6
Tale analisi è compiuta attraverso l’utilizzo dell’approccio dei
rough sets, che si contrappone ai metodi di misurazione congiunta, che,
basandosi sui metodi sulla stima di funzioni di utilità aggregate,
rientrano nelle metodologie tipiche della teoria dell’Utilità Multi
attributo. L’approccio rough sets, invece, estrapolando la conoscenza
direttamente dai dati, non obbliga ad alcuna ipotesi di aggregazione e, al
tempo stesso consente una modellizzazione delle preferenze
rappresentata da regole decisionali del tipo “se…, allora”, che risultano
di immediata interpretazione.
Il nostro lavoro è suddiviso in tre parti.
La prima parte è stata dedicata all’approfondimento della
metodologia che sarà utilizzata nella successiva applicazione. Pertanto
questa parte analizzerà l’analisi multicriteriale, le innovazioni introdotte
dal Data mining e l’approccio dei rough sets all’analisi delle decisioni.
Nella seconda parte saranno introdotte le diverse teorie finanziarie
concernenti la diversificazione del portafoglio. Quindi si esaminerà la
teoria della selezione del portafoglio di Markovitz, il Capital Asset
Pricing Model, l’Asset Pricing Theory e i vantaggi della diversificazione
internazionale del portafoglio, per poi introdurre la figura dell’operatore
finanziario, sul quale focalizzeremo le nostre attenzioni cercando di
capirne la mentalità per affinare la nostra analisi.
Il nostro lavora si chiude con l’applicazione, che consiste
nell’analisi, mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie proposte dal Data
mining, delle interazioni dei mercati finanziari e, più precisamente, del
mercato azionario italiano con quelli delle seguenti nazioni: U.S.A.,
Inghilterra, Giappone, Francia, Germania e Svizzera.
7
L’obiettivo a quello di fornire all’operatore finanziario uno
strumento, maneggevole ed interattivo, del quale possa servirsi per porre
in atto le migliori strategie. Cercheremo di mettere in relazione una delle
definizioni di data mining: “chiunque ha l’informazione e più
velocemente la usa, vince”, con la definizione data dal Keynes del
movente speculativo: “lo scopo di trarre profitto dal fatto di conoscere
meglio del mercato ciò che succederà in futuro”.
8
PARTE I
METODOLOGIA
9
CAPITOLO I
L’ANALISI
MULTICRITERIALE
L’ANALISI MULTICRITERIALE
10
1.1. DECISIONI E PROTAGONISTI DEL PROCESSO
DECISIONALE
“Tutto ciò che avviene al mondo… è prodotto, od almeno
condizionato, dall’effetto congiunto di innumerevoli piccole o grandi
decisioni di ciascuno di noi…” (B. De Finetti, in Enciclopedia Einaudi).
Questa semplice constatazione è la base di una serie di studi,
comunemente indicati Teoria delle Decisioni, volti ad analizzare cosa sia
una decisione, cosa sia un problema decisionale e come esso possa
essere risolto.
Con il termine decisione possiamo indicare l’attività di giudizio tra
più alternative possibili (definite a priori o durante il processo
decisionale) svolta da un soggetto, detto decisore, sulla base di
determinate preferenze (più o meno formalizzate), rivolta al
perseguimento di un determinato obiettivo. È opportuno evidenziare
alcuni concetti che emergono da tale definizione, per chiarirne il
significato ed esplicitarne la natura.
Innanzi tutto bisogna chiarire che non sempre una decisione
consiste, semplicemente, nell’atto di un unico individuo che esercita
liberamente una scelta tra più possibilità di azione ad un momento
determinato. Questo tipo di interpretazione, infatti, non tiene conto di
come sono prese le decisioni nella maggior parte delle organizzazioni.
Anche se la responsabilità di una decisione ricade su un solo
individuo chiaramente identificato, il decisore, “altri soggetti possono
condizionare la decisione stessa in funzione del sistema di valori di cui
sono portatori” (Roy [1985]). La decisione, pertanto, corrisponde spesso
“all’esito di un periodo preliminare di riflessione, discussione, studio,
concertazione, negoziazione” (Roy [1985]) e confronto tra le preferenze
L’ANALISI MULTICRITERIALE
11
dei diversi soggetti, detti attori, che a vario titolo intervengono nelle fasi
di determinazione di tale esito. L’attività di scelta, dunque scaturisce da
un processo dinamico di interazione tra i vari attori nel corso del
processo decisionale (Roy [1993]) processo nel quale può, comunque,
essere identificata la figura del decisore in quanto responsabile dell’esito
del processo stesso, figura che “esprime le preferenze sulle diverse
alternative e che prevale durante l’evoluzione del processo decisionale”
(Roy [1985]).
Il decisore può essere chiamato ad esprimersi su argomenti dei quali
non possiede adeguata competenza; in questi casi o, comunque, in
presenza di decisioni complesse, il decisore può esser coadiuvato nella
sua attività di scelta da un analista, soggetto il cui ruolo è quello di
facilitare la comprensione e/o la risoluzione del problema decisionale.
L’ANALISI MULTICRITERIALE
12
1.2. DALL’APPROCCIO MONOCRITERIALE
ALL’APPROCCIO MULTICRITERIALE
Per più di 30 anni, fino alla fine degli anni ’60, la ricerca operativa
ha fornito ai problemi decisionali delle risposte basate su di un unico
criterio di sintesi che aggregasse le diverse conseguenze di una decisione
sull’insieme delle azioni considerate.
Questo approccio, definito monocriteriale, può esser formalizzato
attraverso tre elementi essenziali (Roy [1990]):
1. un insieme A di alternative possibili, ben definito;
2. una funzione g, a valori reali definita in A, che riflette in modo
preciso le preferenze del decisore;
3. un problema matematico ben formulato.
Una simile struttura presuppone che la decisione sia determinata
unicamente secondo il punto di vista di un ben identificato decisore
dotato di preferenze che possano essere correttamente aggregate
attraverso un unico criterio di analisi, indicato con g. Pertanto, il
confronto tra due o più alternative è effettuato semplicemente sulla base
delle valutazioni delle alternative stesse rispetto al criterio indicato.
Formalmente:
ξ si preferirà l’azione a all’azione b, se:
g(a)>g(b), a, b A;
ξ l’azione a sarà considerata indifferente all’azione b se:
g(a)=g(b), a, b A.
L’ANALISI MULTICRITERIALE
13
Il processo decisionale si riconduce, quindi, ad un problema di
ottimizzazione consistente nel trovare l’alternativa alla quale
corrisponde la valutazione più elevata rispetto al criterio considerato.
Se questo tipo d’approccio può avere validità in situazioni
decisionali semplici, la sua implementazione in processi complessi
presenta notevoli limiti. Infatti, è necessario esprimere le diverse
conseguenze generate da una decisione nella stessa unità di misura,
operazione che, oltre a non rivelarsi sempre corretta, comporta la
conoscenza di tassi di equivalenza e scale di conversione tra le diverse
unità, difficili e a volte impossibili da determinare. Un altro limite da
porre in evidenza è costituito dal rischio di escludere, consciamente o
inconsciamente, gli aspetti del problema difficili da valutare, secondo il
criterio prescelto o, comunque, quello di adoperare una formula
matematica complessa, fondata su una logica oscura al decisore e
inadeguata ad esprimere la struttura di preferenza dello stesso.
Situazioni complesse non possono essere valutate con un solo
criterio senza il pericolo di incorrere nei rischi appena accennati. Nasce,
quindi, l’esigenza di prendere in considerazione diversi punti di vista
(Roy [1985]) che possano esprimere in maniera corretta ed esaustiva le
conseguenze di ogni decisione. “Quando, l’eterogeneità delle
conseguenze è tale, che i rischi precedenti non possono essere evitati, è
preferibile procedere ad un’analisi multicriteriale. Quest’ultima consiste
nell’esplicitare una famiglia di più criteri, ciascuno dei quali sia idoneo
a rappresentare una categoria relativamente omogenea di conseguenze”
(Roy [1993]). Tali conseguenze rappresentano l’espressione del sistema
preferenziale del decisore, il quale spesso richiede una modellizzazione
che può essere correttamente definita solo analizzando una famiglia
(coerente) di criteri.
L’ANALISI MULTICRITERIALE
14
Nel prossimo paragrafo saranno esaminate le principali
caratteristiche dell’evoluzione dell’approccio multicriteriale: MCDM
(Multiple Criteria Decision Making) e MCDA (Multiple Criteria
Decision Aid). Rispetto all’approccio monocriteriale è sostanzialmente
modificata la seconda condizione, costatandosi l’insufficienza di una
modellizzazione mediante un unico criterio.
1.3. MCDM O MCDA?
Il passaggio dall’approccio monocriteriale a quello multicriteriale
costituisce il primo importante passo verso la teoria di aiuto alle
decisioni. Con il rifiuto della forzata riduzione della realtà ad un’unica
dimensione esaustiva, si passa dal razionalismo legato allo schematismo
della concezione riduttiva tradizionale, alla razionalità vista come
assunzione di atteggiamenti conformi alla ragione.
Siamo, tuttavia, ancora nell’ambito di una teoria normativa che
mira a dare una risposta scientifica (Roy [1993]) ai problemi di natura
manageriale.
Possiamo identificare gli elementi essenziali e caratterizzanti
dell’approccio MCDM nei seguenti (Roy [1990]):
1. un insieme A di alternative possibili ben definito;
2. un modello delle preferenze ben definito nella mente del
decisore e razionalmente strutturato da una serie di attributi;
3. un problema matematico ben formulato.
Come si può facilmente costatare si tratta ancora di un problema di
ottimizzazione in quanto, attraverso una serie di confronti tra le diverse
alternative sulla base di un ben definito modello delle preferenze del
L’ANALISI MULTICRITERIALE
15
decisore, è possibile determinare la soluzione ottima rispetto alla
problematica affrontata.
La teoria delle decisioni che, basandosi su questo approccio, mira
all’individuazione di verità oggettive nei processi decisionali e della
migliore decisione tra quelle possibili, si fonda sul seguente postulato:
Postulato dell’esistenza dell’ottimo
In tutte le situazioni che comportano decisioni, esiste almeno una
decisione ottima, per la quale è possibile (a condizione che si disponga
di tempo e di risorse sufficienti) stabilire oggettivamente (cioè
indipendentemente da tutti i sistemi di valori) che non esiste una
decisione strettamente migliore, tutto ciò rimanendo neutrali di fronte al
processo decisionale.
Due ipotesi forti stanno, pertanto, alla base dell’oggettività della
teoria delle decisioni:
Ipotesi 1:
Un criterio che dà significato al concetto di ottimo può essere
definito indipendentemente da ogni opinione, convinzione, valore o
pregiudizio umano.
Ipotesi 2:
La decisione ottima può essere determinata e riconosciuta come tale
indipendentemente dai modelli e dalle procedure usate per raggiungerla.
Un altro postulato implicito nell’approccio considerato è il
seguente:
L’ANALISI MULTICRITERIALE
16
Postulato della realtà di primo ordine
1
I principali aspetti della realtà (le preferenze di un individuo, il limite
tra il possibile e l’impossibile, le conseguenze di un’azione, …) sui quali
si basa l’aiuto alla decisione si riferiscono a degli obiettivi della
conoscenza che possono essere considerati come dati (esistenti al di
fuori di ogni modellizzazione e indipendentemente da essa) e come
sufficientemente stabili (sotto l’aspetto della durata, della diversità degli
attori, della conversazione tenuta, delle osservazioni fatte) da
legittimare il riferirsi alla situazione specifica o al valore esatto (che
può essere di natura sia certa che stocastica) di quelle caratteristiche
specifiche giudicate significative di un aspetto della realtà.
Dalle precedenti affermazioni si evince la natura descrittiva
dell’approccio in esame che, come già detto precedentemente, ha lo
scopo di rendere esplicita la struttura delle preferenze pre-esistente
implicitamente nella mente del decisore, al fine di trovare la soluzione
ottima, di compromesso, sulla base di un modello matematico ben
formulato.
La struttura delle preferenze, in quest’ambito, è rappresentata dalle
relazioni di preferenza forte e di indifferenza:
ξ aPb g(a) > g(b) a ,b A,
ξ aIb g(a) = g(b) a, b A.
Con:
ξ I: riflessiva, simmetrica e transitiva
ξ P: irriflessiva, asimmetrica e transitiva,
e non è ammessa l’ipotesi di incomparabilità tra azioni o l’esitazione
nell’esprimere il giudizio su due alternative.
1
Espressione usata da Watzlawick, 1976.
L’ANALISI MULTICRITERIALE
17
Sono state evidenziate diverse limitazioni inerenti l’utilizzo del
MCDM, tra le quali (Roy [1990]):
ξ La frontiera dell’insieme A è spesso approssimata e vaga
(fuzzy); in conseguenza, il confine tra le azioni ammissibili e
quelle non ammissibili ha, inevitabilmente, un certo grado di
arbitrarietà. Questo confine, inoltre, non è stabile come
ipotizzato, ma è frequentemente modificato alla luce delle
informazioni ricevute durante il processo decisionale.
ξ In molti problemi reali, in genere, il decisore non coincide con il
soggetto che ratifica la decisione ed anche quando tale figura è
chiaramente identificabile, le sue preferenze raramente saranno
ben strutturate: vi saranno aree di incertezza, ambiguità, o,
persino di conflitto e contraddizione; spesso è lo stesso processo
di analisi per la decisione che contribuisce a rispondere ad
alcuni quesiti, a chiarire situazioni vaghe, a risolvere i conflitti e
le contraddizioni.
ξ Generalmente, non è possibile affermare se una decisione è
buona o cattiva considerando esclusivamente un modello
matematico: anche gli aspetti organizzativi, sociali e culturali
che emergono durante il processo decisionale contribuiscono
alla qualità della decisione stessa.
Alla luce delle considerazioni effettuate, consegue che “la
possibilità di una tale scienza deve essere rigettata” (Roy [1993]).
Infatti, si richiederebbe a tale scienza un ruolo che essa non può
occupare.
La consapevolezza delle suddette limitazioni ha condotto lo studio
verso un contesto diverso. Per i problemi affrontati dall’analisi
multicriteriale non esiste, in genere, una decisione che sia la migliore
L’ANALISI MULTICRITERIALE
18
simultaneamente, secondo tutti i punti di vista. Il concetto di
ottimizzazione perde gran parte della sua rilevanza e vengono a cadere i
postulati sottostanti, in precedenza accettati senza riserve; si prende in
considerazione il fatto che le decisioni assunte dipendono dalla struttura
o dal percorso seguito per ottenerle, dal modo in cui un problema attira
l’attenzione, dalla percezione che di esso hanno gli individui che devono
affrontarlo, dalla conoscenza delle persone incaricate di risolverlo. Da
una teoria delle decisioni si passa ad una teoria di aiuto alla decisione
(MCDA) che, alla presunta oggettività del decision making contrappone
la maggiore flessibilità e soggettività del decision aid.
Bernard Roy definisce l’aiuto alla decisione come “l’attività di
colui che, basandosi su dei modelli chiaramente esplicitati ma non
necessariamente formalizzati completamente, aiuta ad ottenere elementi
di risposta ai problemi che si pone un individuo in un processo di
decisione, elementi che concorrono a chiarire la decisione e
normalmente a prescrivere, o semplicemente a favorire, un
comportamento che consenta di accrescere la coerenza tra l’evoluzione
del processo da una parte, gli obiettivi e il sistema di valori al servizio
dei quali questo individuo si trova posto dall’altra” (Roy [1985]).
Dunque, l’attività di aiuto alla decisione non è rivolta, se non in
modo parziale, alla ricerca della verità. L’obiettivo è quello di saper
ragionare su quei cambiamenti che si sviluppano durante il processo di
decisione, in modo da aumentare la coerenza tra processo, obiettivi e
sistema di valori.
Da una teoria normativa si passa ad una teoria prescrittiva con un
approccio costruttivo. La struttura delle preferenze non è più considerata
ben definita nella mente del decisore. Assume, pertanto, rilevante
L’ANALISI MULTICRITERIALE
19
importanza la figura dell’analista che, mediante appropriati modelli,
concetti e procedure, aiuta il decisore a costruire i propri convincimenti.
Da quanto già detto non risulta difficile comprendere ed interpretare
gli elementi caratterizzanti del MCDA (Roy [1990]):
1. Un insieme A di azioni potenziali non necessariamente stabile:
2. Confronti basati su n criteri (o pseudo-criteri
2
) g
k;
3. Un problema matematico non esattamente formulato.
Il problema può consistere nell’elaborare un modello matematico
che permetta di comparare le azioni potenziali in maniera chiara e
comprensibile, ovvero, nel definire una procedura in grado di aiutare la
riflessione e la formulazione di semplici criteri di comparazione tra
azioni.
Alle relazioni di preferenza forte e di indifferenza, se ne
aggiungono altre due che tengono conto della possibile incomparabilità
tra due o più azioni e della incapacità del decisore di esprimere con
certezza una preferenza:
ξ aQb aPb aIb a, b A,
ξ aRb a S b a S b a, b A.
La prima relazione indica che non sempre il decisore è in grado di
esprimere con certezza la sua preferenza tra due alternative, ma può
esistere un’area di dubbio; la seconda relazione, invece, indica la
possibilità che il decisore non riesca ad esprimere un giudizio di
preferenza tra due azioni.
Le direttrici della ricerca sono tutt’oggi caratterizzate da due
elementi fondamentali:
2
Vedi infra par.6.3
L’ANALISI MULTICRITERIALE
20
ξ L’obiettivo principale è quello di costruire o creare qualcosa
che, per definizione, non esiste già completamente, al fine di
aiutare gli attori del processo decisionale a delineare più
chiaramente le proprie preferenze ed a prendere decisioni
coerenti con i propri obiettivi;
ξ Gli sforzi della ricerca sono orientati verso concetti, modelli,
assiomi, proprietà e procedure conseguentemente rivolti ad
estrarre o elaborare dalle informazioni disponibili solo ciò che
appare realmente significativo ed aiutare a far luce sul
comportamento del decisore, conducendolo a riflettere e a
ragionare sulla forza e debolezza delle proprie convinzioni.
Nei prossimi paragrafi, dopo aver accennato alle fasi del processo
di aiuto alla decisione ed alle problematiche decisionali, saranno
evidenziate le principali caratteristiche degli elementi chiave dell’analisi
decisionale (le azioni, la modellizzazione delle preferenze, i criteri).