tempo, raggiungere un livello di autocoscienza impossibile nella vita
vissuta
2
.
Sono queste considerazioni che mi hanno indotto ad
approfondire due temi, il Tempo e la Memoria -comuni ai due
scrittori- di cui ho voluto analizzare il percorso, osservare le continue
metamorfosi, inizialmente esaminando il saggio che egli scrisse su
Marcel Proust nel 1931. E' un resoconto sulle operazioni che
l'abitudine imprime nella memoria e le conseguenze che queste
producono nella soggettiva esperienza del Tempo. Qui il Tempo è
distruttore dell'identità dell'uomo, la cui essenza é possibile catturare
solo in quei pochi istanti in cui agisce la memoria involontaria. Ma il
Tempo non è solo un mostro divoratore, o un flusso organizzato di
eventi; talune volte si afferma negandosi e, mentre lo fa, diventa il
protagonista ombra sulla scena teatrale. Lo svolgimento dei drammi
sarà, in previsione di un tempo assente e presente, caratterizzato dalla
mancanza di un inizio e di una fine, sempre sull'orlo dell'abisso o alle
soglie di un infinito sconosciuto.
Beckett è pronto a dare a questo universo sconfinato una forma,
a renderlo drammatico, per questo motivo trasforma il Tempo in
2
Ivi p.9.
un'attesa interminabile, impossibile da misurare con gli orologi o i
calendari, e quindi impossibile da compiersi.
Questa sensazione d'infinito si traduce, in Waiting for Godot,
nella promessa di un arrivo che mai giungerà, e in Endgame, nella
promessa di una partenza che mai avverrà; in un tale atmosfera di
sospensione, sembrano aver perso di significato il presente, il passato
ed il futuro; pur tuttavia i personaggi hanno bisogno di costruire un
passato tutto loro, ed è possibile solo con l'inventare delle storie dal
sapore nostalgico. In questi drammi si vuole rappresentare la crisi
dell'epoca moderna, avvenuta con la rottura dalla precedente
tradizione storica; di conseguenza la memoria non è considerata più
come impalcatura consolidata dalle conoscenze, ma è più volte
presentata da Beckett come amnesia, oppure come mancanza o
alterazione di senso. In Krapp's Last Tape la memoria diventa uno
strumento tecnologico, una bobina su cui il protagonista registra i suoi
ricordi. Ma il vecchio si rende conto che questo stratagemma non può
far rivivere la vita, può solo rievocare quei pochi attimi intensamente
vissuti che si trasformano però in una sofferenza lacerante, ecco
dunque il protagonista ribellarsi alle ombre del passato e desiderare
una morte imminente.
E' un mondo morente quello descritto dall'autore irlandese, in
cui l'uomo è annientato dalle sue stesse invenzioni tecnologiche,
schiavo del suo Tempo. In Happy Days , Winnie vive in un presente
sempre identico a sé stesso, dove ogni suo gesto, ogni sua mania
rispetta un copione prestabilito. Gli oggetti che lei manipola e
consuma diventeranno con il tempo il mucchio di sporcizia che la
divorerà.
Le metamorfosi del Tempo e della Memoria, però, visibili sul
palcoscenico attraverso l'azione dei suoi personaggi, si trasformano
nei radiodrammi in impulsi sonori, in voci della memoria e suoni del
Tempo che, alternandosi, realizzano opere artistiche altamente
surreali, il cui messaggio, invisibile agli occhi, è invece catturato
dall'udito e rielaborato dalla immaginazione dell'ascoltatore.
La radio, strumento cieco per eccellenza, esercita un fascino
straordinario per il suo carattere di plasticità. I numerosi espedienti
tecnici di montaggio consentono di manipolare il tempo e lo spazio,
con la massima libertà, e dunque di produrre performance dalla rara
efficacia artistica, anche per il loro carattere incompiuto, frammentato.
Protagonista incontrastato di questi flussi memoriali è la voce, una
moltitudini di voci, non l'uomo a tutto tondo. Però spesso accade che
la voce, mentre si racconta, non è più capace di riconoscersi, ma quasi
avverte un segnale dall'inconscio: una voce ancestrale taking its
course.
L'istinto primordiale è quello di non ascoltarla, come fa Henry
in Embers, seduto sulla spiaggia, con lo sguardo fisso al mare, verso
un insondabile infinito, mentre vorrebbe che quell'involucro luminoso,
la vita, lo avvolgesse in un punto forse impossibile, in un tempo senza
tempo che per sua natura è inconoscibile.
Beckett ostinatamente prosegue la sua avventura artistica in un
dedalo di linguaggi scarnificati, di suoni rarefatti quasi impercettibili,
sempre pronto a realizzare metafore originali, nuovi mondi attraverso
memorie dal tessuto lacerato, che affermano la propria esistenza,
contro il potere del tempo e quindi della morte, del nulla. Nonostante
tutto, in esse si deposita un senso ricco di una densa molteplicità di
significati, e s'illumina l'insieme caotico del reale.
CAPITOLO I :
Tempo e Memoria nella vita artistica di Samuel Beckett
1.1 Due grandi protagonisti del nostro secolo: Il Tempo e la
Memoria
Uno degli interrogativi chiave di tutta la storia del pensiero
umano, è quello di chiedersi che cosa sia il Tempo. Sfugge a qualsiasi
definizione ed è più facile dire cosa non è. Potremmo affermare che
non esiste, ma non è così.
Nell'antichità il tempo era identificato con il ripetersi ciclico dei
fenomeni astronomici ed atmosferici, da cui tra l'altro deriva la
confusione nelle lingue neolatine, tra tempo cronologico ed
atmosferico
3
. Questa prospettiva circolare, di un eterno ritorno delle
cose viene interrotta inizialmente dalla visione giudaica prima e
dall'avvento del Cristianesimo poi in cui il tempo diventa lineare, vale
a dire che è possibile distinguere un principio, la Creazione ed una
fine, il Giudizio Universale, e un punto, la venuta di Gesù Cristo che
3
Giuliano Toraldo di Francia, "Aspetti del Tempo fisico" in Le Forme del Tempo e della
Memoria, Padova, ed 1+1, 1984, p. 109
separa nettamente il passato dal futuro. Durante il Medioevo, i
viaggi e i commerci acquistano una notevole importanza, e per la
prima volta il tempo diventa misurabile, viene identificato con il
denaro. Nell'età della "Nuova Scienza" si sviluppa invece un'idea del
Tempo che è lineare e cumulativa insieme, e si esprime in una crescita
infinita di situazioni, di sapere che si cumulano l'uno con l'altro, ciò
senza togliere nulla al suo sacro vincolo con la natura. Con
l'Ottocento, l'orologio astronomico che regolava i ritmi biologici e
naturali viene stravolto, distrutto da una nuova temporalità tecnica,
che avanza rapidamente: è il progresso, crudele nel suo manifestarsi,
sebbene sia stato accompagnato da certe malattie del Tempo, che sono
vere e proprie anomalie. Una testimonianza ce la dà Baudelaire, poeta
francese della fine del secolo diciannovesimo, quando si scaglia
contro la luce fredda dei soli artificiali, che hanno sostituito il sole, le
ore del giorno e della sera. Nietzsche è il primo invece a meditare sui
momenti morti, attimi panici, infiniti, in cui abbiamo percezione che
esiste un'altra dimensione parallela a quella lineare e cumulativa. Ma
il procedere veloce dell'evoluzione tecnologica ha il potere non solo di
divorare l'estasi di un secondo ma anche imprimere nell'animo degli
uomini un senso di oscillazione continua, di un'inesorabile scorrere
delle cose e di una perdita irrimediabile, il nuovo schiaccia l'antico: Il
Tempo della crescita diventa anche il tempo che trascina le cose al
nulla, la cronofilia, l'amore per il tempo, diventa in queste ideologie
della fine, che proprio nel momento della Prima Guerra Mondiale si
svilupparono maggiormente, cronofobia, cioè odio contro il tempo
4
.
Ogni edificio, ogni creazione, diventa simbolo di una futura volontà di
annientamento e le cose progettate, nel momento in cui sono erette,
portano con sé i segni della loro fine, un medesimo destino che le
stesse hanno decretato alle cose antiche di cui hanno preso il posto.
Possiamo andare oltre e affermare che la cosa ha un valore in quanto
porta con sé la traccia della propria fine, inscritta in sé
5
. Ecco dunque
quel senso di caducità latente che si manifesterà nell'amore per il
tramonto o nel fascino per l'apocalisse, gli ultimi giorni dell'Umanità.
Potrebbe ritornare ossessivamente nell'immaginario collettivo quella
visione antica di uno scheletro che agita una falce, il senso della morte
così evidente nelle iconografie del tardo Medioevo, che quasi
atterrisce. Ma di altra natura è la nostra inquietudine. Se è vero che
con Einstein e la sua teoria della relatività, la fisica di questo secolo
rileva che la misura del tempo dipende dal sistema di riferimento
4
cfr. Franco Rella, "Cronofilia e cronofobia nella culura contemporanea" cit. in Le Forme del
Tempo e della Memoria, p.63
dell'osservatore, l'aspetto più misterioso del Tempo è proprio il suo
scorrere, il suo andare in una direzione e non in un'altra. Un
interrogativo sorge spontaneo: cosa rende percepibile il suo scorrere?
Perché la percezione del Tempo è immediata ed inesprimibile? Il
dibattito filosofico e scientifico, a questo punto, si fa sempre più
acceso, il filosofo, Henry Bergson (1859-1941), nella sua famosa
opera L'evoluzione creatrice coglie l'aspetto del fluire, della durata
come espressione della vita stessa della coscienza umana. Di colpo si
abbattano le barriere tra tempo esteriore e tempo interiore. Ecco di
nuovo protagonista il microcosmo uomo: la sua soggettività è ora
intimamente correlata al carattere del tempo. I due eminenti filosofi
Husserl (1859-1939) e Heidegger (1889-1976) sviluppano
quest'aspetto. Entrambi maturano la convinzione che la struttura
fondamentale della soggettività sia il luogo in cui il tempo si
costituisce. Heidegger radicando il sorgere dell'esserci nella profondità
del Tempo (Dasein), fa un passo in più, scruta la possibilità che
proprio nella temporalità originaria ci sia il senso unitario dell'esserci
stesso. Quest'aspetto sarà poi ampiamente sviluppato nell'Universo di
Samuel Beckett, provocando numerose domande a proposito.
5
Ivi, p. 63
Potremmo anticiparne alcune, come la seguente: dove si sta
incamminando l'uomo? In un mondo in cui esistono una pluralità di
punti di vista e non è più possibile vedere la storia e l'uomo come un
processo unitario, si può solamente scorgere un'accelerazione
progressiva di ogni forma di esperienza fino a rendere impossibile il
costituirsi di una possibile tradizione: il sempre più radicale
temporalizzarsi della storia le sottrae così quella consistente tensione
da cui scaturisce il tempo come tempo storico
6
. Si avverte la frattura
che caratterizza l'età moderna all'indomani della Rivoluzione
Francese, essa ha radici profonde che possono risalire davvero dal
tramonto del Medioevo, dopo le rivoluzionarie teorie cosmologiche di
Copernico. Le sottilissime lacerazioni e scissioni che si sono aperte
lentamente durante tutti questi secoli portano con sé la traccia di una
crisi. Le rivoluzioni storiche, scientifiche e tecnologiche a cavallo tra
l'Ottocento ed il Novecento sottolineano drammaticamente la cesura,
la separazione e la differenza dal passato. Ma l'uomo è in ritardo nel
riconoscere che qualcosa di profondo è cambiato, annuncia la morte di
dio ma non ne è consapevole: è questa la ragione della sua follia. Il
non tempo che intercorre tra l'avvenimento e il suo assorbimento
nella coscienza degli uomini appare vuoto di vicende e pieno solo
6
Ugo Perone, Modernità e Memoria, Torino, S.E.I., 1989, p. 11
della differenza enorme che è accaduta senza tuttavia sapersi
riconoscere
7
. Abbiamo dunque un intervallo di vuoto che getta le
proprie ombre nel tempo dell'avvenire, configurandolo a pieno titolo
come la nuova età della crisi. Di conseguenza non vi è alcuna
possibilità che la tradizione come patrimonio del passato possa
rinnovarsi, e come sostiene il filosofo Benjamin: il recupero del
passato è inibito dal fatto stesso che questo non ha per noi altra
forma, se non quella, inattingibile, di ciò che non ci appartiene più
8
Un divario così incolmabile con il passato, così potremmo definire la
crisi del moderno, si riflette in ultima analisi come assenza di memorie
e per questo motivo l'essere che si dà, che afferma la sua esistenza si
dà come oblio dell'essere
9
. Ciò non vuol dire che l'uomo prende
congedo da sé, per negare la sua esistenza, ma non gli è concesso altro
modo di essere, se non nella forma di un continuo prendere congedo
da ciò che è stato. E' anche vero che la memoria opera la funzione del
ritenere, del selezionare, ed è strettamente associata al fenomeno del
dimenticare, il quale non è solo perdita e mancanza, ma, come ha
sottolineato Nietzsche, una condizione di vita dello spirito. Allora
l'oblio porta con sé la possibilità di nuove realizzazioni. Carattere
7
cfr. Ugo Perone, op. cit. p. 4
8
cfr. W. Benjamin, Tesi di filosofia della storia (6), Torino, Einaudi, 1976
essenziale dell'essere storico-finito dell'uomo, la memoria genera
nuove cesure, differenze, ma nel contempo opera trasformazioni, da
una storia pur frammentata, logorata, è capace di generare una
molteplicità di significati e, così facendo, come se fosse un vettore,
una freccia, dà un senso e forse anche una direzione al caos della vita
diventando il luogo privilegiato in cui, in modo finito, si deposita
questo senso lacerato del tutto
10
. Per l'uomo questa è l'ultima
possibilità di sopravvivenza: esplorare il caos ricavandone sempre e
comunque un significato. Ciò sembra quasi incredibile in un'epoca
dominata dalla multimedialità e caratterizzata da una rinnovata
circolarità del tempo. Il rischio per l'uomo è di vivere in una spirale di
ripetizione, vale a dire che oggi ciò che conta è la ricerca del nuovo
ma, svelando ogni apparenza, ci accorgiamo che non è così poiché
ogni novità si consuma sempre nella ripetizione dell'uguale e
nell'affermazione seriale. Beckett sottolineerà quest'aspetto assurdo
dell'agire umano nei suoi drammi. Probabilmente una spiegazione di
una tale crisi che caratterizza la nostra epoca può essere dovuta nella
cultura di massa dallo smarrimento delle vecchie coordinate
temporali, trasformando il passato in un presente differito. Ma perdere
9
cfr. Ugo Perone, op. cit. p. 4
10
Ivi p. 151
il senso del passato, alla luce di quello che abbiamo detto finora, può
smarrire la direzione del futuro? E ancora è possibile individuare nella
memoria, una nuova tensione temporale, oppure dovremmo
accontentarci di tanto in tanto di recuperare solo brandelli
d'illuminazione? Vedremo che l'opera di Beckett porterà alle estreme
conseguenze questi interrogativi, provocandone anche di nuovi.
1.2 Samuel Beckett, il suo primo soggiorno a Parigi
Considerato uno degli artisti più discussi del nostro secolo,
Samuel Beckett occupa una posizione di notevole importanza nel
mondo letterario.
Irlandese di nascita, scelse come sua patria culturale Parigi,
dove ha pubblicato numerose opere, soprattutto saggi e piecés teatrali.
Il suo primo soggiorno nella capitale francese è fondamentale per la
sua crescita interiore. Infatti, sebbene incaricato a insegnare Inglese
all'Ecole Normale, come lettore, Beckett mostrò una particolare
predisposizione alla filosofia, e con l'aiuto di un suo studente Beaufret,
profondo conoscitore del pensiero greco, s'interessò soprattutto ai
filosofi greci, tra i quali: Parmenide, Democrito, Zenone di Elea.
Essi divennero un punto di riferimento per Beckett, poiché
avevano colto dalla realtà, l'idea che ogni cosa nel mondo muta
inesorabilmente sotto l'azione del tempo e paradossalmente non muta
affatto. Beckett ritornò sulla questione ancora una volta nel suo
famoso saggio "Dante…Bruno…Vico…Joyce", scritto su invito di
Joyce nel 1921.
L'idea che gli opposti sono eguali, che gli estremi s'incontrano e che
tutta l'esistenza è come un gatto che insegue la sua cosa, sono in parte
gli insegnamenti impartiti dal filosofo eretico preferito da Joyce:
Giordano Bruno, il cui famoso principio d'identificare gli opposti, la
coincidentia oppositorum
11
, viene espresso chiaramente nel seguente
passo da Beckett: There is no difference, says Bruno between the
infinite circle and the straight line. The maxima of particular
contraries are one and indifferent. Minimal heat equals minimal cold.
Consequently trasmutations are circular. (…) Therefore not only do
the minima coincide with minima, the maxima with the maxima, but
the minima with maxima in the succession of trasmutations. Maxima
speed is a state of rest . The maximum of corruption and the minimum
of generation are identical. (…) And all things are ultimately
identified with God, the universal monad. Monad of Monads
12
. Ancora
una volta Beckett ebbe modo di riflettere sul moto e
conseguentemente sul Tempo.
Questi diventò un argomento di singolare importanza per i suoi esordi
di scrittore: non è un caso che il suo primo lavoro pubblicato
11
"La Coincidentia Oppositorum stabilisce la relazione della parte col tutto, la relatività del luogo,
del tempo e del movimento. Bruno intuisce, quella verità della scienza per la quale non si dà
movimento assoluto in uno spazio assoluto, E nell'infinito il moto ed il tempo, il divenire ed il
trapassare, sono vestigio dell'infinito, eterna identità che non muta mai", Carlo Sini, Storia della
Filosofia, vol.II, Napoli, Morano ed., p. 38