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“Nella vita, metà dei fallimenti derivano
dal trattenere il proprio cavallo quando sta per saltare”
JULIUS E AUGUSTUS HARE
CAPITOLO I
Evoluzione storica e fonti normative
del concordato preventivo
1.1. Il percorso storico del concordato preventivo
Le prime norme relative alla regolazione delle procedure di
fallimento sono presenti nel codice del commercio del 1882, mentre
il concetto di concordato preventivo per le piccole imprese viene in-
trodotto, per la prima volta, vent’anni dopo, con la legge 197/1903
1
.
Una tappa fondamentale per l’evoluzione della normativa nel
concordato preventivo è stata la legge fallimentare del 1942, la qua-
le ha caratterizzato questo istituto giuridico nell’ottica di maggior
tutela delle necessità dei creditori, che veniva attuata laddove era
possibile, evitando il fallimento all’imprenditore e garantendo tempi
1
CUFFARO V., SASSANI B., Codice civile e procedura civile e leggi complementari (a
cura di), Giuffrè Editore, Milano, 2010, p. 1078.
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piø rapidi e percentuali di riparto dell’attivo piø grandi per i credito-
ri
2
. Dal lato delle imprese di grandi dimensioni la legge fallimentare
del ’42 permetteva la possibilità operativa del controllo pubblico
della grande impresa insolvente e ne vietava la sua dichiarazione di
fallimento, specie con riferimento a particolari imprese pubbliche,
quali banche ed assicurazioni, ma anche altri enti pubblici
3
.
L’interpretazione giuridica della normativa del 1942 portò ad
una graduale diminuzione dell’importanza della tutela dei creditori
a vantaggio della possibilità di dare all’organizzazione aziendale in
crisi la possibilità di ripartire. L’istituto, quindi, andava incontro al-
le aspettative di quegli imprenditori onesti ma sfortunati, permet-
tendo il recupero dell’impresa nel rispetto degli interessi sia dei di-
pendenti che dei fornitori, al fine di preservare il valore sociale che
l’impresa rappresentava per la collettività. Il concordato preventivo
diventava, in questo contesto, uno strumento che permetteva un ri-
assetto economico finanziario all’impresa, che diventava la base per
2
CELENTANO P., FORGILLO E., Fallimento e concordati. Le soluzioni giudiziali e ne-
goziate delle crisi dopo le riforme, Wolters Kluwer Italia, Milano, 2008, p. 1068.
3
GHIA L., L'esdebitazione. Evoluzione storica, profili sostanziali, procedurali e com-
paratistici, Wolters Kluwer Italia, Milano, 2008, p. 89.
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l’entrata di nuovi capitali e, quindi, di nuovi soci, che permettessero
all’azienda di riavviarsi completamente
4
.
Durante gli anni ‘70 ed ’80 non sono state emanate normative
importanti in materia di concordato preventivo e negli anni succes-
sivi la situazione di stallo legislativo perdurò. Successivamente nel
2000 si riaccese, da parte politica, l’interesse verso un’eventuale ri-
forma della legge fallimentare e dei suoi istituti collegati, alla luce
di permettere anche un adeguamento alla normativa europea di ri-
chiamo per la materia ed in particolare il recepimento del regola-
mento n. 1346 del Consiglio d’Europa, che riguardava le procedure
di insolvenza delle imprese transfrontaliere. Il Governo istituì, con
decreto legge 28 novembre 2001, la Commissione Trevisanato, la
quale doveva elaborare un nuovo testo per la legge fallimentare nel
suo complesso
5
.
Dal lato della protezione degli interessi dei lavoratori coin-
volti in aziende in difficoltà economico-finanziaria, l’art. 3 della
legge n. 223/1991 ha esteso, anche alle imprese sottoposte a con-
cordato preventivo a mezzo di cessione beni, la possibilità di far
beneficiare ai dipendenti dell’impresa esposta alla procedura di un
4
LO CASCIO G., Il concordato preventivo, Giuffrè Editore, Milano, 2011, p. 3.
5
GHIA L., L'esdebitazione. Evoluzione storica, profili sostanziali, procedurali e com-
paratistici, op. cit., p. 98.
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trattamento straordinario di integrazione salariale (cassa integrazio-
ne straordinaria concorsuale), della durata di un anno
6
.
Con il d. lgs. 270/1999 il governo effettuò una riforma com-
plessiva dell’istituto concorsuale dell’amministrazione straordinaria,
che andava, nel contempo, a raccogliere ed attuare le direttive euro-
pee emesse sulla materia. Nella nuova veste l’amministrazione stra-
ordinaria diventava un vero e proprio programma di risanamento
aziendale, a cui potevano accedere ora un ventaglio piø grande di
imprese, grazie alla nuova norma che permetteva la cessione a terzi
di rami d’azienda, oltre alla tradizionale azione di normalizzazione
dell’attività produttiva. L’unica condizione, per poter accedere
all’amministrazione straordinaria, rimaneva l’osservanza delle con-
dizioni previste dall’art. 5 della legge fallimentare 267/1942
7
.
Negli obiettivi del decreto legge 35/05 vi è la possibilità di
estendere il regime del concordato preventivo ad un numero piø
grande possibile di casi, soprattutto alle aziende che, pur versando
in stato di fallimento, si trovano nella condizione precedente lo sta-
to di insolvenza, quindi in una situazione di gravità economica e di
tesoreria che impedisce il soddisfacimento dei crediti a breve, pur
6
CELENTANO P., FORGILLO E., Fallimento e concordati. Le soluzioni giudiziali e ne-
goziate delle crisi dopo le riforme, op. cit., p. 607.
7
LO CASCIO G., Il concordato preventivo, op. cit., pp. 20-21.
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avendo tuttavia valori tra gli attivi che permettono la soddisfazione
di tutti i creditori
8
.
Il risultato principale del d. lgs 35/05 è stato quello di mutare
i presupposti, la funzione, ma soprattutto le fasi del procedimento
concordatario. Da un lato, infatti, cessa l’esigenza che
l’imprenditore si trovi in situazioni formali tali da determinare la
meritevolezza di questi all’accesso al concordato, mentre la volon-
tarietà dell’atto da parte del debitore permane una condizione so-
stanziale. Tra gli altri requisiti oggettivi, non piø obbligatori, spari-
scono la regolare tenuta della contabilità da almeno due anni e
l’assenza di precedenti condanne per bancarotta o fallimento, nØ
tanto meno viene piø richiesto il pagamento di almeno il 40% dei
crediti chirografari
9
. L’aspetto piø innovativo è dato dalla non esi-
stenza di un limite minimo nella percentuale di pagamento del cre-
dito, nØ la preventiva condizione di soddisfacimento al 100% dei
creditori privilegiati, i quali anch’essi fanno parte dello stato del
8
VILLANACCI G., Il concordato preventivo, Wolters Kluwer Italia, 2010, pp. 9-10.
9
DI MARZIO F., Il nuovo diritto della crisi di impresa e del fallimento, Ita edizioni,
Torino, 2006, p. 307.
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passivo, soltanto con una percentuale maggiorata di soddisfazione
del credito vantato
10
.
Il decreto 35/2005 ha, anche, fatto entrare in vigore l'art. 182
bis, il quale prevede una particolare forma di concordato preventivo,
dove l’imprenditore in difficoltà deposita in Tribunale un accordo
di ristrutturazione dei debiti in essere, già firmato da almeno il 60%
dei creditori. A corredo della documentazione, il debitore deve pre-
sentare anche una relazione tecnica effettuata da un perito esterno,
che attesti la fattibilità dell’operazione ed il soddisfacimento di tutti
i creditori coinvolti, non soltanto quindi di quelli che hanno siglato
l’accordo, ma di tutto lo stato passivo in generale. L’indiscusso van-
taggio di questo tipo di concordato è la velocità dell’operazione, in-
fatti, l’imprenditore si presenta in Tribunale già con l’accordo fir-
mato e con la soluzione prospettata, spetterà soltanto al Tribunale
omologare il concordato e così l’impresa potrà, in poco tempo,
chiudere la situazione di passivo che si era creata ed iniziare una
nuova fase produttiva.
La legge 80/2005 ha approvato, in modo quasi inalterato, il
testo emesso d’urgenza con il d. lgs. 35/2005, gli unici aspetti che
10
SANDULLI M., Le procedure concorsuali, in. “Manuale di diritto commerciale” (a
cura di) Buonocore V., Torino, G. Giappichelli, 2011, pp. 1102-1104.
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sono variati hanno soltanto un’importanza formale. Così, dal punto
di vista sostanziale, gli ambiti di novità del d. lgs 35/2005 sono giu-
dicati, nel complesso, aventi un impatto parziale, rispetto alla stori-
ca riforma del 1942
11
.
Una delle conseguenze della riforma del 2005 è che, in base
all’art. 25 del d. lgs 35/2005, il giudice delegato non svolge piø
funzione di dirigere le operazioni di fallimento, ma esercita soltanto
un’azione di vigilanza e controllo, mirata ad una supervisione sul
normale svolgimento di tutto il procedimento. Va segnalato, anche,
che il giudice delegato non ha piø il potere di autorizzare il curatore
a nominare le persone di fiducia che svolgeranno attività nelle fasi
del fallimento. Il curatore viene ora nominato dal Tribunale in due
modalità, la prima con la sentenza dichiarativa di fallimento che si
ha nella fase iniziale, mentre se il fallimento è già partito e c’è stata
richiesta di sostituzione da parte dei creditori viene emesso un ap-
posito decreto. L’aspetto di importanza risiede, quindi, nella possi-
bilità data ai creditori di sostituire il curatore fallimentare, ove non
sia gradito dalla maggioranza e questo delinea ancor piø la conce-
zione privatistica del fallimento, che inquadra le funzioni del cura-
tore come se agisse come mandatario dei creditori stessi.
11
LO CASCIO G., Il concordato preventivo, op, cit., p. 70.