18
da tipologie attenuate, che sfumano, nelle aree marginali, in casi
sporadici.
Sulla mappa dell’Africa, le Mutilazioni Genitali Femminili
coprono tutta la fascia centrale del continente, espandendosi lungo il
corso del Nilo. Questa cintura, a eccezione della sua fibbia egiziana,
coincide in modo impressionante con quei paesi che hanno i tassi di
mortalità più elevati (più del 30% dei bambini tra gli uno e i quattro
anni).
Fuori dal continente africano, l’ecissione è praticata anche in
Oman, nello Yemen e negli Emirati Arabi Uniti. La circoncisione
femminile è inoltre praticata dalle popolazioni musulmane
dell’Indonesia, della Malaysia e dai musulmani Bohra in India, Pakistan
e Africa Orientale
5
.
19
CLASSIFICAZIONI
Esistono diversi tipi di classificazioni delle Mutilazioni Genitali
Femminili. La classificazione più recente è quella effettuata nel 1996
dalla WHO. Essa individua quattro differenti tipologie di MGF:
] TIPO 1: escissione del prepuzio con/senza escissione di parte o di tutta la
clitoride.
] TIPO 2: escissione del prepuzio e della clitoride con parziale o totale
escissione delle labbra minori.
] TIPO 3: escissione di parte o di tutti i genitali esterni con restringimento
o chiusura dell’apertura vaginale.
] TIPO 4 (non classificato): puntura, perforazione o incisione della
clitoride e/o delle labbra (tipologia non classificata); stiramento della
clitoride e/o delle labbra; cauterizzazione della clitoride e dei tessuti
circostanti; raschiamento dell’orifizio vaginale (angurya) o taglio della
vagina (gishiri); introduzione di sostanze corrosive in vagina, per
provocare sanguinamento o di erbe in vagina, allo scopo di restringerla o
di chiuderla.
Individua, inoltre, come Mutilazione Genitale Femminile, ogni altra
procedura che rientri nella definizione di Mutilazione Genitale
Femminile, data precedentemente
6
.
In passato, invece, la classificazione maggiormente adottata dei
vari tipi di mutilazioni genitali è stata quella di Shendall (1967/1977) e di
5
Q.R. Ghadially, “All for Izzat: The Practice of Female Circumcision among Bohra
Muslims”, Manushi, n. 66, New Delhi, India, 1991.
6
Definizione della WHO, p. 1.
20
Verzin (1975) che riportano tre tipi di mutilazioni che in linea di
massima si sovrappongono a quelli decritti dalla WHO. Essi sono:
^ Circoncisione vera o Sunna.
^ Escissione o clitoridectomia
^ Infibulazione o circoncisione faraonica
CIRCONCISIONE VERA o SUNNA
7
Vi sono vari tipi di Sunna che sono dovuti ad altrettante
rappresentazioni delle scritture coraniche. La prima forma, basata sulle
parole di Maometto, che prescrive di non togliere nulla dal corpo della
donna, è la meno traumatizzante anche se conserva il suo significato
rituale. In questo tipo si pratica una piccola incisione sul prepuzio della
clitoride senza asportarne nessuna parte, limitandosi a far uscire alcune
gocce di sangue. Questo tipo di circoncisione non è nocivo per la salute
femminile e non comporta complicazioni immediate o a distanza nocive
per la salute della donna. La forma più classica della Sunna consiste
nell’asportazione del prepuzio della clitoride, conservando tuttavia,
l’integrità della clitoride e delle piccole labbra.
Si crede che la finalità di questa operazione corrisponda alla
circoncisione maschile del prepuzio del pene. In realtà sia lo spirito che i
risultati di ogni forma di circoncisione delle donne sono diversi da quello
della circoncisione maschile, dato che praticando questo tipo di Sunna, è
molto difficile non danneggiare l’apparato genitale femminile.
7
Il termine “Sunna” significa “Tradizione”.
21
ESCISSIONE o CLITORIDECTOMIA
Questo secondo tipo implica l’ablazione della clitoride, e consiste
nella rimozione parziale o totale della stessa insieme ai tessuti adiacenti
alle piccole labbra e, a volte, l’ablazione totale di questa parte, fatta
eccezione per le grandi labbra, senza chiusura della vulva. Questo
intervento viene di solito eseguito molto precocemente
8
, cioè nei primi
giorni di vita, o comunque entro il primo o secondo anno ed è un
intervento più drastico rispetto al precedente in quanto comporta
l’asportazione completa di un organo importante con residui cicatriziali
gravi e un maggiore rischio di complicazioni.
Secondo l’arabo classico, l’escissione femminile o
clitoridectomia, viene definita khefad che significa letteralmente
riduzione e si riferisce alla riduzione della clitoride. Questa pratica
particolare è basata su una interpretazione non suffragata del Profeta
Maometto che avrebbe detto a Om-Attiya, un’operatrice di circoncisioni
femminili: “riduci ma senza distruggere”. Non esiste, tuttavia, alcuna
prova che il Profeta abbia mai fatto una simile dichiarazione, ne alcun
altra in merito alla circoncisione femminile; nonostante ciò la
clitoridectomia parziale e le sue varianti sono diventate popolari e sono
praticate in vari paesi islamici, con il nome di Sunna.
8
In Nigeria, ad esempio, praticano l’escissione tre etnie: Edo, Urhobo e Isoko. Soltanto
l’etnia Edo, tuttavia, l’effettua nei primi giorni di vita. Le altre due etnie, invece,
l’effettuano immediatamente prima del matrimonio o subito dopo.
22
INFIBULAZIONE o CIRCONCISIONE FARAONICA
Il termine infibulazione deriva dal nome dato all’operazione
praticata dai romani che consisteva nel chiudere con una fibula le grandi
labbra dei genitali delle loro mogli, per evitare che esse potessero avere
dei rapporti sessuali illeciti.
E’ la forma di Mutilazione Genitale tipica dei Paesi del Corno
d’Africa. Riguarda praticamente la totalità della popolazione femminile
della Somalia, di Gibuti e del Sudan (salvo le popolazioni stanziate nel
Sudan meridionale), l’Egitto meridionale, la costa etiopica del Mar
Rosso, il Kenya settentrionale e alcune zone del Mali e del Senegal.
In quest’area le connotazioni culturali del costume sono
sostanzialmente le stesse, tanto da far pensare a una comune origine
preislamica della pratica, connessa all’ambiente di vita pastorale di
alcune etnie
9
.
L’operazione consiste nell’escissione della clitoride, delle piccole
labbra e di almeno due terzi della parte anteriore e spesso dell’intera
parte media delle grandi labbra, la cui superficie interna viene cruentata,
per cui queste ultime possono essere fatte collabire sul piano mediano e
venire cicatrizzate mediante differenti metodologie.
Correttamente, con il termine infibulazione, la WHO si riferisce
al restringimento dell’apertura vaginale, che spesso comporta una
mutilazione drastica sottostante. In Somalia esiste poi una “tipologia
modificata” che consiste nell’eliminazione del prepuzio, nella
cruentazione delle labbra minori e nella loro suturazione contro laterale
10
.
9
Hicks, 1986; Grassivaro Gallo e Viviani, 1992. A questo proposito si veda l’ipotesi
etologica sull’origine dell’infibulazione in Somalia di Grassivaro Gallo e Viviani,
contenuta in Figlie d’Africa Mutilate, Grassivaro Gallo, 1998, p. 25 e segg.
10
M. A. Varsame, 1989, p. 94.
23
Le donne portatrici di questa mutilazione, una volta deinfibulate,
presentano conseguenze meno severe nella loro vita sessuale.
I due lati della vulva vengono suturati insieme con dei punti di
seta o interiora di gatto, o con spine, chiudendo così l’orifizio vaginale e
lasciando solo un foro molto piccolo del diametro di un fiammifero, o
come dice la tradizione, in modo che dal foro residuo passi solo un grano
di miglio. Spesso, l’orifizio, così ridotto, è mantenuto aperto mediante
l’inserimento di un sottile pezzo di legno o di una canna per il passaggio
dell’urina o del sangue mestruale. Queste operazioni sono effettuate con
coltelli speciali, con lamette da barba, o con pezzi di vetro.
Dopo l’operazione, con la cicatrizzazione, si forma un ponte di
pelle sopra la vagina. L’area vaginale viene asciugata con suffumigi di
erbe, bruciate all’interno di un buco nel terreno, su cui viene seduta la
bambina. Spesso, la zona cruentata viene spalmata con sostanze le più
disparate (uova, resine, aromi), tra le quali la più comune è il “mal-
mal”
11
, per accelerare la cicatrizzazione. Le gambe della bambina
vengono legate insieme dalla cintola alle ginocchia fino alle caviglie,
anche gli alluci sono congiunti e la ragazza è mantenuta immobile per
diversi giorni per consentire la formazione della cicatrice.
Se non intervengono complicazioni, in due o tre settimane –
durante le quali l’operata viene nutrita con una dieta particolare – tutto si
conclude.
Segue la constatazione dell’esiguità delle dimensioni dell’apertura
rimasta, fatta dall’operatrice e dalle donne della famiglia. Questa viene
espletata con un seme (di sesamo, di miglio o di granoturco) che, posto
11
.
Il mal-mal è una resina vegetale di aspetto simile all’incenso. Esso viene pestato in
un mortaio, inumidito con l’acqua e al momento dell’uso viene mescolato con l’uovo: è
usato come cicatrizzante.
24
sulla cicatrice, deve scivolare senza fermarsi sul foro, indicando così che
lo stesso è sufficientemente angusto. Un’analoga ispezione sarà effettuata
all’atto del matrimonio dalle parenti del promesso sposo. Verrà così
controllata la purezza della fanciulla e sarà valutata l’entità della dote da
versare al padre di lei. Qualora una ragazza venisse deinfibulata per
motivi sanitari, al momento delle nozze il genitore esibirà un certificato
medico, per farla valutare economicamente come vergine.
Se l’apertura risulta troppo grande, la bambina viene assoggettata
subito a una seconda operazione (doppia infibulazione), atta a correggere
la prima. La prova eseguita con il seme di mais è importante perché le
bambine, giocando tra loro, sono spesso invitate a dimostrare, aprendo il
vestito, che non sono delle prostitute “charmutte”, cioè che non hanno
un’apertura troppo grossa. Quindi in tale evenienza, se l’orifizio è troppo
grande, la bambina, insultata dalle amiche, va a casa e piange
12
.
L’età alla quale la paziente viene operata varia ampiamente e
dipende dalla tipologia della mutilazione, dall’ambiente di vita e
dall’etnia. Per l’infibulazione, tipica delle tribù pastorali dell’Africa
Orientale, i due periodi estremi all’interno dei quali si può agire sono
rappresentati dalla nascita (quando non si può materialmente eseguire,
perché i genitali esterni devono avere un certo sviluppo) e dal menarca,
che deve sempre seguire l’operazione. Alcune eccezioni si sono accertate
in migrazione, dove la difficoltà di organizzare l’operazione l’ha ritardata
oltre il menarca.
12
Pia Grassivaro Gallo, Figlie d’Africa Mutilate, 1998, p. 178.
25
Nel continente africano, in ambiente urbano si assiste a una
progressiva precocizzazione dell’intervento, mentre in ambiente rurale
esso viene notevolmente ritardato, affinché la ragazza che lo subisce,
senza anestesia, possa appieno comprenderne il significato culturale e
possa altresì dimostrare, con una contenuta espressione del dolore, la
propria maturità. Si consideri, a questo proposito, come il menarca,
ritardato in infibulate su base psicosomatica, non si presenti in media
prima dei 15 anni. Esso segna il momento adeguato per la ratifica di un
legame matrimoniale, in genere già fissato in precedenza dalle rispettive
famiglie. Tra il menarca e la circoncisione, sfasati solo di qualche anno
dal punto di vista cronologico, l’evento più saliente non è il primo, quello
biologico, bensì il secondo, quello culturale, premessa essenziale al
matrimonio
13
.
La bambina/ragazza circoncisa sembra dimenticare in breve
tempo la chiusura dolorosa della fanciullezza, aiutata com’è sia dal
consenso e dal sostegno del suo ambiente, sia dalla coscienza di un
dovere sociale espletato che la rende completamente accetta e integrata
nel gruppo di appartenenza.
Si inizi già in questa sede a riflettere quanto siano proprio questi
aspetti a mancare alla bambina emigrata in Occidente, la quale – al
contrario della sua coetanea in terra d’origine – per la mutilazione subita
si troverà emarginata nel paese di accoglienza, in maniera talvolta
definitiva e irrimediabile.
Nei paesi del continente a tradizione infibulatoria, la sutura –
sinonimo di verginità – conferisce alla bambina lo status di donna, ma la
difende altresì da violenze sessuali occasionali, che potrebbero ad
13
Pia Grassivaro Gallo, op. cit., pag. 14.
26
esempio occorrere in boscaglia durante la pastura del bestiame di piccola
taglia
14
, impegno quotidiano fin dalla più tenera età delle ragazzine
appartenenti ai clan di pastori nomadi. Sigillata com’è, la donna deve
essere sottoposta a progressiva dilatazione dell’apertura vaginale residua
a opera del partner. Secondo la tradizione, viene lasciata alla coppia una
settimana di completo isolamento sotto l’egida di una persona amica, in
grado di sollevare la sposa da ogni impegno domestico
15
. La fase di
deflorazione può continuare addirittura per mesi, per risolversi talvolta
con un intervento strumentale. La consumazione del matrimonio si
configura così come un episodio doloroso; presso i pastori nomadi della
boscaglia, nella costruzione dell’aqal (capanna) si tiene conto della
direzione del vento, facendo si che questo disperda le urla della sposa
senza allertare inutilmente la comunità
16
.
Solo con la nascita del primo figlio l’apertura vaginale sarà
completa. Comunque, anche in tale circostanza si verifica un insieme
complicato e differenziato di situazioni possibili. Addirittura pare che in
Somalia, durante il parto, si eviti di procedere a una vera deinfibulazione
strumentale tagliando la cicatrice anteriormente
17
, ma si preferisca
procedere a espletare tutta una serie di episiotomie
18
. La puerpera rimane
“aperta” temporaneamente all’incirca per un anno, trascorso in
segregazione con il bambino; poi si farà risigillare mediante
reinfibulazione, tornando alla condizione di pre-parto. Questa alternanza
di aperture e di chiusure avviene alla nascita di ogni figlio, per un certo
14
Ovini e caprini.
15
S.S. Hassan, 1996.
16
M.A. Dirie, 1985.
17
Sebbene essa possa aprirsi spontaneamente durante il periodo espulsivo.
18
M.A. Dirie, 1985.
27
numero di volte, come d’uso nella regione, nell’etnia o come suggerito
dal partner.
L’operatore, o meglio, l’operatrice è di solito una persona
sprovvista di conoscenze chirurgiche; essa utilizza tecniche apprese in
ambito familiare. Può trattarsi addirittura di una donna anziana dalla
scarsa manualità, che non vede più bene e che lavora all’interno di
capanne poco illuminate. La bambina sottoposta al trattamento, magari
senza anestesia e stretta fra le braccia delle aiutanti, si divincola non
facilitandone spesso il compito. La mutilazione può assumere una varietà
di forme, dipendenti da fattori contingenti, divenendo un unicum. La
paziente stessa non conosce a fondo il tipo di mutilazione subita, sa solo
di essere “aperta” o “chiusa”.
28
PROBLEMATICHE CONNESSE ALLA
TERMINOLOGIA
L’espressione Circoncisione Femminile è stata soppiantata quasi
completamente da quella di Mutilazione Genitale Femminile, introdotta
da alcune femministe, coinvolte professionalmente nei settori sanitari o
attiviste in difesa dei diritti umani. Successivamente, la definizione è
stata adottata con molta autorevolezza dall’Inter Africain Committee al
Congresso di Addis Abeba del 1990 e recepita dalle Nazioni Unite,
divenendo così di uso comune. Viene oggi raccomandata anche dalla
WHO per contrastare la possibilità di confondere due manipolazioni ai
genitali niente affatto paragonabili: quella espletata sul sesso femminile e
quella attuata sul sesso maschile. La distinzione tra mutilazione e
circoncisione ha molte implicazioni, come dimostra il fatto che la nuova
espressione, accettata nel mondo occidentale, è vissuta come offensiva
nelle aree africane escissorie, dove permane ancora quella tradizionale di
Circoncisione Femminile
19
.
A questo proposito, è molto interessante il risultato perseguito
nell’ambito di una ricerca
20
all’interno della quale sono riportate alcune
testimonianze, frutto di interviste a donne africane, soprattutto di
nazionalità somala e nigeriana, immigrate e residenti a Torino e
Provincia, le quali si esprimono a proposito del Fenomeno delle
Mutilazioni. Ma queste donne, quando parlano delle Mutilazioni non
19
Pia Grassivaro Gallo, op. cit., 1998.
20
Associazione Almaterra, Attitudini e Aspettative delle Donne delle Minoranze Etniche
in Europa. Progetto di Ricerca. Rapporto della Ricerca Nazionale condotta a Torino,
Italia., Young Women from Minority, a cura di Sonia Aimiumu e Franca Balsamo.
Torino, novembre 1999.
29
usano questo termine. Parlano di “circumcision”, “arue”, “gudniin”
21
. La
terminologia è fondamentale al fine di un confronto costruttivo. Molte tra
queste donne, infatti, rifiutano di accettare il termine di “Mutilazione
Sessuale”, per la sua connotazione fortemente negativa sentito come
denigratorio nei confronti delle donne infibulate, che verrebbero con tale
termine viste come delle “mutilate”
22
. Questo è, dunque, uno di quei casi
in cui la lingua mostra tutta la sua profondità e radicamento nella cultura,
nella storia, in credenze profonde e mostra attraverso la difficoltà e la
delicatezza della traduzione in una lingua veicolare, mediatrice, quanto
difficile e delicato sia il lavoro della mediazione culturale per evitare
conflitti e trovare punti d’incontro, possibilità di aperture, canali apribili
alle potenzialità della comunicazione umana oltre differenze, a volte,
come in questo caso, molto profonde. Profonde e, se restiamo a livello di
principi di giudizio, inconciliabili
23
.
La WHO auspica inoltre la scomparsa del termine Sunna,
attribuito a una forma di mutilazione sessuale lieve, per eliminare una
parola che induce a pensare a una copertura religiosa della pratica.
L’intento della WHO è di promuovere la standardizzazione del
vocabolario, delle norme e dei protocolli d’indagine al fine di ottenere
una maggiore comparabilità nelle metodologie e nei risultati ottenuti dai
diversi ricercatori.
21
Questi termini sono quelli utilizzati dalle due intervistatrici, Sonia e Myriam. Sonia,
ha usato con le nigeriane il termine inglese di “circumcision”, e con altre tre nigeriane,
di lingua edo, il termine locale “arue”. Myriam, ha utilizzato il termine somalo
“gudniin” con le sue intervistate di origine somala, ma anche il termine “infibulation” o
infibulazione a seconda che l’intervista fosse condotta in inglese o in italiano.
22
Associazione AlmaTerra, op. cit., p. 60.
23
Associazione AlmaTerra, op. cit., p. 60.
30
MOTIVAZIONI E FUNZIONI DELLE MUTILAZIONI
GENITALI FEMMINILI
Quali sono le forze che spingono una madre a sottoporre le sue
figlie a interventi così drastici, affrontando rischi tanto gravi?
A prima vista le motivazioni portate sono sconcertanti, spesso in
contrasto tra loro e sempre contraddittorie con il fatto biologico. In
fondo, la motivazione è semplicemente “che ci si crede” e con tenacia.
Rimane allora da vedere “perché”.
MOTIVAZIONI PSICOSESSUALI
E’ frequente la convinzione (in Mali, Kenya, Sudan, Nigeria,
Egitto) che la clitoride sia un organo aggressivo, suscettibile di
minacciare l’organo maschile e addirittura di danneggiare il bambino
durante il parto. In alcune aree, l’Etiopia in particolare, la gente ritiene
che se i genitali femminili non vengono escissi, un giorno cresceranno tra
le gambe proprio come quelli dell’uomo.
Più profondamente radicata nella mitologia e, quindi, più
prettamente a sfondo culturale, è la persuasione che il bambino che nasce
abbia in sé sia l’organo maschile che quello femminile. Essendo la
clitoride l’elemento maschile nella bambina, mentre il prepuzio sarebbe
la parte femminile nel bambino, entrambi devono essere eliminati per
stabilire chiaramente il sesso della persona
24
. Si tratta qui della
costruzione sociale e psichica del genere. Questa teoria, più
24
Cfr. Assitan Diallo, L’excission en milieu Bambara. E’ interessante il confronto con
le conclusioni del dr. Jung. Parallelamente allo sviluppo embriologico, Jung scoprì una
complementarità psicologica – il femminile nell’uomo e il maschile nella donna.
Designata con il termine “anima” per l’uomo e “animo” per la donna, questa forza può
essere amica o nemica, ma è la sola guida verso l’integrazione finale tra gli opposti.
31
comunemente nota come Teoria Egiziana, è presente nel Mali, ma anche
in Somalia.
I Tagouana della Costa d’Avorio credono, inoltre, che una donna
non escissa non possa avere figli
25
. Tale opinione è diffusa anche nel
Mali
26
. Gli Yoruba usavano l’escissione come una forma di
contraccezione; essi credevano che lo sperma potesse passare nel latte
materno danneggiando il bambino, per cui la donna doveva astenersi dai
rapporti sessuali durante i diciotto mesi dell’allattamento: la
circoncisione poteva rendere tutto questo molto più facile
27
.
Molto spesso la motivazione avanzata da uomini e donne è
“l’attenuazione del desiderio sessuale”. La clitoride è riconosciuta come
l’organo da cui proviene “il fuoco del desiderio”; l’escissione dovrebbe,
allora, proteggere la donna dalla sua natura eccessivamente sensuale,
preservarla dalle tentazioni, dai sospetti e dalla disgrazia, conservandone
la sua castità e, soprattutto, proteggendone la sua verginità.
Queste convinzioni devono essere interpretate nel contesto di una
società in cui la verginità femminile è un prerequisito assoluto per il
matrimonio, e dove le relazioni extraconiugali provocano sanzioni molto
severe. L’associazione tra le mutilazioni genitali e la castità
prematrimoniale è così stretta che in molte aree una ragazza non escissa
(e per la Somalia, non infibulata) viene irrisa e spesso obbligata a lasciare
la comunità, e comunque, che sia vergine o che non lo sia, pochissime
saranno le sue chances di trovare marito.
25
Aminata D. Traore, ministero della Condizione Femminile, Abijan, Costa d’Avorio,
“Elements pour une autre méthode d’approche au probléme de l’excision”.
26
Comunicazione estratta dalla trasmissione televisiva C’era una volta, del 22/11/1999,
reti RAI.
27
Esther Ogunmodede in uno studio preparato per la prima edizione del suo rapporto
“Female Circumcision in Nigeria”.