2
categorie spazio-temporali e punti di vista.
2
Caratteristica di questa
struttura comune è anche la doppia prospettiva temporale che rende
possibile la distinzione tra tempo della storia e tempo del racconto: story
e plot. La pratica dell'adattamento offre, in ogni caso, l'occasione di un
interessante confronto tra linguaggi diversi come quello verbale, sonoro,
visivo ecc., ma tra i quali esiste comunque una certa "porosità dei codici",
ovvero una sorta di naturale corrispondenza tra i singoli elementi
espressivi. Ad esempio l'aggettivo "grave" può essere trasposto con un
suono che abbia un tono molto basso, con un colore scuro o un'immagine
costruita in modo tale da comunicare pesantezza e oppressione. Anche
polarità come "sciolto" e "legato", "libero" e "costretto" hanno una fluida
corrispondenza in immagini che riproducano tali sensazioni
3
. Va infine
notata la fatale circolarità delle influenze, l'interscambio e l'effetto
rembound, ovvero di rimbalzo, che avviene tra l'uno e l'altro linguaggio.
Effetto riscontrabile, ad esempio, nel legame che c'è tra il romanzo
naturalista e i primi film realisti e neorealisti, o, viceversa, nell'influenza,
meno specifica ma costante, che esercita il ritmo incalzante del cinema
d'azione sulla letteratura seriale di tipo commerciale molto in voga in
America e, ultimamente, anche in Europa. Tutto ciò non può che
confermare l'idea di sostanziale traducibilità tra i linguaggi artistici, che
era invece stata posta in dubbio all'inizio di questa premessa. Chiarito
questo punto, passiamo ora alla discussione delle modalità necessarie e
possibili per portare un testo letterario sul grande schermo.
La lettura di un romanzo allo scopo della trascodificazione filmica
comporta una serie di competenze analitiche: quella dei caratteri, delle
psicologie e delle ideologie. La grande differenza tra il libro e la
sceneggiatura cinematografica risiede nel fatto che mentre lo scrittore con
la parola in sé e per sé può dar vita ad un personaggio o ad un ambiente,
lo sceneggiatore per renderli verosimili e "visibili" deve descriverli fino
2
A. Canziani, Film e romanzo, in Letteratura e cinema: la trasposizione, Forlì, Clueb, 1995.
3
Ibidem.
3
all'ultimo particolare. I luoghi, l'abbigliamento, l'arredamento, il clima, le
azioni, sono tutti elementi fondamentali alla creazione della realtà
verosimile a cui egli deve dar vita, tenendo conto del fatto che l'unico
modo a lui concesso per esprimere gli stati d'animo, i caratteri ed i
comportamenti è la minuziosa descrizione dei movimenti, della mimica e
dei dialoghi. E' anche necessario, però, che lo sceneggiatore descriva solo
ciò che è funzionale allo sviluppo diegetico, cioè ciò che serve allo
sviluppo coerente della storia e che dia le giuste informazioni su di essa
agli spettatori. Questo lavoro prevede una notevole quantità di sottrazioni
ed addizioni, laddove queste operazioni servano a ridurre le parti del libro
digressive ed eccessivamente descrittive per i tempi cinematografici, o ad
ampliare quelle che, invece, necessitano nella resa filmica di maggiore
esplicitezza ed articolazione narrativa
4
. Importantissimo è poi il ritmo
della narrazione filmica, che se ricalcasse alla lettera quello del romanzo
andrebbe incontro a un clamoroso insuccesso. In un suo scritto
fondamentale del 1963 Jean Mitry
5
afferma che:
"Il romanzo è un racconto che si organizza in mondo mentre il
film è un mondo che si organizza in racconto".
6
Con ciò si vuol affermare che:
"la differenza tra il romanzo ed il film consiste nel fatto che, nel
romanzo, il tempo è dato dalle parole, mentre nel film è dato dai
fatti, pertanto il tempo nel film è relativo allo spazio e al
movimento. Se un regista vuole cambiare il tempo deve spostare
lo spazio e il movimento, come è ben visibile nelle analessi fatte
con il flashback.”
7
4
A. Canziani, Film e romanzo, in Letteratura e cinema: la trasposizione, op. cit.
5
Jean Mitry, Estètique et psicologie, Paris, Eds. Universitaries. 1963.
6
Citato in L. Miccichè, Cinema e letteratura. La ragione e lo sguardo, Cosenza: Lerici, 1979.
7
A. Canziani, Film e romanzo, in Letteratura e cinema: la trasposizione, op. cit.
4
Quello della sceneggiatura filmica, infatti, deve essere un discours
immédiat, nel quale la successione degli avvenimenti deve essere sempre
al presente ed implicata nello spazio e nel tempo. Gli avvenimenti della
storia, i personaggi e gli ambienti si devono mostrare come sono, senza la
mediazione di alcun narratore che non appartenga alla vicenda stessa. La
diversità dei due linguaggi riguarda anche il diverso ruolo del lettore e
dello spettatore, infatti:
"Chi legge può stabilire da sé il tempo di lettura. C'è chi legge
più velocemente, chi più lentamente. Se una frase non si
capisce, la si può rileggere. Se ci viene da starnutire, possiamo
riprendere tranquillamente la lettura da dove lo starnuto l'aveva
interrotta. Al cinema questo non è possibile: il tempo della
visione non è stabilito dallo spettatore, che è quindi meno
libero, meno attivo del lettore"
8
.
Questo differente rapporto del "ricevente" con il tempo va naturalmente
considerato nel momento della trascrizione.
Acquisito che il realismo dell'immagine filmica richiede tempi e spazi
molto diversi da quelli propri del simbolismo della parola scritta, ne
consegue che nel trascrivere una pagina letteraria sullo schermo si dovrà
tenere conto che il punto di partenza della letteratura, essendo un simbolo
o un aggregato di simboli, necessita del completamento di ciò che evoca
per significare qualcosa, mentre il punto di partenza del cinema, essendo
un'immagine fotografica, è già significante di per sé e chiede
semplicemente di essere interpretata. Ciò significa che la traduzione dal
primo al secondo linguaggio non può avvenire solo sul piano della fedeltà
letterale al testo, ma necessita di uno scarto interpretativo grazie al quale
si conserva il tono e lo spirito del testo d'origine. Questo scarto è il così
detto "tradimento creativo" che il cinema deve necessariamente operare
nei confronti della letteratura per restarle realmente fedele. Infine un
8
Cramonini-Frasnedi, Vedere e scrivere, Bologna, Il Mulino, 1982, pp. 261-262.
5
ulteriore approfondimento merita la funzione del dialogo nei film, che è
stata in passato spesso oggetto di discussione tra coloro che sostenevano
il primato dell'immagine nella comunicazione filmica e coloro che
sostenevano, invece, il primato del dialogo. Oggi possiamo affermare che
non è necessario usare il dialogo solo quando è indispensabile, nella
convinzione che "tutto ciò che l'immagine può mostrare la parola non
deve dire."
9
E' stato ampiamente dimostrato, anche grazie ai film di un regista come
Rohmer, che il dialogo è azione, movimento, emozione, se usato in modo
naturale e semplice, aggiunto ai gesti, com'è nella vita. Del resto se è vero
che la significazione nel film è data da un insieme sinergico di elementi
(la recitazione, i movimenti di camera e degli attori, i giochi di sguardi,
l'angolo di ripresa, i punti di vista ecc.), è anche vero che il dialogo non è
l'ultimo di questi; esso infatti esprime sentimenti, impulsi e passioni
proprio in rapporto con il gesto e il movimento. In tal senso risulta
fondamentale la messa in scena della situazione oggetto di narrazione, in
quanto da essa si genera il dialogo. Quest'ultimo può essere di vari tipi:
espositivo, quando comunica allo spettatore i dati di una situazione e le
cause che la hanno determinata; di carattere, quando è relativo
prettamente ai personaggi, alla loro psicologia, ai loro sentimenti,
pensieri, impulsi e retaggi; di comportamento, quando è relativo
all'inserimento del personaggio nel contesto sociale; d'azione, quando
produce azione, appunto, quindi provoca gli eventi come punto di rilascio
e sfogo di un crescente accumulo di tensione drammatica.
Al di là delle tipologie, comunque, la principale dote di un buon dialogo
cinematografico è la naturalezza, la spontaneità che permette all'intera
vicenda narrativa di acquisire verosimiglianza e credibilità.
9
Ibidem.
6
L’ADATTAMENTO
I TRE TIPI DI ADATTAMENTO PROPOSTI DA D. ANDREW.
Lo studioso D. Andrew in un suo interessante libro del 1992
10
individua
tre modi di effettuare un adattamento, essi sono: il Borrowing,
l’Intersection e la Fidelity of trasformation. Il tipo di adattamento detto
Borrowing è in realtà la presa in prestito di un testo letterario, ovvero il
riecheggiare, anche inconsapevole, di un brano o un testo in un film che
ne cambia i connotati più espliciti, conservandone invece lo spirito ed il
contenuto profondo. Esempi di Borrowing sono Professione Reporter di
Antonioni, nel quale si avverte chiaramente l'eco del Fu Mattia Pascal di
Pirandello, e Viaggio in Italia di Rossellini, che ci riporta i toni e le
suggestioni della novella The Dead di J. Joyce più di quanto non faccia la
letterale trasposizione, dall'omonimo titolo, fattane dal regista Huston.
L'Intersection è l'innesto di più storie l'una sull'altra ed esemplari a
questo proposito possono essere i film: Oci ciornie del regista russo N.
Michalkov, che interseca due novelle di Cechov, la Dama s sobackoj (La
signora col cagnolino) e Anna na see (Anna al collo), e il film The French
Lieutenant's Woman (La donna del luogotenente francese) diretto da K.
Reisz e sceneggiato da H. Pinter, tratto dal romanzo omonimo di Fowles,
sul quale si innesta un sub-plot di invenzione dello sceneggiatore. In
merito alla Fidelity of trasformation è necessario fare alcune premesse:
noi intendiamo con quest'ultima la trasposizione di un'opera letteraria che,
nell'intento di conservare lo spirito ed il senso del romanzo, ne cambia
parte della struttura o delle vicende vere e proprie, partendo dal principio
che, dato il salto espressivo e linguistico posto in atto, si rende
impossibile una fedeltà alla lettera che resti opera d'arte. Il punto di vista
da noi adottato è quello baziniano, ma è giusto citare anche il pensiero di
altri autorevoli critici che si sono espressi in merito. Borges, ad esempio,
sostiene, con molti altri, che l'unica fedeltà possibile alla pagina, cioè allo
10
D. Andew, Concepts in Film Theory: Adaptation. G. Mast, M. Cohen, L. Braudy (Eds.).Film Theory and
Criticism. New York-Oxford: Oxford University Press.
7
stile della pagina, sarebbe la riscrittura identica del testo. Sklovskij,
invece, esorta a non provarci neppure, sostenendo che:
"Se è impossibile esprimere un romanzo con parole diverse da
quelle con le quali è stato scritto, se non si possono modificare i
suoni di una poesia senza modificarne l'essenza, ancora meno si
può sostituire una parola con un'ombra grigio-nera balenante
sullo schermo."
11
Fatta questa doverosa premessa, possiamo ora fare alcuni esempi di film
che, nella nostra accezione di Fidelity, rientrano a pieno titolo in questa
categoria. Essi sono: Il diario di un curato di campagna, diretto da R.
Bresson e tratto dall'omonimo romanzo di Bernanos, e Il fù Mattia Pascal,
diretto da M. L'Herbier e tratto dalla celebre opera di Pirandello. Per
comprendere meglio queste tre tipologie d’adattamento, crediamo sia utile
esaminare in modo abbastanza approfondito uno dei film citati per ogni
categoria, cercando di comprenderne le modalità di trascodificazione
generali nel particolare del caso trattato.
11
E. Camuzio, Sciascia e la Sicilia, Cineforum n. 325, 1993, pag. 62.
8
INTERSECTION
DA FOWLES A REISZ: THE FRENCH LIEUTENANT’S WOMAN.
Per esemplificare il tipo di trascodificazione detta Intersection abbiamo
scelto il film di K. Reisz The French Lieutenant's woman. Sarà
sicuramente interessante, prima di passare all'analisi dell'adattamento,
soffermarci sulla struttura del romanzo di Fowles che ne è l'oggetto. Nello
scrivere questo romanzo Fowles adotta una visione "stereoscopica";
questo significa che nel narrare una vicenda ambientata in epoca
vittoriana egli si pone in una doppia prospettiva: quella del tempo
prescelto per l'ambientazione della storia, e quella del presente, che gli
consente così di avere uno sguardo critico sia sulla storia narrata, sia sulla
forma-romanzo del secolo XIX.
In altre parole:
"L'autore si immerge nella storia e al tempo stesso gode di una
conoscenza ex post che gli consente uno sguardo globale
sull'evoluzione culturale e sociale di un certo mondo ed anche
sulle forme e le convenzioni che reggono il racconto nell'epoca
prescelta".
12
Protagonisti del romanzo sono Sarah, enigmatica creatura legata ad un
soldato francese del quale aspetta l'improbabile ritorno, e Charles, tipico
rappresentante dell'aristocrazia inglese, senza alcuna occupazione precisa,
se non quella di attento osservatore della natura ed estimatore della nuova
teoria evoluzionistica di Darwin. Questi due personaggi hanno in comune
un medesimo senso di disadattamento nei confronti di una società
profondamente tradizionalista ed intrisa di perbenismo ed un medesimo
destino “d’evoluzione” che li condurrà nel giro di pochi anni a stravolgere
la propria vita. La vicenda è la seguente: Sarah, misteriosa "ninfa" dei
12
E. Bussi, The Franch lieutenant’s woman: dal romanzo, alla sceneggiatura, al film.In
Letteratura e cinema: la trasposizione, Bologna, Clueb, 1996.
9
boschi, in attesa di un amore intessuto soprattutto nella fantasia ed affetta
da una sorta di "oscura malinconia", attrarrà fatalmente l'attenzione di
Charles durante una delle consuete escursioni naturalistiche di
quest’ultimo. Da questo momento ella lo conquisterà completamente con
la sua inquietante personalità del tutto estranea ai composti, razionali e
conformisti schemi vittoriani. Tale fascinazione ci sembra tanto singolare
quanto più ci accorgiamo di come Charles ci appaia , invece, inquadrato
in questi stessi schemi. La sua appartenenza alla società vittoriana è
testimoniata dalla promessa di matrimonio che egli, anzi la sua famiglia
per lui, ha contratto con una fanciulla appartenente alla ricca classe
mercantile, aderendo, con tale matrimonio combinato tra aristocrazia e
"capitale", ad uno dei cliché più noti dell’epoca. Sarà proprio il suo
mutato atteggiamento nei confronti di tale impegno che ci darà, in
seguito, la misura del suo reale distanziarsi dai vincoli di una società alla
quale sentirà di non appartenere più. Nel momento in cui Sarah rompe
anche gli ultimi esili legami con la società che la circonda si apre il suo
momento di "crisi" evolutiva, simile a quello che precede la
trasformazione della crisalide in farfalla. Sarah scompare misteriosamente
dalla scena, ed è questa sua scomparsa che innesca il processo di crisi
evolutiva di Charles. E' in questo momento che egli deciderà di rompere
la promessa di matrimonio con una donna che non ama, eliminando in
questo modo il legame più esplicito con la società vittoriana. Dopo essere
scomparsa misteriosamente, quindi, Sarah riappare, a distanza di tre anni,
ormai donna emancipata ed autonoma, pittrice inserita nel gruppo
anticonformista dei Preraphaelite Brotherhood: crisalide finalmente
divenuta splendida farfalla. A questo punto della vicenda il nuovo
incontro tra i due pone quello che resterà l'insolubile interrogativo:
Charles sarà in grado di soddisfare le aspettative di una donna così avanti
rispetto ai suoi tempi? Ancora una volta l'incertezza è legata ad uno dei
temi fondanti dell'intera storia, ovverosia il processo evolutivo
dell'individuo. Fowles non vuole darci una soluzione, quindi ci propone
tre possibili esiti: Charles riuscirà a tenere il passo di Sarah ed i due
10
coroneranno felicemente il loro "sogno d'amore", come ogni lettore
tradizionale si aspetterebbe. Oppure: i due, una volta ritrovatisi,
capiranno di non essere fatti l'uno per l'altra e, quindi, di non poter avere
un futuro insieme? Oppure ancora: Charles tornerà ad onorare l'antica
promessa di matrimonio, rientrando così nel guscio di convenzioni dal
quale era per un momento fuggito? Tutto verrà lasciato indefinito. Del
resto un romanzo si nutre soprattutto degli spazi che portano all’esito
finale, e può permettersi, se questi sono stati abbastanza densi ed
avvincenti, di lasciare in sospeso il lettore su un finale senza fine.
Tracciata a grandi linee la dinamica della storia narrata nel romanzo di
Fowles passiamo ora ad analizzare l'adattamento. Il romanzo, uscito nel
1969, fu adattato nel 1981 dal commediografo Harold Pinter e la
sceneggiatura venne subito affidata al regista anglo-ceco K. Reisz.
Nell'adattamento Pinter inserisce all'interno della storia vittoriana un sub-
plot di propria invenzione, narrante la storia d'amore dei due attori, Mike
e Anna (interpretati da Jeremy Irons e Meryl Streep), che in epoca
moderna recitano nei ruoli di Charles e Sarah. Tale sub-plot può essere
interpretato come una sorta di metafora del plot, ovvero la storia
vittoriana, un corrispettivo che la commenta e contrappunta.
Schematizzando drasticamente le due storie si può avere la misura di tale
processo di contrapposizione. Charles è promesso ad Ernestina ma non la
sposerà, mentre Mike è sposato con Sonia. Sarah vanta un amante che non
ha, mentre Anna ha un amante francese, David. Charles, nell'unico finale
proposto dal film si ricongiunge a Sarah, mentre Mike perde Anna che se
ne andrà con David.
13
D'altro canto il contrappunto si estende anche a
quello che abbiamo visto essere il tema profondo che dona senso all'intera
vicenda vittoriana, ovvero quello della variazione evolutiva; al quale nel
sub-plot d'invenzione dello sceneggiatore si contrappone una sorta di non
variazione, di scelta di non rischio. L'attrice Anna, infatti, cederà
all'amante francese (avvertito quasi come il "falso amante"), mentre Mike
sin dall'inizio della storia ha ceduto alle lusinghe di un matrimonio
13
Ibidem.
11
borghese, cioè ad una vita rassicurante e ben ordinata. Una simile
schematizzazione però non basta a chiarire la complessità di tale rapporto,
in quanto se la storia moderna da un lato amplifica ed in parte ironizza
quella vittoriana, è anche vero che le due storie hanno una dinamica
autonoma e l'equilibrio tra esse ad un certo punto viene modificato a
scapito della prima e in favore della seconda. Questo avviene
tecnicamente grazie al montaggio alternato (cross-cutting), antica tecnica
che risale al Griffith di Storia di una nazione e Intolerance, usata spesso
anche da Reisz nei suoi racconti cinematografici. In questa occasione,
però, la interrelazione tra le storie è particolarmente complessa e questo
avviene in quanto la storia moderna, che inizialmente svolge il ruolo di
semplice commento alla storia vittoriana, man mano che si procede nella
narrazione acquista sempre più rilievo sia in termini di spazio temporale
che di presa sullo spettatore , fino a rovesciare il rapporto originario tra le
due e svolgere essa il ruolo dominante. Nel film vi sono dodici
"intrusioni" della storia moderna in quella vittoriana, che diventano
quattordici se includiamo nel novero anche il prologo e l'epilogo. La
sceneggiatura di Pinter originariamente ne prevedeva molte di più, e
sicuramente più evidente era in essa anche l'inquietante influenza che il
passato gradualmente esercita sul presente, impossessandosi infine
completamente del suo protagonista maschile, Mike. Il regista operò una
significativa semplificazione della sceneggiatura originaria, evidente sia
nel relativamente ridotto numero di intersezioni tra le storie, sia nella
maggiore linearità adottata nel rappresentare le sequenze descritte in
modo complesso da Pinter. Come si è detto in precedenza, il ritmo di
queste interruzioni si fa sempre più rapido e le sequenze relative alla
storia moderna sempre più lunghe ed articolate, tanto che quelle che
prima potevano sembrare allo spettatore tediose interruzioni della ben più
avvincente storia vittoriana, col tempo rapiscono l'attenzione di
quest'ultimo fino ad inglobare, a mo' di parentesi"epica", la vicenda
principale. Ciò che altera l'equilibrio tra plot e sub-plot è il graduale
introdursi di un elemento drammatico nella trama moderna: il
12
coinvolgimento, sempre più profondo e complesso, dei due attori nella
storia recitata, i quali sembrano a poco a poco "impossessati" da quella
vicenda eroica e romantica, al punto di non distinguere più tra finzione e
realtà. Questa inquietante fascinazione è comune ad entrambi, ma mentre
Mike non riuscirà, o non vorrà, liberarsene, immedesimandosi totalmente
nel personaggio di Charles, Anna deciderà di fuggire da essa
aggrappandosi alla ben più rassicurante realtà dei suoi tempi, identificata
in un amore già saldo e noto com'è quello del francese David. Questo
diverso grado di immedesimazione dei due attori nei propri corrispettivi
vittoriani si rende esplicito nella scena finale, quando Mike, nel tentativo
di fermare Anna che ha deciso di partire con David, tradisce la natura del
proprio sentimento, e del proprio stato di coscienza, chiamandola col
nome di "Sarah". Un ruolo fondamentale gioca anche la dimensione
metanarrativa, resa concretamente dalla costruzione della storia vittoriana
mostrata scena per scena e dalla presenza critica del narratore trasposta
nella presenza critica dei due attori che leggono la sceneggiatura
commentandola e provandone di volta in volta le scene. Col tempo questo
distacco e questa consapevolezza lasciano il posto ad un coinvolgimento
che travalica la soglia dell'interpretazione per diventare compromettente
identificazione. Questa identificazione passa da un processo di messa in
discussione dei propri parametri valutativi e valori moderni al confronto
con le scelte estreme ed eroiche dei personaggi vittoriani. La distanza tra i
due mondi, dei quali il primo acquista un irresistibile fascino epico grazie
al confronto con l'opaco ed insipido mondo moderno, è resa
sapientemente dal gioco di luci, musiche, paesaggi e ritmi, calibrato dalla
regia di Reisz in modo da rendere esplicito questo scarto qualitativo.
Diversamente da quanto avviene nel romanzo, nel film si decide di
problematizzare, oltre alla vicenda passata, anche quella moderna,
portando l'enigmaticità e incomprensibilità che erano di Sarah sul
personaggio dell'attrice Anna, la quale resterà fino alla fine quasi
incapace di motivare i propri comportamenti e di interpretare fino in
fondo la propria volontà. Il finale della vicenda vittoriana non può che
13
essere quello che lo spettatore si aspetta, o comunque desidera, ovvero un
happy-end consolatorio ed appagante.
Ben altro sarà, invece, fedelmente al principio del controcanto, il finale scelto da
Pinter e Reisz per la vicenda moderna. Di particolare efficacia è il modo scelto da
Pinter e Reisz di rendere la "doppia visione" presente nel romanzo di Fowles, data
in quest'ultimo dal continuo oscillare tra la narrazione della storia vera e propria e la
messa a nudo delle convenzioni e delle ipocrisie del tradizionale racconto
vittoriano. Nell'adattamento di Pinter prima e nella resa filmica di Reisz poi, questa
doppia visione è data da un lato dall'andirivieni tra le due storie e le due situazioni
temporali, cosa che implica la facoltà valutativa dei personaggi moderni sulla
vicenda passata; dall'altro dalla brillante risposta del film all'autoironia presente nel
romanzo nei confronti delle tecniche narrative del romanzo vittoriano, attuata con
una altrettanto sottile ironia sulle convenzioni e sulla retorica del "film d'amore in
costume". Nell'osservare il rapporto tra la sceneggiatura e il film fino ad ora
abbiamo avuto esempi di semplificazione e "sottrazione" da parte del regista, come
nel caso della resa filmica delle complesse intersezioni proposte da Pinter, ed
esempi di perfetta corrispondenza, come abbiamo visto esaminando la resa del
doppio punto di vista. Esiste anche un caso di "addizione", ovvero di ulteriore
esasperazione fatta dal regista nei confronti della sceneggiatura; questo avviene nel
caso della accentuazione, proposta da Pinter, dei toni romantici già presenti nel
romanzo che viene, appunto, ulteriormente sottolineata da Reisz. Tale "addizione" è
evidente, ad esempio, nell'interpretazione della scena in cui Sarah,nel romanzo di
Fowles, si trova sul davanzale di una finestra, pronta ad un possibile suicidio.
Questa scena è resa diversamente nella sceneggiatura: qui lei è in lacrime, seduta
davanti ad uno specchio ed intenta a disegnare un ritratto di se stessa. Ancora
diversa è la resa filmica di Reisz, nella quale vengono eliminate le lacrime, ma
moltiplicati gli inquietanti autoritratti che ella disegna, sempre stando seduta di
fronte ad un specchio che riflette una ulteriore immagine di sé stessa. Del resto il
regista usa spesso il motivo dello specchio, nel corso del film, come il correlativo-
immagine più immediato di doppia visione. Nelle scene iniziali, addirittura, mentre
scorrono ancora i titoli di testa, l'uso dello specchio serve ad anticipare la tripla
visione implicita nel film. In una complessa costruzione di riflessi e prospettive
14
vengono ad incrociarsi tre sguardi:quello dello spettatore rivolto verso l’attrice,
quello dell'attrice che guarda se stessa nello specchio e infine questo stesso sguardo
che dallo specchio si dirige di nuovo verso lo spettatore, attraverso l'occhio della
cinecamera. E' espresso, in questo modo, anche il terzo punto di vista, quello
implicito dello spettatore. Nell'ultima parte del film, come abbiamo detto in
precedenza, si moltiplicano le intrusioni della storia moderna e aumenta anche la
loro complessità. Il crescente senso di sovrapposizione tra le due storie viene
raggiunto in diversi modi: con la non perfetta coincidenza del sonoro con gli stacchi
del montaggio, che crea effetti insoliti ed ammiccanti al processo di
sovrapposizione in atto, o con lo squillo del telefono, che ad un certo punto passa
dal salotto vittoriano, dove è cominciato, alla stanza di Anna, dove continua senza
interruzioni. Oppure il trasmigrare del tema musicale caratterizzante il personaggio
di Sarah nella storia moderna. Altro segno evidente di questa sempre più prepotente
sovrapposizione è la tendenza di Mike, sottolineata dal regista, a rimanere negli
abiti di Charles anche dopo la fine delle riprese del film. Questo serve ad indicare
espressamente la volontà di quest'ultimo di identificarsi, ormai totalmente, con il
personaggio interpretato. Infine il "confondersi dei linguaggi", ossia il ritrovare
battute che vagano dal plot al sub-plot quasi a creare un canale in cui le due vicende
fluiscano liberamente fino a confondersi. E' in questa commistione di testi, storie e
sensazioni il senso ultimo dell'Intersection come forma di trasposizione;
commistione e confusione tra mondi che termina nel nostro film solo nel momento
in cui, alla fine delle riprese del film vittoriano, restano sulla scena i personaggi
moderni, Anna e Mike, soli con se stessi e con le proprie suggestioni.
L'interrogativo latente emerge sempre più chiaramente: a chi appartiene la storia?
Chi recita cosa e per chi? Una svolta in questa situazione di stallo vi sarà quando
Anna, che al contrario di Mike è riuscita a mantenere un maggiore distacco
razionale dal personaggio interpretato, decide di buttarsi alle spalle i dubbi e l'amore
quasi morboso di Mike/Charles partendo con l'antico amante francese. Mike,
invece, resterà prigioniero del suo amore impossibile per una creatura fantastica del
passato, ed è nel suo smarrimento tra "mondi possibili", in bilico tra realtà e
finzione, che si ferma questa ricerca di una identità autentica, che forse non esiste.