Introduzione
La Repubblica Italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse
della collettività. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità
e della libertà della persona umana.
La tutela della salute in Italia ha acquisito, progressivamente nel corso dei settant’anni dal
termine della Seconda guerra mondiale, dignità pari alla tutela della libertà per
l’affermazione di condizioni irrinunciabili di benessere fisico e psichico dell’individuo e della
collettività
1
. Le profonde trasformazioni dello stato di diritto hanno portato l’interprete ad
affiancare i diritti sociali ai diritti di libertà come nuovi oggetti di protezione dell’ordinamento
2
;
tra questi si eleva il diritto alla tutela della salute qualificato dalla Costituzione del 1948 come
diritto primario e fondamentale che merita <<piena ed esaustiva tutela>> e si
contraddistingue con i caratteri di generalità e unitarietà
3
.
L’art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana recita, infatti, che <<La Repubblica
tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.>>
L’articolo 32 Cost. è ispirato a due concetti fondamentali: il primo che pervade l’intera
Costituzione per cui è funzione dello Stato promuovere lo sviluppo della persona umana
come elemento fondamentale del bene comune, il secondo che definisce la salute non più
come mero bene individuale bensì come un bene nel quale coincidono fini individuali e fini
sociali. Particolare merito della Costituzione è infatti quello di aver conferito rilievo
costituzionale agli interessi collegati con la salute dei cittadini ponendo le premesse di una
compiuta tutela
4
.
La Corte costituzionale si è espressa più volte per un ampliamento di portata della pienezza
ed esaustività di tale tutela non soltanto nell’ambito privatistico bensì anche in ambito
pubblicistico
5
. Secondo il Giudice delle Leggi, la tutela della salute riguarda la generale e
comune pretesa dell’individuo a condizioni di vita, di ambiente e di lavoro che non pongano
a rischio questo suo bene essenziale, implicando il dovere di non ledere né porre a rischio
con il proprio comportamento la salute altrui. Alla giurisprudenza costituzionale, secondo
tale orientamento, competerà garantire la misura minima essenziale di protezione delle
situazioni soggettive che la Costituzione qualifica come diritti, misura minima al di sotto della
quale si determinerebbe una elusione dei precetti costituzionali oltre alla violazione degli
stessi diritti individuali.
Con la promulgazione della Legge n. 833/1978 si istituì il Servizio Sanitario Nazionale
6
,
costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla
promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la
popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che
assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio.
L’attuazione del Servizio Sanitario Nazionale compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali
territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini. Inoltre, il Servizio Sanitario Nazionale
assicura il collegamento e il coordinamento con le attività e con gli interventi di tutti gli organi,
1
G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Einaudi, Torino, 1991
2
A. BALDASSARRE, Diritti sociali, Enciclopedia giuridica, XI, Roma, 1989
3
M. LUCIANI, Salute, Diritto alla salute - Diritto costituzionale, Enciclopedia giuridica, Roma, 1991
4
C. MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione italiana, in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali,
1961, p. 53
5
cfr. Corte cost., 20 dicembre 1996, n. 399; 26 febbraio 1998, n. 27; 26 maggio 1998, n. 185
6
Legge 23 dicembre 1978, n. 833, “Istituzione del servizio sanitario nazionale”
centri, istituzioni e servizi che svolgono, nel settore sociale, attività comunque incidenti sullo
stato di salute degli individui e della collettività.
La Legge n. 833/1978 rappresentò una norma innovativa nel contesto assistenziale
sociosanitario italiano precedentemente costituito da casse previdenziali e mutue
assistenze collegate all’ambiente lavorativo o comunque di matrice privata.
Essa formalizzò il nuovo concetto di <<sanità pubblica>> indicandone finalità e obbiettivi:
l’educazione sanitaria del cittadino, la prevenzione di malattie e infortuni, la diagnosi e cura
di eventi morbosi, la riabilitazione delle invalidità, la salvaguardia della salubrità sui posti di
lavoro, l’igiene degli alimenti e delle bevande, l’informazione scientifica sulla efficacia
terapeutica dei farmaci, la tutela della procreazione e maternità ovvero dell’infanzia, la tutela
sanitaria delle attività sportive, la tutela della salute degli anziani, il superamento degli
squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie della nazione
7
.
In Italia, il cittadino ha facoltà di scelta nella cura tra sanità pubblica e sanità privata
accreditata. Attraverso la sanità pubblica, lo Stato si prende interamente carico
dell’assistenza, finanziata con il prelievo fiscale.
Il sistema sanitario nazionale italiano è improntato a tre principi fondamentali: equità,
uguaglianza, universalità. Questi tre principi costituiscono il nucleo essenzialissimo del
diritto alla salute inteso come elemento essenziale della personalità umana, ovvero come
condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale
8
.
Prova di questo orientamento fu la razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale
avvenuta alla fine del secolo scorso
9
, che pose comunque come limiti inderogabili <<i
principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso
all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche
esigenze nonché della economicità nell’impiego delle risorse>>.
Inoltre, si evidenzia come - per la giurisprudenza costituzionale
10
- le esigenze della finanza
pubblica non possano assumere, nel bilanciamento del Legislatore, un peso talmente
preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla
Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana.
Il contributo reso dal Servizio Sanitario Nazionale è apprezzato dalla cittadinanza attraverso
l’attività, le prestazioni e la performance del suo personale dipendente, che si suddivide in
quattro ruoli: amministrativo, professionale, sanitario, tecnico.
L’attenzione di questo elaborato si focalizzerà sul personale di ruolo sanitario del SSN e in
particolare la figura del medico di struttura ospedaliera pubblica.
Nel primo capitolo dell’elaborato si analizzeranno le responsabilità del medico di struttura
ospedaliera pubblica, la sua qualificazione giuridica e i principali delitti legati all’esercizio
della professione. Inoltre, si approfondirà il tema del contratto di assistenza sanitaria tra le
Aziende sanitario-ospedaliere e l’utente del servizio, nonché la prestazione medica nel
Servizio Sanitario Nazionale italiano. Sempre nel primo capitolo si evidenzieranno le novità
legislative introdotte dalla Legge Gelli-Bianco nell’ambito della responsabilità professionale
del sanitario, con particolare attenzione ai nuovi limiti introdotti e alle principali pronunce
giurisprudenziali.
La competenza giurisdizionale del danno per malasanità sarà trattata nel secondo capitolo
dell’elaborato. Si definirà l’istituto dell’azione di rivalsa e la sua applicazione nel sistema
sanitario pubblico, si affronterà l’argomento della malasanità e la sua integrazione nel danno
erariale per i casi avvenuti all’interno delle strutture sanitarie pubbliche. Particolare interesse
sarà rimarcato per la diatriba tra la Corte dei Conti e la Suprema Corte di Cassazione in
7
C. BOTTARI, Profili innovativi del sistema sanitario, Giappichelli, Torino, 2018
8
Definizione fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a partire dagli anni Sessanta del ‘900
9
Si veda il D.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 “Norme per la razionalizzazione del S.S.N., a norma dell’art. 1 della Legge 30
novembre 1998, n. 419”
10
cfr. Corte cost., 16 luglio 1999, n. 309
merito alla competenza giurisdizionale per la definizione e liquidazione del danno derivante
dalla malasanità nonché il riconoscimento di responsabilità per la condotta del
professionista sanitario pubblico. Si fornirà pertanto un ampio approfondimento con
commento per il recentissimo approdo giurisprudenziale delle Sezioni Unite della
Cassazione accaduto nell’ottobre 2020 in questa materia.
Questo elaborato ha l’obiettivo di condurre l’attenzione dei Lettori su un tema quantomai
attuale e in continua definizione.
Negli ultimi anni, il mondo della medicina e il mondo della legge interagiscono infatti sempre
più tra di loro. L’evolversi della ricerca scientifica, l’ampliamento delle conoscenze mediche,
il progresso scientifico, contestualmente al susseguirsi delle pronunce della giurisprudenza,
le repentine modifiche della legislazione e la difficile – nonché a volte discorde –
interpretazione della stessa, pongono sempre più facilmente l’attività medica sotto il filtro
dell’operatore del diritto. Ultimamente, i comportamenti del professionista sanitario sono
sempre più censurabili dal punto di vista legale e questa situazione sembrerebbe protrarsi
anche nel prossimo futuro. Per contro, si assiste a un costante e veloce progredire della
medicina difensiva positiva e negativa, ovvero tutte quelle attività messe in atto od omesse
dal medico con lo scopo di difendere e tutelare sé stesso da eventuali danni lesivi al paziente
che potrebbero derivare da negligenze mediche, con un indubbio aumento di spesa per la
gestione sanitaria pubblica e una probabilmente incerta efficacia curativa per l’individuo
assistito
11
.
11
N. AICARDI, «La sanità», in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. CASSESE, «Diritto amministrativo
speciale», Giuffrè, Milano, 2000, tomo I, pagg. 377-452
Capitolo 1.
Le responsabilità del medico di struttura ospedaliera pubblica
1. Premesse introduttive, 2. La qualificazione giuridica del medico e i delitti legati alla
professione, 3. Il contratto di assistenza sanitaria tra l’Azienda e l’utente del servizio, 4. La
prestazione medica nel Servizio Sanitario Nazionale, 5. La responsabilità professionale e i
suoi limiti nella nuova Legge Gelli-Bianco
1. Premesse introduttive
Nel 1953, lo studioso Ernesto Battaglini scrisse, in un suo lavoro, una frase emblematica:
<<il problema della colpa professionale in generale e in ispecie della colpa professionale
dei sanitari costituisce una delle questioni più tormentate e controverse in tema di colpa
punibile.>>
12
Il tema della responsabilità dei professionisti sanitari è infatti stato sempre molto dibattuto,
sia in ambito legislativo che dottrinale. Da sempre, si cerca di raggiungere un limite alla
responsabilità del sanitario, limitazione che allo stesso tempo possa soddisfare il principio
costituzionale sancito dall’articolo 32 della Costituzione, ossia la tutela della salute
dell’individuo.
Questa ricerca di un limite cominciò ad affermarsi nei primi anni ’70 del secolo scorso,
quando la giurisprudenza emise le prime sentenze riguardanti la colpa del professionista
sanitario, in particolare del medico.
In quei tempi, il rapporto tra medico e paziente era di carattere paternalistico: il paziente si
affidava, per curarsi, al medico come un figlio ricorre generalmente all’aiuto del padre per la
risoluzione di un problema. Questa condizione si trasponeva anche nel giudizio sull’operato
del medico, il quale rispondeva soltanto nei casi di gravissima entità, equiparabili all’odierno
dolo.
La giurisprudenza penale della metà del secolo scorso riteneva infatti, anche in base al
principio di unità dell’ordinamento giuridico - per il quale uno stesso comportamento non
può essere considerato civilmente lecito e penalmente illecito -, la colpa grave imputabile
soltanto nei casi di inescusabilità dell’errore o di ignoranza nei principi elementari attinenti
all’attività sanitaria
13
, con un chiaro riferimento all’articolo 2236 del codice civile.
Quest’interpretazione della colpa grave fu avvallata anche da una pronuncia della Corte
costituzionale datata 28 novembre 1973, la numero 166, che prevedeva la gravità in
<<ipotesi di speciale difficoltà tecnica>>. Il limite della colpa grave era riferito alla sola colpa
per imperizia, mentre nei casi di colpa per negligenza o imprudenza si riteneva di dover
improntare la valutazione dell’attività del medico ai criteri di normale severità.
Negli anni successivi, questo orientamento mutò profondamente. Per evitare disparità di
trattamento, la giurisprudenza penale optò per un apprezzamento del caso concreto,
eliminando i privilegi che avevano caratterizzato fino ad allora la categoria dei medici.
In una sentenza della Cassazione risalente al 1997 si può infatti leggere che <<in tema di
colpa professionale medica l’accertamento va effettuato in base non alle norme civilistiche
sull’inadempimento nell’esecuzione del rapporto contrattuale, ma a quelle penali; ciò in
quanto la condotta colposa, implicante giudizio di responsabilità penale, incide su beni
12
E. BATTAGLINI, La colpa professionale dei sanitari, in Giust. Pen. 1953
13
Cass. Penale: 7 luglio 1977 e 25 maggio 1987