4
Corsica”. L’impresa riuscì solo dopo aver stretto in un lungo assedio Villa
di Chiesa - che soccombette dopo ben sette mesi di assedio -, dopo aver
fronteggiato un esercito pisano nella durissima battaglia di Lutocisterna e
posto le proprie basi a Cagliari, nella zona di Bonaria, per poter meglio
affrontare i Pisani asserragliati nel Castello. Castel di Cagliari si arrese il 19
Giugno 1324 e, secondo i termini di pace, i territori pisani vennero ceduti
alla Corona d’Aragona. Da questo momento in poi il Regno di Sardegna fu
aggregato alla Corona d’Aragona e governato, come stato imperfetto,
insieme al Principato di Catalogna, al Regno d’Aragona, al Regno di
Valenza e di Sicilia e ad altre entità minori come il Ducato di Atene e
Neopatria e la Signoria di Montpellier, ai quali venne poi aggregato il
Regno di Maiorca e infine quello di Napoli.
Il territorio sardo della Corona venne amministrato da un
Governatore Generale
3
, investito dal sovrano di potere esecutivo, avente
sede dapprima a Bonaria e poi a Castel di Cagliari. La carica di
Governatore Generale, che per alcuni anni arrivò a sdoppiarsi in
Governatori del Capo di Cagliari-Gallura e in Governatori del Capo di
Logudoro, fu la più importante sino al 1418, anno in cui fu posta alle
dipendenze del viceré
4
, nuovo delegato del potere regio. Accanto al
governatore e poi al viceré funzionava una cancelleria certificante con a
capo un reggente che, come esperto di diritto, assisteva il viceré nella
3
Sui Governatori generali del Regno di Sardegna, vedi F. C. Casula, La Sardegna aragonese, p.
178 ss. Sul Governatorato generale nel Regno di Sardegna, vedi l’articolo di G. Olla Repetto, La
storiografia sugli ufficiale regi della Sardegna catalano-aragonese e la nascita dell’istituto del
governatore nella Corona d’Aragona, in “Archivio Storico Sardo”, vol. XXXVI (1989)
4
Sulla carica viceregia vedi G. P. Tore,Le origini dell’istituto viceregio nella Sardegna aragonese,
in “Medioevo, Saggi e Rassegne”, n. 11 (1986)
5
redazione degli atti della volontà sovrana. Periodicamente si riunivano le
Corti, assemblee rappresentanti il potere legislativo dello stato, e costituite
dai tre ordini sociali – stamenti – dei fudatari, ecclesiastici e cittadini delle
città regie, aventi però solo potere proponente e non deliberativo.
La coniazione delle monete nella Sardegna regnicola ebbe inizio nel
1324 nella zecca di stato di Villa di Chiesa, per proseguire poi a Castel de
Caller, con l’emissione dell’alfonsino d’argento e dell’alfonsino minuto, a
cui si aggiunsero poi il mezzo alfonsino d’argento e il mezzo alfonsino
minuto. Tali monete avevano corso forzoso in tutti i territori dell’unione
reale, poiché, a partire da Alfonso IV “il Benigno”, venne vietato il corso
nel Regno a tutte le monete coniate fuori dei domini della corona
d’Aragona.
Il Regno fu realizzato in massima parte seguendo il sistema catalano-
aragonese della concessione in feudo delle terre conquistate a chi avesse
aiutato il re con uomini, mezzi e denari; i sovrani del regno di Sardegna
infatti dovettero ben presto affrontare il malcontento degli abitanti dei paesi
e delle terre infeudate che, oppressi dai feudatari, intrapresero una serie di
rivolte resistenziali
5
. I primi a ribellarsi furono gli abitanti di Sassari nel
1324, seguirono numerose altre rivolte in quasi tutte le città e villaggi del
Regno, fra cui Alghero che fu rioccupata con la forza nel 1353. Dalla presa
di Alghero in poi il malcontento e le tensioni sfociarono in un clima di
guerra generale, alimentate da Mariano IV d’Arborea al fine di liberare le
popolazioni del Regno di Sardegna dalla soggezione interna iberica. Il
5
Vedi l’antologia di AA.VV.,Il feudalesimo in Sardegna, a cura di Alberto Boscolo, Cagliari
1967.
6
conflitto iniziò il 10 Settembre 1353 e durò per ben sessantasette anni, fino
al 17 Agosto 1420, quando Alfonso V d’Aragona risolse l’annosa questione
comprando per 100.000 fiorini d’oro le prerogative sovrane dell’ultimo re
d’Arborea, Guglielmo III di Narbona-Bas.
6
Con la morte a Cagliari di Martino il Giovane, ultimo discendente
della casa dei conti re di Barcellona, la Corona d’Aragona passava nelle
mani dei castigliani di Trastàmara, attirando così gli Stati aggregati
nell’orbita castigliana: l’equilibrio che aveva caratterizzato fino ad allora la
politica interna della Corona d’Aragona, per l’assoluto rispetto delle
autonomie statali particolari veniva a spezzarsi, accentuandosi l’aspetto
assolutistico e accentratore della monarchia.
6
Vedi l’accordo di compravendita delle prerogative sovrane del Regno di Arborea in L.
D’Arienzo, Documenti sui Visconti di Narbona e la Sardegna, Cedam, Padova 1977, doc. 187.
7
IL REGNO DI SARDEGNA
I.2-In epoca spagnola
Con la Concordia di Segovia del 15 Gennaio 1475, Ferdinando II
d’Aragona e Isabella di Castiglia giuravano di essere congiuntamente
sovrani di Aragona e di Castiglia, senza però fondere le due corone in un
unico Stato unitario, conservando cioè le proprie leggi e le proprie
istituzioni. Alternando i propri regni, contee, marchesati e signorie,
entrambi i monarchi si chiamarono:«rey y reina de Castilla, de Aragón, de
León, de Sicilia, de Toledo, de Valencia, de Galicia, de Mallorca, de
Sivilla, de Cerdeña, de Córdoba, de Córcega, de Murcia, de Jaén y de
Algarbe, de Algeciras, de Gibraltar, conde y condesa de Barcelona,
señores de Vizcaya y de Molina, duques de Atenas y de Neopatria, condes
de Rossellón y de Cerdaña, marqueses de Oristán y de Gociano.»
7
D’ora in
poi, la Sardegna e la Corsica verranno separate nelle intitolazioni regie e in
tutte le cancellerie statali europee il “Regno di Sardegna e Corsica” si
trasformerà in“Regno di Sardegna”,diventando più spagnolo per costumi e
modi di vita, partecipando alle alterne vicende della Corona di Spagna e alla
politica dei sovrani Ferdinando e Isabella, volta a ristabilire l’autorità regia
nei paesi governati.
Alla morte di Isabella la Cattolica, succedette al trono della Corona
Giovanna, detta “la Pazza” a causa del suo temperamento non esattamente
7
Intitulatio diplomatistica in AA. VV., Documentos ineditos para la historia de España, Impresa
Góngora S. L., Madrid , 1952.
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equilibrato, sposata con Filippo il Bello, erede dell’ imperatore
Massimiliano I. A cagione della sua infermità mentale gli Stati castigliani
furono governati da suo padre Ferdinando II fino al 1516, quando in punto
di morte lasciò a lei ed al nipote Carlo tutti i regni, contadi e signorie
catalano-aragonesi, riunendo di diritto le due Corone iberiche.
Nel 1516 il giovane Carlo diveniva Carlo I di Spagna e qualche anno
dopo V imperatore del Sacro Romano Impero Germanico. Nell’isola
dovette occuparsi del problema dei Turchi e Barbareschi che, con le loro
scorrerie piratesche, colpirono ripetutamente alcune “ville” sul mare, quali
Cabras, Sant’Antioco, Pula, Carbonara, per citarne solo alcune. Carlo I
promosse nel 1535 una grande spedizione navale, che ebbe come raduno
Cagliari, senza ottenere però grandi risultati: le scorrerie dei pirati ripresero
quasi immediatamente. Nel 1541 tentò di assalire Algeri, importante base di
predoni, ma l’impresa fallì miseramente. Sicchè i sovrani spagnoli furono
costretti ad intraprendere una politica antibarbaresca difensiva più che
offensiva. A ricordarci questi fatti lungo le coste della nostra isola si ergono
tutta una serie di torri difensive, mute testimoni di anni assai difficili.
Stanco di tante lotte, Carlo I cominciò ad abdicare ai suoi Stati in
favore del figlio Filippo II, dapprima con il ducato di Milano e con il regno
di Napoli nel 1554, poi con i Paesi Bassi nel 1555 e finalmente con tutta la
Corona di Spagna e le Indie nel 1556. Filippo II si trovò subito a dover
fronteggiare l’attività corsara dei Turchi e Berberi che infestavano il
Mediterraneo: niente era cambiato nella nostra isola, gli attacchi mori
continuavano indisturbati, evidenziando il difetto delle strutture socio-
9
politiche nel settore della sicurezza pubblica, oltre che dell’economia, della
giustizia, dell’istruzione ecc.
Il XVII secolo trascorse senza che le tristi condizioni socio-
economiche dell’isola migliorassero. Alla scarsa produttività interna si
aggiungevano tanti fattori che avevano indebolito la Spagna stessa: la
cacciata degli imprenditori ebrei e dei moriscos dagli Stati della Corona,
compresa la Sardegna; la sostituzione del Mediterraneo da parte dell’
Atlantico nelle correnti di traffico commerciale, col conseguente
declassamento strategico delle città portuali sarde; le ricorrenti calamità
naturali, come nefasta la peste del 1656 (ancora oggi ricordata col voto a
S.Efisio martire il 1 Maggio di ogni anno); le continue razzie barbaresche:
nel 1621 era stata occupata la penisola di Sant’Antioco, nel 1623 galere
algerine e tunisine avevano assalito Posada, nel 1627 e nel 1636 i pirati
avevano devastato Torres e il sassarese.
Nel 1637 Enrico di Lorena, comandante francese di una flotta di
quarantasette vascelli, occupò e mise a ferro e fuoco la cittadina di Oristano
per una settimana circa. Si era infatti nella fase più acuta della guerra dei
Trent’Anni, iniziata in Boemia nel 1618 per motivi religiosi e trasformata
ben presto in lotta politica dai francesi di Luigi XIII, contro gli Asburgo di
Spagna e d’Austria.
Durante il regno di Carlo II di Spagna, succeduto nel 1665 a Filippo
IV, si acutizzò la battaglia antigovernativa per la concessione delle alte
cariche istituzionali in favore dei nobili nativi dell’Isola. Queste
rivendicazioni provocarono episodi sanguinosi come l’assassinio di
10
Agostino Castelvì marchese di Laconi, personaggio rappresentativo dello
stamento feudale del Parlamento del 1665, su probabile istigazione del
vicerè Manuel de los Cobos marchese di Camarassa, che non fece miglior
fine: venne infatti assassinato esattamente un mese dopo per vendicare il
marchese di Laconi. L’episodio ebbe un lunghissimo strascico giudiziario,
che esasperò ancor di più i rapporti fra la nobiltà locale ormai sarda e quella
di comando della penisola spagnola.
La morte di Carlo II nel 1700 senza eredi aprì le porte ad una crisi
successoria che scatenò la guerra (detta appunto di Successione) tra Spagna
e Francia da una parte, che intendevano porre sul trono vacante Filippo di
Borbone, duca d’Angiò, e Austria, Prussia, Inghilterra, Olanda, Portogallo,
il Ducato di Savoia ed il Principato di Piemonte dall’ altra, che
appoggiavano Carlo d’Asburgo, arciduca d’Austria. La guerra terminava
nel 1713 con la pace di Utrecht, perfezionata l’anno dopo dal trattato di
Rastadt, che riconosceva Filippo V sovrano di Spagna e delle Indie, in
cambio della cessione del Regno di Sicilia ai duchi di Savoia e di Gibilterra
e Minorca agli Inglesi.
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Le conseguenze di questa pace ricaddero soprattutto
sugli stati della Corona d’Aragona, colpevoli d’aver accettato quale proprio
re l’arciduca d’Austria: Filippo V abrogò ogni privilegio autonomistico e
pose fine al riconoscimento della Corona d’Aragona come istituzione
giuridica, rivolgendo le sue attenzioni dapprima ai Catalani di Barcellona,
Maiorca e Ibiza, poi al Regno di Sardegna di Carlo III di Spagna-Aragona.
Il 22 Agosto 1717, una flotta di centododici navi sbarcava a Flumini di
8
Vedi A. Mattone, La cessione del Regno di Sardegna dal trattato di Utrecht alla presa di
possesso sabauda (1713-1720), In “Rivista Storica Italiana”, anno CIV, fasc.I, (i992).
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Quartu 8000 fanti e 600 cavalieri che si diressero verso Cagliari. La città
resistette a oltranza, sino a quando, dopo essere stata cannoneggiata, fu
costretta ad aprire le porte agli Spagnoli che poi, in poco più di due mesi,
espugnarono anche Alghero e Castelsardo.
Fu posto a governo del Regno il luogotenente Giuseppe de
Armendariz, che si comportò severissimamente e diede inizio ad un terribile
regime militare, perseguitando tutti i seguaci dell’ imperatore. Nel 1718 gli
successe Gonzalo Chacón, nel momento in cui Inghilterra, Francia e
Olanda, unite ora all’Austria nella Quadruplice Alleanza contro la Spagna,
stabilirono a Londra il 2 Agosto 1718 d’impegnarsi nella restituzione del
Regno di Sardegna all’imperatore Carlo VI. Infine, per continuità e
contiguità di governo tra il Napoletano e la Sicilia, accordarono che fosse
scambiato, fra l’Imperatore e Vittorio Amedeo II di Savoia, il Regno di
Sicilia col Regno di Sardegna.