null nullnull null 2. LA DESCRIZIONE DEI COMBUSTIBILI
La combustione è una reazione chimica esotermica che può verificarsi esclusivamente quando sono presenti
contemporaneamente tre elementi fondamentali: il combustibile, il comburente ed il calore (Cesti 2005).
Il combustibile è quindi la materia prima che costituisce i prodotti intermedi e finali delle reazioni che si
esprimono nella combustione; le sue caratteristiche risultano quindi estremamente importanti sia per il
verificarsi della reazione chimica, ma anche nel condizionare il comportamento del fuoco nella sua globalità
e di conseguenza i suoi effetti sull’ambiente (Cesti 2005).
Data la grande varietà spaziale sia quantitativa che qualitativa della struttura, del carico e del contenuto di
umidità dei combustibili forestali (materiali legnosi, fogliacei o erbacei), è necessario descriverli in modo da
ottenere delle descrizioni quantitative confrontabili secondo dei formati standard, detti “modelli di
combustibile”, e facilmente estendibili ad altre aree, utili a progettare un intervento di fuoco prescritto;
inoltre la caratterizzazione dei combustibili è un utile strumento anche nell’ambito della prevenzione contro
gli incendi boschivi e nella simulazione del comportamento di un incendio (Cesti 2005).
2.1. I combustibili vivi e morti
Al fine di inquadrare le diverse caratteristiche dei combustibili forestali che influiscono direttamente sul
comportamento del fuoco, i combustibili vengono distinti nelle categorie di seguito elencate (Cesti 2005):
- Combustibili vivi e morti;
- Combustibili rapidi e lenti;
I combustibili vivi si identificano in cespugli o arbusti e specie erbacee quando essi sono nella loro fase
vegetativa in primavera ed estate. Per le specie arboree invece i combustibili vivi piø importanti sono da
considerare le foglie, in particolare per le conifere e per le latifoglie sempreverdi.
I combustibili morti si formano dalla morte dei vegetali vivi una volta che sono arrivati al termine della loro
attività vegetativa, o che hanno subito traumi esterni che ne hanno provocato il disseccamento, e svolgono un
ruolo importantissimo per quanto riguarda il comportamento del fuoco in quanto spesso sono proprio loro a
favorirne l’innesco ed a condizionarne la propagazione anche a quelli vivi. Gli esempi piø comuni sono
rappresentati dalle foglie di conifere e latifoglie che compongono la lettiera, l’erba dopo l’appassimento, le
vecchie ceppaie, i cespugli e alberi secchi, i tronchi morti schiantati o ancora in piedi.
La differenza fondamentale che distingue i combustibili vivi dai morti, è il livello di idratazione e le sue
variazioni nel tempo. Nei primi infatti il contenuto idrico è regolato dai cicli vegetativi della pianta, mentre
nei secondi gli apporti sono passivi e dipendono unicamente dall’apporto meteorico e dall’umidità
dell’ambiente circostante.
Nei tessuti morti, la percentuale d'acqua è correlata esclusivamente all'umidità ambientale, mentre l'acqua
presente nei tessuti vivi, per lo piø è legata a meccanismi fisiologici che assicurano, almeno fino a certi
limiti, una presenza di liquidi nei tessuti organici vegetali; quest’ultima non è comunque totalmente
null nullnull null indipendente dall’umidità ambientale, essendovi scambi tra la pianta e l'atmosfera (in particolare a livello
fogliare), e quindi avendo perdite maggiori in presenza di bassa umidità atmosferica e vento forte e secco.
Nei combustibili vivi l’umidità dei tessuti durante la stagione di attività vegetativa assume un range
compreso tra il 150% ed il 300% d'umidità.
Durante la stagione di riposo vegetativo l’umidità dei tessuti vivi si attesta su valori piø bassi e costanti. Per
esempio nel caso della Calluna vulgaris in ambiente di brughiera in Piemonte, dati rilevati
sperimentalmente nell’inverno 2008 attestano un valore compreso tra il 40 e il 55% (Bunino 2010).
Infatti gli incendi in Piemonte si propagano con maggior rapidità e con fronti di fiamma a maggior intensità
nel periodo invernale quando la vegetazione viva è normalmente piø povera d'acqua durante il riposo
vegetativo.
I combustibili morti sono invece piø soggetti alle variazioni ambientali. Per esempio il vento ha degli effetti
notevoli nei riguardi dell’umidità dei combustibili morti, soprattutto considerando per quanto tempo e con
quanta intensità esso spira. Il vento, infatti, asciuga il terreno, la lettiera e la stessa vegetazione. La rapidità
con cui avviene il processo di disidratazione è strettamente correlata con la velocità del vento, il numero di
ore o giorni per cui esso spira, l'umidità relativa atmosferica e quella presente al suolo, oltre alla quantità di
acqua contenuta dal combustibile. Venti molto secchi provenienti dai quadranti settentrionali (greco,
tramontana e maestrale) elevano il rischio d'incendio in tempi molto inferiori a quelli, caldo-umidi,
provenienti dai quadranti meridionali (libeccio, meridione o vento di mare, scirocco).
Anche la quantità di pioggia caduta e la durata dei rovesci incidono ovviamente sull’umidità dei combustibili
morti. Piogge prolungate hanno un effetto piø importante rispetto ai rovesci, magari anche intensi, che però
impregnano meno il terreno e, quello che piø conta, la necromassa vegetale.
L'importanza di una o piø precipitazioni è poi strettamente correlata ad eventuali episodi di vento
susseguenti. In alcuni casi, nel periodo estivo ed in presenza di tramontana successiva ad acquazzoni,
l’umidità dei combustibili torna a mostrare valori bassi solo dopo poche ore dal rovescio (Cesti 2005) .
2.2. I combustibili rapidi e lenti
Un altro tipo di classificazione divide i combustibili legnosi a seconda della velocità con cui bruciano,
distinguendoli in rapidi (fini) e lenti (pesanti) (Cesti 2005).
I combustibili rapidi (Figura 4) sono rappresentati per eccellenza dalle foglie, da piccoli frammenti di
corteccia e piø in generale dai piccoli rametti con diametro inferiore ai 6 mm (secondo la classificazione
statunitense). Questi combustibili vengono anche definiti combustibili fini e sono caratterizzati da un elevato
rapporto superficie volume che ne aumenta l’infiammabilità.
Il fatto che i combustibili fini e rapidi coincidano è dovuto ai tempi di preriscaldamento e combustione, che
dipendono dalle dimensioni e soprattutto dal rapporto superficie volume del combustibile. Questo ultimo
parametro è particolarmente importante, dato che la superficie esposta all’azione essiccante dei flussi termici
liberati dal fronte di fiamma in avanzamento è molto elevata rispetto al volume di materiale legnoso piø
interno.
null nullnull null Nei combustibili fini infatti le prime fasi della combustione (preriscaldamento, disidratazione, pirolisi, ecc),
avvengono in brevissimo tempo ed anche la successiva combustione con fiamma viva si verifica
repentinamente con elevata emanazione termica. La combustione infine risulta spesso totale o quasi
completa.
I combustibili lenti hanno invece una massa molto elevata e normalmente sono rappresentati da rami di
grosse dimensioni schiantati al suolo, ceppaie e tronchi morti. Il rapporto superficie volume, è molto piø
ridotto rispetto ai combustibili rapidi, per questo il tempo di preriscaldamento è maggiore ed il periodo per la
comparsa della fiamma è piø elevato. Anche il tempo di consumo con fiamma viva è piø lungo. Inoltre gli
scambi con l’ambiente circostante avvengono piø lentamente.
Sempre considerando le dimensioni dei combustibili un’ulteriore classificazione prende in considerazione il
tempo di rilassamento, ossia il tempo necessario ad un combustibile a portarsi in equilibrio con l’ambiente a
livelli standard di umidità, secondo 4 classi: 1h (erbacei), 10h (materiali fini), 100h (diametro oltre 6cm),
1000h (materiali grandi) (Bovio et al. 2007).
La prima classe è potenzialmente la piø pericolosa perché in caso di condizioni secche riduce molto
velocemente il proprio contenuto di umidità.
Figura 4 Esempi di combustibili rapidi (foto a sinistra) e lenti (foto a destra) presenti all’interno della Vauda.
null nullnull null 2.3. La distribuzione spaziale dei combustibili
Un altro aspetto importante nella caratterizzazione dei combustibili è la disposizione dei combustibili nello
spazio, sia nella dimensione orizzontale che in quella verticale.
Considerando la distribuzione orizzontale si può avere una distribuzione continua ed uniforme, una
discontinuità a gruppi fino ad arrivare al caso estremo di assenza di vegetazione. Questa distribuzione ha
delle conseguenze importanti sul comportamento del fuoco.
In presenza di combustibili continui su ampie superfici si avrà una propagazione del fuoco regolare e senza
ostacoli. In presenza di una distribuzione discontinua con spazi vuoti piø o meno ampi la propagazione del
fuoco viene ostacolata da queste discontinuità che causano il rallentamento od anche l’estinzione del fronte
di fiamma.
Per quanto riguarda la distribuzione verticale dei combustibili in foresta, si distinguono 3 grandi gruppi a
seconda della stratificazione: combustibili sotterranei, di superficie ed aerei.
- I combustibili sotterranei sono formati essenzialmente da uno strato di materiale organico in fase di
fermentazione (definito ‘Duff’), nel quale le particelle di combustibile sono organizzate a loro volta in due
sottostrati definiti strato F (strato di fermentazione con particelle parzialmente alterate ma ancora
riconoscibili) e strato H (orizzonte umifero formato da materiale decomposto e compatto). Alla
combustione di questa categoria di combustibili, che avviene generalmente in maniera molto lenta, per
lunghi periodi e senza manifestazione di fiamma viva (Keane et al. 2001), sono da collegarsi gli incendi
di tipo sotterraneo.
- I combustibili di superficie giacciono al suolo fino ad un altezza di circa 1,8 metri (Rothermel 1972). La
parte inferiore a contatto con il suolo viene generalmente chiamata lettiera e sono composti da fogliame,
rami, strobili, generando quindi una grande varietà di tipologie e unendo componente viva a morta
- La lettiera, assieme alla frazione a livello del suolo concorrono nella propagazione di fronti di fiamma
radenti e talvolta nel caso la prima raggiunga altezze di alcuni metri permette all’incendio il trasferimento
in chioma.
- I combustibili aerei sono quelli che per convenzione si trovano sopra a 3 metri di altezza dal suolo.
Vengono divisi in due gruppi, quelli vivi che contribuiscono alla propagazione degli incendi di chioma e
quelli morti (ad esempio tronchi morti), che danno origine a focolai residui dopo il passaggio del fronte di
fiamma. A questa tipologia appartengono anche particolari tipi di vegetazione quali liane e licheni che
assieme ai rami bassi vengono definiti combustibili scala e possono facilitare la propagazione del fuoco
dai combustibili di superficie a quelli di chioma.
2.4. Cenni sui modelli di combustibile
I modelli di combustibile in quanto strumento essenziale per prevedere il comportamento del fuoco,
risultano interessanti nel contesto di questo lavoro; tuttavia non essendo direttamente rapportati
all’argomento se ne indicano solo alcuni riferimenti essenziali.