2L’informazione, creata e diffusa attraverso le Information (and Communication) Technologies,
e la sua circolazione, sono le risorse centrali della società contemporanea, non a caso a più
riprese definita information o network society.
Il dibattito sugli strumenti di visualizzazione informatica è aperto in numerosi campi di ricerca
ed ha superato da anni la tradizionale barriera tra discipline scientifiche ed umanistiche, con
una diffusione sempre più capillare e un grandissimo numero di progetti di varia dimensione
e destinazione. In archeologia, si va dalle ricostruzioni più o meno filologiche di edifici e siti
perduti, ai Web Musei, a installazioni di navigazione immersiva 3d, a ricostruzioni tematiche e
interattive del territorio...
L’evoluzione e la diffusione delle tecnologie di visualizzazione scientifica – in particolare dopo
il boom degli anni 1996-97 - ha portato utenti e modellatori a superare un primo atteggiamento
di meraviglia ed entusiasmo, e di conseguenza l’uso spettacolare del virtuale (in modo
analogo, se vogliamo, a quanto successe alla nascita del medium cinematografico) (Barceló,
2000; Guidazzoli, 2007; Guzzo, Liverani, 2007;), abituandoci a una grande qualità e quantità
di scenari virtuali nella nostra vita quotidiana (si pensi ai videogiochi, a Google Earth, ai
navigatori satellitari, alle elaborazioni del cinema digitale, per citare esempi con cui veniamo
quotidianamente in contatto). A partire dal 2000 si è diffusa una maggiore consapevolezza dei
problemi filologici connessi con la ricostruzione, e si sono aperti dibattiti metodologici su molti
fronti.
Per quanto riguarda la fruizione da parte dell’utente finale, l’ultima frontiera per le tecnologie
di visualizzazione scientifica sono la possibilità di accesso ai contenuti on-line e la portabilità
su vari media. Inoltre anche a causa della perenne scarsità di mezzi nel campo della ricerca e
sviluppo, molti tentativi si sono fatti per creare e utilizzare strumenti open-source, alla portata
di utenti e istituzioni, e la comunità scientifica si sta poco a poco muovendo affinché la filosofia
stessa di lavoro open-source informi di sé i nascenti progetti
(Calori, Forte, Pescarin, 2003;
Calori et alii, 2005a; Calori et alii, 2005b; Pescarin et alii, 2005; Pescarin, 2006).
Per raccogliere informazioni, bibliografia ed acquisire minime competenze su questi argomenti
mi è stato prezioso l’appoggio offerto dal Laboratorio VisIT (Visual Information Technologies)
del Cineca, centro di supercalcolo universitario, presso il quale ho svolto un tirocinio di
approfondimento. Cineca è attualmente coinvolto in un certo numero di progetti di Virtual
Archaeology, oltre ad avere una lunga esperienza nel campo della visualizzazione scientifica,
computer grafica e realtà virtuale a supporto della ricerca nei più svariati ambiti “dalla
medicina alle discipline umanistiche” come si legge nelle presentazioni del VisITLab. Cineca
e Università di Bologna collaborano a convegni e pubblicazioni sull’argomento (“Vesuviana”
l’evento più recente, a gennaio 2008) (Coralini, Scagliarini, 2008), e sono soggetti attivi nella
3sperimentazione pratica e nelle riflessioni di metodo imposte dai grandi cambiamenti in atto nel
mondo dei beni culturali.
Numerose sono le applicazioni di VA realizzate da istituzioni culturali e aziende private nel
mondo della fruizione e della valorizzazione dei beni culturali ed archeologici. La museologia
contemporanea sperimenta attivamente tecnologie le più diverse, perseguendo i suoi scopi di
tutela e di valorizzazione dei beni culturali ma con un occhio di riguardo per l’utente finale,
per permettere una fruizione più libera, estesa e personalizzata dei patrimonio culturale e delle
informazioni ad esso relative. Ho raccolto gli esempi a mio avviso più significativi, perché utili
all’analisi del caso di Spilamberto, o semplicemente perché illustrano bene alcuni aspetti, fasi,
direzioni attuali della valorizzazione.
Struttura della tesi e strumenti utilizzati
Ho cercato di raggiungere due risultati, uno di ricerca nell’accezione più ampia, e l’altro più
pratico, di applicazione al contesto di Spilamberto:
L’obiettivo di questo studio è tracciare un profilo della Realtà Virtuale come strumento 1)
per lo studio, la comunicazione, la fruizione dei beni archeologici;
Lo scopo contingente è realizzare un prodotto di 2) Virtual Archaeology che dia un piccolo
contributo alla futura valorizzazione della Rocca di Spilamberto, o perlomeno alla
visibilità delle ricerche in atto;
Una prima parte della tesi, la più ampia, tratta dei legami tra archeologia, informatica e
valorizzazione, introducendo il concetto di Virtual Archaeology e analizzando metodologie
proposte e risultati raggiunti in questo campo per la valorizzazione di siti archeologici; segue
una contestualizzazione del caso di studio, e infine le mie analisi e il resoconto del mio lavoro
informatico, riassunto in una sezione un po’più tecnica sugli strumenti utilizzati e le procedure
seguite.
L’approccio interdisciplinare che caratterizza questo lavoro deriva da un mio grande interesse
ad appropriarmi delle tecniche informatiche utili alla mia professione di archeologa; ho assunto
come base il materiale e le informazioni provenienti da una ricerca storica e archeologica in
atto, anzi in parte ancora attiva e in discussione, e a partire dai dati messi a disposizione dal
Comune di Spilamberto e dallo stesso Dipartimento, ho riflettuto sull’utilità che poteva avere
la ricostruzione virtuale per la completezza delle indagini, sulle implicazioni per la conoscenza
4del sito archeologico in esame, e sul ruolo della ricostruzione nel futuro allestimento museale
della Rocca.
Per quanto riguarda la parte informatica, ho utilizzato i seguenti software:
Elaborazione della cartografia e del rilievo topografico del sito, modellazione •
tridimensionale: Autodesk AutoCAD 2007;
Rendering, effetti, animazione: Autodesk 3D Studio MAX 6;•
Elaborazione grafica immagini, gestione filmato: Adobe Flash 8;•
Gestione dei dati: Microsoft Access 2003;•
Editing filmato: IMovie HD;•
I software Autodesk sono stati scaricati gratuitamente dal sito Autodesk Student Community
in versione Educational. L’hardware a disposizione è consistito in un comune Personal
Computer di buone caratteristiche (RAM 2GB, OS Windows XP). Il Dipartimento di Discipline
Storiche ha contribuito mettendomi a disposizione il Laboratorio Informatico, e il supporto
per l’apprendimento mi è stato fornito da alcuni seminari seguiti presso il Dipartimento di
Discipline Storiche e il Dipartimento di Archeologia nell’anno 2007 (Rilievo di strutture
architettoniche, dott. E. Giorgi; Applicazioni informatiche e territori medievali e AutoCAD per
l’archeologia, dott. A. Monti) e dal tirocinio svolto nella primavera-estate del 2008 presso il
Cineca (responsabile ing. A. Guidazzoli).
Il risultato finale e “pratico” destinato al Comune di Spilamberto come mio piccolo contributo
al recupero della Rocca Rangoni è un breve filmato divulgativo realizzato all’interno del
modello virtuale della Rocca, che mostra l’aspetto attuale del sito e le fasi evolutive a partire
dalla prima fortificazione e fino alla costruzione della rocca quadrangolare nella tipología
odierna. I contenuti multimediali (commento testuale, immagini, mappa, filmato) sono stati
elaborati interamente da me a partire dai dati di scavo, ed hanno principalmente la funzione di
esemplificare le potenzialità della ricostruzione come si potrebbe realizzare con mezzi e tempi
superiori.
Ho proposto inoltre un percorso di visita che si snoda attraverso tutto il centro storico di
Spilamberto, scandito dalle tappe più significative per comprendere la funzione della rocca e la
topografia antica del borgo.
5Questa tesi non sarebbe stata realizzata senza l’appoggio, il sostegno, le
coccole e le doti culinarie delle molte persone che mi sono state vicine in
quest’ultimo anno.
Ringrazio la mia relatrice prof. Maria Teresa Guaitoli che mi ha appoggiata
in tutte le scelte lasciandomi tanta libertà. Ringrazio il mio correlatore
Alberto Monti, che mi ha sopportata e guidata, insegnandomi tante cose.
Ringrazio Antonella Guidazzoli che mi ha aiutato a guardare dentro il mondo
della Virtual Archaeology da vicino.
Grazie anche ai miei genitori Mario e Loretta, e ai miei fratelli Martino ed
Emilio, che mi stanno vicini da lontano e mi fanno sentire speciale.
Grazie alle mie tre gatte che mi ricordano sempre che qualunque cosa farò
nella vita, l’importante è dormire 18 ore al giorno... Grazie a tutti i miei
amici che con telefonate, pranzi a sorpresa, aperitivi, gelati, GoogleChat,
lettere e cartoline sono riusciti a non farmi cadere dentro al computer, e alla
segreteria di Lettere che mi ha insegnato a non abbassare mai la guardia..
E grazie soprattutto a Pietro, mio compagno di viaggio, che si è rilaureato
con me, è stato qui nei momenti felici e nei pianti disperati, si è preso cura di
me e mi ha tenuta coi piedi per terra... e la testa sulle nuvole... Queste pagine
sono anche tue.
6
7Parte I - Siti archeologici, valorizzazione e informatica
Archeologia e computer1.
Questa tesi si occupa della Virtual Archaeology e delle sue applicazioni nel campo della
valorizzazione di siti e musei archeologici.
Prima di esporre il concetto di Virtual Archaeology introdotto al principio degli anni ’90
(Reilly, 1991), le sue caratteristiche attuali e le prospettive future, ritengo sia opportuno
introdurre brevemente il legame dell’archeologia con il mondo dell’informatica e dei contenuti
multimediali.
In questo primo capitolo cercherò quindi di delineare lo stato dell’arte dell’informatizzazione
dell’archeologia in Italia – in parte allargando il campo di interesse ai beni culturali in generale
- di indicare i principali progetti di coordinazione in questo ambito, i canali di ricerca e di
divulgazione, e di raccogliere alcune riflessioni significative dalla letteratura di settore.
A questo proposito, va detto che siamo in un periodo di rapidi cambiamenti nell’impostazione
del metodo e delle procedure della ricerca, ed è molto difficile fare un quadro della situazione,
dei principi, degli strumenti, persino indicare quali siano le direzioni sperimentali attuali,
perché il panorama cambia continuamente. Anche gli strumenti informatici che abbiamo a
disposizione per lo studio, il gioco, il lavoro, l’intrattenimento sono in evoluzione continua, e
questa è la grande ricchezza della network o information society, ma può rendere più difficile
fare il punto della situazione.
Questo comunque non significa che manchino le pubblicazioni, le conferenze o le occasioni di
discussione sull’argomento, anzi la riflessione teorica e metodologica nel mondo archeologico
è in grande fermento e l’attenzione – non solo nel mondo scientifico - è viva sul connubio tra i
due settori, quello della ricerca e prassi storico-archeologica e quello del multimediale
1
. Infatti
l’adozione delle tecnologie informatiche in archeologia va ben oltre le esigenze pratiche di
gestione dei dati, e sta esplorando tutte le potenzialità del multimediale, non ultimo l’appeal
divulgativo sul grande pubblico di prodotti con un valore commerciale e mediatico.
Questo vivace clima di dibattito e la portata dei cambiamenti in atto hanno spinto gli studiosi
1 di opinione diversa Orlandi, 2004 che ritiene che l’informatica archeologica – da lui definita come “sforzo
di rappresentare con sistemi informatici non l’oggetto ma i ragionamenti e le procedure dell’archeologia” – non
sia teorizzata se non marginalmente. L’autore si riferisce però più nello specifico all’evoluzione dell’archeologia
teorica, mentre qui si intende soprattutto evidenziare l’attenzione del mondo non scientifico e la sperimentazione,
per quanto non sempre concorde sui risvolti teorici, in ambito scientifico
8a parlare di un cambiamento di paradigma in atto, nel senso kuhniano di cambiamento del
modello scientifico dominante, una riflessione che ho trovato molto stimolante ed esplicativa
(Niccolucci, 2002, p. 6).
Necessità della gestione informatica dei dati in archeologia1.1.
In ogni campo della ricerca, così come nella nostra vita quotidiana, l’informazione e il networking
sono ormai le dimensioni centrali del sapere, della comunicazione, del lavoro. L’uso del
computer e di Internet per la gestione e diffusione dell’informazione sta diventando uno standard
irrinunciabile. L’acquisizione dei dati, la conservazione, rielaborazione e interrogazione in
archivi, l’elaborazione grafica, le analisi che costituiscono il momento creativo della ricerca, la
comunicazione, la collaborazione tra studiosi ad un medesimo progetto, infine la condivisione e
pubblicazione dei risultati: ogni step dell’attività di ricerca e sviluppo scientifico si serve ormai
dell’ausilio delle tecnologie informatiche.
Una delle conseguenze di questo nuovo paradigma metodologico è l’obbligo di razionalizzare
e normalizzare i dati e le procedure, un requisito che dovrebbe esistere indipendentemente
dall’informatizzazione ma che purtroppo non è ancora così scontato in molte discipline
umanistiche.
L’archeologia computazionale, come solitamente si definisce l’applicazione delle tecnologie
informatiche alla disciplina, deriva dall’approccio quantitativo e statistico, che dominava la
scena negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, e mette in pratica alcuni dei principi lasciatici
in eredità dalla teoria archeologica processualista: il valore aggiunto dell’interdisciplinarietà,
l’impostazione quanto più possibile oggettiva e sistematica, il procedere per via deduttiva, il
cercare regole e modelli di applicazione il più ampia possibile.
Quest ultimo criterio equivale oggi anche a creare dati, procedure, metodologie che possano
essere integrati e condivisi con altri progetti, condividendo standard nei formati e nella
organizzazione – necessariamente informatica – dei dati, e auspicabilmente condividendo i dati
stessi, che ancora troppo spesso sono gelosamente custoditi dagli studiosi
(Francovich, 1999;
Pescarin et alii, 2005; Pescarin, 2006).
In parte, dunque, le applicazioni informatiche all’archeologia sono dettate da esigenze pratiche
di gestione, organizzazione, condivisione interna alla comunità scientifica. Rientrano in questa
prima tipologia:
9L’uso di • database (DB) per raccogliere i dati di scavo alfanumerici e strutturati, come
l’elenco e le schede di unità stratigrafiche (o di reperti, campioni, materiali, strutture,
tombe, ambienti... e ogni altra classe di elementi che possa presentarsi nel corso di uno
scavo archeologico);
La gestione elettronica (eventualmente previa digitalizzazione) della documentazione •
grafica: fotografie di scavo, cartografia, cartografia storica, fotografie aeree, corredate
dei loro metadati;
L’integrazione di tutti i dati quantitativi e spaziali in • database relazionali e geospaziali,
(normalmente con la creazione di un GIS, Geographic Information System), per collegare
la documentazione grafica e i dati alfanumerici attraverso le loro proprietà spaziali e
topologiche;
La creazione di dati grafici vettoriali tramite sistemi CAD (• Computer Aided Design)
o direttamente nel GIS, per documentare determinati aspetti quantitativi del contesto:
posizione e forma delle US, localizzazione e numero dei materiali, informazioni
geografiche a scala territoriale quali idrografia, geologia, rete delle comunicazioni;
Tutte queste applicazioni permettono di mettere in pratica i metodi tradizionali dell’archeologia
quantitativa (analisi statistiche, classificazione, redazione di grafici di sintesi, testing e verifica
di ipotesi..) in modo preciso e soprattutto maneggiando quantità di dati prima impensabili.
Un’altra categoria di procedure informatiche che possiamo considerare ormai acquisite sono
quelle riguardanti gli strumenti e i software per la diagnostica territoriale, il remote sensing e
il rilievo strumentale topografico e architettonico, che archiviano le informazioni spaziali su
terreno, edifici, materiali, o strutture interrate, sotto forma di punti o nubi di punti con coordinate
tridimensionali riferibili a sistemi relativi (Laser scanner, Stazione totale) o assoluti (GPS).
Anche questi dati possono essere integrati nei GIS, e inoltre sono alla base di più complesse
applicazioni come la modellazione virtuale:
Laser scanner• 3d per l’acquisizione in digitale del profilo di oggetti, reperti, o
dell’articolazione spaziale di strutture architettoniche;
Fotogrammetria monoscopica o stereoscopica, per l’acquisizione di immagini da •
ortorettificare e georeferenziare attraverso punti noti su una superficie approssimabile
a un piano;
Stazione totale per il rilievo di punti notevoli su scala intermedia (edifici, US, complessi •
architettonici, porzioni di territorio);
Dispositivi GPS, normalmente utilizzati per il rilievo a scala territoriale e per il •
10
posizionamento assoluto del sito archeologico, ad esempio di una sua poligonale esterna
alla quale riferire le misurazioni prese in locale;
L’insieme di queste tecniche e strumentazioni permette elaborazioni complesse di dati, in
forma grafica o di database, o entrambe (GIS), come ad esempio la redazione di carte di rischio
archeologico, o carte archeologiche con la distribuzione dei siti noti. In questo senso l’informatica
permette sempre più di creare sistemi che formalizzino le procedure e i ragionamenti propri
dell’archeologia, oltre che i suoi oggetti (Orlandi, 2004, p. 44).
Le applicazioni e gli strumenti citati finora sono ormai alla portata di tutti gli archeologi, il loro
uso è consolidato da anni ed è vincolato solo alla disponibilità economica della missione di scavo.
Naturalmente spostandoci in centri d’eccellenza troviamo sperimentazioni più specialistiche,
come applicazioni di image processing, software di classificazione ed estrazione di features
automatica o di analisi della pigmentazione (Guidazzoli, 2007).
L’adozione delle tecnologie informatiche in archeologia ha già una storia considerevole, se si
pensa che la prima edizione del CAA (Computer and Applications in Archaeology) ebbe luogo
a Birmingham nel 1973. Nei primi anni ’90 era diffusa la pratica di uso sul campo del computer
Laser ScannerFig. 1.
11
come notebook e del CAD, si avvertiva già il “problema” della proliferazione di pubblicazioni
incontrollate causate dalla maggior facilità di edizione in formato elettronico, e le IT ad uso
archeologico erano considerevolmente diffuse (Reilly-Rahtz, 1992, pp. 14-17).
In Italia nel 1990 esce il primo numero di Archeologia e Calcolatori
2
: attraverso questa rivista
possiamo ripercorrere l’evoluzione del settore – questa volta su scala nazionale – negli ultimi
due decenni (Francovich, 1999; D’Andrea, Niccolucci, 2000; Idem, 2001). Nei primi anni
‘90 si evidenzia un ritardo dell’Italia rispetto al mondo anglosassone nella confidenza con
computer e strumentazioni elettroniche. Le cause della lenta penetrazione dell’informatica
nella prassi archeologica italiana sono di varia natura: innanzitutto la scarsità di studi su
base territoriale (più adatti a favorire questo avvicinamento), poi lo scoglio generazionale, la
mancanza di formazione specifica, la perenne carenza di finanziamenti, e atteggiamenti quali un
conservatorismo diffidente nei confronti del calcolatore o la delega totale ai tecnici dei processi
di informatizzazione (Francovich, 1999, p. 48).
Nel giro di una decina d’anni, con un radicale cambiamento di impostazione e grazie alla crescente
accessibilità di strumentazioni potenti, la comunità archeologica si rende più indipendente
nell’uso delle nuove tecnologie. A fine anni ’90 nei laboratori universitari troviamo già una
grande varietà di applicazioni per l’acquisizione e gestione di dati comunemente utilizzate
3
.
Tuttavia, le potenzialità rivoluzionarie dell’informatica per l’interpretazione, la diffusione e la
valorizzazione dei dati archeologici non sono ancora del tutto sfruttate: il computer che nel 1990
non riusciva a liberarsi dal suo ruolo di “macchina da scrivere”, nel 2000 tuttalpiù è accettato
come necessario ammodernamento tecnologico dalla maggior parte delle istituzioni (D’Andrea,
Niccolucci, 2000; Barceló, 2001; Orlandi, 2004). Le prime applicazioni archeologiche di Realtà
Virtuale (la ricostruzione della tomba di Nefertari, realizzata da Infobyte in seguito al restauro
curato del Getty Conservation Institute, è del 1994) ancora negli anni successivi stentano
ad attecchire nel mondo della comunicazione/fruizione dei Beni Culturali (Sanders, 2002;
Antinucci, 2007). Di conseguenza il valore scientifico delle sperimentazioni di ogni tipo, che
vedono lavorare insieme professionalità diverse, è a volte limitato dalla prevalenza della forma
2 rivista fondata nel 1990 da R.Francovich e M.Cristofani, a cura dell’Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche
e del Mediterraneo Antico del CNR, esce in cartaceo per l’editore All’insegna del Giglio, on-line all’url soi.cnr.
it/~archcalc/
3 “(...) il processamento al calcolatore di foto aeree, la gestione GIS di scavi e territori, la catastazione
multimediale della risorsa archeologica, la modellazione 3D, rendering fotorealistico e animazione per strutture
e reperti, morphing delle strutture individuate tramite scavo, video documentazione elettronica, catastazione e
gestione CAD dello scavo, ambientazioni Quicktime VR, catastazione e gestione CAD di monumenti, editing e
gestione dei filmati, produzione di ipertesti, di movies multimediali ed ipermediali, programmazione, creazione
siti e pagine web”, Francovich, 1999, p. 50; il riferimento è all’attività del Laboratorio di Informatica inaugurato
presso l’insegnamento di Archeologia Medievale dell’Università di Siena, tuttora attivo
12
sul contenuto, della presentazione sulla solida base metodologica, critica, teorica dei dati
4
.
Attualmente, dopo quasi un altro decennio, questa situazione è stata in parte superata con la
pubblicazione di studi critici e con la ripresa di un vivo dibattito metodologico e filologico,
di cui parleremo più avanti in particolare riguardo alla Virtual Archaeology. Nuove tematiche
hanno fatto la loro comparsa negli ultimi anni, prima fra tutte la necessità di standard di formato
e di qualità condivisi ma anche le Internet applications e la questione dell’open-source come
risorsa e filosofia di lavoro (D’Andrea, Niccolucci, 2001; Guermandi, 2003; Pescarin et alii,
2005; Pescarin, 2006).
Naturalmente, vorrei aggiungere, c’è un generale scollamento tra queste situazioni di ricerca
e avanguardia (laboratori universitari, progetti specifici, pubblicazioni di settore) e la pratica
sul campo, dato che in molti scavi e persino corsi universitari si continua a non considerare
l’informatica parte del bagaglio strumentale e metodologico dell’archeologo.
Oggi comunque un libro divulgativo piuttosto che un manuale tradizionale che affronti gli stadi
della pratica archeologica – diagnosi, scavo, processazione dei dati, eventualmente valorizzazione
e comunicazione – non può prescindere dall’occuparsi delle tecnologie informatiche adottate
in ogni passaggio
5
.
Informatica per la pubblicazione e la comunicazione1.2.
Oltre alla gestione e analisi di dati, le IT offrono grandi opportunità nel campo della divulgazione
e visibilità del dato archeologico, in particolare attraverso la rete di Internet, ed è soprattutto in
questo campo che si stanno registrando più novità.
Una volta trattati i dati ai fini della ricerca e dell’analisi, il passi successivi sono costituiti da:
Pubblicazione e disseminazione scientifica;•
Elaborazione in chiave didattica e presentazione al pubblico;•
La comunicazione scientifica può assumere la forma della pubblicazione elettronica
6
, le
4 la questione della carenza di apparato critico e metodologico nelle pubblicazioni si ripropone per l’ambito
più ristretto della Virtual Archaeology, dove spesso la “spettacolarità” non è suffragata da una adeguata base
metodologica, cfr. Barceló, 2000, pp. 9-35; Ryan, 2001, Guzzo-Liverani, 2007, Guidazzoli, 2007; inoltre vedi
infra il cap 2
5 ad esempio Lock, 2003 è un manuale “tradizionale” adottato nelle università, e titola “Using computers
in archaeology. Towards virtual pasts”; tra le opere divulgative cfr. Manacorda, 2004; Manacorda, 2007
6 pubblicazioni su riviste create per la rete e distribuite gratuitamente, come Archeologia e Calcolatori soi.
cnr.it/~archcalc/, Nuova Museologia www.nuovamuseologia.org/, o sulla pagina web delle riviste tradizionali; più
13
elaborazioni divulgative includono pubblicazioni, gallerie di immagini, video e testi su un sito
internet, supporti multimediali all’esposizione museale o all’allestimento turistico del sito, o
ancora l’inserimento di contenuti in motori web e progetti più complessi, regionali o centralizzati
da una istituzione del territorio, un museo, una città. Tali informazioni scientifiche possono
essere strutturate di volta in volta per target diversi, come altri specialisti, studenti universitari
o della scuola media, turisti, appassionati di archeologia o d’arte, bambini.
Ai grandi portali culturali, vetrine sul web ormai trasformate in spazi di interazione variamente
strutturati (Monaci, 2005), si vanno ad aggiungere i siti internet archeologici istituzionali di centri
di ricerca, università, musei, persino siti personali di singoli studiosi, che ormai costituiscono
un obbligo per la presenza nella comunità globale e per la diffusione al grande pubblico del
proprio lavoro.
Per quanto riguarda la circolazione della letteratura specialistica all’interno della comunità
scientifica, la pubblicazione informatizzata comporta alcune novità e riflessioni che vale la
pena di elencare velocemente.
Un primo grande vantaggio della pubblicazione elettronica e on-line è la riduzione dei costi e
dei tempi necessari per la sua realizzazione e disseminazione. Questo tema è centrale soprattutto
per quanto riguarda la documentazione degli scavi archeologici, che dovrebbe costituire una
base di informazioni di dominio comune su cui si imposta la ricerca, mentre spesso rimane per
anni in fase di elaborazione (e di conseguenza a disposizione solo di chi l’ha prodotta) prima
di poter essere portata a conoscenza della comunità scientifica. Ancora, un repertorio o una
bibliografia pubblicati ed accessibili elettronicamente non devono necessariamente considerarsi
chiusi ad un certo punto o momento, ma possono essere consultati sempre in versione completa
ed aggiornata: al contrario dei voluminosi cataloghi, indici bibliografici o corpora cartacei, per
inserire nuove scoperte, nuova documentazione, un nuovo articolo, modificare la struttura delle
schedature o aggiornare l’apparato grafico non sarà necessaria una nuova edizione che richieda
gli stessi costi della precedente. Basti su tutti l’esempio del Corpus Vasorum Antiquorum, la cui
digitalizzazione ha avuto inizio nel 2000
7
.
spesso si trovano on-line le sole indicizzazioni delle pubblicazioni più importanti, vd. caa.leidenuniv.nl/
7 www.cvaonline.org, a cura del Beazley Archive dell’Università di Oxford, UK
14
Un altro ovvio vantaggio è la facilità di consultazione, che è possibile in ogni momento e
da qualunque luogo raggiunto da una connessione internet, e di conseguenza la visibilità
enormemente maggiore.
Inoltre, rispetto a una pubblicazione in cartaceo, il formato elettronico (on-line o no) permette
una maggiore libertà in termini di multimedialità, permette cioè di integrare il testo con immagini
fotografiche, schemi, disegni, grafici, animazioni, filmati, file audio, hyperlink (collegamenti
ipertestuali: interni, ad altri documenti, pubblicazioni o pagine web).
Ad esempio per la pubblicazione di uno scavo si potrebbe fare la scelta - in chiave didattica
o di trasparenza metodologica - di fornire l’accesso completo ai dati e documenti originali sui
quali si è lavorato, in modo da permettere un controllo a posteriori del percorso interpretativo.
Oppure la bibliografia, nel momento in cui fosse completamente disponibile on-line, potrebbe
essere costituita da links attraverso i quali verificare direttamente le fonti (molte pubblicazioni
già includono sitografie di estensione pari o superiore alla bibliografia).
Un altro esempio: nei progetti di VR e WebGIS archeologici, ma anche in un GIS di scavo quando
venga pubblicato, il testo come nucleo centrale addirittura lascia il posto a un’interfaccia grafica
(mappa 2d o ricostruzione virtuale 3d) sulla quale si effettua la ricerca e l’interrogazione dei
contenuti, raccolti in un database interrogabile. Rientrano in questa categoria, oltre ai progetti
Fig. 2. CVA on-line
15
di Virtual Archaeology, progetti scientifici territoriali web-based che raccolgono come in un
atlante informazioni sugli scavi in corso o sui punti di interesse archeologico in un territorio.
In questi casi l’interfaccia principale è la mappa, mentre testi, fotografie e altri tipi di contenuti
vengono richiamati su interrogazione dell’utente: a livello nazionale si veda il progetto Fasti
On Line, mentre applicazioni a scala regionale o urbana sono state realizzate dall’ITABC-CNR
(Salerno, Esaro Distretto Culturale, Virtual Rome..).
Naturalmente la distribuzione elettronica di contenuti in ambito scientifico pone problemi di
ordine vario.
Innanzitutto il processo di pubblicazione, reso più facile e “democratico” dalla mancata necessità
di un editore professionista, ha perso la tradizionale funzione di filtro e pertanto di garanzia
scientifica. Il lettore di una rivista o di una pubblicazione periodica di atti si aspetta che la
qualità e il valore scientifico dei contributi diffusi sia costante, o comunque che siano garantiti
degli standard elevati, ed ha nell’editore un referente per controllare le fonti, contattare gli
autori, richiedere chiarimenti. E’ chiaro che la pubblicazione su web dei propri articoli da parte
Fig. 3. Appia Antica WebGIS, ITABC-CNR