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appunto, di indagare questo fenomeno attraverso un approccio critico. Il
ragionamento che segue si svilupperà attraverso tre capitoli.
Il primo di questi rappresenta un’inquadratura teorica della questione. Dopo
un excursus storico che stabilirà le tappe fondamentali dell’evoluzione del
digital divide, si cercherà di parlare del tema dell’inclusione ed esclusione
digitale, e sociale, cinicamente determinate dalla possibilità o meno di avere
accesso alle ICT. Verranno anche descritte le tre dimensioni nelle quali il
divario digitale si manifesta: intramoenia, globale e glocale. Questo lavoro
si pone l’obiettivo di analizzare la questione attraverso una prospettiva
globale.
Il secondo capitolo vedrà come indiscusso protagonista il telefono cellulare,
che si potrebbe definire il primo new media di massa, valla luce della
diffusione globale che sta facendo registrare. Dopo alcune riflessioni
relative proprio alla diffusione a tappeto del telefono cellulare, analizzata
per macroaree, si tratterà il tema dei fattori che determinano il divario
rispetto al dispositivo mobile. Questi fattori sono stati raggruppati in tre
categorie relative, la prima, al contesto nel quale questa tecnologia viene
fruita, alle caratteristiche peculiari ed ascritte dell’individuo, la seconda, ed
infine la terza che riguarda le conseguenze che comporta l’ubiquità del
telefono cellulare. Più in generale in questa parte del lavoro si cercherà di
centrare il tema del divario digitale su caratteristiche socio-culturali
incorporando i dati strutturali dentro queste.
Il terzo ed ultimo capitolo riguarda un’analisi approfondita del tema del
divario digitale all’interno del continente africano.
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Capitolo primo
Digital divide: tra inclusione ed esclusione
“Le meraviglie della tecnologia che hanno ristretto il mondo in
termini di comunicazione e distanze coincidono con
l’allargamento del gap che separa sviluppo e sottosviluppo.
Siamo tutti passeggeri della stessa barca (...) ma viaggiamo
in modi molto diversi. Solo piccole minoranze viaggiano
in lussuose cabine fornite di internet, cellulari e accesso ai
network globali delle comunicazioni.
Una barca che sembra destinata a scontrarsi con un
iceberg.(…) Se questo succede affonderemo tutti”.
Fidel Castro2
L’ Information Technology e quelle promesse non mantenute
Un mondo senza barriere dove tutti sono in comunicazione con tutto. Il
sapere messo a disposizione dell’intera umanità la quale avrebbe potuto
attingervi come in una sorta di immensa banca dati.
Internet, chat, forum, blog, e-mail, telefonia mobile hanno fallito. Oppure
no. Loro non hanno fallito affatto. A fare un clamoroso buco nell’acqua,
facendo immaginare a tutti un mondo libero da discriminazioni
socioculturali basate sulla razza, il sesso, l’età e il paese di appartenenza,
sono stati coloro che avevano celebrato l’information technology (IT) come
una sorta di nuovo messia che, con le sue immense capacità ed esperienze
contingenti che metteva a disposizione, avrebbe permesso anche al più
povero di poter essere incluso nella società-mondo che è sempre in continua
evoluzione. Magari di poter essere anche registrati all’anagrafe con un nome
2
Sessione di apertura del summit del Gruppo dei 77 (12/04/2000).
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ed un cognome, avere uno status sociale, e vedersi quindi riconoscere la
possibilità di rivendicare i propri diritti. Una situazione fondamentale,
questa, che si trova alla base di ogni dignitosa vita umana ma che non è
garantita ad una buona parte della popolazione mondiale che vive in
America del Sud, Africa ed Asia.
C’è chi prospettava che la venuta di queste tecnologie informatiche avrebbe
permesso un rapido sviluppo dei paesi più sottosviluppati ed arretrati.
Peccato che molti abitanti di questi paesi non sappiano nemmeno che siano
state inventate tecnologie così potenti.
E così dopo i troppo facili entusiasmi iniziali ci si è resi subito conto,
soprattutto chi aveva straparlato e i capi di stato dei paesi sviluppati, che la
situazione generale era ben lontana da quella che era stata predetta.
Digital divide: storia di un divario
Digital divide. In italiano: “divario digitale”. La chiamano così la distanza
che separa chi può possedere le nuove tecnologie e chi invece, magari,
nemmeno sa che queste esistano. Due parole che messe insieme
racchiudono problemi la cui soluzione è di fondamentale importanza per
permettere a molti paesi sottosviluppati di uscire dalla stagnazione socio-
economica che spesso vivono da secoli.
Un divario che va oltre le evidenti problematiche economiche che
affliggono i paesi che rappresentano la parte povera del tema in questione.
Infatti poi questo gap va segnare in maniera indelebile l’educazione
dell’uomo, gli obiettivi che si pone di raggiungere nella sua vita,
l’organizzazione dei gruppi, le metodologie e la qualità del lavoro, quindi il
tempo libero, e infine anche le aspettative di durata della vita.
Insomma a sobbarcarsi gli effetti positivi e i risvolti negativi del digitale
sono: collettivamente l’intera società che si struttura di conseguenza, e nel
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particolare il singolo individuo che modella la sua esistenza in base anche al
rapporto che ha con le tecnologie, non solo digitali, disponibili.
Dopo una prima serie di discussioni su chi avesse inventato il termine
“digital divide”, o da quale particolare personaggio l’avessero ripreso
esperti e politici, nel corso degli anni il dibattito sul tema si è evoluto
portando come frutti differenti definizioni del fenomeno.
Il primo rapporto3 sul tema in questione “Falling Through the Net: a survey
of the “have-nots” in rural and urban America” venne pubblicato negli Stati
Uniti nel luglio 1995 per opera della NTIA4 e si basava su dati raccolti
dall’US Bureau of Census nel 1994.
In quel periodo però internet era ancora considerata un settore d’indagine
prevalentemente destinato al mondo accademico e a contesti diversi da
quello famigliare, quindi poco considerato, ad esempio, come un
passatempo per il tempo libero. Proprio a causa di ciò questo primo rapporto
non affrontava le differenze nell’accesso e nell’utilizzo di internet, ma
limitava la ricerca al semplice servizio telefonico e al possesso di pc e
modem.
Per vedere i primi cambiamenti significativi bisogna aspettare il terzo
rapporto datato 1999 e intitolato “Defining the Digital Divide”, nel quale
internet venne riconosciuta come una delle tecnologie fondamentali
dell’infrastruttura nazionale dell’informazione. Questa volta al centro
dell’attenzione erano le famiglie americane che venivano valutate e
suddivise tra quelle che avevano la possibilità di accedere ai telefoni, ai
computer e internet, e quelle che invece non godevano di questi servizi.
3
http://www.ntia.doc.gov/ntiahome/fttn99/
4
L’Agenzia governativa americana NTIA (Amministrazione Nazionale per le
Telecomunicazioni e per l’Informazione), che fa capo al Dipartimento del Commercio, ha
prodotto quattro rapporti tra il 1995 e il 2000. 1995: “Falling Through the Net”; 1998:
“New Data on the Digital Divide”; 1999: “Defining the Digital Divide”; 2000: “Toward
Digital Inclusion”.
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Ad ogni modo si può riscontrare che i primi studi e rilevamenti che vennero
fatti si basavano sulla distinzione tra haves e have-nots. I primi erano coloro
che avevano accesso alle nuove tecnologie mentre i secondi non erano in
tale condizione.
Ma è nel 2000 che il tema del digital divide irrompe definitivamente e con
sfacciata irruenza sulla scena mondiale grazie ad una serie di incontri molto
importanti.
Il primo si svolge a gennaio a Davos5, sede dell’incontro annuale del World
Economic Forum. Sono numerosi gli interventi che pongono in evidenza la
disparità nella diffusione delle ICT e la necessità di provare ad affrontare
questo divario. Proprio in quest’occasione viene creata Task Force che
aveva come obiettivo di stilare una relazione che sarebbe poi stata esaminata
durante il G8 che avrebbe avuto luogo ad Okinawa nel mese di luglio6. Il
titolo della relazione presentata è “From the Global Digital Divide to the
Global Digital Opportunity”.
Il rapporto della Task Force si rivelò di importante soprattutto perché riuscì
ad influenzare le decisioni prese al “tavolo dei potenti”. E così viene anche
promulgata “La Carta di Okinawa sulla Società dell’Informazione Globale”
nella quale si afferma tra le altre cose che “(…) L’information technology è
una delle forze più potenti che incideranno sul ventunesimo secolo. Il suo
rivoluzionario impatto coinvolge il modo in cui la gente vive, apprende e
lavora e la maniera in cui il governo interagisce con la società civile (…)”.
Viene sottolineata la volontà di inclusione rispetto alle persone considerate
have-nots: “(…) ognuno, dovunque dovrebbe essere posto in condizione di
partecipare e nessuno dovrebbe venire escluso dai benefici della società
dell’informazione globale (…)”. Le intenzioni che vennero formulate erano
quindi di grande auspicio. Per evitare che quelle della Carta di Okinawa
rimanessero solo belle parole venne costituita una nuova Task Force
5
Località alpina della Svizzera.
6
Il G8 si è svolto tra il 21-23 luglio 2000 ad Okinawa, Giappone.
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denominata “Digital Opportunity Task Force-Dot Force” alla quale venne
assegnato il compito di produrre un rapporto per il successivo incontro del
G8 a Genova nel 2001. Da segnalare che questo nuovo organismo era
composto da personaggi appartenenti ad ambienti diversi dato che riuniva
governi, aziende ICT e del settore no profit.
L’ultimo incontro di rilevo è l’Assemblea del Millennio delle Nazioni Unite
che ebbe luogo a New York nel mese di settembre. Durante l’incontro
l’allora segretario dell’ONU Kofi Annan sottolineò la necessità di rendere
disponibili a tutti i benefici che le nuove tecnologie garantivano e promosse
lo sviluppo di partnership con il settore privato e con le organizzazioni della
società civile. E’ dopo questo incontro che il digital divide diviene
ufficialmente una delle piaghe umanitarie del nuovo millennio, in grado di
fare facilmente selezione tra la popolazione mondiale.
Un divario che non conosce confini
Potremmo dire che le ICT siano riuscite ad abbattere i confini territoriali
delle varie nazioni ma hanno contemporaneamente rimarcato quelli esistenti
all’interno dei gruppi primari (ovvero quelli composti da un numero definito
di persone legate tra loro dal sentimento; familiari, amici, colleghi, ecc…).
Ma si deve fare un’altra considerazione. A dissolversi sono stati i confini
nazionali per quanto riguarda le persone che possono utilizzare le ICT e
quindi per quanto riguarda la comunicazione fra individui. Ma a livello di
produzione di ICT si sono creati degli imperi che hanno eretto muri
insormontabili per i più.
Oggi due individui possono comunicare simultaneamente anche se li separa
un chilometraggio apparentemente troppo ampio. La distanza un tempo era
loro nemica. Oggi è un orpello che rende ancor più affascinante il processo
comunicativo. E’ un raffinatissimo capitello di una maestosa colonna.