6
alla tradizione manifatturiera e artigianale del luogo2 (il formaggio Gruviera utilizza un
nome geografico e il formaggio Rochefort utilizza una denominazione tradizionale).
- §2: I segni di origine geografica
Non tutte le denominazioni e i nomi geografici possono essere oggetto di tale studio.
Volgeremo la nostra attenzione sulle denominazioni e i nomi geografici che possono essere
sottoposti ad una regolamentazione giuridica riguardante i segni di origine geografica. Un nome
geografico e una denominazione tradizionale possono essere sottoposti ad una protezione
giuridica quando descrivono un legame preciso tra le qualità di un determinato prodotto
commercializzabile e la sua origine geografica. In altre parole, un nome geografico o una
denominazione tradizionale possono essere protetti come segno di origine quando indicano
una merce la cui rinomanza o le cui qualità sono essenzialmente attribuibili al suo luogo di
produzione. La qualità della produzione giuridica dei segni di origine geografica è più o
meno impegnativa. L‟intensità della produzione può dipendere dalla tradizione giuridica di
un paese e/o dal tipo di segno di origine che è stato utilizzato per la protezione di un
nome. Una denominazione geografica non diviene ipso facto un segno di origine protetto dal
diritto; occorre che soddisfi le condizioni necessarie stabilite dal diritto stesso3.
I testi giuridici utilizzano varie « formule » per qualificare i segni di origine geografica.
Si possono trovare testi che parlano di « denominazioni di origine » o « indicazioni di
provenienza », altri che citano « indicazioni di origine protetta » o ancora « indicazioni
geografiche protette » o, molto più semplicemente, « indicazioni di provenienza ». Questa
terminologia, fortemente eteroclita, può essere attribuibile alle varie tradizioni industriali e
agricole dei paesi europei, nonché alla crescente attenzione che è stata posta, nella storia,
alla protezione giuridica dei segni di origine geografica utilizzati per la commercializzazione
dei prodotti.
Nomi geografici o denominazioni tradizionali divenuti generici non possono costituire
segni di origine. Una denominazione o un nome geografico è considerato generico quando
non è più in grado di veicolare un‟informazione affidabile quanto alle qualità e alla vera
origine di un prodotto. I nomi geografici generici non sono quindi segni qualitativi e non
possono più essere oggetto di protezione giuridica. Tali termini appartengono d‟ora in
avanti al dominio pubblico, e fanno quindi parte del linguaggio comune. Siamo in presenza
di un fenomeno chiamato degenerescenza di un nome geografico.
I marchi commerciali, i quali utilizzano nomi geografici immaginari per identificare
prodotti, possono anche possedere una particolare reputazione presso i consumatori. Per
contro, i marchi non garantiscono, nella maggior parte dei casi, una coerenza tra il nome
geografico o la denominazione tradizionale utilizzati e il vero luogo di produzione. I marchi
saranno quindi scartati dal presente studio poiché rispondono ad una logica di protezione
giuridica differente da quella dei segni di origine4.
Faremo riferimento ai nomi generici e ai marchi di tipo commerciale nella misura in
cui sono utili ad una migliore definizione e comprensione della protezione dei segni di
2
SENA Giuseppe, La protection des appellations di origine, indications de provenance et autres dénominations
géographiques en droit italien, in « Les indications de provenance et les appellations di origine en droit
comparé, Actes du Colloque de Lausanne », Librairie Droz, Ginevra, 1983, p. 96.
3
DENIS Dominique, Appellations di origine et Indications de Provenance, Dalloz, 1995, p. 11.
4
Ibidem.
7
origine geografica. Per rigore scientifico, cercheremo dapprima di definire i diversi concetti
legati ai nomi geografici in funzione dei vari testi giuridici internazionali.
Un prodotto può essere semplicemente trasformato o assemblato in un luogo, e il
suo nome deve essere ben visibile sul suo imballaggio. Se l‟operazione di trasformazione e
di raccolta può essere eseguita ovunque, apparirà sull‟imballaggio una semplice indicazione di
provenienza di tipo: « fabriqué en France », « made in United Kingdom », « product of United
States ». Se la produzione presenta condizioni qualitative particolari, indissociabili dai fattori
naturali e umani presenti in una determinata regione, siamo in presenza di un‟indicazione di
origine del tipo: Bordeaux, Etna Rosso, Rioja.
Una tale distinzione è stata formalizzata per la prima volta grazie alla Convenzione di
Parigi sulla « Protezione della proprietà industriale » del 20 marzo 1883, il cui articolo 1 par.
2 dispone che « la protezione della proprietà industriale ha per oggetto […] il marchio di
fabbrica […] le indicazioni di provenienza o le denominazioni di origine […] così come la
repressione della concorrenza sleale ». Anche se la preposizione « o » è stata utilizzata
nell‟articolo, le denominazioni di origine non sono intese come sinonimi di indicazioni di
provenienza. Le due formule assicurano la medesima funzione, ovvero quella di fornire
un‟informazione sull‟origine geografica di un prodotto ma con un‟intensità distinta.
A differenza delle indicazioni di provenienza, che indicano semplicemente il luogo in
cui un prodotto è stato assemblato, la denominazione di origine fa riferimento a una serie
di caratteristiche qualitative legate a fattori naturali e umani che possono essere riuniti
esclusivamente in una regione delimitata. È tale originalità delle condizioni naturali e umane
che dà a un prodotto una connotazione qualitativa unica. Il grado di protezione giuridica di
un segno di origine può dipendere dalla qualità del legame che c‟è tra il prodotto e il suo
luogo di fabbricazione. Un‟indicazione di provenienza descrive un legame « debole » poiché
l‟informazione veicolata di tale segno riguarda unicamente il paese di assemblaggio di un
prodotto. Non viene citato nulla per quanto riguarda i materiali utilizzati né le condizioni di
produzione, in particolare: climatiche, geologiche, fisiche o le conoscenze tradizionali. In
compenso, tutte queste informazioni vengono offerte da una denominazione di origine.
Essa presenta un forte « legame » tra il prodotto e il luogo di produzione. Per beneficiare di
un segno di origine, una merce, quale una denominazione di origine, deve soddisfare tutte
le condizioni di produzione raccolte in un capitolato d’oneri stabilito da ogni indicazione.
Anche se un‟indicazione di provenienza descrive un legame debole tra il prodotto e il
luogo di origine, essa può anche beneficiare di una protezione giuridica che si spiega con la
« rinomanza » che l‟origine del prodotto può avere agli occhi dei consumatori. In tal caso, si
può parlare di indicazione di provenienza di tipo qualificata5. Il « made in Italy » per i vestiti,
il « made in Germany » per le vetture e lo « Swiss made » per le mostre sono buoni esempi
di indicazioni di provenienza qualificata che godono di una certa reputazione. La
Convenzione di Parigi protegge, per la prima volta a livello internazionale, tali segni di
origine geografica contro ogni atto di concorrenza sleale basato sul ricorso a falsi segni di
origine, ovvero atti di parassitismo, di imitazione e di commercializzazione di prodotti che
hanno segni di origine infedele, al fine di approfittare della rinomanza di alcuni nomi
5
DUTOIT Bernard, La protection des indications de provenance et des appellations di origine en France, en Italie, en
République fédérale d’Allemagne et en Suisse, in « Les indications de provenance et les appellations di origine
en droit comparé », Atti del Simposio di Losanna, Librarie Droz, Ginevra, 1983, p.117.
8
geografici6. Tali disposizioni possono essere considerate come un primo livello, basico, di
protezione giuridica dei segni di origine geografica.
L‟altro merito della Convenzione di Parigi è di aver formalizzato la distinzione tra i
marchi di fabbrica o di commercio e i segni di origine. Un marchio è un diritto di utilizzo
esclusivo detenuto da un‟impresa (o gruppo di imprese in caso di marchio collettivo). Una
volta che un‟impresa ha registrato un marchio, può sostituire una o più fasi della
produzione nel luogo desiderato. Il marchio identifica l‟impresa di origine, ma non il luogo
geografico di origine delle merci. Per contro, un segno di origine può essere utilizzato da tutti i
produttori presenti nell‟area geografica indicata. Il segno di origine definisce quindi il luogo
di produzione ma non per forza l‟impresa di origine. La Convenzione non contiene una
definizione precisa e univoca di denominazione di origine, limitandosi a far intendere che vi
è una differenza sostanziale tra i marchi da una parte e le indicazioni di provenienza o le
denominazioni di origine dall‟altra. La Convenzione di Parigi ha dovuto essere integrata da
due accordi7.
La terminologia della Convenzione è stata mantenuta nell‟Accordo di Madrid del 14
aprile 1891 sulle « indicazioni di provenienza false o fallaci » e nell‟Accordo di Lisbona del 31
ottobre 1958 riguardante « la protezione delle denominazioni di origine e la loro
registrazione internazionale ». L‟accordo di Madrid ha avuto il merito di introdurre un
grado più elevato di protezione. Esso ha proibito l‟importazione dei segni di origine fallaci,
ovvero indicazioni di provenienza o denominazioni di origine in grado di indurre in errore i
consumatori quanto alla vera origine dei prodotti. Questo secondo livello di protezione non è
stato perfetto. Infatti, per i produttori poco onesti, l‟ostacolo è stato facilmente superato
grazie al ricorso a traduzioni linguistiche dei diversi segni di origine o ad espressioni
delocalizzanti quali « tipo », « made in », « alla maniera », « genere », in grado di riorientare i
consumatori verso la vera origine dei prodotti (« tipo parmigiano made in England », «
genere champagne fabbricato in Germania », « gruviera prodotto in Belgio »).
È stato necessario attendere sessantacinque anni dopo la Convenzione di Parigi per
avere, grazie all‟Accordo di Lisbona, una definizione chiara e precisa di denominazione di
origine8. Uno dei grandi meriti di tale accordo è di aver introdotto un terzo livello di
protezione giuridica delle denominazioni di origine, un livello detto assoluto. Esso proibisce
ogni usurpazione o imitazione delle denominazioni di origine, anche se i consumatori non
sono suscettibili ad essere indotti in errore quanto alla vera origine dei prodotti. In altri
termini, esso vieta le traduzioni dei segni di origine e l‟aggiunta di termini quali « tipo », «
made in », « alla maniera », « genere ». Tuttavia, il livello assoluto di protezione delle
denominazioni di origine, previsto dall‟Accordo di Lisbona, è limitato ai sistemi giuridici dei
17 Stati che lo hanno siglato, contro i 31 Stati firmatari dell‟Accordo di Madrid e i 117 della
6
AUDIER Jaques, Indications géographiques, Lussemburgo : Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle
Comunità Europee, 2000, p. 11.
7
Ibidem.
8
Accordo di Lisbona 1958, Articolo 2:
Definizione delle nozioni di denominazione di origine e paese di origine
1) Ai sensi del presente accordo, per denominazione di origine si intende la denominazione geografica di un paese, di una
regione o di una località per indicare un prodotto che ne è originario e la cui qualità o i caratteri sono esclusivamente o
essenzialmente dovuti all’ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani.
2) Il paese di origine è quello il cui nome o nel quale è collocata la regione o la località il cui nome costituisce la
denominazione di origine che ha dato al prodotto la sua notorietà.
9
Convenzione di Parigi9. L‟Accordo di Lisbona rappresenta un passo in avanti di cui occorre
tenere conto per comprendere l‟attuale evoluzione della protezione giuridica, europea e
internazionale dei signi di origine geografica.
Nel 1989, l‟Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI) ha lanciato
un simposio riguardante la protezione internazionale delle indicazioni geografiche. Per la prima
volta, le due formule, indicazioni di provenienza e denominazione di origine, sono state
integrate in una nuova categoria più grande, quella delle indicazioni geografiche. Tale nuova
formula è stata impiegata, per comodità di linguaggio, per riferirsi, nello stesso tempo, alle
indicazioni di origine e indicazioni di provenienza10.
Nel 1990, grazie ad una risoluzione dell‟Ufficio internazionale della vite e del vino
(OIV), la formula « indicazione geografica riconosciuta » guadagna un nuovo statuto
descrivendo un « nuovo legame » tra un prodotto e il suo luogo di origine. L‟indicazione
geografica non è più una semplice categoria generale, ma diviene un segno di origine
autonomo. L‟indicazione geografica, all‟interno dell‟OIV, si applica per « designare un vino
o una bevanda alcolica vitivinicola che ha qualità e/o caratteristiche attribuite all‟ambiente
geografico, comprendente i fattori naturali o i fattori umani »11. Secondo l‟OIV, un nome
geografico può essere utilizzato – e quindi protetto – come indicazione geografica per
designare vini a condizione che le uve siano raccolte nell‟area geografica della quale porta il
nome12. Al fine di sottolineare lo stretto legame esistente tra la qualità del vino e il suo
luogo di produzione, è stato espressamente impiegato il termine territorio per riassumere e
riunire le condizioni logiche, geologiche e climatiche, presenti in una regione delimitata.
L‟indicazione geografica presenta un legame molto più forte tra il prodotto e il territorio
rispetto alla semplice indicazione di provenienza, ma leggermente più debole rispetto alla
denominazione di origine. L‟indicazione geografica assicura quindi uno statuto
intermedio13.
Nel 1990, nel « Memorandum dell‟Ufficio Internazionale » dell‟OMPI, è stato
affermato che « per protezione di indicazione geografica si intende il divieto di utilizzare
questa per prodotti non provenienti dall‟area geografica alla quale richiama, o come
denominazione generica di un prodotto »14. Sembrerebbe che, all‟interno dell‟OMPI,
un‟indicazione geografica inizi ad avere anche uno statuto di segno di origine autonomo.
Un nome di luogo che assume la funzione di segno di origine può avere tre possibili
significati (grafico 1):
- quella di un‟indicazione di provenienza per i prodotti originari di un determinato
paese, regione o luogo, non avente caratteristiche particolari legate al luogo di produzione.
9
AUDIER Jacques, Indications géographiques, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle
Comunità Europee, 2000, p. 12.
10
BAEUMER L., Réflexions sur une définition des indications géographiques, in « Symposium sur la protection
internationale des indications géographiques », OMPI, Santenay, 1989.
11
OMPI, documento SCT/8/5, del 2 aprile 2002, p. 2 § 6.
12
Tinlot R., Activités de l‟OIV concernant la protection internationale des indications géographiques,
bulletin de l‟OIV, 1994, p.457.
13
AUDIER Jacques, Indications géographiques, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali
delle Comunità Europee, 2000, p. 12.
14
OMPI, documento GEO/CE/1/12, du 9 avril 1990, p. 4, § 7.
10
Una tale indicazione conferisce, nel pensiero degli operatori economici, una certa
rinomanza ai prodotti, e si parla allora di indicazione di provenienza qualificata15;
- quella di indicazione geografica per i prodotti che, ai margini della reputazione del
luogo di produzione, presentano qualità o caratteristiche derivanti essenzialmente dalle
condizioni geografiche, climatiche e fisiche, del luogo di produzione;
- quella di una denominazione di origine per la quale le qualità particolari,
indissociabili dai fattori naturali e umani impiegati, sono presenti unicamente in una regione
particolare16.
Le Comunità europee hanno adottato, nella propria legislazione, quest‟ultima
classificazione dei segni di origine geografica. L‟utilizzazione dei nomi geografici e delle
denominazioni tradizionali dei segni di origine è stata una delle maggiori preoccupazioni fin
dalla creazione della Comunità Economica Europea17.
Ci sembra rilevante vedere quali interessi può avere l‟Unione europea nel giustificare
un‟attività legislativa tanto intensa nell‟ambito della protezione dei segni di origine
geografica. In seguito, analizzeremo la legislazione comunitaria e la giurisprudenza della
Corte di Giustizia delle Comunità europee al fine di tracciare un quadro completo del
sistema di protezione dei vari segni di origine europei. Successivamente, studieremo la
protezione di cui godono i segni di origine a livello internazionale, ovvero nell‟ambito
dell‟Organizzazione Mondiale del Commercio. In conclusione, effettueremo un paragone
tra i due sistemi di protezione alla luce della « teoria economica dell‟informazione » al fine
di formulare un bilancio finale sull‟opportunità di entrambi i sistemi e sulla possibile
armonizzazione delle politiche presenti e future dell‟Unione Europea in materia di
agricoltura e di impiego dei segni di origine.
15
DUTOIT Bernard, La protection des indications de provenance et des appellations di origine en France, en Italie,
en République fédérale d’Allemagne et en Suisse, in « Les indications de provenance et les appellations di
origine en droit comparé », Atti del Simposio di Losanna, Librarie Droz, Genève, 1983, p.117.
16 AUDIER Jacques, Indications géographiques, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali
delle Comunità Europee, 2000, p. 12.
17
La legislazione comunitaria sui segni di origine può essere così classificata: « organizzazione comune
del mercato vitivinicolo », completata dalla legislazione sulle « condizioni di produzione e
caratteristiche dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.) », completata dalla
legislazione sull‟« utilizzo dei nomi geografici nella designazione dei vini », completata dalla legislazione
sulla « designazione e presentazione dei vini e dei mosti dell‟uva », completata dalla legislazione sulle
varie « regole generali per la designazione e presentazione dei vini schiumosi frizzanti », completata
dalla legislazione sui « nomi geografici utilizzabili per designare le bevande alcoliche » e, infine, la
legislazione relativa alla « protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei
prodotti agricoli e delle derrate alimentari ».