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INDICE 
 
1. INTRODUZIONE.......................................................................................................2 
2. CENNI BIOGRAFICI ................................................................................................5 
3. LA TEMATICA FANTA-SATIRICA E D’INVENZIONE NELLA VISIONE 
LEVIANA: TRA SCIENZA, FANTASIA E REALTÀ ..................................................23 
3.1 PER UNA NOZIONE DI FANTASCIENZA ......................................................................26 
3.2 TRA SCIENZA E LETTERATURA: ITALO CALVINO E PRIMO LEVI...............................37 
3.3 ANALISI DEI TESTI PIÙ SIGNIFICATIVI: STORIE NATURALI ..........................................60 
3.3.1 Vizio di forma................................................................ 97 
3.3.2 Lilìt............................................................................ 124 
4.  LA MOLTEPLICITA' DI ASPETTI PRESENTI NELLA SCRITTURA 
LEVIANA: LA RICERCA DELLE RADICI ..................................................................143 
BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................172 
¾ OPERE DI PRIMO LEVI.....................................................................................172 
 TESTI E ARTICOLI DI PRIMO LEVI:........................... 173 
¾ OPERE SU PRIMO LEVI....................................................................................174 
 ARTICOLI TRATTI DA QUOTIDIANI E PERIODICI: ..... 174 
 MONOGRAFIE E SAGGI SU LEVI: .............................. 181 
¾ OPERE DI CONSULTAZIONE GENERALE ....................................................185 
 
 
  
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1. Introduzione 
 
Scopo di questa tesi è approfondire la conoscenza 
delle opere di Levi, considerate 'minori' da alcuni critici, 
le quali gravitano intorno ad un genere che potremmo 
definire ‘fanta-satirico’ o 'fanta-tecnologico', in quanto 
comprendente un settore molto vasto, che va dalla 
fantascienza al fantastico, fino ad arrivare alla parodia ed 
alla satira. 
Dopo un'indagine sul genere 'fantascientifico', che 
permetta di collocare i testi leviani all'interno di un 
'genere' specifico, pur con le limitazioni che un tentativo 
di categorizzazione comporta, si indagheranno i rapporti 
tra scienza e letteratura, evidenziando in particolare le 
affinità e le differenze con uno degli autori maggiormente 
rappresentativi del genere fantastico, Italo Calvino. 
 I racconti di invenzione di Levi, verranno dunque 
raffrontati tra loro e con riferimento ad altri autori, per 
cercare di trovare un filo rosso che possa collegarli allo 
stesso genere letterario. 
La vastità dei campi di conoscenza dell'autore 
impediscono di completare l'approfondimento di 
determinati aspetti, avendo egli spaziato in ambiti 
letterari che vanno dalla testimonianza diretta del vissuto 
  
3
nei campi di concentramento, alla tematica operaia, dalla 
letteratura industriale, alla letteratura di invenzione, dalla 
saggistica, alla poesia. Tenendo presente, inoltre, la 
difficoltà di suddividere le opere leviane per aree 
tematiche, in quanto un tema spesso si ritrova nell’altro, o 
addirittura, esistendo la possibilità che più tematiche 
coesistano insieme in un unico libro, si cercheranno di 
trovare alcuni motivi conduttori sottesi alla maggior parte 
delle sue opere. 
L'idea riguardante il dolore e il desiderio di 
eliminarlo, per esempio, è un simbolo frequente in tutto il 
percorso leviano; o la ricorrenza della tematica relativa al 
concetto di 'capovolgimento', di 'rovesciamento' costante 
delle immagini, con le quali si dice qualcosa, volendo 
però dire 'altro': l'idea del doppio, rispecchiato nella 
natura centauresca dell'autore. 
La questione relativa al Lager, anche laddove sembra 
inesistente, riaffora spesso, in un guizzo istantaneo, o in 
una parola emblematica, come una costante implicita e 
sotterranea che pervade tutta la sua opera.  
La vastità di aspetti presenti nell'autore, verranno 
indagati anche attraverso l'analisi delle sue 'radici', delle 
sue letture predilette, che permettano di aprire un varco 
all'interno della sua personalità, così sfaccettata  e ancora 
in parte oscura. 
  
4
Solamente negli ultimi anni si è approfondita la 
ricerca e la critica della parte più bizzarra e più 
sconosciuta dell'autore, quella 'fanta-tecnologica', 
appunto. Verranno dunque approfonditi quegli aspetti 
meno conosciuti e comunque meno presi in considerazione 
dalla critica e dal pubblico, senza per questo ignorare le 
altre grandi opere, al fine di ottenere una visione globale 
di Primo Levi. 
  
5
 
2. Cenni biografici 
 
 
Il nome di Primo Levi induce fin dall’inizio a 
riflettere su determinate tematiche legate al mondo dei 
lager e alla situazione critica in cui si venne a trovare 
l’Europa negli anni in cui fu sconvolta dalla seconda 
guerra mondiale. 
In realtà, sebbene Levi deve la sua notorietà a questa 
tematica, l’autore meno conosciuto dei racconti 'fanta-
satirici' non è, a mio parere, inferiore a quello crudo e 
realistico dei campi di concentramento, nonostante la 
maggior parte della critica non abbia accolto in maniera 
del tutto favorevole la pubblicazione di questi libri di 
invenzione, considerati 'leggeri' e 'disimpegnati' rispetto 
alla visione seria e drammatica che trapela dagli altri 
testi. Comunque, questo argomento verrà affrontato oltre, 
nei relativi capitoli. 
Primo Levi proviene da una famiglia ebrea torinese 
di tradizioni intellettuali. Nato a Torino nel 1919, 
dimostra fin da adolescente una propensione per la cultura 
scientifica, sviluppatasi anche grazie alle letture che ha 
modo di approfondire nella propria casa, dove sono 
  
6
presenti numerosi libri. 
Il padre Cesare Levi, ingegnere, è una persona 
estremamente eclettica, che trasferisce al figlio la sua 
cultura di tipo mitteleuropeo, ed anche la madre nutre 
svariati interessi culturali, molto simili a quelli del 
marito. Inoltre, molto importante per la sua formazione 
spirituale è la sorella, con la quale stabilisce da sempre un 
profondo legame affettivo, basato su una istintiva 
complicità e affinità sia culturale che spirituale. Grazie a 
questa serie di influenze, Primo si avvicina, soprattutto in 
età adolescenziale, ad autori quali Jack London, Melville, 
ma soprattutto Jules Verne, il quale è di fondamentale 
importanza nel creargli una base di tipo fantastico-
scientifico, la quale sarà ricorrente nella maggior parte 
dei suoi libri soprattutto a partire dal 1966, anno in cui 
scrive le Storie naturali. 
Sebbene Levi metta in risalto il fatto che le letture 
non influenzino in maniera determinante la scrittura di un 
libro, in fondo però, sembra ammettere il fatto che i libri 
letti, esercitino comunque un influsso trasversale 
sull’inconscio dell’essere umano, come si legge nella 
prefazione del libro La ricerca delle radici: 
 
 Forse, leggendo, mi sono inconsapevolmente preparato a scrivere, 
così come il feto di otto mesi sta nell’acqua ma si prepara a respirare; 
forse le cose lette riaffiorano qua e là nelle pagine che poi ho scritto, ma 
  
7
il nocciolo del mio scrivere non è costituito da quanto ho letto.
1
  
Ed ancora ribadisce il fatto che la scrittura ha le sue 
basi in qualcosa di non definibile dalla coscienza: 
 
...mi sono accorto che la scelta delle proprie radici è invece opera 
notturna, viscerale e in gran parte inconscia. Ma in realtà bisognerebbe 
distinguere due momenti: il primo, lontano nel tempo e scaglionato su 
decine di anni, ed il secondo (cioè questo) in cui queste preferenze 
vengono sancite, catalogate, dichiarate, e giustificate nel limite del 
possibile.
2
 
 
Levi si dedica molto anche alla lettura dei classici 
come Flaubert, Hugo, Conrad, Kafka e soprattutto Thomas 
Mann, ebreo, il cui capolavoro La montagna incantata gli 
lascia un segno profondo. 
Tornando alla sua famiglia e alla sua discendenza 
ebraica egli ne continua a parlare in alcuni racconti, come 
in quello che apre la raccolta del libro Il sistema 
periodico, dal titolo Argon, in cui paragona i propri 
antenati ai cosiddetti "gas inerti", chiamati anche "nobili e 
rari": li definisce inerti soprattutto nell’intimo, per quella 
tendenza ad avere "un atteggiamento di dignitosa 
astensione, di volontaria (o accettata) relegazione al 
margine del gran fiume della vita"
3
. In questo racconto 
egli passa in rassegna, con vena ironica, tutta una serie di 
                                                     
1
 P. Levi, La ricerca delle radici, Torino, Einaudi, 1981, p. VIII 
2
 Ivi, p.XI 
3
 P. Levi, Il sistema periodico, Torino, Einaudi, 1975, p. 4 
  
8
personaggi, quali zie, zii e nonni, ed evidenzia alcune 
caratteristiche e parole tipicamente ebraiche, che ci 
immettono in un mondo e in una particolare dimensione 
linguistico-letteraria. E comunque tutto Il sistema 
periodico è costituito da una serie di racconti ‘quasi 
autobiografici’ in cui, ad ogni elemento della tavola di 
Mendeleev, corrisponde quasi sempre una fase, un 
momento della vita dell’autore. 
Nel 1934 Levi frequenta il ginnasio-liceo 
«D’Azeglio» a Torino, dimostrando fin dai primi anni un 
chiaro interesse per le materie scientifiche rispetto a 
quelle letterarie, tanto da non immaginare di arrivare un 
giorno a scrivere un libro, anche se le circostanze che lo 
portarono a ciò furono purtroppo terribili e quasi 
inverosimili.  
Effettivamente, già nel 1939 il regime fascista aveva 
provveduto ad emettere le tristemente famose ‘leggi 
razziali’, con le quali si proclama l’inferiorità di alcune 
razze tra cui quella semitica, con la loro conseguente 
esclusione dalle  cariche pubbliche. Viene inoltre redatta 
una ‘Carta della razza’ ed il Gran Consiglio Fascista 
emana alcuni decreti-legge, con i quali viene imposto 
l’esilio agli ebrei che si fossero trovati in Italia dopo il 
1939. Inoltre vengono esclusi dall’insegnamento e 
dall’iscrizione a scuola i cittadini italiani di religione 
  
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ebraica. 
Queste leggi gettano Levi nell’amarezza e nel dolore, 
ma nonostante le ingiustizie e le angherie che da quella 
data in poi dovrà subire in maniera ancora più terribile, 
egli riesce a portare a compimento gli studi. Infatti, 
terminate le scuole superiori, si iscrive all’Università, 
frequentando il corso di laurea in chimica, materia verso 
cui aveva sempre avuto una innata propensione, riuscendo 
a laurearsi nel 1941 con il massimo dei voti. 
Dopo la laurea, trova un lavoro a Balangero, località 
vicino Torino, presso una cava di amianto, dove si occupa 
di estrazione del nichel, per sottoporlo a sperimentazioni 
industriali. Anche questa esperienza è riferita in Il 
Sistema periodico, nel racconto Nichel, nel quale l’autore 
dice di avere la sensazione di essere entrato in un girone 
dell’inferno dantesco, quasi una premonizione di 
‘quell’inferno’ ben più terribile quale sarà il Lager:  
 
Anche quella miniera aveva una sua magia, un suo incanto 
selvaggio. In una collina tozza e brulla, tutta scheggioni e sterpi, si 
affondava una ciclopica voragine conica, un cratere artificiale, del 
diametro di 400 metri: era in tutto simile alle rappresentazioni 
schematiche dell’Inferno, nelle tavole sinottiche della Divina Commedia.
4
 
 
Nel 1942, terminato il lavoro presso Balangero, Levi 
si reca a Milano presso la Wander, un’industria di prodotti 
                                                     
4
 P. Levi, Il sistema periodico, p. 68 
  
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chimici, per svolgere una ricerca volta a trovare un 
rimedio contro il diabete. A Milano rimane fino al 
settembre del 1943: questo periodo risulta essere molto 
fervido, sia dal punto di vista culturale che politico, in 
quanto egli entra in contatto con alcuni personaggi 
dell’antifascismo militante, come Silvio Ortona, Eugenio 
Gentili e Ada della Torre, capisaldi del Partito d’Azione, 
di cui entra a far parte anche lui. 
Di questa esperienza lavorativa possiamo trovare 
traccia nel racconto Fosforo, nel quale vengono messe in 
luce alcune figure femminili, tra cui Giulia Vineis, 
compagna di Università, ritrovata casualmente in questa 
industria, come figura che il destino ha posto di nuovo sul 
suo cammino. A tale proposito dice. 
 
Secondo lei, tutta quella mia smania di lavorare, [...] veniva dal 
fatto che io non avevo una ragazza. Questa Giulia era un po’ strega, 
leggeva la mano, frequentava le indovine e aveva sogni premonitori, e 
qualche volta ho osato pensare che questa sua fretta di liberarmi da una 
vecchia angoscia, e di procurarmi subito una modesta porzione di gioia, 
venisse da una sua intuizione oscura di quanto il destino mi stava 
preparando, e mirasse inconsapevolmente a deviarlo.
5
 
 
Non a caso Giulia vuole aiutarlo a trovare una 
ragazza, perché, secondo lei, l’eccesso di lavoro lo stava 
allontanando dai piaceri della vita di cui bisogna godere 
                                                     
5
 Ivi, p. 121-122 
  
11
prima che sfuggano gli anni più belli.  
Della sua esperienza antifascista invece, troviamo 
traccia nel racconto Oro: 
 
Scrivere poesie tristi e crepuscolari, e neppure tanto belle, mentre 
il mondo era in fiamme, non ci sembrava né strano, né vergognoso: ci 
proclamavamo nemici del fascismo, ma in effetti il fascismo aveva 
operato su di noi, come su quasi tutti gli italiani, estraniandoci e 
facendoci diventare superficiali, passivi e cinici.
6
 
 
In questo racconto egli descrive le sue amicizie, la 
sua fuga da Torino l’otto settembre del 1943 (giorno in 
cui viene firmato l’armistizio dell’Italia con le truppe 
anglo-americane, a seguito del quale comincia la 
resistenza antifascista) verso la Val d’Aosta, dove 
costituisce una banda partigiana, facente capo ad una 
organizzazione ben più vasta, affiliata al gruppo di 
«Giustizia e Libertà», insieme a due compagni, Aldo e 
Guido. Ma il 13 dicembre dello stesso anno, vengono 
catturati dai fascisti e sono costretti a sottostare a penosi 
interrogatori, durante uno dei quali Levi ammette di 
essere ebreo. 
Tale ammissione comporta il suo invio verso il 
campo di internamento di Fossoli, vicino Modena, dove 
rimane fino al 22 febbraio del 1944, quando, insieme ad 
altri circa seicentocinquanta ebrei, viene trasportato verso 
                                                     
6
 Ivi, p. 132 
  
12
Auschwitz. Qui viene fatta la prima selezione, a seguito 
della quale Levi viene mandato al campo di Monowitz, 
dove rimane per circa un anno, lavorando presso una 
fabbrica di gomma chiamata la Buna, in condizioni 
inenarrabili. Finché, nel gennaio del ‘45, le truppe russe 
invadono il fronte tedesco e le SS fanno evacuare il campo 
dai prigionieri, tranne gli infermi (tra cui Levi, malato di 
scarlattina), che vengono abbandonati senza alcuna cura, 
per una decina di giorni. Finalmente, all’arrivo di una 
pattuglia russa, Levi e gli altri ammalati vengono 
trasportati in un campo (il «Campo Grande») per essere 
curati. Una volta guarito Levi viene trasferito in un campo 
sovietico di transito, a Katowice, dove lavora come 
infermiere. 
Finalmente, dopo alcuni mesi, inizia per Primo e per 
gli altri sopravvissuti, il viaggio di ritorno verso casa, il 
quale sarà inspiegabilmente lungo e lo condurrà per 
l’Ucraina, la Romania, l’Ungheria e l’Austria, finché, 
dopo una lunga odissea, il 19 ottobre 1945, Primo giunge 
finalmente a Torino, nella sua casa natale. 
Il reinserimento nella vita quotidiana sarà molto 
difficoltoso, poiché dopo l’esperienza del Lager diventa 
quasi impossibile per lui accettare l’idea di riprendere una 
vita 'normale', come se nulla fosse accaduto. Infatti, 
questa terribile esperienza rimarrà indelebile nella sua 
  
13
memoria e lo perseguiterà sempre, quasi come un’ombra 
da cui non riuscirà mai a distaccarsi e che lo porterà, a 
detta di alcuni critici, addirittura al suicidio. 
Intanto, nel 1946, Levi, cercando di reinserirsi in un 
contesto sociale, trova lavoro presso una fabbrica di 
vernici, la Duco, ad Avigliana, vicino Torino. Anche 
relativamente a questo periodo troviamo traccia nel 
racconto Cromo: 
 
Ma io ero ritornato dalla prigionia da tre mesi, e vivevo male. Le 
cose viste e sofferte mi bruciavano dentro; mi sentivo più vicino ai morti 
che ai vivi, e colpevole di essere uomo, perché gli uomini avevano 
edificato Auschwitz, e mi sentivo simile al Vecchio Marinaio di 
Coleridge, che abbranca in strada i convitati che vanno alla festa per 
infliggere loro la sua storia di malefizi.
7
 
 
Ed è proprio da questa inadeguatezza alla vita reale e 
concreta che nasce urgente il bisogno di scrivere, poiché 
le circostanze tremende in cui era venuto a trovarsi nei 
campi di sterminio furono talmente mostruose che, una 
volta riuscito a sopravvivere, sentirà un istinto 
irrefrenabile a raccontare, a testimoniare alla gente 
comune le atrocità a cui aveva dovuto sottostare. 
E proprio dal desiderio di raccontare nasce il suo 
primo libro, Se questo è un uomo, edito nel 1947 per 
l’edizione De Silva, poiché inizialmente l’Einaudi non lo 
                                                     
7
 Ivi, p. 155 
  
14
vuole pubblicare: soltanto nel 1958 questo grande editore 
si rende conto della capacità narrativa dell’autore e decide 
di pubblicarlo. 
Il successo del primo libro spinge Levi a continuare 
nella sua opera di testimonianza, infatti decide di 
continuare a narrare il proprio vissuto, trattando il ritorno 
dai campi di concentramento verso casa nel libro La 
tregua, edito nel 1963. 
In questi anni, Levi conosce intanto la donna con la 
quale si sposa nel settembre dello stesso anno, Lucia 
Morpurgo. 
Questo incontro, narrato in Cromo, dà una nuova luce 
alla sua vita e gli permette di affrontare con maggiore 
vigore le difficoltà che gli si presentano. Non a caso 
proprio la moglie lo aiuta e stimola a scrivere, dandogli la 
consapevolezza della positività della sua esperienza: 
"Paradossalmente il mio bagaglio di memorie atroci 
diventava una ricchezza, un seme; mi pareva, scrivendo, 
di crescere come una pianta."
8
 
Alla fine del 1947, Levi si licenzia dalla Duco, 
tentando la strada del lavoro autonomo, insieme ad un 
amico. Questa esperienza viene narrata nel racconto 
Azoto. Ma la breve e non molto positiva esperienza lo 
porta di nuovo a lavorare come chimico presso una 
                                                     
8
 Ivi, p. 157 
  
15
fabbrica di vernici, la SIVA, vicino Settimo Torinese. 
Intanto, nel 1956 viene allestita a Torino una mostra sulla 
deportazione: in quell’occasione Levi tiene varie 
conferenze e interviste, dove viene letteralmente ricoperto 
di domande, alla ricerca di soluzioni che l’autore stesso 
non può fornire, vista l’assurdità della situazione vissuta a 
cui è impossibile dare una spiegazione razionale. 
Intanto prosegue il successo di Se questo è un uomo, 
che viene tradotto in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in 
Francia e in Germania. Nel 1964 ne viene fatta una 
riduzione radiofonica e subito dopo una riduzione teatrale 
al Teatro Carignano di Torino. Erano intanto nati i figli 
Lisa, nel ‘48, e Renzo, nel ‘57. 
Negli anni compresi tra il 1962 ed il 1965, Levi 
compie numerosi viaggi, tra l’altro anche ad Auschwitz, 
per assistere ad una commemorazione polacca. La sua 
vita, in questa fase, si divide tra il lavoro, la famiglia e 
l’attività di scrittore che non abbandona mai. Molti sono i 
riconoscimenti che riceve in questo periodo, tra l’altro nel 
1963, il suo libro La tregua ottiene il premio Campiello. 
Dopo questi due primi libri, segue un periodo di 
silenzio in cui Levi elabora una visione della vita sempre 
più portata all’analisi dei problemi legati alla società in 
cui vive, da cui scaturiscono i suoi libri successivi. Nel 
1966, infatti, escono i suoi primi racconti dal titolo Storie