4
Introduzione
Breve descrizione della Tesi Monografica
Il principale obbiettivo preposto da questa monografia, a carattere più illustrativo che
di ricerca, è quello di introdurre il problema e i risultati del “radiation damage” in un
ambiente di tipo spaziale o comunque ai confini dell’atmosfera terrestre dove
possono essere operativi satelliti artificiali o qualsiasi altro genere di velivolo o
navetta.
Il termine radiazione, in Fisica, introduce una grandissima varietà di fenomeni
fisici che genericamente è legata all’emissione e propagazione di energia sotto forma
di onde o di particelle elementari. Le radiazioni ondulatorie possono essere costituite
da onde elastiche (radiazioni acustiche), onde gravitazionali ed onde
elettromagnetiche; classificate in base alla loro lunghezza d’onda, in raggi gamma,
raggi X, raggi ultravioletti, raggi luminosi (luce), raggi infrarossi (radiazione
termica) e radioonde. Ci sono, inoltre altre forme e classificazioni del termine
radiazione, come per esempio le radiazioni nucleari (costituite da raggi , , e );
altre suddivisioni delle radiazioni acustiche in base alla frequenza più o meno uguale
a quella del suono,ed infine la radiazione cosmica.
La radiazione cosmica di origine extraterrestre incidente sulla Terra è costituita
da una radiazione primaria, formata da protoni ed in piccola parte da nuclei atomici
poco pesanti e da raggi gamma; e da una radiazione secondaria, dovuta alle
interazioni della primaria con le particelle dell’atmosfera. Nella radiazione cosmica è
anche presente un intenso flusso di neutrini, in gran parte di origine solare.
Nel primo capitolo di questa monografia verranno comunque trattate in maniera
più completa tutte le sorgenti di radiazione finora conosciute e studiate che si
possono incontrare nello spazio e nelle zone più esterne dell’atmosfera terrestre.
Le radiazioni precedentemente menzionate possono interagire, in forma e
modalità diversa, con materiali di qualsiasi composizione, elementi chimici,
componenti elettrici, di microelettronica a tecnologia analogica o digitale ed
ovviamente anche con forme di vita e quindi strutture biologiche, è sufficiente solo
ricordare alcune delle innumerevoli applicazioni della radiazione e della radioattività
che vanno dai settori scientifici a quelli energetici ed ovviamente anche alle
applicazioni mediche. In effetti generalmente si usa prevalentemente questa loro
capacità di interazione; però ancora oggi non si conoscono bene tutti gli effetti e le
5
interazioni possibili di tutti i tipi di radiazioni, e specialmente con quelle di tipo
spaziale a volte difficilmente od impossibili da simulare sulla terra.
E’ quindi molto importante capire tutti i possibili danni ed anche solo
cambiamenti od alterazioni di funzionamento, struttura chimica, caratteristiche
fisico-meccaniche che possono provocare così come sugli esseri viventi, che sulle
strutture e gli strumenti, che ne devono comunque garantire la sopravvivenza e la
sicurezza.
Fondamentalmente sono due i metodi di studio ed analisi avanzati dalla ricerca, e
cioè il “radiation damage” statico che è il più conosciuto e studiato, e quello
dinamico ancora oggi in fase di studio e di ricerca. Il primo, come detto, è quello di
cui si conoscono già molto bene numerosi meccanismi e si è in grado di effettuare
studi molto accurati, sarà anche il metodo trattato nella monografia e consiste nel
sapere quale è il risultato finale e quindi il danno da radiazione partendo dal
materiale sano e poi esposto a bombardamento, si intuisce quindi che non si studia
cosa avviene nell’irradiazione e quindi come cambiano le varie caratteristiche istante
per instante, che è invece compito molto più arduo destinato al “radiation damage”
dinamico.
Attualmente per affrontare e “risolvere” entrambi i problemi si usano particolari
software che simulano il fenomeno fisico e quindi il bombardamento di radiazioni
introducendo i materiali o componenti elettronici interessati da tale fenomeno ed il
tipo di radiazione che si vuole considerare, questo è un tipico procedimento che
avviene anche in quasi tutti gli altri settori scientifici ed è sempre più anche alla base
della sperimentazione soprattutto quando non è sempre possibile simulare
tecnicamente e materialmente il processo o comunque quando è anche solo molto
costoso.
Concludendo, nello specifico considereremo soprattutto i risultati sperimentali
ottenuti dall’analisi del “radiation damage” di tipo statico provocato da sorgenti di
radiazioni spaziali su particolari materiali e dispositivi di applicazioni aerospaziali.
6
Capitolo 1
Le sorgenti di radiazione in ambiente spaziale
Prima ancora che iniziasse l’esplorazione spaziale innumerevoli studi, ipotesi e teorie
erano già state formulate riguardo alla descrizione scientifica dell’ambiente spaziale.
Le missioni spaziali avrebbero dovuto affrontare un ambiente altamente ostile dove
in un arco di pochi secondi ci potevano essere fortissime escursioni termiche,
bombardamento di detriti minuscoli che a velocità altissime ( come per esempio sono
quelle orbitali ) si trasformavano in pericolosi proiettili vaganti.
Col passare degli anni e delle scoperte ci si rendeva sempre più conto però che un
temibile nemico, che poteva danneggiare gli astronauti e le strutture a cui essi
dipendevano, era invisibile. Ci riferiamo a tutte quelle varietà di sorgenti di
radiazioni che attraversano lo spazio e che circondano i pianeti; un flusso di energia e
particelle che non si può “vedere” ma che può provocare diversi danni a materiali e
componenti elettronici e di microelettronica specie se sottoposti ad un flusso
istantaneo molto potente se non anche solo per un prolungato periodo di esposizione
a radiazioni di tipo più debole ( come per esempio ipotizzato quando si è studiato il
livello di fattibilità della prima missione su Marte ).
In questo capitolo tratteremo le “radiation sources” così come sono state descritte
nella pubblicazione del “Jet Propulsion Laboratory” [ 2.1 ] . Le naturali radiazioni
spaziali ambientali incontrate nella maggior parte delle missioni, include i raggi
cosmici galattici ( GCRs ) , particelle emesse da eventi solari e particelle intrappolate
dalle “Earth’s radiation belts” .
Non verranno invece trattate in questa occasione le radiazioni per esempio,
presenti a bordo in alcuni casi, e prodotte da radioisotopi e quelle generate da
particelle magneticamente intrappolate intorno alle orbite di altri pianeti ( come per
esempio Giove che presenta notevoli differenze di tipi di radiazioni rispetto alla
Terra ); inoltre non considereremo anche l’ambiente di radiazioni presente ad alte
altitudini tipicamente a carattere avionico se non per brevi accenni durante la
descrizione generale.
7
Nella pubblicazione a cui si fa riferimento è anche presente un breve riepilogo delle
principali definizioni in uso nella teoria delle radiazioni che riassumendo, ne
evidenziamo alcuni punti:
Flusso o versore di flusso di energia per particella è il metodo più versatile
ma non sempre il più conveniente per la descrizione dell’ambiente di
radiazioni, generalmente la quantità di energia rilasciata può essere derivata
da questa informazione.
Il flusso attraverso una superficie è ricavato dalla velocità delle particelle
attraverso la superficie, diviso per l’area della superficie stessa.
Descrizione fisica del concetto di derivazione ed integrazione energetica del
flusso di particelle entro i limiti superiori ed inferiori.
Flusso direzionale , è il flusso attraverso una superficie che è perpendicolare
alla specifica direzione .
Definizioni di flusso onnidirezionale ed isotropo e le loro relative proprietà
fisiche e geometriche .
Queste erano solo alcune delle “flux or fluence terminology” che verranno comunque
riprese ed ampliate successivamente quando verranno trattati i metodi di studio ed
analisi di spettri energetici di flussi di elettroni, protoni ed ioni pesanti (cioè con
numero atomico maggiore di uno ).
2.1 Particelle intrappolate
I satelliti artificiali orbitanti intorno alla Terra sono soggetti ad un particolare
ambiente di radiazioni costituito prevalentemente da elettroni e protoni intrappolati
nel campo magnetico terrestre. Sono inoltre presenti degli ioni pesanti anch’essi
intrappolati in particolari zone, che generalmente non creano particolari problemi
agli scudi protettivi dei velivoli spaziali, a causa della loro bassa energia media;
quindi queste tipiche protezioni riescono a fermarne la penetrazione.
Invece gli elettroni e protoni possono penetrare gli scudi spaziali facilmente ed
inoltre queste particelle intrappolate rappresentano solitamente il principale problema
nell’orbita terrestre (comunque studi effettuati sulle altre atmosfere planetari, come
per esempio quella di Giove, hanno stabilito che in tale orbita la presenza di ioni
pesanti è molto più importante e pericolosa).
Generalmente la maggiore densità di elettroni e protoni intrappolati, si registra in
regioni atmosferiche comprese tra i 1000 Km ed i 32000 Km di altitudine. In realtà la
zona di estensione è ancora più grande, ma solo in questa fascia il flusso di particelle
è effettivamente considerevole. Queste particolari regioni atmosferiche sono spesso
chiamate “radiation belts” ed a volte anche fasce di Van Allen.