2
Notiamo così come Internet disponga di alcune virtù molto importanti: da un
lato, data la sua diffusione, potrebbe rivestire l’importante ruolo di canale di
informazione, potendo così creare un cittadino informato e consapevole
(prerequisito di ogni democrazia); dall’altro Internet potrebbe e dovrebbe essere
anche il luogo delle decisioni collettive, dove tutti potrebbero essere consultati ed
esprimere on line il loro orientamento.
La politica dovrebbe essere pronta ad utilizzare le opportunità offerte dalle
nuove tecnologie, per realizzare mediazioni dove tutti i punti di vista e i
contrapposti interessi possano farsi ascoltare e dove, in seguito, la maggioranza
sia capace, in qualche modo, di tener conto delle esigenze degli altri, per
l’appunto mediando.
Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, con il
superamento dei limiti imposti dalla fisicità, ripropongono una nuova tensione tra
l’essere ed il dover essere della democrazia, tra la sua definizione normativa e
quella empirica.
La rete diventa una nuova metafora di democrazia: da un lato si allargano le
possibilità di realizzare una democrazia del popolo, con l’opportunità di realizzare
procedure di decisione popolare; dall’altro si costata la presenza di una serie
concreta di rischi e limiti, come la difficoltà di riorganizzare le comunità umane o
come la resistenza culturale e politica a legittimare la rete come strumento di
nuova partecipazione politica (De Rosa, 2002).
Internet e democrazia si incontrano e scontrano tra teoria e pratica che,
mettendo in crisi i vecchi regimi politici, di fatto spinge verso la realizzazione di
una partecipazione diretta. Siamo ancora lontani da una definizione di democrazia
come processo di policy making
2
, nel quale i governanti, considerati politicamente
uguali, controllabili e sostituibili, si dimostrano ricettivi alle preferenze dei
governati.
La ricettività è la caratteristica evidenziata da Dahl nel definire la democrazia
come quel sistema politico dotato di capacità di risposta alle esigenze del
cittadino.
2
Policy making: processo di formazione, definizione e attuazione delle tematiche di pubblico interesse.
3
Da qui si origina anche quello che lo stesso Dahl chiama dilemma democratico:
“…al crescere delle dimensioni della politica, diminuisce il controllo dei cittadini
su di essa, tanto che la democrazia dello stato-nazione sembra dover incontrare lo
stesso destino della democrazia delle città-stato” (Dahl, 1994, p.25).
La democrazia si distingue dalle altre forme di governo per il principio secondo
il quale, coloro che governano, sono soggetti al controllo di coloro che sono
governati. In una vera democrazia, dunque, il potere fluisce dal basso verso l’alto.
Dalla democrazia diretta, basata sul modello dell’agorà ateniese, in cui politici
e popolo sono posti sullo stesso livello e dove si assiste ad un intervento
immediato della collettività nelle singole specifiche deliberazioni, attraverso gli
strumenti del referendum abrogativo o confermativo e dell’iniziativa popolare
delle leggi, alla democrazia rappresentativa, in cui si ha un intervento indiretto del
popolo nelle deliberazioni, che, attraverso la libera espressione dei suoi suffragi,
sceglie i titolari degli organi supremi dello stato, ai quali si demanda il compito di
agire in sua rappresentanza (autogoverno, che necessita di cittadini
sufficientemente preparati), per arrivare alla fine alla costituzione di una
democrazia elettronica dove la maggior velocità delle informazioni, il crescente
desiderio di una politica più facilmente accessibile a tutti e la sempre più grande
delusione dei cittadini in relazione all’operato dei politici, assumono un ruolo
centrale nella fase di trasformazione.
R.J.Varn (1993) si lamenta dell’uso spesso troppo analitico del termine
“democrazia elettronica”; egli infatti sostiene che tale espressione viene usata per
descrivere troppe funzioni delle nuove tecnologie nel governo della cosa pubblica,
ossia: accrescere la partecipazione dei cittadini, migliorare l’accesso alle
informazioni e ai servizi pubblici, semplificare le azioni del governo e, infine,
reinventare il concetto di politica.
La maniera in cui tutto ciò potrà essere realizzato, ossia perché tutto ciò diventi
più o meno democratico, dipenderà non solo dal grado di competenza politica dei
cittadini, ma anche dalla misura in cui il governo sarà in grado di lavorare di
concerto per far funzionare la democrazia elettronica, considerando le ICT uno
strumento di partecipazione politica.
4
Altro attivista della democrazia elettronica è T.Becker (1981), il quale
definisce la teledemocrazia come quella comunicazione a due vie, rapida e
democraticamente assistita, che può essere usata per educare gli elettori sulle
tematiche, facilitare la discussione di importanti decisioni, registrare
istantaneamente le opinioni e permettere alla popolazione di votare direttamente le
politiche pubbliche.
Nel suo libro Strong Democracy. Participatory Politics for a New Age. (1984),
B.Barber afferma che: “Democrazie efficaci hanno bisogno di grandi cittadini.
Noi siamo liberi solo se siamo cittadini e la nostra libertà e la nostra uguaglianza
durano fintanto che dura la nostra cittadinanza (…) Cittadini sicuramente non si
nasce, ma si diventa come conseguenza dell’educazione civica e dell’impegno
politico in uno stato libero” (ivi, p.247). Secondo Barber solo la strong democracy
è in grado di mantenere in vita la democrazia perché è garantita non da leader
politici, ma da cittadini competenti e responsabili. La strong democracy punta
l’attenzione sulla capacità educativa e sulla libertà che il suo esercizio politico
potrebbe e dovrebbe avere sulla cittadinanza.
Il mutamento in atto può essere descritto, inoltre, dalle parole di Grossman
(1997) usate per descrivere “la Repubblica Elettronica” che sta per costituirsi: “le
attuali tecnologie di telecomunicazione probabilmente permetteranno al nostro
sistema politico di tornare alle radici della democrazia occidentale, così come esso
è esistito nelle antiche città stato greche” (ivi, p.43). Una democrazia, in altre
parole, basata sulla partecipazione alla discussione politica che si sviluppa
nell’ambito della sfera pubblica di cui parla esaurientemente Habermas.
Tutto ciò viene riproposto da McLuhan (1994), che afferma come “con
l’aumento della velocità di diffusione delle informazioni, la tendenza in politica
sarà di allontanarsi dalla rappresentanza e dalla delega conferita agli eletti, per
avvicinarsi invece ad un coinvolgimento diretto della collettività nelle decisioni di
governo” (ivi, p.138).
Ritornando a Grossman e alla Repubblica Elettronica, egli spiega come, per
raggiungere la stessa, sia necessario ripristinare l’insegnamento dell’educazione
civica, in quanto per una corretta interpretazione delle informazioni è
5
fondamentale possedere una solida cultura; migliorare la qualità e la diffusione
delle informazioni, eliminando qualsiasi tipo di limitazione preventiva sui mezzi
di comunicazione e verso chi pubblica o diffonde le stesse; inoltre andrebbe
garantito un sistema finanziario per le ICT, libero ed indipendente, capace di
finanziare l’accesso dei più poveri e programmi di formazione e informazione di
qualità, in modo da poter assicurare un accesso libero ed universale.
Infine la Repubblica Elettronica si realizzerà quando verranno ridisegnate le
istituzioni politiche e ripensati tutti i meccanismi politici che non funzionano e
che contribuiscono a far crescere il senso di frustrazione della gente verso la
politica. In altre parole, gli studi sulla politica ed il governo dovranno modificare
il loro orientamento e interrogarsi non più soltanto sulla qualità della leadership
politica (top-down) quanto anche, e soprattutto, sulla qualità della cittadinanza
(bottom-up).
E’ necessario un ritorno allo spirito espresso da Jefferson (1955): “nessuno è
miglior depositario dei poteri ultimi della società del popolo stesso e se noi lo
riteniamo non sufficientemente illuminato per esercitare il controllo con sana
discrezionalità, il rimedio non è privarlo della sua discrezionalità, ma informarlo”
(ivi, p.93).
Abbiamo visto, dunque, come il concetto di democrazia si sia trovato
diversamente articolato in ragione del diverso peso attribuito alle variabili
politiche, sociali o tecnologiche di volta in volta prese in considerazione.
Il generale ottimismo, circa le potenzialità delle nuove tecnologie di
responsabilizzare i governi grazie alla partecipazione è risultato fondato su una
comune interpretazione della disaffezione popolare nei confronti della politica, ma
non è sembrato altrettanto convincente sul piano motivazionale. La sola esistenza
di strutture di partecipazione non garantisce, infatti, la motivazione a partecipare,
tanto meno ne garantisce la continuità, se non grazie a notevoli sforzi in direzione
della rieducazione politica e civica della cittadinanza.
6
1.2. Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Con la nascita del world wide web
3
, che lentamente ha avvolto nella sua
ragnatela istituzioni, soggetti ed attività, si è andato affermando un nuovo
ambiente comunicativo, in cui la comunicazione tra società politica e civile
sembra essere più facile, più diretta.
L’uso delle ICT non modifica solo il rapporto tra politica e cittadini, ma incide
soprattutto sul funzionamento e la natura stessa del sistema politico. Si assiste ad
un uso sempre più frequente delle più accorte tecniche della comunicazione da
parte dei politici, particolarmente durante le campagne elettorali, per imporre la
propria immagine.
Questo dimostra che il sistema della comunicazione ha una sua autonoma
capacità di legittimazione politica, di creazione di una sfera politica capace di
reagire con estrema rapidità ed efficacia sull’insieme del sistema (Rodotà, 1997,
pp.15-20). In tal senso possiamo prendere come esempio le vittorie politiche
legate all’uso dei media, di Berlusconi (Italia, 1994) e di Perot (USA, 1992).
Questi incarnano la figura del cosiddetto political outsider (Caniglia, 2000), un
soggetto esterno al mondo della politica che, maturando diverse esperienze nei
propri campi di attività (Berlusconi – imprenditore in vari settori tra cui quello
televisivo e quello editoriale; Perot – imprenditore in campo informatico), riesce
ad entrare nel mercato politico.
Il candidato diventa il messaggio stesso della proposta politica, il prodotto da
piazzare ad un pubblico di consumatori sempre più indifferenti e quindi sempre
meno raggiungibile attraverso l’utilizzo dei tradizionali strumenti di campaining.
Gli elementi comuni riscontrabili nei casi delle vittorie di Berlusconi e Perot
sono: un consistente uso dei media, l’impiego delle nuove tecnologie, l’adozione
di un programma “antipolitico” e una grande disponibilità di ricchezza.
Ulteriore elemento di comunione sta nella strutturazione della campagna
elettorale in una strategia in quattro fasi: una fase di preparazione della campagna
(in cui si organizza la gestione stessa della campagna), una di precampagna (in cui
3
World wide web: archivio interconnesso di siti in Internet. Esplode nel 1993 con l’introduzione di un programma
chiamato “Mosaic” che consente di “sfogliare” con estrema facilità ed immediatezza le pagine multimediali di Internet.
7
i sondaggi sono lo strumento principale per conferire credibilità alla candidatura),
una di conquista della centralità nell’agenda dei media e nei sondaggi, e una fase
finale (la campagna elettorale ufficiale). Nel caso di Berlusconi la possibilità e la
scelta di puntare principalmente sullo strumento televisivo gli hanno permesso di
mantenere una forte attenzione e visibilità, il che a sua volta ha innescato un
effetto di focalizzazione (che in fondo gli ha permesso di vincere le elezioni).
Nel caso di Perot, che oltre che sui media tradizionali ha puntato molto sui new
media, essendo stato prima imprenditore in questo campo, l’effetto di agenda
setting
4
e quello di focalizzazione hanno prima contribuito ad attribuirgli
credibilità e visibilità e poi ad escluderlo dalla contesa elettorale. Il sondaggio
diventa lo strumento per eccellenza, presente in maniera determinante in ogni fase
di queste nuove strategie elettorali. Negli specifici casi i sondaggi ricoprono tre
funzioni principali: 1) posizionare il candidato al centro dell’attenzione dei media;
2) attribuire credibilità al candidato come potenziale vincitore; 3) mobilitare
forme diverse di partecipazione alla campagna elettorale, dai contributi finanziari,
alla partecipazione attiva, fino al semplice sostegno (Caniglia, 2000).
Le esperienze di Perot prima, e Berlusconi dopo, hanno evidenziato come negli
ultimi anni la politica - e i politici in particolar modo – abbiano saputo utilizzare e
sfruttare le potenzialità offerte dai new media, soprattutto per quel che riguarda
l’interattività, che ha permesso di stabilire un contatto diretto con i cittadini.
In assenza di una struttura organizzativa sulla quale contare, diversi soggetti
hanno investito da subito sulle nuove tecnologie di comunicazione, creando nel
cyberspazio quella rete di relazioni che gli mancava nel mondo reale.
Nel nuovo ambiente comunicativo, l’interazione tra diversi soggetti non
avviene più attraverso il modello proprio dei media tradizionali – il modello
comunicativo one-to-many o unidirezionale – ma attraverso un nuovo modello di
comunicazione, quello definito many-to-many o bidirezionale.
Ogni processo comunicativo bidirezionale assume la forma del dialogo: vi sono
molti mittenti e molti destinatari che possono scambiarsi di ruolo. In questo caso
siamo di fronte ad un intervento diretto in cui si registra un rapporto di parità tra
tutti i soggetti coinvolti.
4
Concetto elaborato da McCombs e Shaw in un saggio del 1972, “The agenda-setting function of the mass media”, per
descrivere il fenomeno attraverso cui i mass media indicano i temi su i quali avere un’opinione.
8
Il modello unidirezionale, invece, prevede un unico mittente che produce il
messaggio, molti destinatari che non possono fare altro che riceverlo e
decodificarlo (ricezione passiva); in tal caso il dialogo, lo scambio comunicativo
non sono possibili. Si può sostenere, così, che si è passati da un modello broadcast
– diffusione dei messaggi da uno a molti - ad un modello netcast – diffusione dei
messaggi a rete.
Per comprendere tale passaggio basta prendere in esempio la televisione
generalista, che appunto si basa sul modello broadcast, e pone in relazione
l’emittente, che cerca di soddisfare le varie aspettative dei destinatari, con i
destinatari stessi, che vengono invitati a ricercare qualcosa di loro gradimento
all’interno dell’offerta.
Per accogliere le segmentate richieste del pubblico, si è affermata la televisione
tematica, basata su un’offerta specifica. Il modello netcast, per questo, rappresenta
una risposta di diversificazione dell’offerta elaborata dagli stessi destinatari.
Tale modello si realizza perfettamente in rete, dove la targettizzazione
dell’offerta diventa un’operazione estremamente semplice, che può addirittura
arrivare alla personalizzazione delle pagine di un sito web secondo le esigenze del
navigante
5
.
1.2.1. Caratteristiche e potenzialità:
Tra gli elementi principali che caratterizzano e determinano le potenzialità
delle ICT e che sono fondamentali per lo sviluppo democratico del paese, vanno
ricordati: (1) l’interattività, (2) la compresenza di modelli comunicativi verticali e
orizzontali, (3) la disintermediazione nel processo comunicativo, (4)
l’economicità dei costi, (5) la velocità e (6) l’assenza di confini. E’ infatti
innegabile che la possibilità di stabilire rapporti diretti tra soggetti politici e
cittadini (1), di attivare flussi comunicativi tra individui (2), di accedere
direttamente alle informazioni - assenza della funzione dello storyteller - (3), di
far circolare opinioni ed idee con costi contenuti (4), di veicolare in tempo reale
“pacchetti” di informazioni o di poter conversare in ogni luogo del pianeta (5-6),
5
Ricordiamo ad esempio il meccanismo del coockie: letteralmente “biscottino”. E’ una tecnologia attraverso la quale un
sito registra i movimenti e i link cliccati dall’utente, e crea così un file che viene lasciato nella memoria del computer dello
stesso. Attraverso la lettura successiva di questi file il sito visitato ricorderà i movimenti e determinerà i banner pubblicitari
che più potrebbero interessare il visitatore.
9
agevoli il funzionamento dei meccanismi di partecipazione e di controllo di una
democrazia (Bentivegna, 1999, pp.22-27).
Il tratto dell’interattività al quale si fa riferimento ha un duplice carattere, che si
manifesta sia quando l’utente interagisce con l’offerta comunicativa – interattività
che vede coinvolti emittente e destinatario – sia quando interagisce con gli altri
utenti – come nel caso dei gruppi di discussione o forum. Ci si trova davanti ad un
recupero ed esercizio di forme di democrazia diretta con i cittadini in modo tale da
trasformare significativamente il rapporto tra società politica e società civile.
Attivare un canale diretto di ascolto dei cittadini è considerato importante per
far tornare la politica un interesse di tutti e non solo degli addetti.
Strettamente connesso all’elemento dell’interattività è quello che rende
possibile la comunicazione sia in senso verticale che orizzontale. Individuiamo
una comunicazione verticale quando l’emittente, partito politico o singolo uomo
politico, dà vita ad un flusso comunicativo diretto al destinatario, cittadino o
elettore, per trasmettergli prese di posizione, appelli o richieste di mobilitazione,
ma si tratta sempre di comunicazione verticale anche quando è il cittadino che,
dismettendo i panni del destinatario, produce un messaggio diretto all’esponente
politico.
Abbiamo invece, una comunicazione orizzontale quando si registra un rapporto
di parità tra tutti i soggetti coinvolti: alternativamente, tutti assumono il ruolo di
emittente e quello di destinatario.
L’elemento della disintermediazione, legato al modello comunicativo proprio
della rete, pone virtualmente cittadini e soggetti politici nella condizione di poter
marginalizzare la mediazione giornalistica, tipica dei media tradizionali.
Il cittadino può costruirsi un percorso personale legato ai suoi interessi,
conoscenze ed aspettative, mentre il soggetto politico può attivare flussi
comunicativi non sottostanti alle logiche di notiziabilità tipiche del mondo
giornalistico. L’opportunità concessa da Internet, di riappropriarsi del controllo
del flusso comunicativo, estromettendo la figura del giornalista, è vista come in
grado di consentire un ritorno ad un rapporto diretto tra soggetto politico e
cittadini. L’estromissione della figura dello “storytelling” consente prese di parola
più lunghe e articolate, ma anche la selezione di specifici argomenti; inoltre al
10
cittadino è data la possibilità di accedere a documenti un tempo difficili da
reperire.
Il tratto dell’economicità segnala immediatamente un aspetto importante, in
quanto consente di ridurre il peso economico dell’accesso alle occasioni
comunicative da parte di tutti i soggetti interessati. La disponibilità di occasioni
comunicative a basso costo si può perciò configurare come un dato rilevante,
soprattutto in un contesto in cui i costi per acquisire uno spazio di frequenza nei
media tradizionali sono aumentati sempre più.
Con l’avvento delle nuove tecnologie si può sostenere così una tesi ipotizzante
l’esistenza delle condizioni necessarie per mettere in crisi il tradizionale
monopolio dei mezzi di comunicazione di massa.
I costi ridotti della presenza in rete si traducono in effettive possibilità di
visibilità e comunicazione altrimenti impensabili per numerosi soggetti
(Bentivegna, 2002, pp.4-8).
All’elemento dell’economicità si salda quello della velocità – declinato nella
modalità sia sincrona (chat line) che asincrona (e-mail) – che consente
l’attivazione di flussi di comunicazione tempestivi, permettendo
un’organizzazione del lavoro migliore, anche senza disporre di una struttura
organizzativa stabile e complessa. I tempi legati alla produzione e distribuzione di
informazioni si riducono, lasciando spazio ad un tipo di offerta che raggiunge
immediatamente milioni di soggetti, i quali hanno anche la possibilità di
intervenire direttamente, aggiornare o rettificare qualsiasi informazione. I tempi si
riducono sino a scomparire, così come accade nel caso della comunicazione
realizzata nelle chat line.
Nella stessa direzione si colloca l’elemento relativo all’assenza di confini: la
rete consente l’organizzazione di una comunicazione a livello mondiale. Tale
opportunità è alla base della nascita e dello sviluppo di movimenti sociali e
politici che si mobilitano e si coordinano a molteplici livelli, che cercano di
realizzare azioni di protesta, organizzate e pianificate attraverso un mezzo capace
di superare i confini nazionali. L’assenza di confini consente la costruzione di una
comunità mondiale, che comunica e si organizza in modo autonomo per il
conseguimento di obiettivi comuni (ibidem).
11
Nonostante le potenzialità e le opportunità offerte delle ICT allo sviluppo e al
consolidamento dei processi democratici, comunque, l’ingresso della politica in
rete non ha dato vita a quelle trasformazioni così profonde che erano state
ipotizzate. La distanza tra cittadini e politica non sembra essersi ridotta.
Perché i cittadini possano partecipare attivamente al processo decisionale non
solo è indispensabile che l’informazione sia universalmente accessibile, ma anche
che esista un filo conduttore ed interpretativo che consenta la comprensione
effettiva del senso del messaggio trasmesso. Occorre perciò che il cittadino possa
disporre di una molteplicità di fonti di informazione che gli consentano realmente
di scegliere ed elaborare criticamente la massa di informazioni a disposizione,
uscendo così dallo stato di passività.
Lo stesso incremento dell’offerta informativa reso possibile dalla rete può
trasformarsi nel suo contrario, vale a dire in un eccesso di informazione, andando
a marcare e radicalizzare una dimensione di separatezza. L’eccesso di
informazione viene anche considerato come uno dei problemi delle società del
futuro, caratterizzate da applicazioni tecnologiche talmente sofisticate da
richiedere competenze che non tutti i cittadini sono in grado di acquisire.
Da qui la necessità di individuare strumenti di controllo sulla veridicità dei dati
acquisiti, che possano focalizzare l’attenzione sulle “fake information”, ossia sulle
false informazioni di cui è disseminata la rete. Grazie alla possibilità di celarsi
dietro nomi fittizi, Internet è ricca di false dichiarazioni, falsi siti di candidati.
Navigare diventa così molto difficile, soprattutto per un navigatore inesperto
(Fici, 2002).
Tutto ciò per far meglio comprendere come, anche un aumento dell’offerta
informativa, non possa sicuramente determinare un miglioramento dei
meccanismi di controllo e partecipazione.
La rete non attiva nuovi interessi in soggetti disinteressati, ma li rafforza in
quei soggetti che si interessano al sistema politico e al suo funzionamento e
sviluppo in prima persona.
Per questo può considerarsi utopica ed equivoca la convinzione per la quale la
diffusione delle reti telematiche porti con se un allargamento della democrazia
esistente; la rete non è uno strumento di democrazia, ma, come afferma Berardi
12
(1996), è piuttosto il paradigma di un modello di democrazia nuova, una
democrazia senza riferimento al centro e non più riconducibile alla forma globale
della decisione.
Con il concetto di paradigma, Berardi intende “un modello interpretativo e
proiettivo capace di generare infiniti processi interattivi tra uomo e ambiente” (ivi,
p.113).
1.2.2. Problematica dell’accesso: haves e have nots.
Le ICT possono contribuire inoltre a migliorare le due dimensioni
fondamentali dei processi democratici: l’informazione e la partecipazione.
Con il termine partecipazione si intende la realizzazione di una situazione in
cui l’individuo contribuisce direttamente o indirettamente a una decisione politica,
ma nella maggior parte dei casi il contributo è indiretto e si estrinseca nella scelta
del personale dirigente.
La partecipazione, per essere tale, deve incidere sulla struttura del potere; per
questo la democratizzazione è un processo senza sosta e l’opposizione, o
contestazione pubblica istituzionalizzata, ne è il segno (Dahl, 1986).
Secondo Rodotà (1997) le opportunità offerte dalle ICT determinano la nascita
di quella che egli chiama Tecnopolitica, intesa come inclusione progressiva di un
numero crescente di cittadini in un sistema democratico dove, finalmente,
assumono con pienezza il ruolo di protagonista (ivi, pp.10-12).
Tale concetto richiama l’idea di democrazia continua che nel tempo dovrà
dirigersi verso quella che Barber (1984) chiama “Strong Democracy”, democrazia
dove la “forza” è rappresentata dai cittadini attivi, messi in grado di partecipare
alla decisione.
Utilizzando il concetto di democrazia continua, ci si riferisce anche all’uso di
strumenti che si differenziano da quelli di tipo rappresentativo, perché vengono
adoperati dai cittadini senza ricorrere a mediazioni, e che non si identificano con
quelli della democrazia diretta, solitamente riferiti al momento finale di un
processo decisionale.
13
L’accento viene, in questo caso, posto sull’intermittenza del processo politico
relativo alla presenza dei cittadini e sul fatto che la continuità è affidata
all’iniziativa diretta degli interessati.
Informazione e partecipazione, tuttavia, rappresentano anche un’occasione di
differenziazione tra i cosiddetti haves e have nots.
Ciò che le nuove tecnologie possono fornire alla realizzazione di una
democrazia diretta, dove la forza è rappresentata dai cittadini attivi messi in grado
di partecipare effettivamente ai processi di decisione, deve essere valutato
considerando anche la problematica dell’accesso. Solo alla presenza di un accesso
universale si può parlare di democrazia elettronica, digitale: tutti debbono avere la
possibilità di utilizzare le nuove tecnologie della comunicazione e
dell’informazione e di accedere ai servizi offerti, indipendentemente da altri
fattori, specie di natura economica.
La diffusione delle ICT crea uno squilibrio tra paesi ricchi e paesi poveri,
venendo meno a quello che dovrebbe essere l’obiettivo comune da raggiungere,
ossia che esse debbano assicurare uno sviluppo economico sostenibile, un
rafforzamento del benessere pubblico e un aumento della coesione sociale (Ocse,
1991).
Ancora oggi i dati mostrano come vi siano ampi strati di popolazione che, per
deprivazione economica o culturale, risultano tuttora esclusi dall’effettiva
possibilità di accedere ai vantaggi informativi delle nuove tecnologie.
I dati insomma confermano l’esistenza di un “gap” economico, culturale e
tecnologico tra Nord e Sud, un digital divide determinato, appunto, da quello che
Rodotà (1996) definisce “analfabetismo tecnologico”. Come in passato c’era un
processo di esclusione, anche formalizzato, per il quale chi non sapeva leggere o
scrivere non poteva votare, così oggi esiste il rischio che coloro i quali non
conoscono l’uso delle nuove tecnologie, rimangano esclusi dai processi
socialmente rilevanti e che possono poi diventare politicamente determinanti.
Il superamento degli squilibri tra haves a have nots potrà ridursi solo quando
sarà garantita a tutti la libera fruibilità dell’informazione, che diventa una delle
precondizioni più importanti del processo democratico.
14
La presenza nelle società di dislivelli di conoscenza, di reddito, di collocazione
territoriale, altera il sistema della comunicazione, distorcendo l’intero processo
democratico; non bisogna considerare tali squilibri solo come conseguenza della
diffusione delle nuove tecnologie, ma anche come effetto degli interessi di
mercato delle grandi aziende private, le cui azioni mirano a dominare i servizi
telematici.
Oggi la rete, Internet, è una struttura sostanzialmente anarchica, aperta ed
interattiva, lungo la quale si sviluppano senza sosta nuove comunità elettroniche
potenzialmente in grado di partecipare ed influire sulla vita amministrativa e
politica.
Il mercato lasciato a se stesso può tagliare fuori fasce di popolazione, gruppi
sociali, aree territoriali nelle quali non è conveniente fare arrivare le tecnologie
(problema del trasferimento di tecnologie).
E’ perciò necessario regolare il mercato, affinché la fruibilità delle risorse sia
diffusa, rendendo il servizio telematico alla portata del maggior numero possibile
di cittadini. La via da seguire comporta la realizzazione di politiche tariffarie
favorevoli ai cittadini e di localizzazione dei servizi disponibili, promuovendo
anche iniziative di alfabetizzazione informatica volte ad eliminare i fattori che
producono disuguaglianze.
Il digital divide, dunque, oltre che attraverso uno squilibrio nell’accesso, passa
anche attraverso un uso ed un’interpretazione delle nuove tecnologie che gli stessi
soggetti elaborano (reinventabilità di Internet).
Il vero impegno per consentire una più ampia partecipazione alla vita politica e
alle altre attività pubbliche presenti in rete consiste nella creazione di una cultura
di Internet, che sia condivisa da tutti i soggetti. Deve nascere, crescere e circolare
la consapevolezza circa la rilevanza dell’uso delle nuove tecnologie della
comunicazione nella vita degli individui. La cultura di Internet deve così permeare
la cultura del mondo declinata nella sua quotidianità in modo che sia sempre più
facile sfruttare le mille opportunità offerte (Bentivegna, 2002, pp.64-65).
C’è bisogno di un rinnovamento della cultura poiché, come è noto, la
conoscenza si presenta come una condizione necessaria per l’avvio stesso di un
processo democratico. E’ sempre più evidente che la disponibilità di informazioni
15
ha in sé un valore democratico, perché permette la trasparenza e la diffusione del
potere, consentendo anche il controllo di chi prende le decisioni.
Importante diviene non più solo il momento della selezione delle informazioni,
ma soprattutto il tema della completezza delle stesse.
Nel nuovo mondo della comunicazione la vera democrazia non si realizza solo
nell’ampiezza dell’accesso, ma anche nella natura dell’accessibile. Bisogna perciò
stimolare l’avvio di un processo di mutamento, di evoluzione della società
dell’informazione in società della conoscenza, cercando di collocare in una
dimensione collettiva le opportunità offerte ai singoli dalle nuove tecnologie.