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ANTISEMITISMO ED INTEGRAZIONE: GLI EBREI NELLA RUSSIA ZARISTA E
NELL’UNIONE SOVIETICA FINO ALL’INVASIONE NAZISTA
PARAGRAFO I: gli ebrei in russia: le origini
Sebbene l‟antisemitismo non sia nato in Russia e ben poche delle sue formule e dei
suoi luoghi comuni siano stati ivi coniati, durante un lungo periodo storico
l‟espressione “antisemitismo” andò strettamente associata con la parola “Russia” nel
pensiero e nell‟opinione pubblica europea. A partire dalla metà del XIX secolo si
cominciò, nell‟Europa occidentale, a censurare pubblicamente l‟antisemitismo russo,
e nell‟ultima parte dello stesso secolo ed agli inizi del „900 sorse un movimento di
protesta che abbracciò vasti circoli dell‟Europa e degli Stati Uniti.
Alla luce di ciò e degli ulteriori sviluppi che ebbe l‟antisemitismo nell‟Unione
Sovietica è necessario un esame approfondito degli sviluppi storici della condizione
degli Ebrei in Russia e dell‟importanza che il movimento antisemita rivestì nella vita
del paese.
I primi contatti sociali e culturali del popolo russo con gli Ebrei risalgono all‟epoca
della Russia di Kiev, cioè ai secoli X-XII. Della stessa epoca si conserva il ricordo di
una polemica religiosa contro gli Ebrei, che può anche esser stata provocata dalla
propaganda religiosa svolta dagli Ebrei stessi. Si narra inoltre di una sommossa
popolare a Kiev, all‟inizio del XII secolo, nel corso della quale vennero danneggiate
abitazioni di Ebrei: forse questi erano familiari o funzionari del principe, e questa era
probabilmente la ragione dell‟ira della folla che si era rivolta contro di loro.
A partire da questo periodo, scarse sono le notizie sugli Ebrei che risiedevano nelle
città della Russia occidentale ed in Lituania; essi tuttavia, a quanto sembra,
occupavano posizioni non disprezzabili nella vita economica e culturale di queste
regioni.
Ma l‟elemento che portò a far risaltare l‟importanza degli Ebrei fu il fermento
religioso che, alla fine del XV secolo, si estese da Kiev e dalla Lituania a Novgorod
ed a Mosca e lasciò la sua impronta sull‟arciducato moscovita. Di questo movimento
che, nella storiografia russa, passa sotto il nome di “movimento di ebraizzanti”,
facevano parte molti religiosi e persone dei circoli vicini all‟arciduca. Il movimento
era diretto contro la vita monastica e contro l‟adorazione delle icone e della croce, ed
almeno parte dei suoi aderenti si opponeva anche ai principi fondamentali del
cristianesimo. Tra gli “ebraizzanti” vi era chi usava nelle sue devozioni alcune
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preghiere ebraiche tradotte in russo e chi osservava il sabato. Venivano tradotte
dall‟Ebraico anche varie opere di astronomia e di filosofia che costituivano la base
dei dibattiti che si svolgevano all‟interno di questi gruppi. Da molti studiosi questo
movimento è considerato come un‟importante svolta nello sviluppo culturale della
Russia.
Il movimento degli “ebraizzanti” sollevò una violenta opposizione dell‟alto clero e
dei capi di conventi, e terminò all‟inizio del XVI secolo, con una feroce repressione,
nel corso della quale, nonostante le esitazioni dell‟arciduca, i suoi capi vennero messi
a morte. Nella propaganda religiosa iniziarono ad assumere un ruolo importante gli
argomenti anti-ebraici, ed al tempo di Ivan il Terribile, sebbene nello Stato moscovita
non risiedessero Ebrei, spirava un‟atmosfera antisemita che non mancò di influire
sull‟atteggiamento dello zar. Ivan rigettò la richiesta del re di Polonia di permettere ai
mercanti ebrei di spingersi, per la necessità del loro commercio, nello Stato
moscovita e, quando, nel 1563, lo zar conquistò la città di Polock, fece affogare tutti
gli abitanti ebrei, donne e bambini compresi, nel fiume che attraversa la città. Gli
slogan contro gli Ebrei occuparono un posto preminente nella campagna nazionalista
dell‟inizio del XVII secolo, intesa a scacciare i Polacchi dai confini della Russia,
sebbene in verità quasi insignificante fosse il numero degli Ebrei al seguito degli
eserciti polacchi. Di conseguenza, quando, alla metà del secolo, i Russi riuscirono a
conquistare territori anteriormente sotto il dominio polacco, i massacri di Ebrei
divennero un episodio quotidiano.
Il divieto di risiedere nel territorio russo, applicato anche agli Ebrei isolati, era ormai
la linea ufficiale e dichiarata delle autorità, e perfino Pietro I, che, come è noto,
assunse al servizio numerosi stranieri, rigettò la proposta di autorizzare l‟entrata in
Russia di alcuni mercanti ebrei che avrebbero dovuto stabilire relazioni commerciali
tra il suo paese e la Persia. I successori di Pietro il grande emanarono ordini di
espulsione appena vennero a conoscenza che alcuni latifondisti ai confini occidentali
dell‟Impero avevano permesso ad Ebrei di installarsi sulle loro terre. Questo stato di
cose continuò fino al 1795, quando, con la spartizione della Grande Polonia, vennero
annessi alla Russia i territori della Lituania e della Russia Bianca che contenevano
numerosa popolazione ebraica ed, all‟inizio dell‟Ottocento, la Russia divenne lo Stato
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nel mondo con la maggiore popolazione ebraica.
Questo evento costituì dunque una tappa fondamentale della storia degli Ebrei in
Russia.
Nella Grande Polonia, gli Ebrei, pur soggetti alle consuete vessazioni di una società
feudale in cui erano minoranza, avevano avuto per secoli, da quando vi si erano
rifugiati dalla Germania in seguito alle stragi, persecuzioni, espulsioni che avevano
accompagnato le crociate, una loro precisa collocazione non soltanto religiosa. Erano
diventati artigiani, piccoli commercianti, osti, studiosi della legge, contabili dei
signori isolati da un lato nei loro villaggi, ma dall‟altra uniti tra di loro in una
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Se la popolazione della Diaspora ammontava nel 1800, secondo i calcoli del maggior demografo israeliano, Sergio
Della Pergola, a circa 2 milioni e mezzo di persone, gli Ebrei dell‟Impero russo dovevano essere, in quegli anni, non
meno di 1 milione e mezzo. S. Romano, I falsi protocolli, Milano, 1999, op. cit., p. 31.
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comunità spirituale con legami di costume, di famiglia, di cultura, di religione come
le altre comunità nazionali europee, e più di molte altre caratterizzata da
caratteristiche proprie. Gli Ebrei non avevano un territorio determinato dove fossero
in maggioranza; ma erano una nazione stabile su un territorio. Non avevano una loro
città; ma quando le città incominciarono a svilupparsi in non poche, come a Vilnius,
furono la maggioranza relativa. Per molti secoli avevano così preservato la loro
identità.
Con il passaggio dei territori dove risiedevano all‟Impero russo tale identità fu
profondamente lacerata.
Per gli Ebrei iniziò un minaccioso periodo nel quale divennero oggetto degli odi
religiosi secolari, capri espiatori di tensioni sociali di cui non erano responsabili e
furono sottoposti agli arbitri tipici dell‟Impero.
Tuttavia anche in quelle parti dell‟Ucraina che rimasero sotto il dominio polacco
dalla metà del Seicento fino alla loro annessione alla Russia alla fine del secolo
successivo, era ampiamente diffuso un antisemitismo di carattere popolare. Durante
la rivolta dei contadini e dei cosacchi negli anni 1648-49, gli insorti sotto la guida di
Chmelnizki, trucidarono senza pietà tutti gli Ebrei nelle zone da loro attraversate,
oppure li costrinsero a convertirsi. Tuttavia, e nonostante il fallimento
dell‟insurrezione, nei libri e nelle leggende popolari si addossò proprio agli Ebrei la
responsabilità della guerra civile e delle rovine e sofferenze da essa provocate; Gli
Ebrei vennero raffigurati come sfruttatori del popolo ucraino. Si creò allora il mito
che, prima della rivolta di Chmelnizki, gli Ebrei affittavano chiese cattoliche, e che
questa era stata una delle cause della rivolta. E questo nonostante non esista alcun
documento del periodo anteriore alla rivolta dove si parli di affitti di tal genere né sia
stata registrata alcuna protesta al riguardo da parte della popolazione.
Durante il Settecento la tradizione antisemita si venne consolidando e trovò
espressione nelle compilazioni storiche e nei canti popolari, nei quali gli Ebrei
venivano presentati come criminali e nemici del popolo. Le bande di rivoltosi che
scorrazzavano per l‟Ucraina tra la fine del Seicento e la fine del Settecento,
depredavano ed uccidevano Ebrei e Polacchi, considerati entrambi come eretici.
Elementi russi, ed in particolare membri del clero, incoraggiavano l‟attività delle
bande, ed il maggior poeta ucraino, Taras Scevcenko, presenta gli haidamaki come
eroi nazionali ed inneggia alle loro prodezze.
Dopo la spartizione della Polonia, venne proibito agli Ebrei dei territori annessi di
trasferirsi nella Russia interna, ed essi vennero confinati nei luoghi dove abitavano
precedentemente. L‟ Impero, geloso della sua unità religiosa ed etnica, proibiva loro
anche il soggiorno nelle due capitali, Mosca e Pietroburgo, salvo permessi concessi
ad arbitrio ai più ricchi e a coloro di cui c‟era più bisogno. Solamente la conversione
alla fede cristiana ortodossa e l‟abbandono delle antiche tradizioni potevano garantire
agli Ebrei l‟ingresso nella società civile russa.
La tradizione antisemita polacca ed ucraina continuò a far sentire la sua influenza,
poiché in effetti non erano mutate le condizioni economiche e sociali preesistenti, e
l‟atteggiamento del regime russo nei confronti degli Ebrei non differiva
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sostanzialmente da quello del regime precedente. Restarono in vigore le
discriminazioni giuridiche, si continuò ad applicare agli Ebrei speciali tasse, e , se
mai, venne ad aggiungersi, quale nuovo elemento, l‟accusa di omicidio rituale, fino
ad allora sconosciuta in Russia, ma ricorrente in Polonia, e soprattutto nell‟Ucraina
polacca, negli anni tra il 1740 ed il 1760. Le accuse di omicidio rituale cessarono
soltanto dopo che il cardinal Ganganelli [eletto in seguito al soglio pontificio con il
nome di Clemente XIV] scrisse una lunga dissertazione che metteva in chiaro
l‟infondatezza delle accuse.
L‟ebreo, descritto come essere spregevole, cominciò a far capolino nella letteratura
russa degli inizi dell‟Ottocento come figura caricaturale. In numerose opere di
scrittori originari dell‟Ucraina o della Russia occidentale, come per esempio Gogol e
Turgheniev, gli Ebrei venivano descritti con gli accenti tipici di un antisemitismo
spinto ed inoltre, con piena soddisfazione degli autori, venivano raccontati episodi in
cui gli Ebrei venivano massacrati.
Malgrado gli Ebrei fossero attaccati sia dalle autorità che dalla società, lo Stato aveva
comunque bisogno di loro. Tra gli Ebrei era infatti molto diffuso l‟alfabetismo,
parlavano una lingua, l‟Yiddish, dalle radici tedesche ed erano dunque utili
intermediari nella scienza, nella tecnica, e nei traffici europei [“europeo” e “tedesco”
erano, per i russi sinonimi]; l‟abilità nella pratica commerciale e nella gestione del
denaro offriva loro la possibilità di inserirsi in attività di cui uno Stato moderno non
poteva fare a meno. Accadde così che da una parte costituivano un bersaglio di
attacchi ostili mentre dall‟altra venivano ricercati, e seppur banditi da ogni
partecipazione al governo sempre più numerosi divennero gli Ebrei appartenenti alle
classi colte ed agiate. Infatti a partire dal 1855, con l‟ascesa al potere di Alessandro
II, gli Ebrei approfittarono delle sue riforme “liberali”. Ad alcune categorie di
professionisti, studenti, commercianti ed artigiani fu permesso di lasciare i loro
ghetti.
Le più importanti famiglie della comunità ebraica, come i Gincburg a Pietroburgo,
fondarono banche, sinagoghe ed assunsero di fronte al governo la rappresentanza, di
fatto, di tutti gli Ebrei dell‟Impero.
Nel terzo e nel quarto decennio del XIX secolo iniziarono a delinearsi, nei circoli
intellettuali, due correnti distinte che disputavano sulla forma spirituale che la Russia
avrebbe dovuto assumere. In un campo si trovavano coloro che aspiravano a riforme
politiche e culturali secondo lo stile dell‟Europa occidentale, ed innanzitutto
all‟abolizione della servitù della gleba ed alla garanzia delle libertà civiche; nell‟altro
campo coloro che cercavano la strada per trasformare il paese nella sua unificazione
religiosa e sociale. Questi ultimi rigettavano il materialismo ed il regime sociale
formalistico dell‟Occidente e gli contrapponevano la speciale missione della Russia
nel mondo, che consisteva nel creare forme politiche organiche nate dal popolo stesso
ed in primo luogo dai contadini. Nel corso del tempo, nei due campi sorsero vari
scrittori ed intellettuali. Gli slavofili influenzarono molte persone che in seguito
passarono all‟estrema destra ma anche radical-popolari e perfino rivoluzionari come
Bakunin, nonché molti aderenti al partito rivoluzionario Narodnaja Volija. Tutti
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avevano infatti un‟idea in comune, e cioè la negazione del capitalismo e dei sistemi di
governo ad esso legati, ed un desiderio comune, cioè evitare alla Russia le sofferenze
connesse con gli sviluppi del capitalismo.
L‟opposizione al capitalismo ed all‟occidentalizzazione si univa ad un atteggiamento
antiebraico notevolmente spinto. Tra i populisti e i rivoluzionari che cercarono di
accrescere il malcontento e le rivolte contadine, non pochi [taluni di essi ebrei] infatti,
ricorsero all‟antisemitismo per sfruttare l‟avversione al capitalismo, indirizzandolo
assieme contro lo Stato ed il denaro. Agli occhi sia degli slavofili sia dei
rivoluzionari, gli Ebrei apparivano come tipici rappresentanti del capitalismo
sfruttatore, quando invece, su tre milioni di Ebrei che intorno al 1870 risiedevano in
Russia la vasta maggioranza era costituita da poveri oppressi e più di un terzo di essi
era formato da piccoli artigiani e da operai giornalieri. Quanto agli Ebrei, man mano
che si diffondeva tra loro la cultura laica, iniziarono sempre maggiormente ad opporsi
alle severe discriminazioni subite dalle leggi ed in particolare al divieto di stabilirsi al
di fuori delle zone di residenza coatta. La principale aspirazione della popolazione
ebraica era quindi di ottenere l‟eguaglianza dei diritti, ed era naturale che essi
volgessero lo sguardo a garanzie costituzionali simili a quelle di cui già godevano i
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loro fratelli nei paesi dell‟ Occidente.
Anche altre componenti dell‟eredità culturale e sociale ebraica avvicinavano gli Ebrei
ai principi occidentali e li allontanavano dalle concezioni degli slavofili e di
movimenti analoghi.
In seguito agli sviluppi descritti, si riscontra, già negli anni settanta, un
allontanamento tra gli Ebrei, anche se di tendenze progressive e radicali, e larghi
strati della popolazione, mentre si rilevano stati d‟animo antiebraici perfino nei
circoli rivoluzionari russi. Nel materiale di propaganda distribuito dai rivoluzionari,
soprattutto ucraini, si incontrano
estrinsecazioni di antisemitismo. Ma la grande frattura ebbe luogo all‟inizio degli
anni ottanta: dopo l‟assassinio di Alessandro II avvenuto nel 1881 per mano dei
rivoluzionari, in molte città dell‟Ucraina vennero organizzati pogrom contro gli
Ebrei, ed i disordini si estesero in seguito alla Polonia ed anche alla Russia interna.
Il 15 aprile 1881, a seguito di una baruffa in una osteria della città di Elizavetgrad,
scattò il primo di una lunga serie di pogrom che investirono nei mesi successivi circa
duecento città e villaggi.
Jonathan Frankel nella sua opera “Gli Ebrei russi. Tra socialismo e nazionalismo
(1862-1917)” ricorda che “nelle regioni dove ebbero luogo i pogrom, durante l‟estate
del 1891, si assistette ad una serie di incendi di enormi proporzioni, che distrussero
ampie zone nei quartieri ebrei di città come Minsk, Bobruisk, Vitebsk, e Pink. […]
decine di migliaia di persone si ritrovarono senza un tetto e senza un soldo”. Inoltre si
afferma sempre nella stessa opera, che quando gli Ebrei chiesero giustizia i giornali
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L‟Europa occidentale infatti a partire dall‟Illuminismo e dalla Rivoluzione Francese assistette ad una progressiva
emancipazione degli Ebrei. Questi presero d‟assalto le grandi città, le università, la grande stampa, le arti, le professioni
liberali e l‟alta finanza. A differenza dell‟Europa Orientale dove i circa sette milioni di Ebrei erano proletarizzati,
ghettizzati e ripiegati su se stessi, l‟Europa occidentale fino all‟Affare Dreyfus sembrò dirigersi a passo fermo verso i
giorni luminosi dell‟Illuminismo liberale, si veda: E. Barnavi, Storia d‟Israele, Milano, 1999, op. cit., pp. 12-14.
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