2
PREFAZIONE
Nella costruzione di portafogli finanziari, il tema della ottimizzazione ha alimentato una
vastissima letteratura finanziaria e tanti modelli con lo scopo di supportare gli asset manager nelle
loro scelte operative.
L’interpretazione matematico-statistica dell’ asset allocation ha apportato un rigore formale
formidabile ,a fronte di un processo intuitivo ,all’apparenza semplice (per costruire un portafoglio è
sufficiente comporre più attività),importanti dal punto di vista teorico ma sproporzionati rispetto al
loro reale utilizzo.
Molti asset manager sviluppano strategie di investimento più qualitative ,vicine al loro modus
operandi ed alle loro intuizioni ,piuttosto che affidarsi ad un modello matematico rigido che spesso
conduce alla composizione di portafogli “incoerenti”,dal loro punto di vista perché discordanti dalle
regole normalmente impiegate .
Il problema della incertezza delle stime dei parametri che sono alla base dell’ottimizzazione e della
“ragionevolezza” nella composizione dei portafogli ,l’eccessiva concentrazione degli stessi ,
l’elevata sensibilità a variazioni marginali degli input ,nelle valutazioni dei gestori, ha portato alla
predisposizione di modelli nuovi .
La finanza quantitativa che fonda le sue basi nei contributi storici di Markowitz(1952,’56,’59),
Tobin(1958),Sharpe (1964),Lintner(1965) ed altri, negli ultimi venti anni si è sforzata di recuperare
un rapporto con gli asset manager creando modelli matematici il più possibile vicini all’operatività
dei gestori.
La tesi che intendo realizzare va in questa direzione ,partendo dalle basi della Modern Portofolio
Theory e dalla analisi di Markowitz vuole approfondire le problematiche connesse con la teoria
soprattutto per le critiche ad essa rivolte e fare il punto sugli sviluppi successivi ,soprattutto nelle
applicazioni pratiche ,che queste teorie hanno prodotto.
Il lavoro parte dall’analisi del modello di Markovitz con un’applicazione pratica realizzata con il
matlab;sono approfondite le critiche sulla ottimizzazione basata sul principio media-varianza e
sull’orizzonte temporale uni-periodale dell’investitore, l’instabilità dei portafogli efficienti
riconducibili agli errori di stima e la composizione a volte “irragionevole” degli stessi; si valutano
alcuni metodi euristici e gli stimatori bayesiani come procedimenti che riescono a coniugare il
rigore formale matematico con le stime e le intuizioni degli asset manager .
Questi ultimi, a mio avviso, rappresentano il collante che potrebbe riuscire a riunificare la teoria e
la pratica evitando il pericoloso scollamento che si verificherebbe se la letteratura finanziaria
diventasse fine a se stessa ,una esercitazione solenne di grande interesse accademico ,priva di
conseguenze operative, da un lato, ed asset manager dall’altro, che impoveriscono la costruzione del
portafoglio da ogni riferimento matematico-statistico rifiutando ogni logica scientifica a favore di
comportamenti “artigianali”dettati dalla esperienza o peggio da doti predittive .
3
Il tema della costruzione del portafoglio è multidisciplinare e un’analisi completa di tutte le variabili
che sono di pertinenza di questo argomento non può essere svolta senza l’ausilio della statistica ,
della matematica , delle loro evoluzioni e nuovi strumenti che esse , con continuità, propongono .
Dall’altro un modello di asset allocation che aspira ad essere applicato nella pratica ,però, deve
assimilare le logiche operative dei gestori altrimenti ,in mancanza di ciò,il modello è destinato alla
fama scientifica ma “..all’oblio operativo..”.
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CAP. I LA TEORIA DI MARKOVITZ
I.1 INTRODUZIONE
La modern portfolio theory nacque nel 1952 con la pubblicazione dell’articolo “Portfolio
Selection” su Journal of Finance da parte di Harry Markovitz con il quale ricondusse il problema
della costruzione del portafoglio all’interno di un algoritmo matematico di ottimizzazione.
I primi lavori pionieristici in materia si fanno risalire a Chambers (1934) e Hicks (1935) i quali
intuirono il concetto di diversificazione e valutarono il ruolo del rischio nelle scelte degli
investitori.
Roy nel 1952 propose un modello, basato anch’esso sul piano media-varianza ,molto simile a
quello di Markovitz ed anche l’italiano Bruno Finetti in un articolo del 1940 anticipò alcuni spunti
della teoria di portafoglio che gli procurò un riconoscimento postumo ,nel centenario della sua
nascita(1906),dallo stesso Markovitz.
Il merito fondamentale tuttavia della modern portfolio theory spetta a Markovitz perché fu il primo
che giunse ad una formalizzazione matematica del concetto di diversificazione ed ebbe il merito di
dimostrare che questa poteva ridurre il rischio, ma non annullarlo, come sostenevano altri autori.
L’apporto determinante di Markovitz è stato quello di porre fine ad un costume consolidato della
teoria economica di identificare l’obiettivo dell’investitore nella sola massimizzazione del
rendimento atteso.
Egli introdusse,invece, una funzione obiettivo di secondo grado a due variabili : il rendimento atteso
ed il rischio( identificato nella deviazione standard) e spostò la costruzione del portafoglio su un
piano (μ; σ) costruendo il portafoglio nell’ambito di un modello di programmazione matematica
con un algoritmo per la soluzione dello stesso.
L’investitore di Markovitz è chiamato a fare delle scelte su un piano bidimensionale in cui il
rendimento atteso ,che corrisponde all’assunto “ l’investitore non è mai sazio”, è la variabile da
massimizzare e il rischio ,individuato nella dispersione dei rendimenti (deviazione standard) che
corrisponde all’assunto “l’investitore è avverso al rischio”, è la variabile da minimizzare .
Le ipotesi alla base del modello sono,quindi, che gli investitori sono neutrali a fenomeni associabili
a momenti statistici di grado superiore al secondo come la curtosi o l’asimmetria ovvero che i
rendimenti si distribuiscono secondo una funzione di probabilità normale la cui forma è funzione
dei primi due momenti statistici.
Questa,che però è una semplificazione, esclude l’influenza che il fenomeno delle fat tails (code
grasse) e l’asimmetria negativa ha sul comportamento degli investitori che non possono essere
considerati aprioristicamente disinteressati a tali manifestazioni.
5
Altra ipotesi fondamentale nella teoria di Markovitz è l’orizzonte temporale dell’investitore che è
unico ,ovvero l’ investitore fa le sue scelte sul piano (μ; σ) con riferimento ad un unico holding
period ovvero che è neutrale al rendimento atteso ed al rischio relativi ad orizzonti temporali diversi
da quello impostato.
Da queste basi è possibile comporre il principio base ,noto come media –varianza,secondo cui presi
due portafogli A e B con rendimenti attesi E(R
A
) e E(R
B
) e rischi attesi σ
A
e σ
B
nell’orizzonte
temporale T si dice che A domina B se:
E(R
A
) ≥ E(R
B
) e σ
A
≤ σ
B
I.2 RENDIMENTO ATTESO E RISCHIO DI PORTAFOGLIO
Gli input necessari per sviluppare l’ottimizzazione alla Markovitz sono il rendimento atteso E(R ),il
rischio atteso σ di ciascun asset che compone il portafoglio e le correlazioni tra essi, che vanno
stimati nel periodo di riferimento .
Il rendimento atteso di portafoglio R
p
è la somma dei rendimenti attesi di tutti gli assets che
compongono il portafoglio per il peso che ciascuno ha nello stesso.
R
p
=
(I.1) R
p
= Rendimento atteso portafoglio
= Peso dell’asset
= Rendimento atteso dell’asset
Il rischio atteso di portafoglio σ
p
è la radice quadrata della varianza σ
p
2
che è pari :
σ
p
2
= X
1
2
σ
1
2
+ X
2
2
σ
2
2
+2 X
1
σ
1
X
2
σ
2
σ
12
(I.2)
in cui
σ
1
2
= varianza asset 1
σ
12
= covarianza asset 1 ,asset 2
La covarianza è una misura di come i rendimenti di due attività si muovono in relazione l’uno
all’altro: se i rendimenti sono sopra o sotto la media di entrambi essa è positiva;se uno è sopra la
media e l’altro sotto essa è negativa se le deviazioni non hanno alcuna relazione essa è nulla.
Il coefficiente di correlazione è il rapporto tra la covarianza degli assets ed il prodotto tra le loro
deviazioni standard.
.
6
ρ
12
=
ρ
12
= coefficiente di correlazione
Il coefficiente di correlazione varia tra -1 e +1.
Nell’ipotesi di tre titoli nel portafoglio la formula della varianza diventa:
σ
p
2
= X
1
2
σ
1
2
+ X
2
2
σ
2
2
+ X
3
2
σ
3
2
+2 X
1
σ
1
X
2
σ
2
σ
12
+
2 X
3
σ
3
X
2
σ
2
σ
23
ovvero
σ
p
2
=
)+
(1.3)
Se la covarianza è uguale a zero la (1.3) diventa:
σ
p
2
=
(1.4)
se ipotizziamo N attività ed una pari quantità investita per ogni portafoglio ossia:
quantità investita per ogni attività la (1.4) diventa:
σ
p
2
=
=
ma
è una media per cui la (1.2) diventa σ
p
2
=
Se N σ
p
2
= 0 ovvero il rischio si annulla.
Questo non si realizza nei mercati perché i coefficienti di correlazione tra le attività sono diversi da
zero.
Se la covarianza è maggiore di zero la (1.3) diventa:
7
σ
jk
2
=
)+
da cui :
che diventa
ma
è una media =
i
2
e
è una media =
jk
quindi
σ
jk
2
=
j
2
+
jk
(1.4)
j
2
per N 0 si annulla ovvero il rischio (specifico) può essere eliminato
jk
per N 0
jk
jk
ovvero il rischio sistemico non può essere eliminato
completamente.
La (1.3) possiamo riscriverla anche :
σ
p
2
=
(
i
2
-
jk
) +
jk
(1.5) ovvero
per N 0 σ
p
2
=
jk
8
Per il NYSE (New York Stock Exchange) è stato calcolato il rischio che è pari a 46,6 per un titolo e
si abbassa a 7,58 per 50 titoli fino a 7,58 per n che tende all’infinito .
Il valore 7,58 corrisponde alla covarianza media dell’indice .
È stata calcolata la percentuale di rischio che può essere eliminata con la impostazione di un
portafoglio casuale in alcuni importanti paesi del mondo.
USA 73%
UK 65,5%
FRANCIA 67,3%
GERMANIA 56%
ITALIA 60%
BELGIO 80%
OLANDA 76%
AZIONARIO
INTERNAZIONALE 89,3%
I paesi UK ,Francia ,Germania ,Italia hanno un’alta correlazione tra i titoli che comporta una
riduzione del rischio inferiore se comparata a quella di Olanda ,Belgio e azionariato internazionale
che ,al contrario,hanno una correlazione tra assets più bassa.
Le stime del rendimento atteso E(R
p
) e del rischio attesi σ
p
spesso vengono effettuate con l’ausilio
dell’algebra matriciale :
se indichiamo con
w
i
= pesi assets in portafoglio e W = vettore colonna contenente gli n pesi assets