
9) Finanziamento dal trade all’impresa (tipico es.: pagamento anticipato)
10)Sensibilità rispetto ad azioni di trade marketing
11)Dimensione e estensione geografica
12)Costi di gestione del rapporto
13)Diritto di esclusiva
14)Disponibilità alla collaborazione extra-contratto
15)Natura e cultura aziendale e delle persone (del distributore) con cui il
produttore viene ad essere in contatto.
Fonte:Valdani (1995)
Il rapporto con il distributore può essere sviluppato per mezzo di strumenti di
trade marketing, come:
· prodotti adattati secondo le specifiche esigenze del distributore;
· efficienza logistica e puntualità nelle consegne;
· integrazione della logistica;
· continuità nel rifornimento;
· costanza di qualità e quantità fornite;
· capacità nella contrattazione;
· continuità nelle quotazioni del prezzo;
· comunicazione riguardo al prodotto e all’impresa;
· integrazione dei sistemi informativi.
c) società di import/export che acquistano direttamente la proprietà dei beni.
Questi operatori spesso sono specializzati per tipo di prodotto e/o per area
geografica.
d) trading companies in genere di grandi dimensioni,operanti su più livelli:
più paesi con i quali si commercializzano molteplici prodotti appartenenti a
differenti categorie merceologiche.
I vantaggi che offrono sono collegati proprio alle loro dimensioni. Sono
costituiti essenzialmente dalla conoscenza globale del mercato,dalla capacità
finanziaria,possibilità di fornire soluzioni e servizi ai problemi delle imprese.
La grande dimensione induce un forte potere contrattuale verso l’impresa
produttrice.
Molte imprese trovano conveniente l’export indiretto per una questione di
costi. Infatti i più evidenti vantaggi sono dati dall’evitare i costi e l’impegno
organizzativo connessi ad una rete di distribuzione in proprio e dal perdere il
margine realizzato dall’intermediario.
A fronte di suddetti vantaggi,vi sono da considerare i relativi svantaggi, i
quali possono essere visti nella perdita del controllo sul canale distributivo e su
parte del marketing oltre alla mancata raccolta diretta delle informazioni
provenienti dal mercato.
2.1.2. L’ export diretto
Con tale forma l’impresa è direttamente partecipe nella fase di esportazione
dei propri prodotti, questo le permette un maggiore controllo e quindi un
maggiore potere discrezionale.
In questa fattispecie l’operatore nazionale accentrerà la sua funzione
commerciale incamerando da un lato i suddetti vantaggi,ma dovrà parimenti far
fronte a oneri più gravosi dato il maggiore impegno che richiede l’esportazione
diretta.
Per poter attuare questa tipologia di internazionalizzazione, ci si può servire
di diversi tipi di intermediari diretti
5
:
a) l’agente, legato ufficialmente all’impresa da un contratto di agenzia,tratta
la vendita nel paese estero. Può essere mono o plurimandatario,può avere o meno
l’esclusiva di zona, oltre la vendita può svolgere altre funzioni quali la
promozione e/o organizzazione della rete distributiva.
Può essere anche custode della merce e acquistarne la proprietà. La sua
retribuzione è a provvigione e non di rado l’impresa gli richiede la clausola “star
nel credere”,la quale obbliga l’agente a garantire circa i pagamenti dei clienti
esteri.
b) il rappresentante, dipendente dell’impresa che agisce in nome e per conto
della stessa.
5
G.F. CAMPOBASSO(2001),Diritto commerciale,UTET,TORINO.
A differenza dell’agente, il rappresentante può concludere direttamente affari
con gli acquirenti esteri proprio in virtù del suo specifico rapporto di dipendenza
dall’impresa.
La sua retribuzione in genere è costituita da uno stipendio fisso, al quale
possono aggiungersi particolari premi o provvigioni.
c) il mediatore ,ovvero colui che procura una vendita in modo occasionale e
che non è legato all’impresa da nessun contratto di lavoro o collaborazione
continuativa e stabile come avviene per gli agenti e i rappresentanti.
d) vendita diretta al cliente finale, conveniente soprattutto per prodotti ad
alto valore aggiunto che giustifichino le maggiori spese di spostamento e di tempo
impiegato.
2.2. L’ investimento diretto estero (IDE)
Con l’investimento diretto, l’impresa si propone di realizzare i propri prodotti
e/o servizi nel mercato target.
Ovviamente questo implica un maggior impegno finanziario dell’operatore
nazionale,anche se ne discende la possibilità di un suo più stringente controllo, sia
in fase di ideazione del prodotto e/o servizio offerto, sia nella successiva fase di
realizzazione e di commercializzazione.
Così stando le cose, vi sarà un notevole accentramento di poteri che
implicherà un minor sforzo di coordinamento nel processo produttivo. D’altro
canto l’instaurazione di una propria struttura direttamente nel territorio estero di
riferimento, spingerà l’imprenditore a ricercare sempre più informazioni
sull’ambiente in cui si troverà a competere accrescendo, presumibilmente, le
proprie conoscenze sul quel tipo di mercato; conoscenze che non potrebbero
essere allo stesso modo esaustive se si operasse tramite intermediari commerciali,
così come visto nel precedente paragrafo.
Per produrre all’estero, mediante l’Ide si può acquisire una struttura già
operante all’estero, oppure costituirne una nuova.
Nella prima eventualità,il costo potrebbe risultare più elevato poiché
verrebbe capitalizzato l’avviamento, nella seconda invece potrebbero sorgere
difficoltà di altro genere, quali la minore conoscenza dell’ambiente locale, e/o
eventuali ostacoli legislativi nei confronti degli operatori stranieri. Ostacoli che
costituiscono vere e proprie barriere all’entrata.
Oggi, il fenomeno degli investimenti diretti all’estero può usufruire di alcuni
vantaggi relativi ad una maggiore libertà di operare sui mercati internazionali.
Questo è diventato possibile in particolar modo grazie al crollo del regime
comunista nei paesi dell’est (ma anche in Oriente, leggi Cina), rendendo gli stessi
molto più attrattivi per gli imprenditori occidentali.
Infatti, il venir meno di forti impedimenti(uno su tutti il pericolo di
nazionalizzazione) connessi al basso costo del lavoro esistente in tali paesi,
favorisce l’investimento diretto.
Inoltre, rispetto al passato, anche i capitali hanno più libertà di trasferimento
agevolando tra l’altro le transazioni internazionali.
C’è da rilevare poi che il concetto tradizionale di Ide si è ampliato con il
passare degli anni.
Orbene da sole strutture per la produzione, gli Ide sono divenuti anche unità
per la ricerca e sviluppo comune e per l’acquisizione di marchi locali.
Non sono da trascurare pure alcuni fattori della globalizzazione come il
progresso nelle telecomunicazioni, la maggior velocità dei mezzi di trasporto,
l’aumento del livello di istruzione e della conoscenza delle lingue, lo sviluppo
delle televisioni satellitari che “accorciano” le distanze geografiche e culturali tra i
paesi.
Tali fattori insieme a tanti altri connessi alla globalizzazione possono
permettere anche alle piccole-medie imprese, seppur limitatamente, di effettuare
investimenti diretti all’estero.
L’investimento può concretizzarsi, come già accennato in precedenza, nella
proprietà totale o parziale della struttura produttiva.