Diabete e Attività Fisica
Pagina 2
della Sanita’ sono circa 171 milioni i soggetti affetti da Diabete Mellito, la
prevalenza a livello mondiale e’ aumentata in maniera preoccupante e si stima
che questo trend non subirà modificazioni nel prossimo futuro.
1.2 Classificazione:
Tradizionalmente,il diabete mellito e’ stato classificato in due categorie
principali;il diabete di tipo 1 insulino‐dipendente poiché ai pazienti deve essere
somministrata insulina per poter vivere a causa della sua assenza o ridotta
attività, il diabete di tipo 2 insulino‐indipendente nei quali l’insulina ha un
azione difettosa,tuttavia anche alcuni soggetti affetti da diabete di tipo 2
ricorrono alla somministrazione di insulina.
‐Diabete di tipo 1: E’ causato dall’incapacità del pancreas di produrre una
quantità sufficiente di insulina,per una carenza delle cellule‐β puncreatiche.
Rappresenta solo il 5‐10% di tutti i casi di diabete. La distruzione delle cellule‐β
e’ opera del sistema immunitario, per cause genetiche; proprio per questo
motivo il diabete di tipo 1 viene classificato tra le “malattie autoimmuni”.
‐Diabete di tipo 2: In questo tipo di Diabete l’insulina risulta inefficacie nel
facilitare il trasporto di glucosio alle cellule per via della resistenza all’insulina.
Questo tipo di diabete rappresenta il 90‐95% di tutti i casi di diabete. Il termine
resistenza all’insulina indica una condizione in cui la risposta biologica indotta
da una concentrazione “normale” di insulina nel sangue e’ inferiore a quella
normale. Ancora oggi l’eziologia di questo tipo di diabete non e’ del tutto
chiarita anche se predisposizione genetica e ambiente esercitano un ruolo
importante, ma variabili da individuo a individuo. Nel nostro paese la grande
maggioranza di questi pazienti e’ in sovrappeso, anche se meno del 50% di loro
e’ obeso(cioè un BMI≥30 Kg/m
2
). Tipicamente non vi e’ assoluto bisogno di
insulina, tuttavia per brevi periodi o permanentemente in seguito a
Diabete e Attività Fisica
Pagina 3
“esaurimento” beta‐cellulare, si rende necessaria le terapia insulinica per il
controllo delle alterazioni metaboliche. Il paziente affetto da diabete di tipo 2
e’ generalmente un soggetto della seconda o terza età.
- Il diabete gestazionale A causa dell’aumentata liberazione di ormoni
iperglicemizzanti di origine placentare e della ridotta utilizzazione muscolare di
glucosio la gravidanza deve considerarsi uno stato di ridotta sensibilità
insulinica che può dare intolleranza al glucosio e diabete gestazionale. Esso
compare nella seconda metà della gravidanza e scompare dopo il parto.
- Ridotta tolleranza al glucosio, sono soggetti che hanno glicemia a digiuno
normale o dubbia, presentano dopo OGTT alla seconda ora dal carico >200mg%
- Test: Carico orale di glucosio:
- Glicemia a digiuno >126
- Tra 111‐ 115 a digiuno non è normale ma neanche diabetico.
- Nei 3 giorni prima del test , viene fatta assumere una dieta ricca di
carboidrati. La sera prima del test si fa il digiuno. Nel giorno del test si misura la
glicemia basale , si assumono 75g di zucchero , 300ml d’acqua, si aggiunge una
goccia di limone. Vengono fatti prelievi ogni 30 minuti, il test può durare da 3 a
5 ore, il tempo di riferimento è il 120 minuto, se la glicemia è >200 il soggetto è
diabetico, se < 140 normale tolleranza ai carboidrati , da 140‐199 ridotta
tolleranza ai carboidrati.
Diabete e Attività Fisica
Pagina 4
Il diabete tipo 1: Il diabete tipo 2:
- Maggior incidenza tra i giovani,
ereditario.
- Iniezione obbligatoria di
insulina
- Soggetto magro
- Tendente alla chetosi che
provoca:
dolori addominali, sonnolenza,
vomito.
- Non incidenza sullo stile di vita.
- Sintomatologia presente
- Età d’esordio:<35
- Comparsa delle complicanze
croniche: parecchi anni dopo
l’esordio.
- Prevalenza: 0,6%
- Sistema HLA: correlato
- Autoimmunità: presente
- Maggior incidenza tra gli anziani,
non ereditario.
- Non è obbligatoria iniezione di
insulina,curato con farmaci e dieta
ed attività fisica.
- Soggetto obeso
- Non tendente alla chetosi
- Incidenza sullo stile di vita.
- Sintomatologia assente
- Età d’esordio:>35
- Comparsa delle complicanze
croniche: già presenti.
- Prevalenza: 3‐7%
- Sistema HLA: non correlato
Autoimmunità: assente
Diabete e Attività Fisica
Pagina 5
1.3 Fattori di rischio:
Per quanto riguarda il diabete di tipo 1 sono stati chiamati in causa sia fattori
genetici sia fattori ambientali come responsabili del danno iniziale capace di
innescare la malattia. Evidente, in questo tipo di diabete, la componente
genetica in relazione al grado di parentela con un soggetto diabetico. Fattori
genetici e fattori ambientali hanno sicuramente un ruolo anche nell’ insorgenza
del diabete di tipo 2, sebbene con modalità ancora per larga parte non chiarite.
Per quanto riguarda le influenze ambientali nel diabete di tipo 2, vanno
considerate le abitudini alimentari, sia in senso quantitativo, sia in senso
qualitativo, in conseguenza delle modificazioni della dieta tipiche
dell’urbanizzazione, con il prevalere di alimenti ad alta densità calorica e poveri
di fibre. Importante e’ inoltre la sedentarietà, che favorisce la malattia in modo
diretto, causando una ridotta sensibilità periferica all’insulina e una riduzione
dell’utilizzazione di glucosio, in modo indiretto, favorendo l’obesità che, ha sua
volta costituisce un’importante fattore di rischio per il diabete di tipo 2.
Possiamo cosi sintetizzare alcuni dei più importanti fattori di rischio per
l’insorgenza del diabete di tipo 2:
‐Parenti Diabetici(genitori,sorelle o fratelli e figli);
‐Obesità e sovrappeso,ovvero un valore di BMI(indice di massa corporea)≥ 25;
‐Ipertensione arteriosa(valori superiori a 85 per la pressione diastolica e 130 per
la sistolica);
‐Valori elevati di trigliceridi(≥ 250 mg/dl);
In tutti questi casi e’ consigliabile consultare un medico per effettuare analisi di
laboratorio e visite mediche per la diagnosi della malattia. In ogni caso, al di
sopra dei 40 anni è opportuno controllare la glicemia, infatti quanto più
Diabete e Attività Fisica
Pagina 6
precoce è la diagnosi, tanto più efficace è la terapia mirata alla prevenzione
delle complicanze croniche legate alla presenza del diabete.
1.4 Epidemiologia del diabete:
La patologia diabetica mostra una chiara tendenza, in tutti i paesi
industrializzati, a un aumento sia dell’incidenza sia della prevalenza.
L’accresciuta prevalenza nel mondo del diabete tipo due, soprattutto legata
all’aumento del benessere e allo stile di vita, ha portato l’OMS a parlare di vera
e propria “epidemia”. Stime e proiezioni sul periodo 1994‐2010 indicano la
triplicazione a livello mondiale dei casi di diabete mellito tipo 2. Per l'Europa
Occidentale è stato previsto un aumento dei casi di diabete mellito tipo 2 del
27.5% dal 1994 al 2000 e del 54.9% dal 1994 al 2010. Il numero dei diabetici
negli Stati Uniti (dove il diabete rappresenta la settima causa di morte) è salito
da 1.6 milioni nel 1958 a 8 milioni nel 1995. Anche per il diabete tipo 1 molti
dati epidemiologici evidenziano un aumento dell’incidenza (circa il raddoppio
per ogni generazione in taluni casi). Per l'Europa occidentale è stato previsto un
aumento dei casi di diabete tipo 1 del 18.3% dal 1994 al 2000 e del 36% dal
1994 al 2010. Si stima che in Italia vi siano circa 2 milioni di diabetici. E’ una
patologia che comporta un costo sociale molto elevato; si calcola che il 6.7%
(circa 5.500 milioni di euro nel 2004) dell’intera spesa sanitaria nazionale sia
stato assorbito dalla popolazione diabetica. Inoltre sono oltre 70.000, i ricoveri
annuali per diabete, principalmente causati dalle complicanze croniche quali
ictus, infarto problemi visivi e renali. La crescente dimensione di questi
problema e la consapevolezza che un trattamento adeguato possa migliorare la
salute del paziente diabetico, hanno indotto l’allora Ministro della
Salute(Girolamo Sirchia)nel 2004, ad inserire il diabete tre le prime quattro
Diabete e Attività Fisica
Pagina 7
priorità sanitarie su cui concentrare gli sforzi per una prevenzione attiva
attuando un accordo con le Regioni per la pratica di un piano di lungo termine
basato su quattro obiettivi di cui uno e’ proprio la prevenzione delle
complicanze del diabete (Accordo di Cernobbio del 6/4/2004).
1.5 Insulina:
L’insulina e’ un ormone proteico prodotto dalla componente endocrina del
pancreas ( Isolotti di Langerhans ). Questo ormone circola libero nel plasma, ha
un’ emivita relativamente breve ( 3‐5 minuti ), ed e’ metabolizzata
prevalentemente dal fegato e dal rene. La liberazione in circolo dell’ insulina è
stimolata primariamente dalla concentrazione plasmatica di glucosio(infatti la
secrezione aumenta se la concentrazione di glucosio aumenta e viceversa), al
quale le cellule‐β sono particolarmente sensibili. La secrezione dell’ insulina e’
potenziata dagli amminoacidi (alanina, arginina e glutamina ) e dai corpi
chetonici. L’efficacia di questi stimolatori, definiti secondari, dipende tuttavia
dalla concentrazione ematica del glucosio, nel senso che la loro azione e’ bassa
in caso di glicemia bassa e viceversa. L’ insulina agisce a livello epatico
stimolando la formazione di glicogeno da glucosio e inibendo la conversione di
sostanze diverse dai carboidrati in glucosio( gliconeogenesi ), inoltre esplica
uno speciale effetto che promuove la diffusione del glucosio attraverso le
membrane cellulari presenti nei tessuti muscolari striato, scheletrico, cardiaco
e tessuto adiposo; le conseguenze di tali azioni si traducono in un calo della
concentrazione di glucosio nel sangue (effetto ipoglicemizzante). Quando la
concentrazione di glucosio nel sangue e’ relativamente alta, come può
verificarsi dopo un pasto, le cellule del pancreas liberano insulina;
promuovendo la formazione di glicogeno a livello epatico e il trasporto di
glucosio alle cellule muscolari e adipose, l’ormone previene l’instaurarsi dell’
Diabete e Attività Fisica
Pagina 8
iperglicemia. Successivamente, quando la glicemia e’ bassa, nell’intervallo tra i
pasti o nel periodo notturno, i livelli di insulina diminuiscono. Con il diminuire
della concentrazione di insulina, le cellule muscolari e adiposo assumono
quantità di glucosio gradatamente minori e il glucosio che rimane in circolo
viene utilizzato, per esempio, dalle cellule nervose che ne hanno continuo
bisogno. Vediamo più in dettaglio l’azione fisiologica dell’ormone, distinguendo
tra la regolazione del metabolismo degli zuccheri, dei grassi e delle proteine.
Carboidrati (zuccheri): Dopo un pasto contenente carboidrati questi sono
assorbiti nel sangue circolante principalmente sotto forma di glucosio, uno
zucchero semplice. Con risposta a quest’aumento di glucosio nel sangue alcune
cellule del pancreas (β‐cellule) producono l’insulina, che permette di utilizzare
questo zucchero a livello muscolare e nel tessuto adiposo (grasso) ed il suo
immagazzinamento a livello epatico e muscolare. L’azione più importante
dell’insulina è quindi quella di ridurre il glucosio nel sangue (azione
ipoglicemizzante). Lo “stoccaggio” del glucosio a livello del fegato e dei muscoli
avviene sotto forma di glicogeno, che è un insieme di molecole di glucosio
concatenate tra loro. Il glicogeno è un’importante riserva energetica
immediatamente disponibile in caso di necessità: nei muscoli, quando occorre
energia di pronto impiego, le singole molecole di glucosio sono “smontate”
dalla catena del glicogeno e si rendono disponibili per le cellule muscolari.
Durante le ore notturne e nel digiuno, il fegato esegue la stessa operazione,
liberando circa 15 grammi di glucosio nel sangue ogni ora. Inoltre le cellule del
fegato, con risposta alle esigenze, sintetizzano glucosio partendo anche da altre
molecole (amminoacidi), processo che prende il nome di gluconeogenesi.
Questa capacità del fegato di liberare, al bisogno, il glucosio nel sangue è
importante per il mantenimento di una glicemia normale (glicogenolisi).