II
La diffusione inelastica di neutroni permette anche di misurare la densità di stati vibrazionali: infatti
in approssimazione incoerente si può scrivere la sezione d’urto doppio differenziale come
( )wws ,exp QS
Tk
b
k
k
dEd
d
s
B
i
f
−=
Ω
η2
2
dove kf e ki sono i vettori d’onda iniziali e finali dei neutroni, b è la lunghezza di “scattering” e
Ss(Q,ω) è la legge di diffusione simmetrica (Ss(Q,ω) = Ss(Q,-ω)), direttamente collegata alla densità
di stati g(ω).
In questa tesi di laurea si è scelto d’utilizzare la diffusione inelastica di neutroni per studiare le
dinamiche vibrazionali sia di due campioni di silice amorfa, Spectrosil ed Heralux, sia di sistemi
porosi a base di silice, Xerogels.
1
1. Solidi Amorfi
Introduzione:
Un cristallo perfetto è caratterizzato dal fatto che gli atomi che lo compongono si trovano in
posizioni spazialmente ordinate e ripetibili, per un’estensione infinita nelle tre dimensioni.
Un cristallo imperfetto è semplicemente un cristallo di dimensioni finite che termina alla superficie,
o possiede difetti come una lacuna o un atomo estraneo o una dislocazione (non periodica).
In ogni caso, le forme di disordine nei solidi amorfi[1], nei quali manca un ordinamento spaziale a
lungo raggio, sono molto più drastiche che le “piccole” perturbazioni alla cristallinità perfetta.
Il disordine nei solidi amorfi può essere di vari tipi, (fig. 1.1):
• Disordine topologico:
le posizioni d’equilibrio degli atomi non si trovano nei nodi del cristallo.
Non c’è nessuna periodicità traslazionale. Tuttavia ci sono gradi di disordine topologico: certi
materiali amorfi hanno un consistente ordine a corto raggio (o locale), mentre altri l’hanno piccolo;
in ogni modo entrambi non hanno un ordine a lungo raggio.
Tutti i solidi amorfi o vetri si distinguono perciò per la mancanza di periodicità.
In questi sistemi esistono correlazioni fra le posizioni d’equilibrio a breve distanza (ordine locale),
ma spariscono a gran distanza.
Ad esempio, il vetro comune ha come componente basilare la silice SiO 2 che, nello stato cristallino,
ha una struttura formata da tetraedri di SiO 4 con atomi d’ossigeno in comune, nello stato amorfo
vetroso i tetraedri esistono ancora, ma la loro orientazione mutua varia passando dall’uno all’altro e
si perde la memoria di come fosse orientato il tetraedro da cui si è partiti.
• Disordine sostituzionale:
le posizioni d’equilibrio possono essere nei nodi di un cristallo, ma esse
sono occupate a caso da uno dei due (o più) componenti della lega.
• Disordine magnetico:
anche se il sistema è topologicamente ordinato, in sistemi magnetici (leghe
magnetiche diluite: Cu-Mn o Au-Fe) si può verificare che gli “spins” od il momento magnetico
degli atomi non si possano orientare in maniera ordinata l’uno rispetto all’altro (vetri di spin). I
momenti locali possono essere congelati in particolari, ma casuali orientazioni, perché l’interazione
di scambio tra momenti in un metallo ha una dipendenza spaziale oscillatoria e così i momenti
2
distribuiti in un solido metallico tollerano una corrispondente distribuzione d’interazione di scambio
orientandosi casualmente.
• Disordine vibrazionale:
il concetto di cristallo perfetto è valido solo a T = 0 K perché ad ogni
temperatura il moto degli atomi intorno alla loro posizione d’equilibrio distrugge la periodicità
perfetta. È importante notare che il disordine roto – vibrazionale non è un'altra forma del disordine
topologico perché gli atomi vibrano attorno alla loro posizione d’equilibrio che non è
topologicamente disordinata.
Fig. 1.1. Tipi di disordine:
(a) disordine topologico (nessun ordine a lungo raggio);
(b) disordine sostituzionale (su un reticolo regolare),
(c) disordine di spin (su un reticolo regolare);
(d) disordine vibrazionale (intorno alle posizioni d’equilibrio di un reticolo regolare).
(c) (d)
(b)(a)
3
1.1Vetri:
I vetri sono una classe di solidi amorfi con caratteristiche intermedie fra quelle dei solidi e quelle
dei liquidi ad altissima viscosità. La viscosità di un solido supera i 1014.6 poise.
I sistemi che vetrificano presentano tutti i tipi di legame:
� Covalente: SiO 2
� Ionico: KNO3-Ca(NO3)2
� Metallico: leghe Zn-Cu, Ni-Nb
� Legame idrogeno: KHSO4
Dal punto di vista termodinamico nei vetri non esiste una temperatura di fusione Tm alla quale il
sistema passi da solido a liquido, poiché la transizione avviene in maniera più o meno continua.
Esiste anche una regione di temperature attraverso la quale la viscosità cambia di molti ordini di
grandezza.
Quando un liquido è raffreddato o si ha la cristallizzazione alla Tm o il liquido diventa
“superrafreddato” per temperature al di sotto la Tm, diventando più viscoso con il decrescere della
temperatura, e può alla fine formare un vetro. Questi cambiamenti possono essere osservati
monitorando, ad esempio, il volume in funzione della temperatura T attraverso un dilatometro,
(fig.1.1.1).
Fig. 1.1.1 Comportamento della variazione di volume quando un materiale passa da liquido a liquido superraffreddato
ed a vetro, oppure cristallo. La curva tratteggiata corrisponde ad un raffreddamento più lento.
vetro
liquido
superraffreddato
liquido
Tg
V
TmTl T
cristallo
4
La cristallizzazione si manifesta con un brusco cambio nel volume alla temperatura di fusione Tm ,
mentre la formazione del vetro è caratterizzata da un graduale cambiamento della pendenza della
curva in funzione della temperatura.
La regione dove avviene il cambiamento della pendenza è chiamato “temperatura di transizione
vetrosa Tg”. In questa regione ci dovrebbe essere una discontinuità nelle derivate come coefficiente
d’espansione termica
T
V
T
∂
∂
=
lna , comprimibilità
T
T
p
V
k
∂
∂
=
ln
e capacità termica
p
p T
H
c
∂
∂
= .
Il vetro si ottiene raffreddando in maniera più veloce possibile il materiale fuso, (10-2 – 103 Ks-1). Il
raffreddamento rapido congela il sistema in una configurazione liquida disordinata che non
corrisponde al minimo assoluto dell’energia libera F, ma solo ad un minimo locale, (fig.1.1.2).
Benché il sistema non si trovi nello stato d’equilibrio, esso non ha più l’energia sufficiente per
superare le barrire che separano il suo stato da altre configurazioni d’energia libera sensibilmente
più bassa.
Fig. 1.1.2. Rappresentazione dell'energia libera delle differenti configurazioni di un vetro. Il minimo assoluto
corrisponde al cristallo.
Il sistema è in uno stato metastabile, ma di configurazioni con quasi la stessa F n’esistono un
numero enorme, tutte quelle in cui è cambiato solo qualche dettaglio locale rispetto alla struttura in
considerazione. Il sistema può passare da una all’altra di tali configurazioni equivalenti con una
certa facilità, perché separate da barriere relativamente basse.
Questi cambiamenti strutturali locali sono detti processi di rilassamento; sono sempre presenti nei
vetri, anche nel vetro comune.
5
A priori è difficile prevedere se un certo composto vetrificherà e le condizioni in cui questo avverrà.
Nel 1932 Zachariasen[2] osservò che formeranno vetri quei materiali la cui energia potenziale U,
nello stato vetroso, è solo poco superiore a quella del cristallo.
L’energia interna di un solido è legata alla sua struttura perciò è ragionevole pensare che le
interazioni inter-atomiche, sia negli amorfi che nei cristalli, potrebbero essere molto simili.
La struttura dei solidi amorfi è in ogni modo a – periodica. Zachariasen assunse perciò che i poliedri
d’ossigeno trovati negli ossidi cristallini ci fossero anche nei vetri, con la sola differenza che
l’orientazione relativa variasse realizzando una struttura disordinata. Allora, formeranno vetri i
composti per i quali è possibile introdurre disordine strutturale senza cambiare la distanza fra gli
atomi, ma cambiando solo gli angoli fra certi legami.
Per esempio, nella molecola di CO2 il modo vibrazionale a frequenza più bassa è quello in cui le
distanze C-O rimangono inalterate ed invece si forma un angolo fra i legami.
Gli ossidi covalenti devono obbedire a 4 regole:
1. Un atomo d’ossigeno può essere legato a non più di due atomi A.
2. Il numero d’atomi d’ossigeno che circondano un atomo A deve essere piccolo (3 o 4), ad
esempio, SiO 2 è formato da tetraedri di SiO 4 uniti agli angoli.
3. I poliedri d’ossigeno devono avere gli angoli in comune e non lati o facce.
4. Almeno tre angoli in ogni poliedro d’ossigeno devono essere in comune se la struttura deve
essere tridimensionale.
Su queste basi si può intuire perché gli ossidi di tipo A2O e AO, aventi entrambi come unità
fondamentale la molecola AO3, non formano vetri, mentre in quelli di tipo AO2 e A2O3 è possibile
creare disordine senza cambiare la distanza dei legami costruendo un reticolo casuale continuo,
(fig. 1.1.3).
Zachariasen modificò le regole originali per considerare anche vetri complessi che non contengono
ossidi “glass-forming” come vetri ionici (AgIAgPO3), metallici ed organici:
i. Un’alta proporzione di cationi (che formano il “network”) deve essere circondata da tetraedri o
triangoli d’ossigeno.
ii. I poliedri d’ossigeno possono solo condividere angoli.
iii. Alcuni atomi d’ossigeno sono legati a solo due cationi e non formano legami addizionali con
qualsiasi altro catione.
6
Fig.1.1.3. (a): struttura dell'unità base AO3, (b): cristallo A2O3 (sinistra) e modello del vetro dello stesso composto
(destra); (c): cristallo AO.
120°
(a)
(b)
(c)
7
1.2 Struttura:
La struttura di un solido amorfo,su certe scale di grandezza, è non periodica, ma non
necessariamente casuale in senso statistico. Ci può essere un considerevole grado d’ordine locale
nonostante la complessiva mancanza di periodicità.
Per esempio, la struttura della silice e dei silicati nello stato vetroso è composta di tetraedri di SiO 4
che non permettono completa casualità nella struttura.
Si deve trovare una presenza d’ordine locale ogniqualvolta si abbiano legami chimici tra atomi nel
solido, formalmente definiti come legami covalenti o come una componente più debole in aggiunta
ad una forza non direzionale. Perciò, per un gran numero di solidi amorfi, tra cui i vetri, è pertinente
chiedersi quale sia la loro struttura.
Definiamo arbitrariamente una scala di grandezza che separa la struttura microscopica dalla
macroscopica e assumiamo che questa sia nella regione dei 100 Å.
In materiali di natura covalente si definisce l’ordine a corto raggio in termini di ben definiti poliedri
coordinati. I parametri necessari per descrivere l’ordine a corto raggio topologico sono il numero Nj
di primi vicini ad un atomo di tipo i, la lunghezza di legame ai primi vicini rij, l’angolo di legame
ϑjij e la corrispondente quantità quando l’atomo j è visto come l’origine, (fig.1.2.1).
Fig. 1.2.1. Illustrazione schematica dei parametri che descrivono l'ordine a corto raggio in solidi amorfi covalenti.
La forma della connessione dei poliedri (angolo, lato o faccia in comune) determina il tipo e
l’estensione dell’ordine a medio raggio. Questo è meno ovvio da definire, ma lo possiamo pensare
come il livello dell’organizzazione strutturale su una scala di 5 – 20 Å, subito dopo l’ordine a corto
raggio. Un particolare risultato indicato come la prova dell’esistenza dell’ordine a medio raggio è il
così detto “first sharp diffraction peak” o pre – picco così chiamato perché la trasformazione di
Fourier del fattore di struttura S(Q), sia omettendo che considerando questo picco, produce funzioni
θ
jij
r
ij
j
j
j
j
i
8
di correlazione indistinguibili. Questo significa che il “first sharp diffraction peak” non contiene
informazioni strutturali riguardo all’ordine a corto raggio.
Per materiali covalenti è conveniente dividere l’ordine a medio raggio, che prevale in questi
sistemi, in tre categorie corrispondenti all’incremento progressivo della scala di grandezza:
1. ordine medio a corto raggio:
riguarda i tipi di connessione dei poliedri, oltre alla loro
orientazione relativa. Angolo, lato o faccia in comune conducono a schemi d’orientamento molto
differenti sulla scala locale, oltre a differenze pronunciate a più grandi distanze in termini della
dimensione del “network”. Consideriamo la famiglia di vetri AX2 (SiO 2); in tutti i casi, l’ordine a
corto raggio è caratterizzato da tetraedri AX4, ma il tipo di connessione tra poliedri può differire in
base al composto. Perciò la silice, SiO 2, sia nello stato vetroso che cristallino è caratterizzata da
connessioni con angoli in comune tra tetraedri vicini conducendo ad una struttura tridimensionale,
mentre sia GeS2 che GeSe2 hanno una certa percentuale di connessioni con lati in comune nello
stato cristallino e questa situazione esiste anche nello stato vetroso.
2. ordine medio con raggio intermedio:
determinato per lunghezze 5Å≤L<10Å dal tipo e
dall’estensione dell’ordine medio con raggio intermedio presente. È caratterizzato dalla presenza
d’unità “superstrutturali” (composte di molte unità base d’ordine a corto raggio), per esempio anelli
o “clusters” d’atomi di particolare forma e dimensione in proporzione considerevolmente più alta di
quella che ci si aspetterebbe su una base puramente statistica (“random”). In alcuni casi le unità
superstrutturali possono formare blocchi essenziali della struttura amorfa.
3. ordine medio a lungo raggio: (10Å≤L≤20Å)
associato con la dimensione locale di un “network” amorfo con
legame covalente o all’esistenza di domini in sistemi metallici.
9
1.3 Eccitazioni vibrazionali:
Le vibrazioni atomiche in un solido, amorfo o cristallino, si manifestano in molti modi e possono
essere misurate con diverse tecniche sperimentali. In sistemi non metallici il calore è trasportato
attraverso le vibrazioni e la capacità termica è determinata dallo spettro dei modi vibrazionali.
Il comportamento vibrazionale dei solidi amorfi è simile in molti aspetti a quello delle
corrispondenti forme cristalline.
Le differenze più marcate tra materiali amorfi e le loro controparti cristalline sono situate nella
regione a temperature molto basse, dove conducibilità termica, calore specifico ed altre proprietà
vibrazionali diventano singolarmente anomali.
La mancanza di periodicità in un vetro non permette d’introdurre gli stati di Bloch per semplificare
le equazioni della dinamica e rompe la regola di selezione per la quale il momento k del fonone,
creato o annichilito, deve essere uguale al momento trasferito Q tra la sonda ed il sistema.
Questo produce bande di frequenza per ogni momento trasferito Q e viceversa; tutti i modi possono
partecipare ai processi di diffusione.
Se consideriamo un cristallo, in generale, si usano due approssimazioni: l’approssimazione
adiabatica o di Born – Oppenheimer e l’approssimazione armonica.
La prima considera l’energia potenziale scritta in termini di coordinate nucleari (non elettroniche),
poiché il moto elettronico è molto più rapido di quello nucleare o equivalentemente le energie delle
eccitazioni elettroniche sono tipicamente più grandi (≈ 1eV) di quelle vibrazionali (≈ 10-3 eV).
Nell’approssimazione armonica il potenziale è sviluppato in potenze dello spostamento
dall’equilibrio fino al primo termine quadratico non nullo. L’approssimazione armonica considera
le eccitazioni come modi normali, vale a dire oscillatori armonici disaccoppiati (non interagenti ed
indipendenti). Se s’includono elementi d’anarmonicità nel potenziale, attraverso termini d’ordine
superiore il secondo, s’introduce l’interazione tra eccitazioni che conduce ad uno spostamento nelle
frequenze ed il tempo di vita dell’eccitazione diventa finito.
Per un cristallo la dimensione della prima zona di Brillouin, IZB, è 2pi/a, dove a è il lato della cella
unitaria.
La densità di stati può essere definita come:
( ) ∫ ∇
=
w wp
w w
S
k
g dSV
g
32
(1.1)
dove N/Vg è il volume reciproco di una cella di Wigner – Seitz e Sω è una superficie ergodica.
10
La densità di stati per un cristallo mostra “singolarità di Van Hove”, vale a dire discontinuità nella
pendenza della densità di stati g(ω) nelle 3 dimensioni ogniqualvolta ∇ωk = 0, cioè dove la curva di
dispersione è piatta nello spazio ω – Q, (fig.1.3.1[3]).
Un modo alternativo di definire la densità di stati è in termini del formalismo della funzione di
Green[3]:
( ) ( )
( )
∑ ∑
−
−=−=
k k k
kg wwp
wwdw 11 Im (1.2)
Per i cristalli, la somma su k è su tutte le branche e copre tutta la prima zona di Brillouin.
Fig.1.3.1. (a): Densità degli stati. (b): curve di dispersione fononica per il diamante cubico Si, calcolato usando il
potenziale di Born.
Questo modo di descrivere la densità di stati g(ω) è valido anche per un solido amorfo, ma in questo
caso k diventa solo un indicatore per gli autostati vibrazionali.
Nei solidi amorfi il concetto di prima zona di Brillouin e di curve di dispersione fononica perdono il
loro significato. La struttura di un solido amorfo può essere considerata equivalente alla cella
unitaria di dimensioni infinite, perciò la prima zona di Brillouin si riduce al punto Q = 0. La
dipendenza della frequenza vibrazionale ω dal vettore di momento trasferito Q può essere accertata
con esperimenti di diffusione anelastica di neutroni, ma la dispersione non segue una singola curva
per una data branca come in un cristallo.
11
Perciò, prendendo come esempio una branca acustica, il luogo dei punti può cadere vicino ad una
singola curva a valori molto piccoli di Q, ma, a valori più alti la curva diventa allargata e mal
definita: si ha una banda di frequenze per un Q fissato, (fig.1.3.2[4]).
Fig. 1.3.2. (a): Rappresentazione di una relazione di dispersione per una branca acustica in un liquido od in un vetro.
(b): Forma della legge di diffusione prevista per vari luoghi sperimentali (1,8) attraverso questa curva.
I “luoghi” attraverso la relazione di dispersione nella fig.1.3.2(a) corrispondono a differenti forme
della legge di diffusione S(Q,ω), (fig. 1.3.2(b)), se si campiona a momenti trasferiti costanti (1 – 4)
od ad energie costanti (5 – 8). Allora, le relazioni ω – Q non sono significative nel descrivere le
eccitazioni nei solidi amorfi; la quantità più adatta a descrivere i modi fononici è la densità di stati
g(ω) dove g(ω)dω è il numero di stati con frequenze tra ω e ω+dω.
12
Se compariamo la densità di stati sperimentali del silicio amorfo, ottenuta con diffusione inelastica
di neutroni[5],[6] con la densità di stati vibrazionali calcolata per il silicio cristallino e con un modello
teorico di struttura casuale, CRN (continuos random network), per il silicio amorfo, (fig.1.3.3), si
può osservare che la forma delle curve è abbastanza simile.
I picchi nella densità degli stati cristallini, risultanti dalla periodicità, cioè le singolarità di Van
Hove, risultano allargati nella densità di stati amorfa, ma sostanzialmente si può notare una forte
corrispondenza tra picchi nella densità di stati g(ω).
Questo suggerisce che esista un ordine a corto raggio che determina essenzialmente le proprietà
vibrazionali e che quindi la densità di stati vibrazionali sia abbastanza simile per gli amorfi ed i
cristalli polimorfi (Silicio e Germanio).
Fig.1.3.3. Densità sperimentale degli stati vibrazionali per Silicio amorfo (a), comparata con la densità di stati
vibrazionali calcolata per (b) Silicio cristallino e (c) Silicio amorfo.
13
1.3.1 Modi a bassa frequenza e propietà a bassa temperatura:
Le differenze più rilevanti tra vetri e cristalli si hanno nelle proprietà a bassa temperatura, legate ai
fononi: calore specifico e conducibilità termica.
(a) Calore specifico:
le proprietà termiche dei solidi cristallini sono descritte, a bassa temperatura, in
termini della teoria di Debye nella quale:
33
342
5
2
D
B
v
v
Tk
c
r
p
η
= (1.3)
dove ρ è la densità di massa, vD è data da una media pesata delle velocità del suono longitudinale e
trasversale:
333
213
TLD vvv
+= .
Ci si potrebbe aspettare che a bassa temperatura, poiché il libero cammino medio
−
l e la lunghezza
d’onda λ crescono, il disordine strutturale diventi ininfluente e in quest’approssimazione del
continuo le proprietà termiche siano simili a quelle dei cristalli. Invece il calore specifico di un
vetro, come riportato in figura 1.3.4, assume valori diversi dal corrispettivo cristallino proprio nella
zona di bassa temperatura.
Fig.1.3.4. Calore specifico della silice amorfa comparato con il quarzo [8].
0,1 1 10 100
10-8
10-7
10-6
1x10-5
1x10-4
10-3
10-2
10-1
100
SiO
2
cristallina
SiO
2
amorfa
Ca
lo
re
sp
ec
ifi
co
(W
sg-
1 K
-1
)
Temperatura (K)