2
specificamente espresso nell'art.3 comma 1, del
suddetto D.lgs. 276/2003.
Nello specifico è da sottolineare la modifica di
importanti fattispecie contrattuali, come le
“Collaborazioni Coordinate e Contiuative“,
l'introduzione di nuove tipologie (staff leasing e lavoro
intermittente), nuova disciplina di figure già esistenti
come il contratto di lavoro part-time, la sostituzione del
contratto di formazione con il contratto di inserimento.
In particolare la riforma delle collaborazioni risponde
ad una scelta politica ben precisa, ovvero impedire un
utilizzo improprio, abusivo ed elusivo dei rapporti di
collaborazione che spesso nascondevano veri e propri
rapporti di lavoro subordinato, che non trovavano nè
tutela nè regolamentazione. Si volle rispondere
positivamente alle esigenze di flessibilità, ma senza
rinunciare alla regolamentazione, infatti come scrisse lo
stesso Biagi nel “Libro Bianco sul mercato del lavoro
in Italia“ del 2001: “occorre prevedere nuove tipologie
contrattuali che abbiano la funzione di ripulire il
mercato del lavoro dall'improprio utilizzo di alcuni
strumenti esistenti in funzione elusiva o frodatoria della
legislazione posta a tutela del lavoro subordinato, che
nel contempo tengano conto delle mutate esigenze
produttive ed organizzative.
In quest' ottica si segnala la prospettiva del contratto a
progetto, come forma di lavoro autonomo
parasubordinato in cui rileva fortemente il fattore della
realizzazione appunto di un progetto avente precisi
requisiti in termini di quantificazione temporale, ma
anche di qualità della prestazione“.
Obiettivo cardine della riforma è dare battaglia a forme
di flessibilità “fai da te“; prima di essa la prassi era
stipulare contratti di collaborazione coordinata e
continuativa, in assenza del requisito dell'autonomia,
3
quindi sostanzialmente il rapporto di lavoro era di tipo
subordinato,ma allo stesso tempo richiedeva minori
garanzie e minori costi a carico dell'impresa.
Come conferma la relazione di accompagnamento alla
legge delega n. 30 del febbraio 2003 non venne
introdotta una nuova fattispecie contrattuale, ma bensì
ristretta la nozione espressa dall' art. 409 C.p.c.,
individuando l'ambito di applicazione e ponendo
requisiti essenziali per ricondurre tale contratto all'area
del lavoro autonomo-parasubordinato o a quella del
subordinato vero e proprio.
Oggetto del presente lavoro sono proprio i rapporti di
collaborazione “a progetto“.
Nei capitoli seguenti si darà una panoramica della
situazione, presente e passata, riguardante le co.co.co.,
si prenderà brevemente in esame l'iter legislativo che
ha portato all'approvazione del D.lgs. 276/2003, si
prenderanno in analasi gli artt. della suddetta norma
riguardanti il contratto a progetto e si svolgerano
riflessioni sulle problematiche che riguardano la
suddetta tipologia contrattuale facendo anche
riferimento all‘ orientamento giurisprudenziale.
4
CAPITOLO I
LA RIFORMA BIAGI, DAL LIBRO BIANCO ALLA
LEGGE 133/2008
1.Cambiamenti nella struttura socio-economica del
Paese.
L'analisi dello strato sociale italiano risulta
fondamentale per comprendere le ragioni che hanno
portato al varo della c.d. Legge Biagi.
Il primo macro cambiamento nel mondo del lavoro
italiano è da collocarsi dopo gli anni cinquanta, durante
il cosiddetto “Boom economico“ che mutò
radicalmente la nozione di lavoro.
Produzione di massa, segmentazione delle funzioni di
produzione, nonchè la ripartizione del lavoro secondo il
sistema fordista, determinarono un primo ed epocale
cambiamento socio-economico.
La trasformazione fu repentina e comportò il passaggio
da un modello sociale agricolo ad uno industriale con le
relative conseguenze.
In questo contesto la scelta politica di riferimento fu
quella di proteggere il lavoratore, fisicamente ed
economicamente, poichè parte debole del rapporto di
lavoro. Quest'idea, unanimamente riconosciuta, di
“Debolezza“ del lavoratore funse da fondamenta per
l'affermazione della contrattazione collettiva.
Quest'ultima portò al raggiungimento di importanti
traguardi e garanzie a favore dei lavoratori, basti
pensare alle varie forme di assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni, l'invalidità, la disoccupazione e la
vecchiaia.
5
Si raggiunse un equilibrio ottimale, le tutele erano
garantite poichè il Paese si trovava in piena espansione
econonomica, sia interna che esterna. Tuttavia questo
equilibrio si dimostrò in futuro, caratterizzato da una
regolamentazione assai rigida del mercato del lavoro, la
quale lasciava poche possibilità di manovra quando ci
si trovò nella situazione di doversi adeguare celermente
alla congiuntura economica. Quel tipo di
regolamentazione, benevola nei confronti del
lavoratore e non sproporzionata in termini economici e
sociali rispetto al contesto che vide la sua genesi,
accollò alla variabile lavoro una crescente rigidità.
Già dagli albori si poteva notare una forma di elusione
delle garanzie legali attraverso il lavoro “ sommerso“,
che consisteva in un vero e proprio mercato del lavoro
parallelo rispetto a quello ufficiale, rigido e garantito,
caratterizzato da alta flessibilità, costi pressochè nulli
per il datore di lavoro e nessuna garanzia riconosciuta
al lavoratore.
Nonostante altre forme di lavoro si fossero sviluppate,
come quella autonoma, artigiana e commerciale
soprattutto, l'attenzione del legislatore era ed è ancora
oggi focalizzata sul rapporto di lavoro subordinato.
I primi effetti dell'avvenuta cristallizzazione del fattore
lavoro si videro negli anni settanta a seguito delle crisi
petrolifere che investirono tutte le economie mondiali.
La congiuntura economica richiedeva all'Italia
maggiore competitività per potersi risollevare dalla
crisi: questo passava necessariamente attraverso la
ricerca di una nuova combinazione ottimale dei fattori
produttivi, lavoro incluso.
Destrutturazione delle grandi imprese a favore delle
piccole e medie, la nascita delle filiere furono
determinate da questa esigenza mentre la normativa
italiana restava però invariata; le imprese furono
6
costrette a trovare una via alternativa per risollevarsi ed
uscire dalla crisi, creando una primitiva forma di
flessibilità. Insomma il sistema imprenditoriale ,non
potendo contare su una legislazione duttile, per
sopravvivere fu costretto a modificare se stesso.
Furono gli anni della crescita esponenziale dei c.d.
ammortizzatori sociali, dei prepensionamenti e degli
esuberi. Il prezzo più alto di questa incapacità di
adeguamento alle esigenze congiunturali del mercato fu
pagato dal suo stesso fautore, lo Stato, in termini di
grande spesa pubblica finanziata attraverso l'incremento
del debito pubblico e le sue conseguenze che ancora
oggi ci attanagliano.
Lo Stato ebbe “la colpa“ di non prevedere con
lungimiranza delle “vie di fuga“, alternative da mettere
in atto in caso di necessità. Nel frattempo la quota
riservata al lavoro sommerso era sempre più ampia e,
alla fine degli anni ottanta, si raggiunse un fragile
equilibrio.
Agli inizi degli anni novanta il mercato risultava
caratterizzato da un tessuto imprenditoriale fortemente
frammentato, dalla forte espansione del lavoro
autonomo, soprattutto commercianti e professionisti e
da un sempre più preoccupante livello di lavoro
sommerso.
Una nuova forma di lavoro fu messa in atto, la c.d.
parasubordinazione, volta a dare ancora una volta
maggiore flessibilità alle imprese. Il lavoro
parasubordinato è quindi una fattispecie che si discosta
dalla nozione tipica di lavoro subordinato e che non
soggiace al complesso sistema di garanzie posto in
essere dal legislatore.
Appena raggiunto, il nuovo equilibrio fu già minato da
una nuova minaccia, la c.d. globalizzazione, che
richiedeva nuovi guadagni in termini di competitività
7
per poter competere su scala globale e fronteggiare la
concorrenza straniera, soprattutto quella messa in atto
dai paesi emergenti dell' Asia.
Questa volta però la mancanza di flessibilità non poteva
essere compensata con un'ulteriore polverizzazione del
sistema imprenditoriale italiano, anzi al contrario la
congiuntura questa volta richiese la sintesi delle micro
realtà in grandi imprese, capaci di fronteggiare e
sottrarre quote di mercato alle multinazionali estere.
Altro problema fu l'impossibilità dello Stato di
accollarsi ancora una volta i costi, poichè l'Unione
Europea ed in particolare il Trattato di Maastricht ed il
Patto di Stabilità ponevano sia limiti al ricorso
dell'indebitamento pubblico sia una riduzione
programmata dello stesso.
Il progetto Biagi, sfociato nell'emanazione del D.lgs
n.276/2003, si pose proprio l'obiettivo di riformare il
mercato del lavoro attraverso la sua flessibilizzazione.
1.1 Proliferare della para-subordinazione
I rapporti di collaborazione vennero disciplinati per la
prima volta dalla legge n. 741/1959, c.d. Vigorelli,
volta principalmente a fornire norme transitorie per
garantire tutela normativa ed economica in riferimento
ai rapporti di agenzia e rappresentanza.
Nel 1973, quando ormai il legislatore era a conoscenza
del fatto che i rapporti di collaborazione andassero ben
oltre i rapporti di agenzia e rappresentanza
commerciale, dettò una norma processuale, il già citato
art. 409 n.3 Cod. Proc. Civ., che delineava quella figura
che oggi è conosciuta come parasubordinazione.