4
Capitolo I
INQUADRAMENTO DELLA MATERIA
1. Rapida esegesi dell'art.77 cost.
Il decreto legge rappresenta, per certi aspetti, un unicuum nel panorama
internazionale; è difficile inquadrare questo istituto all'interno di una
repubblica parlamentare come la nostra. In quanto l'organo deputato a
legiferare ordinariamente è il Parlamento, concedere questa possibilità ad un
diverso organo, non elettivo, può rappresentare un vulnus istituzionale. È il
Governo, infatti, il titolare del potere di normazione nei casi straordinari di
necessità ed urgenza: un organo, come detto, non scelto direttamente dai
cittadini, come non scelto direttamente è il suo vertice: il Presidente del
Consiglio, che solo con l'avvento della seconda Repubblica è (solitamente)
ben conoscibile preventivamente dall'elettore. Certo, il rapporto Governo-
Parlamento si regge sul rapporto di fiducia
1
, ma ciò è sufficiente per afferrare
dogmaticamente lo strumento del decreto legge? Il fatto che esso si sia
sempre imposto fin dall'unificazione dello stato italiano non ne agevola la
risposta, perché la prassi spesso è foriera di dubbi più che di certezze e
perché le risposte date dalla dottrina, come vedremo, sono molteplici e
controverse. Sentiremo parlare, nel corso dello scritto, di necessità, di
1
Nei sistemi parlamentari e semipresidenziali il governo deve avere la fiducia del
parlamento. In alcuni ordinamenti (tra cui quello italiano) questo comporta che il primo
ministro, nominato dal capo dello stato, deve sottoporre il proprio programma di governo al
voto di fiducia del parlamento e, nel caso non lo ottenga, si deve dimettere;
5
inquadramento fisico della disciplina all'interno del corpus normativo, ma
l'unica certezza che possiamo anticipare è quella che del decreto legge si è
abusato e continuiamo ad abusarne: chi ritiene che dopo la famosa sentenza
n.360/1996
2
siamo rientrati in un uso corretto e conforme a quello che la
Costituzione e, con essa, i costituenti avevano tracciato compie un errore di
sufficienza che ci proponiamo di sconfessare.
La materia della decretazione d'urgenza è da sempre una delle più difficili da
inquadrare, perché si situa, per sua stessa natura, ai margini del diritto,
inteso come insieme di norme che regolano la vita dei consociati. Com'è
possibile, infatti, individuare aprioristicamente quelle situazioni che, sole,
possono sovvertire il normale iter legislativo, incentrato sulla sacralità del
Parlamento, in quanto organo rappresentativo del corpo elettorale?
Il decreto legge è un provvedimento provvisorio con forza di legge: sia nel
suo aspetto positivo, ovvero quale idoneità a innovare nell'ordine giuridico,
che negativo, ovvero quale resistenza nei confronti di atti non legislativi; ciò
lo differenzia dalle altre ordinanze necessitate che possiedono solo la forza
attiva in quanto possono essere eluse anche da meri atti amministrativi o
giurisdizionali. Il decreto legge è indispensabile perché sopperisce alle
mancanze dell'ordinario apparato legislativo, incapace di fronteggiare le
esigenze di tempestività e segretezza imposte da speciali situazioni di
emergenza. Questa indispensabilità è costituzionalizzata all'art.77 in modo
da costruire un appiglio testuale a situazioni eccezionali e, pertanto,
impossibili da inquadrare.
2
Vedi Capitolo III, paragrafo 4;
6
Proviamo a fare una rapida esegesi del testo costituzionale.
L'articolo 77 recita:
“Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che
abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo adotta, sotto la
sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno
stesso presentarli per la conversione alle camere che, anche se sciolte, sono
appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni. I decreti perdono efficacia
sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro
pubblicazione.
Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base
dei decreti non convertiti”.
Il primo comma emana la regola generale secondo cui l'esecutivo, se non è
abilitato a ciò dal legislativo, non può emanare atti aventi forza di legge. Il
secondo comma, tuttavia, pare derogare a tale regola generale, introducendo
da subito alcune difficoltà di coordinamento che fanno nascere dubbi
interpretativi e dottrine discordanti sia sul valore da attribuire al secondo
comma, sia sulla possibilità stessa di inquadrare il decreto legge tra gli atti
con forza di legge
3
.
Un decreto legge può essere emanato soltanto ove sussistano le condizioni
di necessità ed urgenza; chiaramente i concetti di necessità ed urgenza sono
per loro natura indeterminati, allora sorge la necessità di individuare l'organo
cui spetta una tale valutazione, in particolare se essa sia esclusivamente
3
Nel diritto costituzionale sono atti aventi forza di legge gli atti normativi, emanati dal
governo e solitamente denominati decreti od ordinanze, ai quali l'ordinamento attribuisce la
stessa forza della legge ordinaria, collocandoli allo stesso rango nella gerarchia delle fonti
del diritto;
7
politica, volendo perseguire gli indirizzi prefissati dal Governo nel suo
programma elettorale od, invece, possa essere anche giuridica. Tale
valutazione spetta in primo luogo al Governo e al Presidente della
Repubblica chiamato ad emanare il decreto legge; tuttavia anche la Corte
Costituzionale s'è dichiarata competente, quantomeno nei casi di evidente
mancanza
4
; e il parlamento cui spetta il compito di verificare l'effettiva
sussistenza dei requisiti.
Primo e secondo comma paiono emanare principi confliggenti; tuttavia tale
conflittualità può essere risolta differenziando, alla stregua di un grande
studioso americano, Dworkin, tra regole e principi: mentre le prime si
escludono vicendevolmente, i secondi sono sempre concorrenti, per cui
occorre trovare il miglior bilanciamento possibile
5
. Applicare un principio
significa applicare anche i principi ad esso concorrenti “alla ricerca del modo
di sacrificare ciascuno nella misura minore possibile con il rispetto dovuto a
ciascun altro”
6
. I due commi dell'art.77 Cost. vanno letti congiuntamente
rispettando la sequenza con cui sono stati scritti; per cui possono essere
collegati da una congiunzione come “a meno che”.
I decreti legge non convertiti entro sessanta giorni perdono efficacia sin
4
Sent. n. 29/1995;
5
Dworkin è noto per la sua critica al positivismo giuridico di Hart; la teoria di Dworkin è,
infatti, "interpretativa": la legge è qualsiasi cosa scaturisca da un'interpretazione costruttiva
della storia istituzionale di un sistema legale. Secondo Dworkin, oltre alle regole (o
prescrizioni) ci sarebbero anche i princìpi, da lui stesso definiti "carte vincenti": le prime si
applicano alla maniera del "tutto o niente", i princìpi invece hanno la dimensione del peso e
dell'importanza (se x, allora y, a meno che z). Inoltre, mentre le prescrizioni possono essere
giuste o ingiuste, i princìpi possono solo essere giusti, in quanto nascono da esigenze di
giustizia;
6
L. GIANFORMAGGIO, L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole ed
argomentazione basata su princìpi, in Riv. intern. fil. dir., 1985, p. 70 s., con interpretazione
fedele al pensiero di Vezio Crisafulli, sostiene che, essendo norme, i princìpi rilevano sul
piano dei significati e non su quello degli enunciati, e cioè sul piano delle disposizioni: e
dunque – conclude l’A. – «una stessa disposizione potrebbe benissimo essere intesa una
volta come regola ed altra volta come principio» ;
8
dall'inizio e la decadenza ne travolge tutti gli effetti.
Il Parlamento regola i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto non
convertito: è l'istituto della sanatoria
7
, che consente di dare una base
giuridica a quei fatti che pur non avendo trovato l'appiglio legislativo naturale
dell'iter di conversione hanno prodotto effetti nel mondo giuridico ed
aspettative tra i consociati.
Questa è un'analisi il più piana possibile dell'istituto, un istituto che pur
rimanendo invariato nella sua formulazione costituzionale ha subito un
travaglio notevole negli oltre sessanta anni di esistenza, travaglio causato da
una dialettica molto aspra in dottrina e da sentenze che non possiamo
esitare a definire storiche per la radicale mutazione dei modi d'intendere il
decreto legge nel corso degli anni.
Il decreto legge è deliberato dal consiglio dei ministri, emanato dal presidente
della Repubblica ed immediatamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale; il
decreto legge viene presentato il giorno stesso alle Camere, che, anche se
sciolte, si riuniscono entro cinque giorni, perché la conversione rientra tra i
poteri delle camere in regime di prorogatio. Il decreto legge viene presentato
come allegato del disegno di legge di conversione
8
. I regolamenti
parlamentari
9
si differenziano nei due rami del Parlamento: infatti, alla
Camera non c'è più il parere preventivo della Commissione affari
costituzionali, sostituito da un procedimento alquanto complesso costituito
da: una relazione del Governo (di accompagnamento alla legge di
conversione) contenente i requisiti di necessità ed urgenza che hanno
7
Vedi Capitolo IV;
8
Vedi Capitolo I, Paragrafo 4;
9
Vedi Capitolo II, Paragrafo 9;
9
occasionato l'adozione del decreto legge con gli effetti attesi e le
conseguenze delle norme da esso recate sull'ordinamento ed, inoltre, il
decreto legge è sottoposto sia alla commissione referente competente, sia al
Comitato per la legislazione
10
, il quale deve verificare che il decreto legge
contenga, stante la previsione dell'art.15 legge n.400/1988
11
, misure di
immediata applicazione con contenuto specifico, omogeneo e corrispondente
al titolo.
Al Senato, invece, è ancora previsto il parere obbligatorio della Commissione
affari costituzionali sui requisiti di necessità ed urgenza, parere che deve
essere espresso preventivamente
12
.
10
Vedi Capitolo II, Paragrafo 9.2;
11
Vedi Capitolo II, Paragrafo 6;
12
Il regolamento parlamentare, ai sensi degli artt. 64 e 72 della Costituzione disciplina
l'organizzazione e il funzionamento di ciascuna delle due Camere del Parlamento. I
regolamenti parlamentari sono stati varati nel 1971 e modificati nel 1997 (per quanto attiene
alla Camera) e nel 1999 (per quanto attiene al Senato);