Introduzione
Il problema del debito pubblico è un argomento tutt’altro che recente
che si protrae da 150 anni. Infatti, già a partire dall’Unità d’Italia, il
nuovo Regno contava un rapporto tra il debito e il Pil pari al 40%
circa poiché molti dei debiti contratti dai singoli regni confluirono nel
nuovo Stato. E probabilmente si tratta del minimo storico poiché già
a partire dalla fine dell’ottocento il debito pubblico supererà il 100%
fino ad arrivare, dopo la prima guerra mondiale, al 160%.
Di conseguenza, l’analisi della sua struttura, della sua gestione e
della sua incidenza sulle variabili economiche ha sempre
rappresentato un punto fondamentale nell’ambito delle decisioni
politiche.
Partendo da un’osservazione prettamente storica, il primo capitolo
analizza il trend del debito dal dopoguerra fino alla nascita
dell’Unione monetaria Europea. A tal fine si tiene conto delle
politiche che hanno influito su di esso, di come sia variata nel tempo
la tipologia ed anche l’ammontare degli strumenti che lo
compongono, senza tralasciare la situazione economica del Paese.
Inoltre, il primo capitolo affronta anche un argomento di rilievo, vale
a dire, il passaggio da una politica monetaria incentrata sul sistema
bancario e sul rapporto tra il Tesoro e il Governo ad una più
indirizzata verso i mercati finanziari e l’integrazione a livello europeo
ed internazionale.
Il secondo capitolo costituisce un’analisi più approfondita dell’ultimo
periodo compreso tra l’entrata in vigore dell’Euro fino ai giorni nostri.
La crisi costituisce il tema centrale e, partendo da una breve analisi
delle cause, si analizzano gli effetti sull’economia italiana ed,
ovviamente, sul debito pubblico. Il passo successivo consiste in una
presentazione dei principali indicatori macroeconomici dell’economia
italiana, la loro variazione nel corso degli anni ed il confronto di essi
a livello internazionale.
Nella seconda metà del capitolo viene posta l’attenzione su un
aspetto più teorico che riguarda la gestione del debito pubblico
come entità a sé stante, in rapporto al Pil e in una situazione di
lungo periodo. In seguito, vengono effettuate tre simulazioni.
Partendo dai dati di fine 2012 relativi alla consistenza del debito, del
Pil, della spesa per interessi e dell’avanzo primario e, tenendo
conto del Piano di Riforma Nazionale pubblicato nel 2013, si ipotizza
l’eventuale evoluzione del debito nel lungo periodo: nel primo caso
viene valutato l’impatto che potrebbero avere le riforme, se
applicate, nel lungo periodo. Nel secondo caso si ipotizza uno
scenario privo di riforme e quindi con una crescita pressoché nulla.
Nel terzo ed ultimo caso si ipotizza l’impatto che potrebbero
generare dei maggiori investimenti sulla formazione del capitale
umano, sulle attività culturali e sull’innovazione.
Il terzo capitolo riguarda gli aspetti tecnici per la gestione del debito.
Al riguardo, vengono esaminate le diverse tipologie dei titoli pubblici
attualmente in circolazione, la modalità attraverso cui vengono
collocati sul mercato primario, i soggetti abilitati alla loro
negoziazione ed infine, il funzionamento dei mercati secondari MOT
ed MTS.
Il quarto capitolo affronta il tema dell’attuazione della politica
monetaria a livello comunitario e delle operazioni svolte dalla Banca
Centrale Europea. La crisi finanziaria del nuovo millennio ha messo
in evidenza degli aspetti critici della regolamentazione fino ad ora
utilizzata e pertanto, una parte del capitolo esamina i limiti della
Banca Centrale Europea, le nuove disposizioni in materia di fiscal
compact, la regolamentazione dei Credit Default Swap e delle
vendite allo scoperto. La parte conclusiva del capitolo analizza gli
effetti della crisi sul sistema finanziario italiano, i rischi a cui sono
esposte le banche e le operazioni di rifinanziamento effettuate
nell’ultimo periodo e le raccomandazioni da parte della
Commissione Europea nei confronti dell’Italia.
Il debito pubblico in Italia: evoluzione storica
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1.1 Il debito pubblico nella storia
Nelle economie moderne è pratica ormai comune ricorrere al debito
pubblico per finanziare eventuali disavanzi o per sostenere ingenti
spese improvvise. Nel passato era più frequente il ricorso alle
riserve auree e pertanto venivano accantonati i metalli preziosi; un
altro strumento consisteva nell’alienazione del demanio fiscale,
pratica ormai caduta in disuso tranne che in Germania che l’ha
accresciuto sempre più.
Anticamente, così come durante il Medio-Evo e nel periodo
dell’assolutismo monarchico, soggetti del rapporto, per così dire, di
debito pubblico erano le persone del monarca e dei singoli detentori
di capitali o una pluralità di essi. La natura del rapporto stesso era
pressoché esclusivamente privatistica, essendo accompagnato
l’impegno della parte debitrice, il sovrano, da forme di garanzie reali
(quali ipoteche e pegni sui beni di sua proprietà), o personali
(fideiussioni) o dalla promessa di concessioni di vario tipo (quali titoli
nobiliari, cariche pubbliche e privilegi). Oltre al ricorso alla
tesorizzazione, qualche volta i principi ricorsero al credito, ma
obbligandosi di persona. A parte ciò, durante il Medioevo, nei
comuni italiani l’economia basata sul credito era già sviluppata.
Basti pensare alle cosiddette prestanze fiorentine, ovvero, prestiti
forzosi distribuiti secondo la ricchezza individuale, rimborsabili a
termine fisso e con interessi garantiti. A Venezia si sviluppò per
opera dei Monti un sistema di prestiti prima chiamato Monte Nuovo
e Monte Nuovissimo, poi sostituito dai Banchi di depositi. I privati
depositavano il loro capitale e in cambio gli veniva rilasciata
un’obbligazione girabile come denaro. Altre forme erano presenti a
Il debito pubblico in Italia: evoluzione storica
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Genova (le compere di San. Giorgio), in Lombardia, nello Stato
Pontificio ed in Toscana.
È in epoca ben più recente, a partire dal XVIII secolo, che il debito
pubblico inizia ad assumere quei connotati che attualmente gli sono
propri. La trasformazione dello Stato che comporta la sempre
maggiore partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica, e, di
conseguenza, anche l’aumento delle spese pubbliche per la
soddisfazione di sempre maggiori bisogni collettivi, il mutamento
dell’assetto economico, che contempla la formazione di mercati
finanziari, una diversa distribuzione della ricchezza e un’accresciuta
organizzazione del sistema bancario e creditizio sono gli elementi
che hanno fatto via via assumere al debito pubblico la funzione, la
rilevanza e le dimensioni attuali.
Il 24 Dicembre del 1819, con regio editto Vittorio Emanuele primo
istituì il Gran libro del Debito Pubblico e nel 1831 aprì un primo
prestito con emissione di una nuova rendita per L.1.250.000
(Treccani, 2012). In seguito, con la proclamazione del Regno d’Italia
nel 1861 vi fu la necessità di procedere all’unificazione degli
ordinamenti amministrativi dei vecchi Stati confluiti nel nuovo
Regno. Pertanto, si provvide al riconoscimento dei titoli di debito
appartenenti ad essi e all’iscrizione degli stessi nel Gran libro del
Debito Pubblico.
Sin dalla nascita dello Stato italiano, i deficit di bilancio hanno
rappresentato, salvo brevi periodi, una tipica espressione della
finanza pubblica; e per coprirli, si è sempre fatto largo ricorso
all’indebitamento. Verso la fine degli anni Ottanta dell’Ottocento il
debito dello stato italiano aveva raggiunto quasi il 100 per cento del
PIL, sospinto dagli ingenti investimenti atti a finanziare le grandi
infrastrutture nazionali e le spese per la guerra contro l’Austria del
Il debito pubblico in Italia: evoluzione storica
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1866. Le spese belliche causate dalla prima guerra mondiale
determinarono un aumento del debito pubblico. Al termine della
guerra il debito ammontava probabilmente al 150 per cento del PIL.
Ridisceso negli anni successivi a livelli non superiori al 50 per cento
del PIL, tornò a superarne il 100 per cento per effetto della seconda
guerra mondiale.
Quindi, si può affermare che l’Italia è sempre stato ed è tuttora un
paese con un debito pubblico elevato. Gli anni in cui il debito è stato
superiore al prodotto non sono casi isolati (si veda figura 1.1).
Figura 1.1 Ricostruzione debito A.P. (1861-2001)
Fonte: Banca d’Italia, Il debito pubblico italiano dall’Unità ad oggi.
Il grafico fa riferimento al periodo che va dall’unità d’Italia fino al 2001. La ricostruzione della Banca d’Italia viene
confrontata con quelle effettuate dalla Direzione Generale del Debito Pubblico(1987), degli autori Zamagni(1998),
Spinelli(1989), Zamagni-Salvemini(1993) e Confalonieri-Gatti(1986). Le principali differenze sono riconducibili alla scelta
del settore istituzionale, alla definizione adottata che prevede il consolidamento tra e nei sottosettori e al trattamento del
debito estero.
Su 147 osservazioni l’incidenza del debito delle Amministrazioni
pubbliche sul PIL è stata superiore al 100% in 53 anni; ha superato
Il debito pubblico in Italia: evoluzione storica
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il 60% in 108 casi. Il periodo successivo alla seconda guerra
mondiale, caratterizzato dal miracolo economico e da un peso del
debito in media ben al di sotto del 35%, appare infatti come
un’eccezione.
1.2 Boom economico e crescita della spesa sociale
Fino agli inizi degli anni ’60, il ciclo espansivo dell'economia europea
e mondiale, gli aiuti internazionali, la stabilità dei prezzi, l'ampia
offerta di manodopera, il vigore del processo di investimento,
l'elevata crescita della produttività e, soprattutto, la crescita delle
esportazioni furono tutti elementi che consentirono all’economia
italiana di svilupparsi secondo ritmi tra i più elevati dell'intera storia
nazionale. Dal 1951 al 1963, i cosiddetti anni del “boom economico”,
il prodotto interno lordo (ai prezzi di mercato) quasi raddoppiò in
termini reali, con incrementi medi annui del 5,8% (del 7% tra il 1961
e il 1963).
In tale contesto, benché il debito pubblico fosse cresciuto in termini
assoluti, il rapporto debito/PIL rimase per lo più costante ed
aumentò di soli 5 punti nell’arco temporale che va dal 1951 al 1960.
Questi ultimi furono poi riassorbiti dell’eccezionale crescita in termini
sia reali che nominali del prodotto nei primi anni ’60
1
.
Ma quegli anni furono anche accompagnati da un basso livello di
protezione sociale.
La spesa per il welfare state non incideva sul bilancio come negli
altri Paesi europei quali Francia e Germania. Contrariamente a ciò
1
Si veda: IL DEBITO PUBBLICO IN ITALIA 1861-1987, Relazione del direttore generale alla
commissione parlamentare di vigilanza, Roma, 1988