INTRODUZIONE
Gli individui effettuano quotidianamente delle scelte. Che si tratti di scelte ponderate e
complesse, come l'acquisto di un'abitazione, oppure di scelte banali e ripetitive, come
l'acquisto del pane, ciascun individuo instaura ed elabora un processo decisionale.
Quando si deve prendere una decisione si deve considerare ed integrare un'elevatissima
quantità di informazioni che permetta di generare delle alternative di scelta. Le opzioni
così selezionate consentiranno di pervenire alla scelta dell'alternativa più consona.
Pertanto il processo decisionale consiste nell'elaborazione delle informazioni per
giungere ad un giudizio definitivo dopo aver valutato una serie di possibili alternative.
Spesso le scelte frequenti ed automatiche comportano la messa in atto di procedure già
sperimentate, senza un'analisi approfondita della situazione e delle alternative. Queste
soluzioni vengono applicate in situazioni note, in situazioni in cui il decisore ha un
tempo limitato per effettuare una scelta o in situazioni in cui non si riesce ad uscire
dall'indecisione. In tutti questi casi, il decisore preferisce accontentarsi di soluzioni sub-
ottimali, piuttosto che acquisire e valutare nuove informazioni per elaborare una
soluzione migliore.
I primi studi sulle decisioni risalgono agli anni '50. Lo scopo principale di queste
ricerche era fornire una descrizione accurata di come un decisore si comporti di fronte
ad un problema di scelta. Per molto tempo, il modello teorico, che ha cercato di spiegare
il comportamento decisionale, si è basato su una prospettiva “normativa”. Tale teoria,
rifacendosi all'elaborazione di teorie assiomatiche, cercava di fornire una norma di
condotta razionale. Le strategie studiate dovevano costituire una descrizione di come il
"decisore ideale" si sarebbe dovuto comportare per effettuare una scelta. Questi assunti
sono alla base della Teoria dell'Utilità Attesa (Von Neumann e Morgenstern, 1947).
I presupposti di tale teoria hanno mosso svariate critiche e originato numerosi approcci
alternativi a carattere “descrittivo”, che dimostrano l'incoerenza delle strutture di
preferenza dei soggetti con il criterio dell'utilità attesa.
Dagli anni '70, quindi, si è cominciato a valutare se, e in quali condizioni, le preferenze
espresse dagli individui violano la teoria normativa, cercando anche di elaborare ipotesi
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e modelli psicologici a cui attribuire tali violazioni (Kahneman e Tversky 1979;
Lichtenstein e Slovic 1971; Tversky 1969).
Nel capitolo 1 sono stati trattati singolarmente gli approcci alternativi alla Teoria
dell'Utilità Attesa. Partendo dal fenomeno del rovesciamento delle preferenze
dimostrato da Lichtenstein e Slovic prima (1971) e confermato da Grether e Plott poi
(1979), si passa a descrivere i processi euristici attivati dagli individui nelle scelte in
condizione di incertezza che causano , ovvero distorsioni cognitive (Tversky e
Kahneman, 1974). Questi studi hanno evidenziato come le preferenze non siano radicate
e stabili, ma siano influenzate dal modo in cui vengono descritte le opzioni (),
dal metodo in cui avviene l'elicitazione delle preferenze () e dal set di alternative
prese in considerazione (). Sempre nel primo capitolo, una descrizione più
approfondita di questi aspetti porterà ad affermare come un approccio “costruttivo”
nelle preferenze, stia prendendo sempre più piede (Bettman 1979; Bettman e Park 1980;
Payne, Bettman e Johnson 1992; Slovic 1995; Tversky, Sattah e Slovic 1988).
L'elaborato proseguirà poi analizzando un fattore specifico in grado di provocare
inversioni nelle preferenze: l'effetto di contesto. Il capitolo 2 è volto a spiegare nel
dettaglio il funzionamento degli effetti di contesto e le alternative del set di scelta in
grado di causarli. Tali alternative, che vengono definite (alternative esca), sono
quelle opzioni inserite nel set unicamente per favorire la scelta di un'altra opzione,
chiamata alternativa target. Le alternative esca considerate sono le compromise decoys
(Simonson 1989), le inferior decoys (Huber e Puto 1983) e le phantom decoys
(Pratkanis e Farquhar 1992) e l'alternativa dominata asimmetricamente (Huber, Payne e
Puto 1982). Ciò che appare interessante è capire se questi effetti di contesto producono
inversione nelle preferenze in modo diverso da individuo a individuo e se, questa
differenza, può essere dovuta alle abilità cognitive degli individui stessi. Per tale
ragione, nel capitolo 3, viene descritto accuratamente il Cognitive Reflection Test
(CRT), un test capace di cogliere i riflessi cognitivi degli individui ideato da Shane
Frederick nel 2005. Il test è in grado di misurare la capacità dei soggetti di respingere
risposte euristiche errate, che giungono impulsivamente alla mente, e sostituirle con
risposte corrette, fornite attivando processi correttivi attraverso meccanismi di
ragionamento analitici.
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framingtask
decoy
context
biases
Infine, nell'esperimento proposto nel capitolo 4 si svilupperanno i seguenti punti di
analisi: l'esistenza di effetti di contesto, la differenza dei risultati del CRT dei soggetti
intervistati, se esistono differenze individuali nell'inversione delle preferenze e se i
soggetti con diverse abilità cognitive reagiscono diversamente agli effetti prodotti dal
cambiamento del contesto di scelta (a seguito dell'introduzione di un'alternativa esca -
).
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decoy
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1. PREFERENZE
1.1 Introduzione
Solo dalla metà degli anni '50 del '900 i processi decisionali e di ragionamento sono
divenuti oggetto di analisi da parte della psicologia secondo una prospettiva integrata
con l'economia. Sono stati indagati, in particolare, elementi di congiunzione inattesi tra
comportamento economico e meccanismi cognitivi, nonché tra processi di scelta,
emozioni e motivazioni. Dagli studi effettuati sinora è emerso come gli individui, di
fronte a scelte economiche, adottino atteggiamenti e strategie di ragionamento assai più
complesse del semplice calcolo utilitaristico.
La branca dell'economia che si occupa delle deviazioni del comportamento dalle ipotesi
standard dei modelli economici, è nota come economia comportamentale. Questo nuovo
ramo dell'economia ha lanciato una sfida di ampia portata, cercando di integrare nei
modelli economici quegli aspetti del comportamento umano (spesso sottolineati dagli
psicologi) che violano le ipotesi tradizionali di base.
Il dubbio sulla validità assoluta di un punto di vista solo economico nelle decisioni,
nasce dall'assunzione di equivalenza della teoria descrittiva e normativa sulle decisioni:
l'evidenza empirica di alcuni esperimenti, tesi a confutare la validità della teoria
descrittiva, ha dimostrato che molte proprietà basilari sulle preferenze e la Teoria
dell'Utilità Attesa sono sistematicamente violate.
Secondo la Teoria dell'Utilità Attesa i decisori: conoscono l'intero set di alternative che
hanno a disposizione per compiere la scelta; assegnano alle conseguenze delle
alternative del set un valore della funzione di utilità predefinita; scelgono infine
l'opzione che massimizza tale utilità. Tuttavia, è ben noto che la natura limitata della
razionalità umana invalida il modello di scelta razionale sotto più aspetti. Gli individui
non possiedono le abilità necessarie per risolvere i complessi problemi di ottimizzazione
che la teoria richiede. Essi si limitano, invece, ad applicare soluzioni soddisfacenti
(spesso routinarie) piuttosto che algoritmi di ottimizzazione. Essi inoltre costruiscono le
loro preferenze al momento della scelta, attraverso un complesso e circolare processo di
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interazione tra obiettivi, guadagni, ambiente in cui si verifica la scelta, elementi
contestualizzanti, rappresentazioni mentali e regole decisionali proprie.
I principali modelli normativi sulla teoria delle scelte includono il principio di
indipendenza dalle alternative irrilevanti (la scelta tra due alternative non deve
dipendere da altre alternative) e il principio di transitività delle preferenze (se
l'alternativa A è preferita all'alternativa B, e l'alternativa B è preferita alla C, allora A è
preferita a C). L'evidenza empirica dimostra che entrambi gli assunti non sono plausibili
a livello descrittivo.
Anche l'assioma di completezza (se A è indifferente a B allora anche B è indifferente ad
A) sembra escludere la possibilità che i decisori siano incapaci di fare confronti tra le
opzioni.
Nel corso degli anni, pertanto, l'attenzione dei ricercatori si è sempre più trasferita dai
modelli normativi (la decisione che meglio ci permette di raggiungere gli obiettivi
prefissati è quella a cui è associata la massima utilità) a quelli descrittivi e predittivi (la
decisione è il risultato di un confronto tra le ragioni a favore e le ragioni contro le varie
1
alternative di scelta). Tversky e Kahneman, ad esempio, con la loro Prospect Theory
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(1979) sembrano fare un lavoro migliore nella descrizione delle scelte in condizione di
incertezza rispetto alla funzione di utilità Von Neumann-Morgenstern. La Prospect
Theory è la prima proposta organica di una teoria alternativa a quella dell'utilità.
3
Partendo dai principi base della teoria normativa, essa tiene conto di altri aspetti
fondamentali che tentano di spiegare le deviazioni del comportamento umano dagli
assiomi che guidano la teoria classica. Un “prospetto” corrisponde alla prospettiva che il
soggetto si rappresenta in termini di guadagno o perdita per ogni alternativa possibile
offerta da una scelta. Il processo di scelta viene così distinto in due fasi: una in cui le
azioni, i risultati e le contingenze vengono sottoposti ad un'analisi preliminare e una
seconda in cui verranno valutati. Da questo momento in poi sempre maggiore interesse
1Si veda Von Neumann e Morgenstern (1949) per i modelli normativi, e Kahneman e Tversky (1979)
per quelli descrittivi.
2Tversky e Kahneman parlano per la prima volta di Prospect Theory nel 1979, come alternativa
descrittiva alla Teoria dell'Utilità Attesa. I due psicologi israeliani redassero la teoria a seguito di
numerosi esperimenti cognitivi opportunamente documentati (1979, 1981).
3Continuano a sostenere l'idea che i soggetti decidono come se moltiplicassero la desiderabilità di un
certo esito per la probabilità che questo si verifichi: quanto più è probabile un certo esito, tanto più
decisiva è la sua desiderabilità.
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e dedizione sono stati impiegati per fare emergere il fondamento psicologico dei
processi di scelta dell'agente economico.
Quindi, qualsiasi approccio venga considerato in cui emerge la sistematica discrepanza
tra la teoria normativa standard e l'evidenza empirica, implica il ritorno a una visione
più psicologica della teoria stessa.
Nel paragrafo successivo verrà messa in luce la Teoria dell'Utilità, per dare una visione
più chiara del punto di partenza della seguente ricerca, passando poi ad analizzare le
reazioni e gli studi che l'hanno succeduta.
1.2 Diversi approcci nelle preferenze e nelle scelte
1.2.1 Razionalità nelle preferenze
Nelle scienze economiche, le preferenze sono implicitamente alla base di molte teorie.
Tradizionalmente, gli economisti assumono che gli individui siano dei decisori
razionali, ovvero che essi possano determinare l'insieme di scelta (le azioni possibili),
identificare una relazione che lega le azioni alle conseguenze, identificare un ordine di
preferenza delle conseguenze possibili, selezionare l'azione che comporti la
conseguenza migliore nella propria scala di preferenza.
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I contesti in cui gli individui possono prendere le loro decisioni sono tre: se la scelta
viene effettuata in condizioni di certezza, ad ogni azione è associata una ed una sola
conseguenza (nell'ambito del processo di scelta razionale questo problema diventa
banale); se la scelta viene effettuata in condizioni di incertezza, ad ogni azione sono
associate più conseguenze, in base ad una distribuzione di probabilità data; se si tratta di
scelte in condizione di interazione strategica, ad ogni azione sono associate più
conseguenze, che dipendono da scelte effettuate da altri soggetti razionali.
Ai fini della trattazione, le scelte in condizioni di incertezza richiedono una specifica
riflessione. Anzitutto l'incertezza è esogena, in quanto dipende dalla presenza di più di
uno stato di natura, quindi il decisore dispone di un'informazione parziale circa lo
4Per approfondire si veda il lavoro di Bruno Chiandotto del 2006 sulla Teoria statistica delle Decisioni.
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scenario che potrebbe presentarsi. Se la probabilità assegnata ad ogni conseguenza è di
tipo oggettivo, allora si ricade nella sfera delle scelte in condizione di rischio, mentre se
tale probabilità è soggettivamente assegnata si ricade nella sfera delle scelte in
condizione di incertezza.
Il caso in cui il decisore si trova ad operare in condizioni di estrema incertezza è molto
più problematico. In questi casi il decisore non è in grado o non vuole assegnare una
distribuzione di probabilità agli stati di natura (Chiandotto 2006).
Per quest'ultimo caso, che si incontra frequentemente in pratica, sono stati suggeriti
alcuni criteri di decisione per la risoluzione del problema di scelta, si riportano qui di
seguito quelli più importanti.
Identifichiamo con A={a,a,...,a,...,a l'insieme delle decisioni (azioni) alternative
12
possibili, con Θ={θ,θ,...,θ,...,θ l'insieme dei possibili stati di natura e con
12
Y={y,y,...,y,...,y l'insieme delle possibili conseguenze, dove le conseguenze
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sono funzione dell'azione e dello stato :
Criterio del max-min o criterio di Wald – scegliere l'azione a* che
max
corrisponde al massimo del minimo importo monetario a*=.
Criterio proprio del pessimista estremo il quale è convinto che, qualunque
azione egli scelga, si realizzerà sempre quello stato di che gli permetterà
il conseguimento del beneficio minimo. Quindi egli si premunirà contro la
cercando di ottenere il massimo tra i benefici minimi che essa è disposta
a concedere;
Criterio del max-max – all'opposto del pessimista estremo c'è l'estremo
ottimista, ed è colui il quale ritiene che qualunque sia l'azione prescelta, la
sarà tanto benigna nei suoi confronti da concedere il beneficio massimo.
La scelta ottimale risulta dalla relazione
maxmax
a*=;
Criterio di Hurwicz – considerando l'espressione a*=
max1max
per compreso tra e uno, si deriva un
criterio intermedio tra i due sopra esposti. assume quindi il senso di “indice di
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im}jn}}yaiθj•iminjyijnaturanatura•naturaijyij•i{minjyij−jyij}αα
zero
ijmnij
pessimismo”; infatti, per =1 si ottiene il criterio del max-min, per =0 si ottiene
il criterio del max-max;
Criterio di Savage o del min-max rimpianto – con questo criterio si procede al
calcolo di un nuovo valore , ottenuto con la seguente formula: =
ijij
, scegliendo poi l'azione a* per la quale il massimo rimpianto
minmax
ij
assume il valore minimo a*=. Attraverso questo criterio
l'operatore cerca di minimizzare i danni di una decisione errata;
Criterio di Laplace o criterio della ragione insufficiente – l'azione migliore
a* è quella che massimizza la seguente somma:max . In base a questo
1
criterio si attribuisce implicitamente a tutti gli stati di natura uguale
probabilità. Ciò viene fatto quando non si hanno motivi sufficienti per ritenere
che la distribuzione delle probabilità sia diversa da quella uniforme.
Nel caso in cui si sia in grado di fare una valutazione della probabilità dei vari stati di
natura, si dovrà procedere esplicitamente a tale valutazione (generalmente soggettiva)
delle probabilità, attraverso procedure adeguate.
Supponendo ora che il decisore abbia accettato una certa definizione di razionalità che
gli abbia consentito di assegnare alle conseguenze i valori ,dove i=1,...,m rappresenta
l'indice della scelta e j=1,...,n rappresenta l'indice dello scenario allora:
- rappresenta la conseguenza della scelta dato il verificarsi dello stato ;
- rappresenta l'utilità di ;
- P(ϑ) è la probabilità che si verifichi lo scenario .
Quindi si può affermare che:
utilità attesa di è P
1
la regola dell'utilità attesa dice di scegliere tale che
PmaxP
1
11
15
αα•rriy−yijr•i∑j=nyijθjvaiϑjvaiϑjuvjϑj•ak∑j=nϑjukj•ak∑j=nϑjukj=i=n{∑j=nϑjukj}
l'
ijij
ij
ij
max
ijij