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Introduzione
Ad ognuno di noi, anche se non direttamente coinvolto, capita
quasi quotidianamente di parlare di devianze minorili, sia per le
pesanti implicazioni che tale fenomeno ha a livello sociale, che per
il costante “martellamento” dei media su questo tema.
Quotidiani, periodici, telegiornali e talk show raccontano storie
di minori delinquenti, baby killer e boss metropolitani; le narrazioni
sono sempre molto ricche di particolari, di spaccati di società, a
volte convulsi e indifferenti, altre volte drammatici e decadenti.
Si parla di ragazzi che sembrano “nascere delinquenti” a causa di
un destino segnato dalla povertà e dall’abbandono, ma anche di
ragazzi “perbene” inspiegabilmente coinvolti in atti di efferata
violenza.
Vengono chiamati in causa “personaggi”, più o meno esperti, che
“sezionano” questi minorenni nel loro essere; la buona
informazione, a mio avviso cede spesso il passo ad un’eccessiva
spettacolarizzazione di un argomento purtroppo molto serio e
delicato.
I temi suddetti attraggono e sono di grande impatto emotivo per
la popolazione, tanto da essere argomento di temi cinematografici
come “Arancia meccanica”, “Mary per sempre”, “Trainspotting”,
“American beauty”.
Si ritiene opportuno chiarire che è concettualmente errato
considerare i termini “trasgressività”, “devianza” e “delinquenza”
come sinonimi per definire un unico costrutto.
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Il comportamento trasgressivo
1
del minore è un tratto fase-
specifico, non un tratto di personalità; per tale motivo bisogna
sempre saper distinguere tra i soggetti trasgressivi e quelli che
mostrano una più stabile tendenza a delinquere.
La nozione di “deviance” (“devianza”), introdotta per la prima
volta agli inizi degli anni’30 negli Stati Uniti, si riferisce ad una
condotta contraria alle regole e alle norme di una società, colte in
un dato momento storico, ma che non ancora violano il codice
penale; dunque, la devianza viene definita in relazione alla cultura
del gruppo sociale dominante in una certa epoca, ma non in
un’altra, in un dato stato, ma non in un altro
(2)
.
La definizione corrente di “delinquency” (“delinquenza” o anche
“criminalità”) riassume invece tutti quei comportamenti che,
secondo la legge, si configurano come reati
(3)
.
In questo volume, solo per esigenze linguistiche, utilizzerò
indistintamente i termini di devianza, delinquenza e criminalità per
riferirmi a quella parte del fenomeno che riguarda comportamenti
ritenuti devianti rispetto al complesso delle norme codificate dal
nostro attuale ordinamento penale.
Il tema della devianza minorile rappresenta un campo di studio
riservato a più discipline, collocate su punti di osservazione
differenti rispetto ad un fenomeno complesso, fenomeno che, se da
un lato avvicina studiosi ed operatori di scienze tra loro diverse in
1
Per “comportamento trasgressivo” si intende la messa in atto di comportamni di gravità relativa come
commettere piccoli furti in negozi, compiere fughe da casa, compiere atti vandalici, ecc. in modo
occasionale. Esso deve essere distinto dal “comportamento antisociale” che si manifesta con più gravi
e più frequenti comportamenti trasgressivi. (Maggiolini, 2002).
(2)
Cavallo M., Ragazzi senza, Bruno Mondatori, Milano, 2002
(3)
Forza A., Michelin P., Sergio G., Difendere, valutare e giudicare il minore, Giuffrè,
Milano, (2001).
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un comune impegno verso la conoscenza, dall’altra allontana
studiosi della stessa disciplina, ma di diversa matrice teorica.
Prima di affrontare il tema della devianza, come oggetto di
studio delle scienze criminali e delle scienze del comportamento,
riteniamo necessario soffermarmi brevemente sulla fondazione
epistemologica
(4)
delle stesse, per meglio comprenderne i punti di
contatto e di divisione, nonché i ruoli assunti dai rispettivi
operatori.
Un utile riferimento è certamente la distinzione delle scienze in
teoretiche (a carattere descrittivo/esplicativo) e pratiche (a carattere
prescrittivo), proposta da Galvan, sulla base dell’importanza degli
ambiti oggettuali e dei metodi propri di una disciplina scientifica.
Secondo la “Classificazione delle scienze” di Galvan
(5)
(1993), il
diritto
(6)
si inserisce tra le scienze pratiche a finalità prescrittiva,
mentre la psicologia, la criminologia e la sociologia rientrano tra le
scienze teoretiche a finalità descrittivo/esplicativa.
Questa idea si rifà ad un concetto ben esposto da Agazzi (1976),
secondo il quale “E’ proprio il punto di vista che costruisce
l’oggetto di una scienza, nel senso che è l’assumere un certo punto
di vista sulle cose a collocarci all’interno di questa piuttosto che di
quest’altra scienza”.
(4)
Il termine epistemologia (dal greco “ep is temè ” = “conoscenza vera” opposta alla doxa) si riferisce a
quella branca della filosofia che si occupa dell’analisi del pensiero scientifico.
(5)
Classificazione delle scienze di Galvan S., 1993. Tra le scienze teoretiche, che hanno finalità
essenzialmente conoscitiva e traggono le informazioni dalla realtà per poi studiarne i fenomeni, Galvan
individua un sottogruppo, le scienze umane teoretiche empiriche, in cui sono inserite scienze a carattere
ideografico - basate sull’individuo - , quali la psicologia, la criminologia, la sociologia, la psichiatria, ecc.
L’etica e il diritto vengono invece collocate tra le scienze pratiche, con funzione trasformativa
e riorganizzativa della realtà, e specificatamente nella sottoclasse delle scienze umane pratiche,
che utilizzano un principio ideografico - basate su norme e leggi-. (Quadrio A., De Leo G., Manuale
di psicologia giuridica, Led, Milano, 1995).
(6)
Il diritto è definibile come “ il sistema delle norme, aventi carattere di obbligatorietà, che regolano
i rapporti sociali” ( Abbagnano 1971)
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Sotto questo profilo, il settore penale minorile viene a costituire
un prezioso terreno di confronto tra diversi saperi, un laboratorio in
cui diritto e scienze sociali perseguono un obiettivo univoco: lo
studio del comportamento deviante del minore; la crescente
attenzione che il diritto penale moderno ha riservato alla personalità
ed ai bisogni dell’individuo ha infatti contribuito a gettare un ponte
tra le scienze giuridiche e le scienze del comportamento.
Il concetto di devianza varia da un gruppo sociale all’altro e
cambia nel tempo; all’interno di qualsiasi società civile, i minori,
per la loro condizione di immaturità, sono comunque considerati
una categoria a rischio devianza allorquando non avviene un
corretto processo di maturazione per la costruzione della loro
identità individuale e sociale.
La ricerca dei significati dell’azione deviante minorile, che
occupa la maggior parte della letteratura scientifica degli ultimi
anni in materia, ha scelto spesso il contesto familiare come scenario
privilegiato per studiare le interazioni tra le variabili implicate
nella genesi dei comportamenti illeciti nell’adolescente, sia perché
la famiglia costituisce il primo ambiente sociale per l’individuo, sia
perché l’istituzione familiare è vista come un luogo di mediazione
tra il giovane e la società.
Questo lavoro si propone di considerare in che misura la famiglia
possa essere ragionevolmente considerata un contenitore, oltre che
un organizzatore, degli elementi che costituiscono il complesso
fenomeno in esame.
In linea con i più attuali indirizzi metodologici delle scienze
sociali, si è affrontato il problema in un’ottica “falsificazionista”
(Popper), andando a confrontare idee, opinioni e risultati, con
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l’ausilio di materiale scientifico e statistico, nonché di esperienze e
conoscenze dei professionisti interessati al fenomeno.
Nel capitolo illustreremo le tappe legislative che il diritto italiano
ha percorso per arrivare all’odierno sistema penale minorile.
Di seguito forniremo un quadro complessivo dell’evoluzione
delle teorie che circondano questo tema, compiendo confronti ed
evidenziando sia le critiche che i contenuti più validi.
Il capitolo andrà poi a conclusione con un breve accenno ai
metodi di misurazione impiegati nello studio del comportamento
deviante.
Nel capitolo 2 proporremo un breve analisi dei concetti di
trasgressività, antisocialità, devianza e delinquenza dal punto di
vista psicologico-clinico e psico-sociologico.
Cercheremo poi di fornire una descrizione del contesto familiare
e delle potenziali implicazioni che questo può avere sulla condotta
deviante del minore.
Passeremo quindi in rassegna le ricerche, sia estere che
nazionali, che hanno studiato i fattori coinvolti in questo sistema di
causa/effetto.
Nel capitolo 3 ci dedicheremo ad un approfondimento sulla
situazione in Toscana.
Cercheremo di organizzare e commentare i dati provenienti dalle
statistiche penali e civili, forniteci rispettivamente dall’ufficio
elaborazione dati dell’Istituto degli Innocenti di Firenze e
dall’ufficio di Cancelleria Civile del Tribunale per i Minorenni di
Furenze, confrontandoli successivamente con i soli due studi, che
riguardano il tema in questione, condotti nella regione Toscana.
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Nel capitolo 4 concluderemo la nostra trattazione con un
contributo originale: un sondaggio riservato a professionisti esperti
nel campo della devianza minorile.
Il sondaggio, effettuato tramite questionario, ci aiuterà a
conoscere le caratteristiche delle famiglie dei ragazzi devianti in
Toscana e potrà fornirci ulteriori informazioni sulle variabili
esaminate nelle ricerche ad oggi disponibili.
Si ritiene inoltre che non sia possibile incasellare entro schemi
predefiniti un argomento così complesso, né è possibile includere in
poche pagine tutti i grandi “perché” che orbitano intorno
all’argomento.
Per queste ragioni, ho scelto di delimitare il campo di studio a
due punti preferenziali: le variabili familiari ed i modi in cui il
sistema della giustizia minorile, si innesta nell’intreccio di queste
variabili.