Introduzione
La Parola turoldiana, concepita come «fiore dell’anima»
1
, come Verbo che «era
presso Dio», è l’oggetto del seguente lavoro, concepito per dare ulteriori ed
approfondite chiavi di lettura alle più belle e imponenti tematiche della poesia di
padre David Maria Turoldo. Per dare una primissima idea della Parola turoldiana
mi avvalgo di una citazione di Mons. Gianfranco Ravasi, amico fedele del nostro
autore:
La pagina turoldiana è come un intarsio di citazioni,allusioni,
ammiccamenti, evocazioni bibliche: il suo è lo spartito della Parola
suprema orchestrata in parole. Per usare liberamente un’immagine
dello scrittore mistico ebreo Abraham J. Heschel, potremmo dire che
ogni poesia di p. David è da esaminare come una foglia alla
trasparenza della luce solare: se il tessuto connettivo è la storia e la
vicenda personale, il reticolo che sostiene, alimenta e impedisce ogni
raggrinzimento o dissolvimento è la Parola divina.
2
La seguente citazione ci porta immediatamente in contatto con ciò che sono state
le tappe fondamentali del nostro lavoro: l’impegno sociale, la mistica – senza però
addentrarci nella pura teologia – il linguaggio mistico dell’indicibile e le Sacre
Scritture. Questi sono stati i mezzi usati per comprendere appieno la poesia di
padre Turoldo.
La tesi, infatti, è stata volutamente suddivisa in tre parti, delle quali le
prime due "propedeutiche" alla terza: la prima affronta il tema dell’impegno
sociale come "radice" della poetica dell’autore in una Milano cattolica della
Resistenza che si muove tra regime e antifascismo, nella quale Turoldo è stato
fortemente attivo. Conseguentemente alla sua vocazione "attiva" e "partecipativa"
i rapporti con le gerarchie ecclesiastiche si fecero più complessi: iniziò per il
nostro autore un periodo di allontanamento che lo mise in "viaggio forzato"
1Turoldo D.M., in Merola N. (a cura di), Il poeta e la poesia, Atti del Convegno di
Roma, Università «La Sapienza», 8-10 febbraio 1982, diretto da Mario
Petrucciani e Giuseppe E. Sanone), Napoli, Liguore Editore, 1986, cit. p.180.
2Ravasi G., Una voce che risuona dal roveto ardente, http://www.finnegans.it/
PDF articoli/ravasi.pdf
I
attraverso l’Europa, gli Stati Uniti e il Canada e che vide il suo rientro nei primi
anni ’60, anni che lo videro nuovamente impegnato, sul fronte sociale e su quello
letterario, fino ai giorni della malattia che lo portò alla morte nel 1992.
La seconda parte della nostra tesi ci vuole avvicinare al Verbo, unica
sostanza, mediante un excursus nel quale il fenomeno mistico e il fenomeno
religioso vengono presi in considerazione sia come eventi separati, sia come
manifestazioni compresenti. Per fare questo ci siamo basati anche sulle modalità
di scrittura di mistici esemplari come San Giovanni della Croce e Santa Teresa
d’Avila, fino ad approdare alla caratteristica primordiale del linguaggio mistico:
l’indicibilità. Infine abbiamo creato un quadro panoramico della poesia religiosa
del Novecento citando alcuni autori, anche "minori", scelti in base ad una
impulsività religiosa, caratteristica che rende più plausibile un certo linguaggio
mistico.
Nella terza ed ultima fase abbiamo invece preso in esame quella che
possiamo definire l’antologia "testamentaria" di padre David Maria Turoldo: O
sensi miei … (1990). La seguente opera compendiaria porta con sé delle
caratteristiche tutte volte ad evidenziare un sub strato esclusivamente biblico.
Pertanto abbiamo dedicato un intero paragrafo alla costante biblica, comparando il
corpus poetico turoldiano con quelle che secondo i nostri studi sono le immagini,
le metafore, le citazioni e le parabole che più frequentemente sono riscontrabili
nel tessuto poetico dell’autore. Da questa comparazione sono emerse le più grandi
metafore turoldiane: l’impegno sociale, la critica al potere e ai potenti (Chiesa e
gerarchie ecclesiastiche), il Nulla, la cristologia, la Vergine-Madre, la metafora
dell’Occhio, la povertà, e infine la Speranza, forza motrice della vita nel momento
in cui essa diviene atto di fede. Nel linguaggio mistico turoldiano abbiamo inoltre
riscontrato una serie di ricorrenze nell’uso di talune parole-chiave che,
confrontate con le simbologie bibliche, ci aprono le porte ad un mondo fatto di
Oltre. Abbiamo deciso di dare questa chiave di lettura all’opera turoldiana perché
consideriamo la sua poesia come un complesso rebus: i suoi non sono versi
"canonici" e non appartengono completamente alla tradizione letteraria del
Novecento, almeno quella più marcata e studiata. Egli porta con sé un bagaglio
culturale, soprattutto spirituale, che non appartiene alla cultura più "popolare", ma
nemmeno a quella più "colta". Il suo essere poeta affonda le radici in una
tradizione profetica biblica, e la sua parola (che diviene Verbo e "pietra") non
appartiene alla pura espressione della creatività e della logica, e si distacca dal
nucleo emotivo canonico dal quale la poesia, solitamente, nasce.
Il seguente lavoro è stato svolto nella speranza di apportare un ulteriore
contributo all’approfondimento e alla scoperta di nuove chiavi di lettura per una
poesia che ha lasciato dei messaggi universali nella nostra tradizione e che,
purtroppo, non è stata adeguatamente "ascoltata" dalla critica ma, tuttavia, fin
troppo analizzata "scientificamente". Il divino è qualcosa che è imprescindibile
dall’essere umano: per questo la poesia (preghiera) è divenuta mezzo sublime,
forse unico, di incontro-scontro, comunione e dialogo con Dio, in un continuo
conflitto tra dubbio e certezza connotato da quell’Amore che oscilla tra
"luminoso" e "crudele".
III
1
Capitolo 1
Le radici della poetica turoldiana nell'impegno
sociale.
1.1
La Milano cattolica della Resistenza tra regime e antifascismo.
Nella Milano della Resistenza emerse una prospettiva non limitata
al solo piano militare ma all’intera e più vasta realtà politico-sociale
1
che
vedeva accostare l'antifascismo al cattolicesimo in una nuova visione della
realtà, in una svolta collettiva che lentamente veniva a formarsi con un
nuovo attivismo sociale meno istituzionalizzato, alle volte più nascosto,
spesso clandestino. Da Milano si irradiarono tante direttive a tutta la
periferia, che sentì su di sé l'intera responsabilità del movimento
partigiano, che a sua volta si prese cura dell'importanza politica della città
tanto da non poterne rischiare la sorte con un'insurrezione prematura.
2
Inoltre i rapporti tra Chiesa cattolica e regime fascista non furono
mai molto facili proprio a causa della forte competizione che esisteva tra
potere politico e potere ecclesiastico. Non a caso tra il 1931 e il 1937 si
verificarono forti tensioni che si concentrarono sull'Azione Cattolica per
mezzo di focolai antifascisti che echeggiavano nella città. A Milano,
esattamente , una piccola parte di intellettuali, tutti provenienti
dall’Università fondata da Gemelli
3
, cercò una ben diversa prospettiva di
1
Cfr. Battaglia R., Storia della Resistenza italiana, Torino, Einaudi, 1964.
2
Ivi pp. 614-617.
3
Padre Agostino Gemelli, al secolo Edoardo Gemelli (Milano, 18 gennaio 1878 – Milano,
15 luglio 1959), è stato un religioso, medico, rettore e psicologo italiano. Appartenente
all'ordine francescano Ofm, è stato il fondatore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore
di Milano e dell'istituto secolare dei Missionari della Regalità di Cristo.
2
fede volendo elaborare una società alternativa a quella fascista
4
, che
comunque già si era fatta forza all’interno della struttura universitaria
stessa per via dell’ampio consenso al fascismo da parte del suo fondatore.
Del resto, era chiaro lo spessore della funzione dell'ateneo ambrosiano,
laboratorio di grande formazione di una classe dirigente alternativa a
quella del regime stesso.
5
Dunque Milano, la città di S. Ambrogio, da alcuni studiosi ritenuto
una sorta di fondatore di un “comunismo cristiano”
6
, è la città degli
equilibri religioso e civile, la città dove la libertà religiosa viene proclamata
come valore fondante della stessa vita civile.
Lo stesso Turoldo scrisse della sua Milano :
Si tratta di quel patrimonio di valori, che, certamente, derivano
dalla sua esemplare storia vissuta fin dai tempi di Ambrogio, il
vescovo salvatore della chiesa milanese e padre di tutto il
popolo. Salvatore contro gli Ariani e padre di tutta Milano, fino
al punto da chiamarsi anche oggi – sia la Milano civica come
quella religiosa- “città ambrosiana” per antonomasia. Più tardi
la si dirà anche città di Ambrogio e di Carlo; come ai tempi
nostri c’è chi la chiama città di Schuster: per l’intreccio delle due
storie, che non si è mai esaurito; vicende che, pur senza
confondersi, si sono sempre sviluppate integrandosi e
completandosi e sorreggendosi, con garanzie di sicuro rispetto
reciproco; e mai lacerazioni e conflittualità hanno distrutto
l’unicità dell’anima di Milano. La vera Milano, la classica e
antica Milano, e città di una sola anima. Simbolo di questa
unità- forse, il simbolo più caro, anche se non proclamato- è
appunto il suo Arcivescovo […]. È l’Arcivescovo sentito come
protagonista principe, per la sua parte, anche della storia civile,
specialmente in calamità e in tempi coinvolgenti il popolo.
7
4
Cfr. Saresella D., David M.Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-
1963), Brescia, Editrice Morcelliana, 2008. Da ora in poi la seguente opera verrà chiamata
con la dicitura SAR08.
5
Ivi, p. 28.
6
Turoldo D.M., Omaggio a Milano, p. 32, tratto dal sito
http://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/esy/objects/docs/65138/tempo_storia.pdf.
Consultato il 13 /07/2011.
7
Ivi. p. 31.
3
È in questo clima che alcuni personaggi legati all’Università
Cattolica del Sacro Cuore assunsero posizioni alternative a quelle del
regime, mentre il rapporto tra Gemelli e il fascismo fu caratterizzato da
un cordiale clima di consenso, in quanto il regime stesso fu considerato
dal Rettore come un’occasione storica per dare forma a talune iniziative di
ordine civile e sociale. Questo rapporto di “consenso” durò fino alla fine
degli anni Trenta quando i rapporti tra Chiesa e regime si colorarono di
conflittualità e pochi compromessi. Fu in questo periodo difficile che
l’allora Arcivescovo di Milano Schuster
8
si illuse di poter cristianizzare il
fascismo: illusione abbandonata con l’avvento delle Leggi razziali fasciste
nel 1938. Di lui scrisse Turoldo:
Sbagliano coloro che lo pensano coinvolto nel fascismo o altro.
Schuster non era né fascista né antifascista: e non era neppure
neutrale. Schuster era un monaco e basta. Monaco è uno che ha
solo Dio in testa.
9
Ciò nonostante, l’impegno della Chiesa in quegli anni fu spesso a favore
del fascismo: basti pensare all’episodio della guerra in Etiopia, rispetto alla
quale quasi tutti i vescovi espressero allora la loro adesione all’impresa del
regime, presentandola al popolo come una crociata per la civiltà cristiana,
una vera opera di cristianizzazione. L’atteggiamento dell’episcopato
italiano rispetto alle linee guida della Santa Sede fu senza dubbio di ampio
consenso.
10
8
Beato Alfredo Ildefonso Schuster (Roma, 18 gennaio 1880 – Venegono Inferiore, 30
agosto 1954) è stato un religioso, cardinale e arcivescovo italiano. Fu arcivescovo di
Milano dal 1929 al 1954. È stato proclamato beato da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996.
9
Paynter M.N., La mia vita per gli amici, Milano, Mondadori, 2001, cit. p. 73.
10
Cfr. G.Battelli, Santa sede e vescovi nello stato unitario. Dal secondo Ottocento ai primi anni
della Repubblica, pp. 840-841, in A.A.V .V., Storia d’Italia, annali 9, La Chiesa e il potere politico,
a cura di G. Chittolini e G. Miccoli, Torino, Einaudi, 1986.
4
Questo assetto fu ben spiegato dallo storico Miccoli che ipotizzò un
legame ben più profondo e radicato tra la gerarchia cattolica e ciò che non
solo proponeva il fascismo ma piuttosto cosa rappresentava nella sua
essenza: il culto dell’autorità, la diffidenza verso alcune libertà civili, un
radicato antibolscevismo, una propensione alla corporazione in ambito
economico e sociale.
11
Questi punti rappresentarono lo sfondo di una
particolare sintonia che emerse in talune occasioni nell’operato di prelati
come Schuster. Furono tanti gli esempi di propaganda anticomunista e,
durante il ventennio di regime fascista, si crearono le condizioni per un
favoritismo nei confronti del principio d’autorità. Rimaneva in quegli anni
la problematicità di una situazione religiosa del paese molto variegata e
frastagliata, nella quale in molti videro il Concordato
12
lo strumento
idoneo al rimedio: risultava infatti il simbolo di una ricomposizione
lungamente auspicata tra l’anima cattolica e l’anima civile del paese, che
però fece sorgere notevoli dubbi all’interno dell’episcopato italiano in
quanto soluzione istituzionale fondata sulla diplomazia e non certamente
sul sentimento religioso.
In questa atmosfera si rafforzava la potenza dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore e dell’Azione Cattolica che convivevano in
equilibrio tra Stato e Chiesa: il Concordato, il ruolo dell’Università
Cattolica nel rilancio della grande devozione moderna connesso alla
polemica contro il mondo liberale e l’ateismo contemporaneo, erano
indubbiamente sintomi di una ripresa egemonica della cultura cattolica
11
Cfr. G.Miccoli, La Chiesa e il fascismo, in Fascismo e società italiana, a cura di G.Quazza,
Torino, 1973.
12
I Patti Lateranensi (11 febbraio 1929) prevedevano distinti documenti tra i quali il
Trattato che riconosceva l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato
della Città del Vaticano, con diversi allegati, fra cui, importante, la Convenzione
Finanziaria e il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa
ed il Governo.
5
nella nuova realtà che si andava delineando in Italia. La duplice
collocazione dell’ Università Cattolica nella Chiesa e nello Stato
convergeva a far emergere il ruolo nazionale di questo ateneo, forte anche
della predilezione di Pio XI, e pienamente compresa dal governo fascista.
Nonostante la palese adesione al fascismo da parte di Gemelli
13
,
anche nella sua Università arrivarono a formarsi clandestinamente dei
focolai antifascisti, che portarono inoltre all’arresto ( su denuncia dello
stesso Gemelli) di alcuni studenti. Il distacco tra regime e Chiesa cattolica,
secondo alcuni studiosi, avvenne con l’avvento delle Leggi razziali nel
1938, secondo altri invece accadde definitivamente solo quando fu chiaro
per il nostro paese che la guerra era persa.
14
È chiaro come in questa
prospettiva i rapporti tra Chiesa e regime andarono a complicarsi e si
assistette, con l’esperienza della Resistenza, alla nascita di nuovi credenti,
animati da uno spirito di libertà in ambito politico e, cosa nuova, in ambito
religioso. Nello specifico dell’ambiente milanese non si dovranno scordare
neanche i numerosi martiri antifascisti dichiarati:
15
[…] il tempo più semplice fu, paradossalmente, quello della
Resistenza, dei “giorni del rischio”: si trattava,
“semplicemente”, di scegliere l’umano contro il disumano,
perché da una parte c’era il degrado, l’annientamento
dell’uomo, e dall’altra il bisogno di riaffermare il rispetto come
unica possibilità di sopravvivere.
16
13
Nel 1938 appoggiò le leggi razziali (viene considerato da diversi studiosi uno degli
esponenti di spicco dell'"antiebraismo spiritualista" che caratterizzò il razzismo fascista,
distinguendolo dall'antiebraismo biologico nazista).
14
SAR08, op. cit. pg. 27.
15
Ivi, pg.11.
16
Ballarini M., Ricordando padre David Maria Turoldo. Il sasso, lo sp(aventapasseri) e la fuga, cit.
pg. 37, tratto dal sito
http://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/esy/objects/docs/65137/turoldo.pdf. Consultato il
13/07/2011.
6
Si capisce dunque come questo assetto provocò inevitabilmente una
frattura che religiosi come David Maria Turoldo calcarono con il loro
operato umano, letterario - artistico, sociale, dando vita a una corrente di
pensiero, a uno stile di vita o di chiesa che prevedeva il ritorno al semplice,
il superamento effettivo di antiche barriere tra spirituale e temporale,
abbattendo quel razionalismo che rovinò il senso e la grandezza del
mistero.
1.2
La Milano cattolica nel secondo dopoguerra:
la ricostruzione.
Durante la seconda guerra mondiale l’ambiente cattolico milanese,
ma del resto anche quello nazionale, non volle concedersi a toni bellicosi
né tantomeno si sensibilizzò nei confronti della propaganda del regime.
17
Volle invece favorire una linea di obbedienza all’autorità e di disponibilità
al servizio della patria: le gerarchie ecclesiastiche iniziarono a preferire
riflessioni di taglio religioso dalle quali si delineava una concezione-
visione della guerra come punizione divina.
A Milano l’Arcivescovo Schuster prese posizioni caute negli anni
Quaranta, pur lasciandosi andare a prese di posizione a favore di un
proletariato che si faceva sentire sempre più forte, e contrario
all’accettazione da parte della nazione intera, delle sorti tragiche del paese
in quel momento storico di guerra.
18
Durante la forte crisi italiana degli anni 1943-1945, la Chiesa svoltò
17
Cfr. G.Vecchio, L’episcopato e il clero lombardo nelle guerra e nella Resistenza (1940-1945), in
Cattolici e Resistenza nell’Italia settentrionale, a cura di B.Gariglio, Il Mulino, Bologna, 1997,
pg.65.
18
SAR08, op.cit., p.30.
7
verso un atteggiamento caritatevole e assistenziale, tentando di colmare il
vuoto delle istituzioni politiche sempre meno capaci di attenuare il disagio
della popolazione.
19
In questo contesto di disagio si sviluppò anche un
forte impegno da parte dell’associazionismo femminile
20
in favore di
sfollati e senza tetto.
I bombardamenti dell’agosto del 1944 distrussero molti edifici
religiosi e successivamente iniziarono a crearsi centri di assistenza come la
prima Casa del piccolo mutilato di don Carlo Gnocchi.
21
In quello stesso
periodo l’arcivescovo Schuster si impegnò ad organizzare aiuti in favore
degli ebrei facendo strada a tante altre numerose opere di carità: questa
fitta rete di collegamenti solidali portarono l’intero mondo cattolico
milanese ad avere una funzione primaria nella battaglia per la libertà. La
medesima enorme condizione di disagio è ben testimoniata dall’opera di
padre David Maria Turoldo, riscontrabile specialmente nelle sue poesie e
nei lunghi saggi esplicativi della sua rappresentazione di chiesa, quella dei
poveri, degli “ultimi”:
Povera che dorme entro giornali
22
C’è una povera in via Ciovasso
che non può più camminare,
e dorme entro giornali
nessuno di quelli che stanno
di sopra
19
Ivi, p.31.
20
Ibid.
21
Don Carlo Gnocchi, reduce dall’esperienza della Russia, testimone dei bombardamenti
di Milano, dell’occupazione tedesca, nel 1948 diede vita a questo centro dedicato ai
piccoli “mutilatini”, dove vi confluirono tantissimi bambini prima ospiti di altri istituti.
Negli anni successivi don Carlo Gnocchi creò anche la Fondazione Pro Juventute. Cfr.
G.Rumi, E.Bressan, Don Carlo Gnocchi. Vita e opere di un grande imprenditore della carità,
Mondadori, Milano, 2001.
22
Turoldo D.M.,da Io non ho mani, in O sensi miei, Bur, Milano, 2010 (4° ed.) Da ora in poi
la seguente opera verrà chiamata con la dicitura TOSM10.
8
ha tempo di scendere a salutare.
Per lei è di troppo
un po’ di scatole per guanciale
e stare
nel cuore di Milano.
La società che ritrae Turoldo è quella umiliata dal disagio e che
coincide con la storia dell’Io reale, l’Io di tutti, del popolo, della gente,
trascinando in giudizio anche la Storia stessa, quella di cui se ne può
parlare nell’atto stesso in cui si forma. La costante polemica contro i
potenti, portando a volte in giudizio anche la divinità stessa, è la forza che
scorre inesorabile nel sottosuolo delle sue parole, nelle sue omelie, poesie,
nei suoi salmi, nelle sue denunce contro il potere, la speranza di poter
costruire una chiesa per gli uomini dove il razionalismo venga abbattuto
da un altissimo senso religioso d’umanità e fratellanza, dove si auspica un
profondo rinnovamento:
Al « facciamo l’uomo » della Genesi corrisponde il “facciamo la
chiesa” dell’Uomo-Dio.[…] così per la chiesa si tratta di
assumere tutta la mia condizione umana e di trasformarla nella
vita di grazia.[…]Come è dell’uomo un continuo farsi, così è
della chiesa; il tempo del verbo è sempre presente, esortativo e
imperativo insieme. L’edificazione dell’uomo e della chiesa è
sempre in atto. Io posso salvarmi o perdermi tutti i giorni. Ogni
giorno io sono un essere nuovo; ogni giorno deve essere nuova
la chiesa. « Il Padre mio è sempre all’opera » (Gv 5, 17). E come
la creazione continua sempre,così deve continuare sempre la
chiesa; e rinnovarsi ogni giorno. Pena, altrimenti, l’aridità e il
tradimento della creazione e l’arresto dell’azione divina (se pure
fosse possibile!) almeno in me, nell’umanità. Pena la mia
delusione e il ritorno dell’uomo nel caos, nella tenebra.
23
23
Idem , Mia chiesa. Una terra sola. Servitium Editrice, Sotto il Monte BG, 1998. Da ora in
poi la seguente opera verrà chiamata con la dicitura TMC98.