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durata, per il fiume Reno nelle sezioni a monte e a valle della Chiusa di
Casalecchio, e per il Canale di Reno.
Allo scopo sono stati acquisiti dagli annali idrologici i dati di portata
del fiume Reno a Casalecchio e del Canale di Reno per il periodo 1930 –
1979, ad esclusione degli anni 1944 e 1945 non disponibili per cause
belliche. Successivamente i dati sono stati elaborati per applicare il valore di
DMV indicato dal documento regionale, e si è utilizzato un programma
scritto in linguaggio Fortran, di cui è riportato il codice sorgente, e il foglio
di calcolo elettronico Excel.
Nel quarto capitolo vengono presi in considerazione alcuni degli
effetti che la variazione di portate nel fiume Reno e nel Canale di Reno, a
seguito dell’applicazione del DMV, comporta sul Bacino del fiume Reno.
In particolare sono stati presi in considerazione i seguenti aspetti:
ξ l’aumento della portata di magra a valle della Chiusa di
Casalecchio e relativo beneficio per la vita acquatica;
ξ la riduzione dei volumi disponibili per uso irriguo;
ξ l’aumento del volume annuo di ricarica della falda;
ξ una minore diluizione degli inquinanti nel Canale Navile .
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Capitolo 1.
Il deflusso minimo vitale:
definizione e metodi di valutazione.
1.1. Definizione e riferimenti normativi.
Il deflusso minimo vitale è la portata d’acqua minima che deve
essere presente in un corso d’acqua per garantire la sopravvivenza
dell’ecosistema fluviale.
Il concetto di deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua superficiali è
stato introdotto nel quadro giuridico italiano dalla legge 183/’89. Questa
infatti al punto 1-i) art. 3, prescrive tra gli obiettivi dell’attività di
pianificazione “la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e
profonde, con un’efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo,
comunque, che l’insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo
deflusso costante vitale negli alvei sottesi…”.
Il concetto di D.M.V. è stato poi ripreso e meglio chiarito nell’art. 3
punto 3 della Legge n° 36/’94 il quale prevede che “nei bacini idrografici
caratterizzarti da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre
la linea di displuvio, le derivazioni siano regolate in modo da garantire il
livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tali da non
danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati”.
Una corretta definizione in termini quantitativi del D. M.V. è molto
complessa, la normativa infatti non suggerisce procedure operative per la
stima delle portate minime necessarie per la tutela o protezione della qualità
delle acque e della vita acquatica. Questa lacuna ha sollecitato gli Enti
istituzionalmente coinvolti da questa problematica a sviluppare specifiche
procedure di calcolo di differente complessità e accuratezza.
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1.2. Metodi di definizione.
Le metodologie per la definizione del DMV possono essere
schematicamente suddivise in due categorie sulla base dell’approccio
utilizzato:
ξ Idrologico
ξ Biologico
o sulla base dei principali criteri di indagine:
ξ Metodi a regionalizzazione
ξ Metodi sperimentali
1.2.1. Metodologie idrologiche e a regionalizzazione.
Le metodologie idrologiche impiegano unicamente dati idrologici e
forniscono come risultato un valore di portata minima rappresentato da una
portata di magra o da una sua frazione. Hanno il pregio di essere applicabili
in modo relativamente semplice e rapido, a condizione di possedere i dati
storici necessari, ma i risultati in termini di benefici ambientali sono
difficilmente stimabili a priori. Inoltre non tengono conto di tutto il
complesso insieme di variabili ambientali che interagiscono e che
concorrono a determinare l’habitat fluviale ed il suo ecosistema.
Questi modelli possono essere visti all’interno delle metodologie a
regionalizzazione in quanto prevedono il calcolo del DMV a partire da
parametri sintetici, quali: l’area del bacino sotteso della sezione di interesse,
la portata media del corso d’acqua, un particolare valore di portata legato ad
una prefissata durata dei deflussi ecc… Questi metodi sono tarati su valori
di portata che assicurano, in ambienti tipici, il normale sviluppo di una o più
specie ittiche di riferimento ed esprimono l’esigenza di generalizzare i
risultati su ambiti territoriali più ampi di quelli di campionamento, mediante
tecniche di regionalizzazione.
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1.2.2. Metodologie biologiche.
Le metodologie biologiche invece si basano sulle esigenze
ambientali di una o più specie indicatrici della comunità biologica fluviale e
forniscono come risultato un valore di biomassa o un indice di qualità
dell’habitat in funzione della portata del corso d’acqua. I limiti
dell’approccio biologico sono la complessità e l’elevato sforzo sperimentale
richiesto, ed il fatto che i risultati devono essere ulteriormente elaborati per
arrivare alla definizione di una portata di DMV. Però hanno il vantaggio di
fornire risultati che si riferiscono direttamente allo stato della comunità
biologica acquatica. Le metodiche biologiche sono più idonee allo scopo di
stimare un valore di DMV finalizzato alla tutela dell’ecosistema di un corso
d’acqua, mentre le formulazioni idrologiche sono l’idoneo strumento per
esportare ed applicare i risultati ottenuti sperimentalmente al di fuori
dell’ambito di studio.
1.2.3. Metodologie sperimentali.
I metodi sperimentali sono basati su tecniche di rilevamento
sperimentali finalizzate all’accertamento puntuale delle condizioni
ambientali ottimali per una prefissata specie, per la quale siano noti i valori
di idoneità ambientale, solitamente espressi in termini di profondità delle
acque, velocità della corrente e caratteristiche del substrato di scorrimento.
Al termine delle campagne di misura vengono costruite della curve che
esprimono, in funzione della portata, la larghezza dell’alveo o la sezione
bagnata disponibile. Dall’individuazione di caratteristiche geometriche
sufficienti per lo sviluppo della specie di riferimento deriva il valore minimo
di portata da assicurare in alveo.
Le formulazioni basate unicamente su parametri idrologici sono in
grado di fornire stime puramente indicative del DMV, in quanto la vita
acquatica è condizionata non solo dal parametro “portata minima”, ma
anche da un insieme molto ampio di variabili spesso mutuamente
dipendenti.
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1.2.4. Conclusioni.
Le metodologie idrologiche prevedono, come già detto, il calcolo del
deflusso minimo vitale a partire da parametri sintetici (portata media,
annuale o mensile, od un particolare valore della “magra”), solo in
pochissimi casi questi metodi traggono origine da osservazioni sperimentali
integrate, traducono piuttosto l’esigenza di ottenere risultati considerati
accettabili in quanto prossimi ad una situazione critica naturale. L’ipotesi
principale che sta alla base della maggior parte delle procedure di questo
tipo consiste nel considerare la quantità di deflusso idrico come la variabile
fondamentale nella definizione della qualità dell’habitat fluviale. Ciò vale a
dire che, indipendentemente dalle condizioni di temperatura, di qualità
dell’acqua, e della geomorfologia dell’alveo fluviale, la sopravvivenza delle
specie fluviali dipende essenzialmente dalla quantità di acqua che scorre nel
fiume. Tale assunzione risulta in pratica difficilmente generalizzabile nel
contesto dei corsi d’acqua italiani, assai diversi tra loro per regimi
idrologici, per scenari ambientali, per condizioni idrogeologiche ecc…
Le principali difficoltà ed incertezze nell’applicazione dei metodi
idrologici riguardano i seguenti aspetti:
ξ scarsa disponibilità di dati di deflusso;
ξ i deflussi di magra attualmente misurati e/o misurabili non sono
quasi mai quelli “naturali” e sono spesso soggetti ad una notevole
variabilità lungo l’asta del fiume per fattori idrogeologici e per la
presenza di invasi, captazioni, scarichi;
ξ può non esserci correlazione tra conservazione dell’habitat per una
data specie e portate di magra assolute;
ξ gli effetti ambientali dipendono molto, a parità di portata, anche
dalla forma e struttura dell’alveo;
ξ la validità dei risultati ottenuti dall’applicazione di tali metodi non è
facilmente verificabile.
D’altro canto i modelli di tipo biologico sono subordinati alla
disponibilità di informazioni sperimentali sia riguardo la variabile risposta,
sia riguardo le variabili predittrici che si intende correlare alla variabile
risposta. È molto difficile selezionare e stimare tutte quelle variabili che
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determinano la popolazione stabilmente presente in un corso d’acqua. Infatti
oltre alla complessità dei fenomeni che influenzano le popolazioni ittiche si
aggiunge spesso una serie di fattori, che non dipendono direttamente dalla
caratteristiche ambientali del corso d’acqua, come ad esempio fattori
antropici (la pesca sportiva, e tutte le operazioni ad essa legate, come
ripopolamento e gare).
Nasce perciò la difficoltà in modelli di questo tipo di fornire una
stima realistica della popolazione ittica che il corso d’acqua è
potenzialmente in grado di accogliere.
Inoltre i parametri delle relazioni funzionali sono in genere sito
specifici e poco generalizzabili a realtà differenti. Quindi i modelli di questo
tipo sono in generale validi solo ed esclusivamente in zone analoghe a
quelle in cui sono stati sviluppati, e per questo motivo la loro applicazione è
subordinata, perlomeno, ad una verifica della loro validità. Prima di
utilizzare una certa metodologia biologica è necessario verificarne l’idoneità
per i corsi d’acqua di interesse.