4
hanno preferito un commento superficiale che evita di andare al fondo delle
problematiche da lui proposte. La spiegazione forse la dà Starobinski:
S'il existe assez peu d'études sur Maurice Blanchot
(scandaleusement peu, en égard à la très haute qualité de
son oeuvre), c'est parce que cette oeuvre, se dépassant
constamment elle -même, nous laisse en deçà du point
toujours plus éloigné, elle s'avance et n'offre aucune prise
à une réflexion qui voudrait la prendre tout entiè re sous
son regard et la considérer tranquillement du dehors. Elle
échappe, parce qu'elle va plus loin.3
Se Starobinski trova scandaloso che ci siano così pochi studi sull'opera di Blanchot,
ci sembra ancor più scandaloso che la maggior parte di questi studi siano rivolti alla
attività critica di Blanchot, piuttosto che alla sua produzione narrativa altrettanto
feconda, importante e decisiva all'interno della letteratura novecentesca.
Blanchot porta avanti le attività di critico e di romanziere fino al 1962, per
abbandonare definitivamente quella narrativa. Dal 1941, anno di uscita della prima
versione di Thomas l'obscur al 1962, anno di L'Attente l'oubli, Blanchot scrive tre
romanzi e sei ' récits '4(più altri tre racconti brevi, raccolti in volume in anni
successivi alla loro stesura). L'importanza e il significato di queste opere, che tendono
alla distruzione della scrittura stessa, sono l'oggetto di questo studio.
L'interrogazione sul linguaggio è il filo conduttore delle opere di Blanchot e grazie ad
esso l'autore ci guida verso la morte, che è per lui oblio e differenza al tempo stesso:
Il est vrai que je parle d'anxiété, mais c'est du
frémissement de la joie que je parle,- et de détresse, mais
c'est de l'éclat de cette détresse. Je puis paraître livré au
tourment sans mesure d'une contrainte exorbitante, en
outre incompréhensible, au point que si je dis moi aussi:
le jour est nuit pour moi, j'exprimerai quelque chose de
ce tourment. Et cependant tourment léger, car devant moi
est l'éclair, derrière moi la chute et en moi l'intimité de
l'ébranlement.5
Il linguaggio si sforza di dire, senza riuscirvi, la verità del vuoto, dell'assenza, del
niente della morte:
Je ne suis pas maître du langage. Je l'écoute seulement
dans son effaçement m'effaçant en lui, vers cette limite
silencieuse où il attend qu'on le reconduise, pour parler,
3
Starobinski J., in A.A.V.V, Blanchot, numero speciale di " Critique " , n.229, Juin 1966, pp.506-507
4
I tre romanzi sono: Thomas l'obscur, Gallimard, 1941; Aminadab, Gallimard, 1942; Le Très-Haut, Gallimard,
1948. I racconti invece: L'Arrêt de mort, Gallimard, 1948; Le Dernier mot et L'Idylle, raccolti insieme ne Le
Ressassement éternel, Minuit, 1951; Au Moment voulu, Gallimard, 1951; Celui qui ne m'accompagnait pas ,
Gallimard, 1953; Le Dernier homme , Gallimard, 1957; L'Attente l'oubli, Gallimard, 1962; La Folie du jour, Fata
Morgana, 1973;L'Instant de ma mort, Fata Morgana, 1994. La differenza, se c'è tra romanzo e racconto è analizzata
nel capitolo quattro.
5
Blanchot M., Au Moment voulu, op.cit., pp.146-147
5
là où défaille la présence comme elle défaille où porte le
désir.6
La verità resta perpetuamente da dire e del non detto. Tutto si situa in una strana e
inneffabile zona di scambi tra la vita che si porta dietro la morte e la morte che non
può compiersi, tra la parola e il silenzio, in una sorta di scivolamento muto, di
movimento immobile, in un eterno ' ressassement '. Il linguaggio tende verso
l'orizzonte pericoloso in cui cerca invano di scomparire il desiderio di
un'inaccessibile parola:
Dire que j'entends ces paroles, ce ne serait pas
m'expliquer l'étrangeté dangereuse de mes relations avec
elles. Est-ce que je les entends? Je ne les entends pas à
proprement parler, elles aussi qui participent à la
profondeur de la dissimulation demeurent sans entente.
Mais elles n'ont pas besoin de cette entente pour se
prononcer, elles ne parlent pas, elles ne sont pas
intérieures, elles sont au contraire sans intimité, étant tout
au dehors, et ce qu'elles désignent m'engage dans ce
dehors de toute parole, apparemment plus secret et plus
intérieur que la parole du for intérieur, mais, ici, le dehors
est vide, le secret est sans profondeur...7
Blanchot denuncia il linguaggio come ostacolo alla conoscenza della realtà e come un
elemento di alienazione; non lo utilizza come strumento espressivo di un pensiero o
di una visione, ma come fulcro e causa del proprio movimento poetico:
L'univers de Maurice Blanchot, ainsi, nous semble mat
univers de pénombre, sans éclat de nature même quand le
soleil brille, et que traversent des voix blanches. Êtres et
choses y sont bien pour passer plus que pour exister, pour
rester au silence plutôt que pour le rompre.8
Il linguaggio, voce bianca tendente al silenzio e alla penombra, si muove in questa
realtà effimera. Il paradosso dell'opera blanchotiana sta nell'opporre il silenzio al
linguaggio nel loro punto d'incontro, la scrittura:
La scrittura dice l'indicibile, dice e tace l'indicibile.
L'alterità della scrittura non chiede ascolto, non chiede
udienza, perché
essa non si propone di informare, di persuadere, di
educare, di sensibilizzare. Essa si dà nel tacere, nel
silenzio della lettura e non ha niente da disvelare, tuttavia
dice e per giunta è inquietante e attraente come un volto
che tace.9
6
Blanchot M., Le Pas au-delà, op.cit., p.46
7
Blanchot M., Celui qui ne m'accompagnait pas , op.cit., pp.135-136
8
Jarrety M., Blanchot: figures de la limite, in " N.R.F. ", n.397, Février 1986, p.72
9
Ponzio A., Il rapporto di alterità in Bachtin, Blanchot, Levinas, in " L'immagine riflessa " , VII, 1984, p.390
6
Per Blanchot il potere negativo della parola diventa resistenza a qualsiasi
affermazione:
Si pour nier, il faut dire et, disant, affirmer; si, en
conséquence, le langage semble ne pouvoir se libérer
d'une première affirmation de sorte que, lorsque tu parles,
tu es déjà prisonnier, luttant toujours en retard contre elle,
d'une énonciation qui s'affirme d'abord comme parole et
affirme dans la parole, il faudrait encore savoir ce que
veut dire cette affirmation, énonciation. Dit-elle
seulement ce qui est (le ciel est bleu)? Oui, en disant le
ciel est bleu, dit-elle: avant d'énoncer et en énonçant, j'ai
transgessé l'interdiction silencieuse en la retournant en
presomption positive, parlant alors selon ce qu'il y a à
dire(le devoir-dire). Oui, quelque chose toujours nous
précède quand nous parlons: l'écart même qui n'est rien
de positif ou d'énonciatif qui serait plutôt la distance de
l'entre-dire que nous ne connaissons, l'ayant déjà figée,
que comme interdiction. Le devoir-dire de la trangression
(qui n'est pas non plus une négation, le simple refus d'une
limitation), voilà ce qui, semblant parler dans toute
parole, l'aggrave jusqu'à la faire taire. Parler c'est
s'obbligeant à parler, dire l'obbligation d'un devoir-dire
(le droit à la parole, droit sans droit) qui se prononce face
à l'interdiction.10
Nello scontro tra linguaggio e presenza Blanchot conquista le realtà che sembrano
meglio contenerlo: il neutro e l'anonimato. Il neutro che segue l'essere, senza
riportarlo alla grossolanità del non-essere, ha già disperso l'essere stesso e si rifiuta di
presentarsi nella semplice presenza, afferrabile solamente per via negativa, sotto il
velo protettore del non:
Je n'affirmerai pas que cet espace fût déjà nettement
délimité, mais il pouvait l'être, je le sentais, et qu'il le
serait dès que j'y serais entré, du moins le serait peut-être,
un doute demeurait.(...) S'il n'y avait eu entre lui et moi
une incertitude qui nous protégeait l'un et l'autre, s'il n'y
avait eu ma faiblesse, la sienne, ma faiblesse si supérieure
à moi, si décidée et si sûre, je n'aurais pu même pressentir
la pensée assez vaste pour nous contenir tous deux.11
Si può credere ad un pensiero che in apparenza non consegna nessuna speranza, in
realtà esso porta alla fuga dall'angoscia e dalla morte che diventa il segno
dell'autenticità e della possibilità. Blanchot collega l'assenza di limite con la
prospettiva dell'impossibilità di trattenere il movimento verso l'al di là, in un
intervallo che conduce alla sovranità dell'essere impersonale.
10
Blanchot M., Le pas au-delà, op.cit., pp70-71
11
Blanchot M., Le Dernier homme , op.cit., p.108
7
I temi principali disseminati nella opera di Blanchot sono la distruzione, la
dispersione, la malattia e la morte: poco spazio è dato ad un tentativo di salvezza.
Anche il rapporto con l'Altro ( tema costante in Blanchot ), è impossibile e si riduce
ad un binomio scottante: " on parle " oppure " on tue ".
Un approccio serio e completo dell'opera di Blanchot non può essere condotto che nel
rispetto e in silenzio, interrogando i suoi testi che hanno il fascino e la profondità
dell'essenziale e se " l'essenziale è invisibile agli occhi " come scrisse Saint-Exupéry
ne Le Petit Prince, sarà opportuno ascoltare la parola blanchotiana che non è mai
gratuita, né volutamente difficile o lontana: porta solamente il grande peso
dell'assenza di verità.
8
CAPITOLO I°
Nascita di una vocazione.
L'approccio alla letteratura.
Qu'il ne soit question de Rien, jamais, pour Personne.
Il ne renonce pas à vivre, il ferme seulement les yeux.
M.B.
L'attività narrativa di Maurice Blanchot comincia nel secondo quinquennio degli anni
trenta dopo aver abbandonato le riviste politiche di estrema destra12 sulle quali
scriveva, abbandonandone anche gli ideali. Come egli arrivi a questo passaggio non è
chiaro, ma qualche critico tende a vedere nella sconfitta dell'utopia e della rivoluzione
auspicate dal Blanchot "politico"13, l'origine della carriera letteraria:
Il 'silenzio' sta dunque già nell'assenza di queste
tematiche, e l'attività di critico letterario è solo il punto di
arrivo di questo percorso, di un discorso che prende
finalmente atto della propria natura utopica, di
discorsività sull'inesistente che nasce in quanto parola e
riconosce allora che il proprio legittimo referente non può
che essere l'universo stesso della parola.14
Il silenzio a cui si fa riferimento è quello degli anni 1934 e 1935 nei quali Blanchot
non scrive e non collabora a nessuna rivista e dove è opportuno pensare ci sia stata la
svolta decisiva che l'ha portato ad occuparsi esclusivamente di letteratura. Tra l'altro,
proprio al 1935 risale la stesura di una novella, Le Dernier mot cui farà seguito un
anno dopo L'Idylle ( poi raccolti in volume nel 195215). A questo periodo possiamo
senza dubbio far risalire la nascita alla letteratura che incanala la già presente
vocazione di scrittore su binari più precisi e su una strada che non sarà mai più
abbandonata. È lo stesso Blanchot a spiegarlo:
On me demande de communiquer avec moi-même, en
exergue à ces deux récits anciens, si anciens(une
cinquantaine d'années) que, sans tenir compte des
12
Tra le altre Réaction, Revue du XX siècle, Combat, Le Rempart, L'Insurgé, Le Journal des Débats.
13
La sconfitta è quella della Francia, dei giovani francesi che, secondo Blanchot, non hanno saputo attuare una rivolta e
una rivoluzione, come invece è avvenuto in Italia, in Germania e in Russia. La Francia non ha saputo creare un governo
forte, non ha saputo opporre un rifiuto al disagio della coscienza, al disordine della società e alla crisi dell'economia. (
Cfr. Articoli del giugno 1933 su Le Rempart.)
14
Castoldi A., in A.A.V.V., numero speciale dedicato a Blanchot dalla rivista "Nuova Corrente", n.XXXII, 1985, p.33
15
Blanchot M., Le Ressassement éternel, Les editions de Minuit, 1952
9
difficultés précédemment exprimées, il ne m'est pas
possible de savoir qui les a écrits, comment ils se sont
écrits et à quelle exigence inconnue ils ont dû répondre.
Je me souviens ( ce n'est qu'un souvenir, trompeur peut-
être ) que j'étais étonnamment étranger à la littérature
environnante et ne connaissant que la littérature dite
classique, avec une ouverture cependant sur Valéry,
Goethe et Jean-Paul. Rien qui pût préparer à ces textes
innocents où retentissaient les présages meurtriers des
temps futurs.(...) Assurément, commencer d'écrire pour
parvenir aussitôt au terme (qui eût été la rencontre du mot
dernier), cela signifie au moins l'espérance de ne pas faire
carrière et de trouver le plus court chemin pour en finir
dès le début.16
Reticente e misterioso come sempre non è facile mostrare il percorso che ha portato
Blanchot a dedicarsi alla letteratura. La tendenza ad oscurare la realtà, come se ci
fosse sempre qualcosa da tacere oppure da suggerire per provocare il lettore,
contrastano in parte con l'ordine e la logica estremi su cui si fonda il suo pensiero. È
l'invito al Noli me legere, che a più riprese Blanchot invita i suoi lettori a fare:
Interdiction de lecture qui signifie à l'auteur son congé.
'Tu ne me liras pas' 'Je ne subsiste comme texte à lire que
par la consumation qui t'a lentement retiré l'être en
écrivant.' 'Jamais tu ne sauras ce que tu as écrit, même si
tu n'as écrit que pour le savoir.' Avant l'oeuvre, oeuvre
d'art, oeuvre d'écriture, oeuvre de parole, il n'y a pas
d'artiste, ni d'écrivain, ni de sujet parlant, puisque c'est la
production qui produit le producteur, le faisant naître ou
apparaître en le prouvant...le faire prime l'être qui ne se
fait qu'en faisant.(...) Mais si l'oeuvre écrite produit et
prouve l'écrivain, une fois faite elle ne témoigne que de la
dissolution de celui-ci, de sa disparition, de sa défection
et, pour s'exprimer plus brutalement, de sa mort, au reste
jamais définitivement constatée: mort qui ne peut donner
lieu à un constat.(...) Or, qu'est-ce que cet être, musicien,
philosophe, écrivain ou artiste, ou Souverain, qui peut
tout et ne fait rien? Exactement le génie romantique, un
Moi si supérieur à lui-même et à sa création qu'il se
défend orgueilleusement de se manifester, un Dieu donc
qui se refuserait à être démiurge, le Tout-Puissant infini
qui ne saurait condescendre à se limiter par quelque
oeuvre, fût-elle sublime.17
Après coup segna una tappa fondamentale del pensiero di Blanchot; scritto venti
anni dopo l'ultimo racconto è un testo meno oscuro, più sincero come se la cerebralità
si fosse trasformata in confessione in modo da dare al lettore un mezzo di
interpretazione dell'opera blanchotiana.
16
Blanchot M., Après coup, Minuit, 1983, pp.91-92
17
Ibidem, pp.85-86-87
10
Un altro testo che può aiutare a interpretare meglio il periodo oscuro di quegli anni è
un breve racconto uscito a sorpresa nel 1994, a distanza di trentadue anni dall'ultimo
racconto e a quasi dieci dall'ultima pubblicazione di Blanchot: L'Instant de ma
mort18. Potrebbe essere la chiusura del cerchio oppure l'inizio di un altro. È un testo
che sembra un frammento di memoria, un flash-back del passato, un lampo che
riporta al tempo della seconda guerra mondiale. Forse è un episodio autobiografico
che ripercorre il momento in cui è scattata la vocazione letteraria di Blanchot, l'attimo
che gli ha rivelato il senso profondo della morte, qualcosa da non dimenticare
nell'istante della morte. Il sentore che si tratti di un testo autobiografico si ha alla fine
delle venti pagine. Blanchot accenna all'incontro tra Malraux, Paulhan e il
protagonista:
Plus tard, revenu à Paris, il rencontra Malraux.(...) Avec
Paulhan, il fit faire des recherches qui ne pouvaient que
rester vaines.19
Il personaggio, Blanchot oppure qualcuno di realmente esistito, è vittima di un
episodio al tempo della Francia occupata quando i nazisti andavano di casa in casa
per scovare ebrei e nemici politici. Di fatto alcuni soldati russi che si spacciano per
tedeschi arrivano al Castello in cui abita la famiglia del protagonista.
Improvvisamente arrivano i veri tedeschi che fanno scappare i russi e il ragazzo.
Finita la battaglia il ragazzo torna e scopre che tre fattorie erano state bruciate ma che
il Castello era rimasto intatto:
Alors commença sans doute pour le jeune homme le
tourment de l'injustice. Plus d'exstase; le sentiment qu'il
n'était vivant que parce que, même aux yeux des Russes,
il appartenait à une classe noble.
C'était cela, la guerre: la vie pour les uns, pour les autres,
la cruauté de l'assassinat.
Demeurait cependant, au moment où la fusillade n'était
plus qu'en attente, le sentiment de légèreté que je ne
saurais traduire: libéré de la vie? l'infini qui s'ouvre? Ni
bonheur, ni malheur. Ni l'absence de crainte et peut-être
déjà le pas au-delà. Je sais, j'imagine que ce sentiment
inanalysable changea ce qui lui restait d'existence.
Comme si la mort hors de lui ne pouvait désormais que se
heurter à la mort en lui. « Je suis vivant. Non, tu es mort.
»
L'episodio fa scattare il dramma nel protagonista, un dramma non dovuto alla morte,
ormai diventata elemento acquisito, ma all'ingiustizia: la morte è leggera quando
diventa certezza ma l'ingiustizia non può essere sopportata. Blanchot lo definisce
incontro della morte con la morte. La situazione fa scattare nel ragazzo un sentimento
18
Blanchot M., L'Instant de ma mort, Fata Morgana, 1994
19
Ibidem, op.cit., p.19
11
di leggerezza che lo lega per sempre alla morte in una amicizia surretizia. L'istante lo
segna e lo consegna alla storia, anche se soltanto la sua.
Con questo racconto Blanchot vuole spiegare la situazione in cui egli stesso si è
trovato. Se fosse un frammento autobiografico, si collocherebbe alla metà degli anni
quaranta e cioè negli anni della svolta tra il primo e il secondo periodo narrativo,
ovvero nel passaggio dal romanzo al racconto. Gli scritti politici di Blanchot
inneggianti alla rivoluzione e in seguito la disillusione per la mancata riuscita del
cambiamento sono noti. Dopo la delusione degli ideali rivoluzionari Blanchot
propone una sorta di revisione del suo pensiero, alla luce dell'esperienza della guerra:
abbandona gli ideali politici e si dedica alla letteratura nell'istante stesso in cui prende
coscienza della morte20. La presa di coscienza di non essere più vivo, ma morto,
indirizza Blanchot verso la definitiva decisione di distruggere l'opera e di portarla
all'oblio. Blanchot crede che la letteratura possa sostituirsi alla politica e possa
compiere una rivoluzione che verrà concretizzata, quella del linguaggio.
L'Instant de ma mort esprime anche un senso di ingiustizia profondo nei riguardi
della guerra, un sentimento inanalizzabile, a metà tra felicità e infelicità. Il Castello
potrebbe simboleggiare la letteratura che rimane intatta anche dopo la sconfitta degli
ideali e la vittoria dell'ingiustizia. Un significato sicuro non c'è e d'altronde Blanchot,
come in tutti i suoi scritti offre solo ipotesi. L'unica certezza che rimane costante è la
conquista della morte:
Qu'importe. Seul demeure le sentiment de légèreté qui est
la mort même ou, pour le dire plus précisément, l'instant
de ma mort désormais en instance.21
Blanchot sceglie la letteratura e il suo approccio al romanzo riflette una concezione
romantica22:
Le romancier doit se donner une loi et la valeur réelle de
cette loi, ainsi que la volonté plus o moins forte de rejeter
tout ce qui ne lui est pas conforme, misureront seules la
solidité de son ouvrage. Ne rien écrire et ne rien faire qui
ne marque une défaite réfléchie du hasard et par là aussi,
sa victoire, c'est la première pensée que doive savoir un
écrivain, s'il veut vraiment être un auteur.23
20
Quando Blanchot ha smesso di scrivere sulle riviste di destra legate all'Action française, egli non ha più preso
posizioni precise, in particolare dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale. Solamente verso la fine degli anni
settanta Blanchot ritorna ad affrontare questioni politiche, condannando l'olocausto in testi come L'Entretien infini , e
prendendo posizioni di sinistra, concernenti la questione algerina e gli " anni caldi " del 1968, a fianco del movimento
studentesco. L'Instant de ma mort, scritto a distanza di 50 anni, sembra quindi essere importante come anello di
congiunzione tra i due passaggi: dalla politica alla letteratura e da posizioni di destra a quelle di sinistra.
21
Blanchot M., L'Instant de ma mort, op.cit., p.20
22
Cfr. anche Todorov T., La Réflexion sur la littérature dans la France contemporaine, in "Poétique", 1978,
pp.131-148, in particolare i passi relativi al frammento e all'individualismo, tipicamente romantici.
23
Blanchot M., Faux pas, Gallimard, 1943
12
Per Blanchot non esiste un al di là o un al di qua della scrittura: l'opera nasce dalla
solitudine essenziale e dal sentimento d'isolamento e di abbandono dello scrittore.
L'attività artistica dà allo scrittore la coscienza di non essere l'autore delle sue opere e
la forza di combattere contro l'impossibilità dell'opera di realizzarsi:
Il commença d'entendre à coté de ce qu'elle disait et
comme en arrière, mais dans une étendue sans
profondeur, sans haut ni bas, et pourtant matériellement
situable, une autre parole avec laquelle la sienne n'avait
presque rien de commun.24
Il ne saurait jamais ce qu'il savait. C'était cela, la
solitude.25
L'affermazione di Blanchot che vede il romanziere come un critico che gioca con
l'illusione del lettore, introduce un discorso fondamentale che va affrontato prima di
iniziare qualsiasi tipo di analisi delle sue opere: capire quanto il lavoro di critico
influenzi i testi narrativi di Blanchot, e viceversa. Si tratta di vedere, cioè, se le analisi
fatte in sede critica, siano al centro delle preoccupazioni del romanziere. Blanchot
dice che c'è analogia tra l'azione del leggere e dello scrivere e il critico può anche
scrivere un libro, cadendo dalla condizione privilegiata in cui è libero, verso quella
priva di libertà, tipica del romanziere.
Una divisione tra critica e finzione non è possibile, le due cose in Blanchot si
amalgamano: alcuni saggi critici26 contengono frammenti narrativi mentre alcuni
racconti27 sembrano essere trattati filosofici, se si considera che in essi tutto si svolge
quasi in una camera stagna del cervello dove il pensiero ha libero corso. È quindi
difficile stabilire contatti e differenze anche se si può affermare che le opere critiche e
dunque l'analisi di opere altrui servano a Blanchot da sostegno alla propria
meditazione. Talvolta i saggi esercitano un'influenza sui romanzi e i racconti, come
se Blanchot scegliesse autori a lui congeniali e poi riportasse le sue riflessioni nei
racconti. 28
La critica per Blanchot non è una attività passiva e distaccata, incaricata di spiegare
un autore. Egli avvicina le opere altrui in modo da penetrarle e da ricostruirle
partendo dal loro nucleo fondamentale, immedesimandosi nell'opera analizzata. I testi
critici di Blanchot sono delle ricerche che si estendono a tutti i livelli della letteratura
e a prima vista sembra che non ci sia un rapporto di causalità tra le diverse parti che li
compongono. Ogni capitolo potrebbe essere letto separatamente eppure il legame
esiste: è la ricerca aperta nel luogo in cui trovare significa mostrare tracce e non
inventare prove. Blanchot è come un detective che procede svelando i segreti
24
Blanchot M., L'Attente l'oubli, op.cit., p.25
25
Ibidem, p.27
26
Blanchot M., Le Pas au-delà, Gallimard, 1973 e L'écriture du désastre, Gallimard, 1980
27
Blanchot M., Au Moment voulu, Gallimard, 1951 e L'Arrêt de mort, Gallimard , 1948
28
Nel secondo capitolo si analizzerà il rapporto di Blanchot con le opere di Kafka per dimostrare la relazione
complicata tra Blanchot critico e Blanchot scrittore.
13
dell'opera. Non c'è distacco tra Blanchot e l'autore che sta analizzando: egli tende
all'unione, all'assimilazione e all'associazione con lo scrittore di cui parla.
Blanchot può farlo perché, secondo lui, lo scrittore non ha niente da dire: attratto dal
silenzio, non può fare un uso cosciente del linguaggio. L'opera segna la sconfitta
dello scrittore, poiché questi non può conquistare che il nulla:
Qui affirme la littérature en elle -même, n'affirme rien.
Qui la cherche, ne cherche que ce qui se dérobe; qui la
trouve, ne trouve que ce qui est en deçà ou, chose pire,
au-delà de la littérature. C'est pourquoi, finalement, c'est
la non-littérature que chaque livre poursuit comme
l'essence de ce qu'il aime et voudrait passionnément
découvrir. Il ne faut donc pas dire que tout livre relève de
la seule littérature, mais que chaque livre décide
absolument d'elle. Il ne faut pas dire que toute oeuvre
tirerait sa réalité et sa valeur de son pouvoir de se
confirmer à l'essence de la littérature, ni même de son
droit à dévoiler ou à affirmer cette essence. Car jamais
une oeuvre ne peut se donner pour objet la question qui la
porte.29
Analizzando Mallarmé, Kafka, Musil30, Blanchot non fa altro che percorrere la sua
strada, mescolando le sue idee con quelle degli altri scrittori e facendo ciò, egli non
rivela mai quali sono le tracce di Kafka e quali sono le sue, per il motivo che lui
stesso è incapace di dissociarsi dalla sua proiezione sull'autore. Il lettore deve da solo
cercare di discernere e individuare i pensieri dell'uno e dell'altro:
De l'usage difficile de la critique. Le critique ne lit
presque pas. Ce n'est pas toujours faute de temps; mais il
ne peut pas lire, ne songeant qu'à écrire, et s'il semplifie,
parfois en compliquant, s'il loue, s'il blâme, s'il se
débarrasse hâtivement de la simplicité du livre en y
substituant la rectitude d'un jugement ou l'affirmation
bienvieillante de sa riche compréhension, c'est que
l'impatience le pousse, c'est que, ne pouvant lire un livre,
il lui faut n'en avoir pas lu vingt, trente et bien davantage,
et cette non-lecture innombrable qui d'un côté l'absorbe,
de l'autre la néglige, l'invitant à passer toujours plus vite
d'un livre à un autre, d'un livre qu'il ne lit guère à un autre
qu'il croit avoir déjà lu, afin de parvenir à ce moment où,
n'ayant rien lu de tous les livres, il se heurtera peut-être à
lui-même, dans le désoeuvrement qui lui permettrait
enfin de commencer à lire, si depuis longtemps il n'était à
son tour devenu un auteur.31
29
Blanchot M., Le Livre à venir, op.cit., pp.273-274
30
I tre autori hanno influenzato di più Blanchot e di fatto sono gli autori a cui Blanchot fa riferimento spesso nelle
opere critiche. In particolare Mallarmé è considerato da Blanchot come colui che ha posto l'attenzione sul problema del
linguaggio e lo ha rivoluzionato (cfr., L'Espace littéraire, op.cit., pp.30-48); Kafka come colui che ha saputo esprimere
il diritto alla morte della letteratura (cfr., De Kafka à Kafka, Gallimard, 1982); Musil come colui che ha raccontato il
declino della società contemp oranea (cfr., Le Livre à venir, op.cit., pp.184-206).
31
Ibidem, p.207
14
Gli autori da lui prediletti hanno presente il senso della morte e hanno fatto della
solitudine, della notte, dell'estremo, della distruzione i capisaldi delle loro opere. Essi
influenzano in maniera evidente Blanchot e un'analisi delle sue opere narrative deve
basarsi sulla sua concezione del romanzo, espressa nei suoi scritti, proprio quando
analizza altri scrittori.
Bisogna rispondere insomma alle inquietanti domande: " Che cos'è la letteratura? " e
soprattutto " È possibile la letteratura? ":
Une réponse juste s'enracine dans la question. Elle vit de
la question. Le sens commun croit qu'elle la supprime.
Dans les périodes dites heureuses, en effet, seules les
réponses semblent vivantes. Mais ce bonheur de
l'affirmation dépérit bientôt. La réponse authentique est
toujours vie de la question. Elle peut se refermer sur
celle -ci, mais pour la préserver en la gardant ouverte.
« Qu'en est-il de l'art, qu'en est-il de la littérature? » Une
telle interrogation, sans doute nous vient-elle de nous-
même, au sein de notre temps. Cependant, si, chaque fois
qu'il lui est répondu, indifférente à ces réponses, elle se
pose à nouveau, il faut bien voir dans cet « à nouveau »
une exigence qui d'abord nous étonne. Il se peut que la
question cherche seulement à se perdre dans la répétition
où ce qui a été dit une fois, s'apaise en redites....Maintenir
les oppositions, les laisser se heurter dans l'espace stérile
où ce qui s'oppose ne se rencontre pas, cela n'a rien à voir
avec le vif de la question. Il faut donc écarter ces
contrariétés qui laissent les problèmes et, au contraire,
tenir fermement la littérature à l'écart des débats où elle
se divise sans pouvoir remonter à elle -même comme à
l'origine de ce partage.32
Per Blanchot lo scrittore è colui che entra nel luogo della solitudine gloriosa della
ragione, senza superare l'universale. Lo scrittore non va verso un mondo in cui tutto
si ordina secondo chiarezza. Non scopre il linguaggio che parla per tutti. Ciò che
parla in lui è il fatto che in una maniera o nell'altra, non è più se stesso, non è più
nessuno:
Peut-être tous les " je " lui faisaient-ils signe; peut-être,
par ce seul mot, chacun avait-il le pouvoir de lui dire
quelque chose d'important; mais elle le lui rendit plus
proche, plus intime. Elle fut moi pour lui, et pourtant
c'était comme un moi à l'abandon, un moi ouvert et qui ne
se souvenait de personne.33
La critica può diventare romanzo e viceversa. Blanchot si impossessa dei due mezzi e
li utilizza, mescolandoli creando uno spazio indefinibile tutto suo a metà fra i due. Il
32
Blanchot M., L'Espace littéraire, op.cit., pp.281-282
33
Blanchot M., Le Dernier homme , op.cit., p.29
15
seguente paragrafo su Mallarmé vale da esempio per tutti e mette in evidenza il
concetto principale, ovvero che Blanchot evidenzia le concezioni e gli aspetti
principali di altri scrittori sviluppandoli e rielaborandoli a suo modo:
A cet espace, Mallarmé restitue la profondeur. Une
phrase ne se contente pas de se dérouler d'une manière
linéaire; elle s'ouvre; par cette ouverture s'étagent, se
dégagent, s'espacent et se resserrent, à des profondeurs de
niveaux différents, d'autres mouvements de phrases,
d'autres rythmes de paroles, qui sont en rapport les uns
avec les autres selon de fermes déterminations de
structure, quoique étrangères à la logique ordinaire-
logique de subordination-laquelle détruit l'espace et
uniformise le mouvement. Mallarmé est le seul écrivain
qu'on puisse dire profond. Il ne l'est pas d'une manière
métaphorique, et à cause du sens intellectuellement
profond de ce qu'il dit; mais ce qu'il dit suppose un
espace à plusieurs dimensions et ne peut s'entendre que
selon cette profondeur spatiale qu'il faut appréhender
simultanément à des niveaux différents.34
La rielaborazione avviene in tre momenti: dapprima si assiste all'assimilazione
manifestata nella pagina critica ovvero è possibile notare come parlando di Mallarmé,
Blanchot non fa altro che parlare di se stesso quando per esempio parla di " espace à
plusieurs dimensions ". In seguito Blanchot passa alla teorizzazione: in questo caso,
lo spazio ipotizzato da Mallarmé diventa lo spazio letterario blanchotiano. Infine la
realizzazione dei due primi passaggi nei testi narrativi di Blanchot, quando egli
riversa il discorso critico nella scrittura romanzesca, creando un universo di parole,
personaggi e situazioni presenti nello spazio da lui voluto:
Elle parle, parlée plutôt que parlant, comme si sa propre
parole la traversait vivante et la transformait
douloureusement en l'espace d'une autre parole, toujours
interrompue, sans vie. (...) Cette parole égale qu'il entend,
il la distingue à la limite de tout ce qu'elle dit, mais la
distinguer, c'est déjà la rendre différente, la forcer en son
indifférence. Cette parole égale qu'il entend: ni de près ni
de loin, ne donnant pas d'espace et ne laissant pas les
choses se situer dans l'espace...cependant toujours dite,
qouique cachée dans la simplicité de ce qu'elle dit.35
Blanchot è prima critico e romanziere? Come critico è cosciente delle condizioni e
delle esigenze diverse che reggono l'arte del romanzo. Accade spesso che il critico
prenda il sopravvento sul romanziere nelle opere narrative, facendo filtrare il proprio
pensiero. Di fatto, per l'enorme presenza di riflessioni e di meditazioni filosofiche
34
Blanchot M., Le Livre à venir, op.cit., p.321
35
Blanchot M., L'Attente l'oubli, op.cit., pp.150-151
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espresse a più riprese all'interno di un racconto è difficile dire che i romanzi e i
racconti blanchotiani siano soltanto opere di narrativa:
Penché contre toi, pensée contre laquelle je m'appuie,
mon front sur lequel pèse mon front, infranchissable
gravité qui pourtant cède parfois pour me donner le
sentiment du passé, espace très froid où l'espace, stérile,
retourne à l'espace. Pourqoui dois-je te garder, toi qui me
gardes? C'est un grand souci. Vivre ainsi en tout si loin
de tout, et supporter la légèreté comme un poids,
t'adresser la parole qui ne t'atteint pas, ne m'exprime pas,
- et te tenir ferme pour que tu restes rigouresement
délimitée, petite chambre où il faut que quelqu'un
demeure.36
Per Blanchot il romanzo non ha per obiettivo la creazione di avvenimenti o lo
svolgimento di una storia:
C'est que je suis lié, non pas à une histoire, mais au fait
que, l'histoire risquant de me manquer de plus en plus,
cette pauvreté, loin de me procurer des jours plus
simples, attire ce qui me reste de vie dans un mouvement
cruellement embrouillé dont je ne sais rien, sinon qu'il
suscite l'impatience d'un désir qui ne veut plus attendre,
comme s'il s'agissait de me rendre au plus tôt là où il me
presse de venir, bien qu'il consiste précisément à
m'éloigner de tout but et à m'interdire d'aller nulle part.37
Egli cerca di realizzare un romanzo in cui tutto sia messo in discussione,
reinventando la realtà che ha perso consistenza. La realtà è priva di punti d'appoggio
e non ha più valori sicuri su cui fondarsi. Blanchot assegna al lettore il compito di
decifrare gli enigmi essenziali derivanti dalla realtà in dissoluzione, e lo fa diventare
un viandante alla ricerca del niente, di un punto senza più termini contraddittori,
verso l'esperienza di un sentimento autentico.
Il superamento della dialettica.
36
Blanchot M., Le Dernier homme , op.cit., p.125
37
Blanchot M., Au Moment voulu, op.cit., p.156
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La nascita della vocazione letteraria di Blanchot risente dell'influenza del filosofo
romantico e idealista Hegel e del suo testo principale, La Fenomenologia dello
Spirito. Il pensiero di Hegel ha condizionato tutta la prima fase del pensiero di
Blanchot dagli scritti critici di Faux Pas e La Part du feu,38compresa la prima
versione di Thomas l'obscur, fino al 1948, anno di stesura dell'ultimo romanzo, Le
Très-Haut:
Hegel è probabilmente l'autore con cui Blanchot si è
incontrato per primo e con cui non ha mai smesso di
confrontarsi, anche se in modo sempre più polemico,
all'interno della sua scrittura; molto frequente è
l'assimilazione concettuale e terminologica che non rende
conto delle differenze, benchè queste spesso siano
tutt'altro che trascurabili. Nel caso di Hegel,
l'assimilazione avviene proprio all'altezza del nodo
morte-letteratura.39
Le concezioni di Hegel, che vengono riprese e sviluppate da Blanchot, sono
imperniate sul concetto di linguaggio inteso come soggetto e come Essere. Il soggetto
non afferma qualcosa ma l'anonimato della parola nella quale niente di ciò che si
presenta è presente. Tutto è linguaggio. Nel discorso, il linguaggio si assenta, diventa
parola e silenzio. L'esperienza del linguaggio sbarra ogni via d'accesso alla presenza
nella sua immediatezza:
Ma appunto per ciò esso ha da cominciare
immediatamente e, sotto qualsiasi circostanza, senza
preoccuparsi ulteriormente del cominciamento , del mezzo
e della fine, deve procedere all'azione.40
La visione dalettica di Hegel è la stessa di Blanchot: Hegel inserisce su un piano
dialettico la separazione tra soggetto e oggetto, tra l'essere e la sua manifestazione nel
divenire.
La dialettica hegeliana è un tentativo di porre in risalto la specificità dell'individuo
nel cosmo e del fenomeno della libertà. L'individuo emerge come soggetto, uscendo
fuori dall'essere, diventando autocoscienza che, mettendo in gioco la propria vita,
giunge alla certezza che la sua essenza non è l'essere immediato ma il puro essere per
sé, pura negatività, soggettività incondizionata. La decisione di essere senza essere è
la possibilità della morte; morire è andare incontro alla libertà che mi rende libero
dall'essere e anche al mio potere infinito di creare e di distruggere che si fonda su
quella libertà.
38
Blanchot M., La Part du feu, Gallimard, 1943
39
Tommasi W., in A.A.V.V., "Nuova corrente", op.cit., p.44
40
Hegel G.W.F., La Fenomenologia dello spirito, La Nuova Italia, 1974, p.332