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Introduzione
Quale eroismo?
In un nucleo di racconti antichissimi vanno ricercate le origini degli eroi nella civiltà
greca. Queste storie, trasmesse a lungo oralmente, rappresentavano il fondamento
ideale di tutta quanta la cultura e i personaggi che le popolavano erano uomini di
as c e nde nz a divi na , se mi de i le c ui c a pa c it à tra v a li c a va no que ll e d e ll ’uomo or dinar io ,
senza tuttavia poter essere paragonate a quelle dei numi.
L ’ a mbi va lenz a è a nc h e la stra or dinar ietà de ll a f ig ur a d e ll ’e roe , c a pa c e di
rendersi tra mi te tr a l’um a nit à e le realtà celesti. A questo si deve la concezione sacra
dei protagonisti del mito, a lungo rimasta nello spirito greco, per la quale essi non
sono semplici frutti della finzione immaginativa, ma veri e propri protettori
de ll ’uomo. La somiglianza fra eroi e uomini è una caratteristica peculiare della
mitologia ellenica; la forza dei primi è sovente commisurata alla loro nobiltà
d’ a nimo, ma non sempre è così: fin dalle origini essi popolano le più svariate opere
letterarie e si rendono protagonisti di azioni meritevoli come delle più crudeli
atrocità.
N e ll ’e pica sta, c ome ovv io, il genere che più li rappresenta. A lungo ci si è
interrogati, per esempio, sulla psicologia del personaggio omerico: i poemi sono,
infatti, avidi d ’informazioni nei riguardi dei rivolgimenti interiori dei protagonisti.
Questo perché il comportamento che osservano si conforma a un modello di tensione
condivisa ve rso la g lor ia e l’ono re . Indubbiamente, le riflessioni morali che li
animano sono semplificate rispetto alle esigenze moderne. La loro grandezza risiede
ne ll ’e sser e c ostanteme nt e in azione, mai domi di prodigarsi per la conquista di
consenso socia le. L a g u e rr a divent a l’oc c a sione per realizzare atti di valore. Se
cercassimo la componente che fa scaturire le azioni di questi eroi antichi, essa
a ndre bbe identific a ta c on lo θυ μ ός ,
1
l ’isti nto pulsi o na le o , se vogliamo, un contrasto
di istinti che poi vede il prevalere di uno solo in nome de ll ’a utoaf f e rma z ione .
Tuttavia, questa estrema esteriorizzazione delle scelte, che immediatamente si
1
Si veda GIULIO GUIDORIZZI, Il mito greco, II, Milano, Mondadori, 2012 (I Meridiani), p. XXIX.
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traducono in atti, caratterizza soltanto gli eroi arcaici: nel corso del tempo la loro
identità è stata più volte sottoposta a modificazioni.
La figura eroica si evolve e diventa se mpr e più c ompl e ssa. L ’e c c e z ionali tà,
che è la caratteristica fondamentale che dovrebbe contraddistinguerla, subisce
svariate declinazioni: è la straordinarietà nel bene come nella violenza, nella pietà
come nella drammaticità. Ci sono eroi che si macchiano di orrendi delitti e
ugualmente compiono imprese onorevoli in altri frangenti, ed è proprio
qu e st’alternanza nella grandezza a rendere difficile una definizione precisa di
eroismo greco.
Dopo i poemi delle origini, ci troviamo dinanzi ai protagonisti terribilmente
contrastati della tragedia, e poi a una sempre maggiore strutturazione interiore delle
figure eroiche, che oscillano fra la tradizione omerica e la reinterpretazione di quel
modello alla luce delle nuove istanze culturali. In particolare questo si verifica
ne ll ’e tà e ll e nist ica , c osì sper im e ntatric e da l pu nto di vist a letterario. Apollonio
Rodio, nelle Argonautiche, rende Giasone un uomo tormentato dai dubbi, insicuro,
più umano che eroico potremmo dire; egli trova consolazione nei compagni ed è, in
ogni caso, diff e re nt e da l l’e roe a rc a i c o. S ul modello de l poe ta a lessa ndrino si pone Valerio Flacco, autore latino di un poema epico omonimo molto più tardo e già oltre
l’esperienza virgiliana, con la quale era doveroso, oltre che inevitabile, confrontarsi.
La sua organizzazione epica trae quindi da un modello antico e da uno moderno e gli
eroi sulla scena, in particolare Giasone, da un lato risentono della caratterizzazione
originale , d a ll ’a lt ro si c a ric a no di nuovi c ompi ti , in li ne a c on i de sider i a utoria li di rinnovamento della fonte alla luce della cultura latina. Questo lavoro si propone di
affrontare la compagine eroica che si incontra nelle due opere. Prima di farlo, è però
necessario capire il senso originario del mito argonautico e, soprattutto, quale sia
l’interpretazione che ne danno i due autori, poiché essa ha un ruolo decisivo nel
de ter mi na r e il modo di a g ire e l’indol e de i p e rson a gg i.
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1.
Comprensione e significato del mito argonautico
Il leggendario viaggio argonautico costituisce uno dei cicli eroici più diffusi
a ll ’inte rno de l pa nor a ma mi tog ra fic o g re c o. Per la sua cospicua presenza
ne ll ’or iz z onte letter a rio di lungo periodo e per la suggestione che esercitò su svariati
autori, lo si può accostare alla saga tebana e alle vicende della guerra di Troia.
Numerose e differenti tra di loro sono le sue versioni: la formazione nella
cultura popolare delle gesta di Giasone e compagni risale a periodi remotissimi della
storia greca, sicuramente antecedenti alla stesura dei poemi omerici; lo dimostra la
presenza nel l’Odissea e ne ll ’ Iliade di riferimenti diretti alla saga degli eroi partiti da
Iolco alla volta della Colchide. Si veda, per esempio, il passo di Od. XII, 70-71 dove
il poeta, parlando della tremenda pericolosità delle isole Plancte, (probabilmente le
Eolie)
2
afferma: «S ola r iuscì a pa ssar vi una na ve mar ina, que ll ’A r g o c he tut ti c a ntano, torna ndo da l r e g no d’ E e ta » , in cui colpisce la dichiarazione di diffusione
ampia del racconto già a q u e st’a lt e z z a c ronol og ic a . Oppure, si confrontino il
rif e rimen to a ll a storia d’ a more tr a Gi asone e Issipile che troviamo in Il. VII, 467-
469: «Erano lì ormeggiate molte navi da Lemno, cariche di vino, spedite dal
giasonide Euneo, generato da Issipile a Giasone, pastore di popoli» e l’ a c c e nno al
fig li o de ll ’e ro e tessa lo in Il. XXI, 40-41.
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Altre notazioni di questo tipo sono presenti
in Esiodo, Th. 956-962, in cui è mostrata brevemente la genealogia di Eeta, e ancora
ai versi 992-1002, che ricordano i punti salienti della saga. Sempre il remoto poeta
originario di Ascra inserisce nel suo Catalogo delle donne un riferimento a Giasone
pa rla ndo d e ll a tra v a g li a t a infa nz ia d e ll ’e ro e , a ff i da to a l c e ntaur o C hiron e dopo la
cacciata del padre Esone da parte del fratello Pelia: «Esone generò il figlio Giasone
2
Questo vale con sicurezza per Apollonio Rodio (si confronti IV, 924). Più difficile è collocare con
precisione queste isole in Omero, come spesso accade per la geografia odissiaca, così dominata dalla
sospensione mitica in cui domina il senso di disorientamento: se la tradizione recente tende a
identificarle con queste isole del Mar Tirreno, fornendo così un itinerario plausibile al viaggio,
“ er r an ti” p er n atu r a e rano le Simplegadi nel Mar Nero, e chiamate inizialmente così erano anche le
Strofadi nel Mar Ionio, di cui Apollonio chiarisce la storia della denominazione a II, 296. Va inoltre
ricordato che molteplici sono le rotte supposte dai diversi mitografi per gli Argonauti durante il
viaggio di ritorno, ed è difficile intuire quale itinerario Omero avesse in mente.
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P er le t r ad u zio n i d ell’ Odissea e d ell’ Iliade ho fatto riferimento a OMERO, Odissea, a c. di ROSA
CALZECCHI ONESTI, Torino, Einaudi, 1963 e OMERO, Iliade, a c. di GIOVANNI CERRI, Milano, Rizzoli,
2003.
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pastore di genti / che Chirone allevò sul Pelio selvoso».
4
Questa parte del mito era
probabilmente ignota a Omero.
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Appare quindi chiaro che già in questi scrittori antichi la consapevolezza del
mito fosse ben presente, pur nella totale assenza di univocità delle vicende dei
personaggi: non deve stupire che la leggenda nota a Omero avesse ben poco in
comune con quella trattata più tardi da Apollonio Rodio e lo stesso si dica per gli
autori successivi che ebbero reciproche influenze. La porzione del racconto che fu
indubbiamente più soggetta a cambiamenti è quella del viaggio di ritorno in patria
della nave Argo, la cui rotta segue di volta in volta itinerari anche molto diversi fra
loro. Ancora ai tempi di Erodoto mancava comunanza di visione sul percorso, tanto è
vero che Pindaro, nella IV Ode Pitica, ne dà un ’i nter pr e taz ione molt o diver sa .
6
I luoghi letterari di diffusione della leggenda, in una qualunque delle sue
versioni, s’infittiscono nel tempo: tra le opere più antiche, oltre a Omero ed Esiodo,
vale la pena di ricordare i Naupactica, un poema in gran parte pe rduto de l l’V II I -VII
sec a. C. i cui frammenti superstiti sono in buona parte dedicati agli Argonauti, e
Epimenide di Creta, filosofo ma anche autore epico a cui probabilmente si deve la
stesura di un lungo poema sul medesimo mito, ora disperso. Tutte le fonti che
abbiamo risultano ovviamente distanti dal tempo di formazione della storia nella
coscienza popolare, poiché essa si consolidò con una prolungata trasmissione orale
di aedi e rapsodi, al pari di quello che accadde per le vicende dei poemi omerici.
Questa circolazione incontrollata dei primi secoli, proprio per la natura aleatoria
de ll ’or a li tà, è que ll a in c ui si vennero a formare la maggior parte delle varianti: quasi
ogni cantore, per e sigen z e mnemoniche e d ’inte r pr e taz ione , tendeva a modificare il
racconto. Le tracce delle reinterpretazioni sono giunte fino a noi in forma indiretta,
senza contare poi che gli stessi autori delle opere conservate possono, in alcuni casi,
aver agito direttamente sul mito oltre ad averne trasmessa la versione che più
soddisfaceva la loro sensibilità o la cultura dei loro tempi. In sostanza si tratta di una
«trasmissione mai passiva»,
7
di cui oggi possiamo leggere riferimenti sparsi, talvolta
4
Questa è la tr ad u zio n e d el f r . 1 9 d el test o , s ec o n d o l’ ed izio n e ap p r o n tata d a R za ch : Hesiodi Carmina,
recensuit ALOISIUS RZACH, Lipsia, Teubner, 1908, p. 137.
5
Si veda L. ACHILLEA STELLA, Mitologia greca, Torino, UTET, 1956, p. 576.
6
Per un confronto si legga ROBERT GRAVES, I miti greci, II, Milano, Longanesi, 1963, pp. 533 e ss.
7
ANTONIO MARTINA, Epimenide e l’epos argonautico, in «Aitia», II, 2012, messo online il 21 giugno
2012, consultato il 18 luglio 2013. URL: http://aitia.revues.org/368 ; DOI : 10.4000/aitia.368
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c onc e rn e nti l’int e ra sa g a , a lt rove soltanto una parte di essa. L ’a mpi a varietà narrativa
coinvolge le azioni dei singoli personaggi e il loro carattere, come pure i luoghi
visitati durante il viaggio e gli accadimenti, ma, a prescindere dalle differenze, è
possibile risalire alla motivazione profonda e al messaggio del mito stesso, almeno in
origine. I n a lt r e pa role , e sis te un’inter pr e taz ione de ll a vice nda c h e afferisce alla sua
essenza primaria. Come si è detto, gli autori che riportano la saga la declinano
secondo i loro scopi e, di conseguenza, organizzano la materia testuale dando risalto
di volta in volta a elementi diversi (si pensi per esempio alla tende nz a a ll ’ a it iol o gia
in Apollonio Rodio), ma è allo scaturire del racconto stesso che dobbiamo far risalire
il senso di attesa venata di timore che costella gli eventi: è la peregrinazione di eroi
greci che, partendo dal mondo civilizzato (o considerato tale), si trovano
pericolosamente a doverne fronteggiare un altro, del tutto enigmatico, ignoto, il cui
mistero si trova racchiuso nella considerazione della distanza spaziale e nella
percezione di una cultura straniera guardata con un misto di paura e attrattiva. Il
viaggio si potrebbe considerare una sorta di «spedizione iniziatica» per i giovani più
valorosi di Grecia, durante il quale essi formano le loro coscienze affrontando
estremi pericoli e danno luogo a eventi che «avrebbero segnato il corso della
civiltà».
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Questa valenza ideologica si sviluppa nella storia anche con riferimenti
im pli c it i a ll a pr im a c olo niz z a z ione mi c e ne a de ll e c oste de ll ’A sia Mi nore e de l Mar Nero, e anche ai primi stanziamenti ne ll ’Italia meridionale, cui fanno riferimento le
diverse versioni delle peregrinazioni argonautiche nel Mediterraneo occidentale.
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Come per ogni altro mito, quindi, l’obie tt ivo riman e la soddisfazione di un anelito di
conoscenza e la volontà di spiegare le cause di fenomeni diversi. In questo caso, il
c ontesto a ll ’ interno del quale avviene il passaggio tra desiderio di chiarezza e
appagamento dello stesso è culturale e anche sociale: si tratta di uomini (certamente
straordinari) che per la prima volta sfidano la legge di ciò che è lecito e violano
territori mai esplorati al di là del mare, portando con loro i valori che incarnano.
Molti degli episodi più celebri che costituiscono la saga sono improntati in questa
direzione e cercano di spi e ga re l’or i g ine de ll a c ult ur a greca in luoghi lontani dal
continente: per esempio, durante il soggiorno a Lemno, dove le donne sono rimaste
8
Si veda GUIDORIZZI, Il mito, pp. 537 e ss.
9
ANNA FERRARI, Dizionario di mitologia greca e latina, Torino, UTET, 1999, p. 73.
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sole dopo aver sterminato tutta la popolazione maschile, il novero di avventurieri si
fa carico del ripopolamento del territorio; nella terra dei Bebrici sconfigge e uccide
Amico, il barbaro sovrano che faceva della violenza brutale il prototipo della sua
personale virtù.
Oltre ad essere apportatori di progresso, gli Argonauti, con il loro passaggio,
bloccano il movimento delle Simplegadi, che simbolicamente impedivano di
giungere oltre il Bosforo, aprendo la strada a nuove rotte, e disinnescano le minacce
di una terra misteriosa: la Colchide. Il collegamento con questo luogo non è intessuto
soltanto in chiave negativa, ribaden do l’e str a ne it à de ll e tra diz ioni elleniche alla
primitività d’ olt re mar e , ma si c onfig u ra anche dal punto di vista mitico, dato che la
storia argonautica si accosta a quella del greco Frisso, congiunto di Giasone:
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costui
a ve va port a to c on sé il v e ll o d’ or o sc a pp a ndo da l la B e oz ia a ssi e me a ll a so re ll a Elle,
ed era morto alla corte di Eeta.
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L ’e roe nel suo viaggio non ha semplicemente il
compito di soddisfare le richieste di Pelia, ma quello di riprendere qualcosa che già
g li spetta e c he è ra ppr e s e ntativo dell’identit à gre c a .
Per questi motivi, non ci si può limitare a considerare la vicenda un
avvincente romanzo di avventure, quanto piuttosto un percorso di formazione che
persegue il miraggio di una prova straordinaria e che autorizza a definire il mito
l’ «Odissea dei mari orientali».
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Esemplare per questo discorso è la valenza dei
personaggi come protonavigatori e di Argo come «prima nave».
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Le versioni della
storia a questo proposito sono molteplici, tanto che è incerto se si possa parlare
effettivamente di questa imbarcazione come la prima manifestazione assoluta di
viaggio per mare a ll ’inte rno de i ra c c onti mi ti c i: a causa degli accenni a precedenti
avventure marittime, contenuti sia in Apollonio Rodio, sia in Flacco, sia in altri
autori, si potrebbe più facilmente parlare di prima nave greca nel Mar Nero, andando
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Erano, infatti, cugini di secondo grado, avendo come antenato comune il dio dei venti Eolo.
Qu est ’ u lti m o s i er a unito a Enarete e aveva generato molti figli, fra i quali Creteo e Atamante. Creteo
e Tiro avevano dato alla luce Esone, padre di Giasone (la madre si chiamava Alcimede). Atamante,
divenuto re di Beozia, si era sposato con Nefele, figlia di Cadmo, e aveva avuto due figli: Frisso ed
Elle.
11
Secondo Igino era stato ucciso per ordine del re, impaurito da una profezia che gli annunciava la
morte per mano di un discendente di Eolo. I n q u e s to ca s o Giaso n e è s p in to an c h e d all ’ id ea d i p o ter vendicare l ’ o f f esa arrecata al proprio consanguineo. In altre versioni, tra cui quelle adottate da
Apollonio Rodio e Valerio Flacco, Frisso non viene ucciso, ma muore serenamente fra i Colchi.
12
GUIDORIZZI, Il mito, p. 537.
13
Questa definizione si deve a ERNST ROBERT CURTIUS, La nave degli Argonauti, in Letteratura della
letteratura, a c. di LEA RITTER SANTINI, Bologna, Il Mulino, 1984, p. 301.
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c omunque a c onf e rma re l’a tt e nz ione ve rso la grecità diffusa in territori lontani. Argo
è il simbolo dello spostamento di un popolo, del movimento di una cultura che
diventa evoluzione attraverso la storia.
Senza negarne le affinità, vi è, in ogni caso, una notevole differenza tra gli
Ar g ona uti e l’ Odissea: si tra tt a de ll ’importa nte va lenz a c omuni tar ia de l viagg io, c he non è presente in Omero, dove anzi predomina il solitario peregrinare di Odisseo per
mare. L ’ e ro e a utar c hico non fa pa rt e d i questo mito, che, anzi, celebra uno sforzo
congiunto in cui le individualità vanno a costituire una forza maggiore proprio in
virtù della loro unione. Forse per questo motivo il fascino della leggenda si riscontra
nella sensibilità greca per così tanti secoli, anche dopo che il mito ha perso la sua
valenza meramente religiosa. I greci arcaici, così co me que ll i de ll ’e po c a c lassica e d ellenistica, vedevano negli Argonauti i pionieri ignoti della conoscenza, e nel loro
agire coordinato l’e mblema del sentire collettivo. Questi eroici personaggi che con
audacia affrontavano il loro destino sul mare vanno a ricoprire il ruolo di
predecessori di tutte le popolazioni greche e, in forza di questo riconoscimento, il
mito estende la sua influenza in altri campi oltre a quello letterario, come
l ’ic onogr a fia: ben prima di Apollonio Rodio e del suo raffinato poema, il motivo
della nave Argo in procinto di salpare per una delle sue avventure si ritrova in vasi
etruschi e greci del V-IV secolo, e ancora nel Tesoro dei Sicioni a Delfi.
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L ’ e norme popola rità c ui si è fa tt o c e nno è un a lt ro e leme nto che ha provocato
la continua mobilità del mito, intesa come il progressivo arricchimento di nuove
tappe del viaggio e nuove imprese. Poiché costituiva parte del patrimonio comune, la
saga ha subito le influenze degli avvenimenti storici, conservandone in qualche
modo le tracce: il cammino della nave ha finito per ricalcare il percorso delle navi
elleniche a Oriente e a Occidente, toccando Lampsaco, Cizico, la Pannonia, Lemno,
la Bitinia; come pure il Mar Adriatico e la Libia durante il viaggio di ritorno. Proprio
la sc e lt a d e ll ’itiner a rio di rie ntro a I olco se g n a un mom e nto c ruc ial e ne ll ’e sper ienz a argonautica. In Sofocle (fr. 547 Radt), Euripide (Medea, 431-433; 1261-1264),
Erodoro (31 F 10 Jacoby)
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e altri il percorso s e g uit o è lo stesso de ll ’a n da ta, ma
questo non spiega le testim onianz e di Ar g o in nav ig a z ione sul Tirr e no e l’ Adr iatico e
14
STELLA, Mitologia greca, p. 587.
15
Si vedano S. RADT, Tragicorum Graecorum Fragmenta, IV: Sophocles, Göttingen, Vandenhoeck &
Ruprecht, 1985 e F. JACOBY, Die Fragmente der griechischen Historiker, I-V, Leiden, Brill, 2005.