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CAPITOLO 4: Dalla Prima Intifada agli Accordi di Oslo: le fasi cruciali dei
negoziati e delle rivolte.
4.1 Prima intifada e la nascita di Hamas.
L’anno 1987 fu caratterizzato da una sollevazione di massa palestinese contro l’occupazione
israeliana, detta “Prima Intifada
33
”, che ebbe origine nel campo profughi di Jabaliya per poi
diffondersi fino a Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est.
La rivolta passò alla storia come “rivolta delle pietre” perché fu caratterizzata da lanci di pietre e
bombe molotov, il riferimento alle “pietre” è per sottolineare l’assoluta disparità fra i mezzi- anche
violenti- a disposizione delle “due parti”, Israele e la popolazione palestinese. Protagonisti
principali della rivolta furono bambini, donne e adolescenti, coloro che vivevano in condizioni
davvero estreme. Espressioni di disappunto, ma che in realtà, sono la base sostanziale delle azioni
della prima Intifada, c’erano già state attraverso forme di disobbedienza civile, massicce
manifestazioni, scioperi generali, boicottaggio di prodotti israeliani, rifiuti di pagare le tasse ecc.
(Caridi Paola, 2023)
Sotto la guida di Yitzhak Rabin, ministro della difesa, Israele cercò in tutti i modi di sedare la
rivolta; dal 1987 al 1991 le forze israeliane uccisero all’incirca mille palestinesi, di cui oltre
duecento erano ragazzi di un’età inferiore ai sedici anni.
Nel 1988, il Consiglio nazionale palestinese, riunito ad Algeri, riconobbe l’insieme delle
risoluzioni dell’Onu sulla Palestina, comprese le 242 e la 338, dalla quale derivò il riconoscimento
ufficiale del diritto all’esistenza dello Stato di Israele, proclamò uno stato palestinese indipendente
in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, e rinunciò al terrorismo.
L’Intifada delle pietre o la prima rivolta, come viene chiamata dai palestinesi, rese necessaria
l’idea di adottare una decisione rapida, senza doverci pensare troppo e senza costanti rinvii, essa
fornisce a Yassin il momento migliore
34
. Hamas è stata fondata formalmente il 9 dicembre del
1987, in una riunione dell’ufficio politico dei Fratelli musulmani a casa di sheikh Ahmed Yassin,
utilizzando un’occasione non prevista, cioè proprio lo scoppio della Prima Intifada che avrebbe
incendiato Gaza e poi la Cisgiordania per i successivi due anni. Il progetto di un’organizzazione
operativa figlia dell’Ikhwan al Muslimun, però, era già nell’aria da anni.
Dopo aver superato le esitazioni e le incertezze degli anziani Fratelli musulmani, che comunque
partecipano alla riunione inaugurale, i sette partecipanti concordarono nell'abbracciare il piano di
Yassin: l'Ikhwan
35
doveva organizzare un'associazione operativa pronta a intervenire e contribuire
attivamente all'Intifada: Hamas
36
. Nell'introduzione alla Carta fondativa di Hamas, resa nota nove
mesi dopo, si affermava che:
33
Intifada in italiano significa “rivolta” o anche “scrollarsi di dosso”, in arabo.
34
Caridi Paola, Hamas. Dalla resistenza al regime, 16 novembre 2023, Intervista dell’A. ad Azzam Tamimi,
Londra, 12 luglio 2008.
35
"Ikhwan, sostantivo arabo, che significa 'fratelli'/fratellanza.
36
Movimento di resistenza islamica (Haraka al-Muqawwama al-Islamiyya), in arabo significa “zelo”, “ardore”.
24
“una volta che l'idea ha raggiunto la maturità e il seme ha germinato, il Movimento di
resistenza islamica è giunto per intraprendere la sua lotta per l'amore di Dio.”
Questo permette di comprendere il percorso del progetto promosso da Yassin e l'influenza della
Rivolta delle pietre nella sua volontà di accelerare il processo. La determinazione non è solamente
il frutto delle circostanze, ma deriva anche dai mutamenti sociologici che hanno interessato i
Fratelli musulmani, i quali nella seconda metà degli anni Ottanta hanno perso la loro impronta di
classe mercantile e borghese, la quale aveva caratterizzato la loro origine e crescita in Palestina
alla fine degli anni Quaranta.
Hamas, il Movimento di resistenza islamica, è il risultato dei profondi cambiamenti avvenuti nella
società palestinese dopo la guerra del 1948 e l'istituzione dello Stato di Israele. È stato il flusso di
rifugiati, sfollati giunti nella Striscia dopo la Nakba del 1948, a determinarne la sua creazione; su
sette partecipanti alla riunione fondativa, infatti, sei erano profughi, e solo uno era nato a Gaza.
Questi rifugiati provenivano dalle aree rurali della Palestina e dai piccoli villaggi, e spesso erano
persone istruite, talvolta professionisti. Questa è l'identità del nuovo movimento islamico che dà
vita ad Hamas.
In sintesi, sebbene Hamas abbia avuto un percorso autonomo rispetto all'Intifada, la sua decisione
di entrare in azione subito dopo l'inizio della Rivolta delle pietre conferma che il movimento ha
sempre trovato legittimità e sostegno nel popolo. Per questo è un movimento estremamente
popolare e di massa, forse più di quanto Fatah sia mai stato, specialmente nella sua fase legata
all'Autorità nazionale palestinese. Questo ruolo ha trasformato Fatah in un partito-stato o in un
partito-governo, sovrapponendo l'autorità non solo ai leader in esilio a Ramallah dal 1994 in poi,
ma anche ai potenti locali di Fatah, che con il passare degli anni hanno perso il contatto con la
base.
Hamas, più dei Fratelli musulmani palestinesi, si è sempre distinto per la sua capacità di
comprendere le esigenze della popolazione e della società civile, in particolare di matrice
islamista. Il 18 agosto 1988, Hamas pubblicò la propria carta istitutiva, il Mithaq, uno dei
documenti del movimento più discussi in assoluto, condannato e utilizzato in gran parte come
strumento di contrattazione politica.
“Le iniziative per risolvere il problema palestinese, quelle denominate soluzione pacifica
o conferenze internazionali, sono contrarie all’ideologia del Movimento di resistenza
islamica,” dice espressamente l’articolo 13,
“perché rinunciare a qualsiasi parte della Palestina è come rinunciare a una parte della
religione. Il nazionalismo del Movimento di resistenza islamica è parte della nostra
religione; la religione educa i suoi aderenti al nazionalismo, ed essi compiono il jihad per
issare il vessillo di Dio sulla propria nazione
37
.”
Dopo solo tre mesi dalla condivisione dello statuto, ad Arafat venne concesso il riconoscimento
di trattare la nascita dello stato palestinese in Cisgiordania e Gaza con Gerusalemme come
capitale. La strada per Oslo era stata spianata, ma Hamas aveva già deciso di non percorrerla. Lo
statuto del movimento, d’altronde, riprendeva in chiave islamista quello che la Carta Nazionale
37
Documenti, Statuto di Hamas (1988), pubblicato su: Notizie Geopolitiche, 2 maggio 2017,
https://www.notiziegeopolitiche.net/documenti-statuto-di-hamas-1988/
25
Palestinese del 1968, delineava in chiave nazionalistica
38
. A partire da questo momento in poi
Hamas prese il controllo, sostituendosi al Jihad Islamico, che non ottenne molto seguito nella lotta
armata contro “l’occupante sionista”, creando così una situazione di antagonismo, seppur non
direttamente, con i laici dell’Olp, considerati dagli osservatori occidentali gli unici in grado di
rappresentare la causa della liberazione palestinese (Caridi Paola, 2023).
Dallo Statuto di Hamas emerge chiaramente la divergenza dottrinale e strategica nella lotta per
l’indipendenza tra l’organizzazione e l’Olp. Se quest’ultimo prosegue nella sua battaglia
considerandola dal punto di vista politico e nazionale, Hamas, al contrario mira ad istituire uno
Stato islamico in Palestina, basato sulla sharia (in arabo significa sentiero, retta via).
4.2 La Conferenza di Madrid e gli Accordi di Oslo
La conclusione della Guerra Fredda e il trionfo statunitense in Iraq nel 1991 determinarono un
nuovo sforzo per raggiungere una pace duratura nel Medio Oriente. L'arduo compito di radunare
le fazioni in conflitto attorno al tavolo dei negoziati e far sì che accettassero il quadro delineato
nei piani di Shamir e Baker da parte degli Stati arabi e dell'OLP fu agevolato dalle conseguenze
economiche della crisi del Golfo.
La situazione finanziaria precaria in Giordania e Palestina, ulteriormente complicata dalla loro
posizione a favore dell'Iraq durante il conflitto nel Golfo e dalla conseguente riduzione degli aiuti
da parte dell’Occidente, le obbligò in qualche modo a partecipare alle trattative per la pace con
l'obiettivo di soddisfare gli Stati Uniti e restaurare la loro immagine internazionale.
Israele, in un momento di forte crisi economica a causa dei crescenti costi dell'Intifada palestinese
e dell'arrivo di ebrei sovietici dopo il crollo dell'Unione Sovietica, subì una pressione economica
simile: l'amministrazione Bush, infatti, collegò l'ottenimento di un prestito di dieci milioni di
dollari alla partecipazione di Israele alla Conferenza di Madrid.
Così iniziò la cosiddetta “shuttle diplomacy” di Baker, all'epoca segretario di Stato (dal marzo al
luglio 1991), in concomitanza alla pressione economica esercitata dagli Stati Uniti. Il risultato è
stato una forma peculiare di negoziato a doppio binario – uno bilaterale e uno multilaterale –
sponsorizzato da Russia e Stati Uniti (con le Nazioni Unite in veste di osservatore), avviato alla
Conferenza di Madrid del 30 ottobre 1991
39
.
Dopo la Conferenza di Madrid, iniziarono a Washington tre diverse serie di negoziati bilaterali
tra: Israele e Siria, Israele e Libano, Israele e una delegazione congiunta palestino-giordana,
ognuna delle quali avrebbe negoziato una pace separata. Dopo mesi di incontri riservati a Oslo,
tra i negoziatori di Israele e dell'OLP, venne elaborata una “Dichiarazione di Principi” che delineò
i preparativi per l'autogoverno dei Palestinesi nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. I
cosiddetti negoziati di Oslo avvengono perché i negoziatori palestinesi a Washington, non
concedevano nulla al governo israeliano gratuitamente, mentre la leadership Olp si sentiva sotto
crescente pressione, e quindi Arafat e pochissimi altri intrapresero questi negoziati segreti a Oslo,
in cui però le concessioni fatte agli israeliani sono tante, senza però ottenere nulla in cambio.
38
Caridi Paola, Hamas. Dalla resistenza al regime, 16 novembre 2023.
39
Benchekroun Yasmine “Ricorda 1991: La Conferenza di pace di Madrid”, 18 agosto 2021,
https://lospiegone.com/2021/08/18/ricorda-1991-la-conferenza-di-pace-di-madrid/
26
Gli accordi di Oslo, nel settembre 1993, furono anticipati da uno scambio di lettere tra il Presidente
dell'OLP Yasser Arafat e il Primo Ministro Yitzchak Rabin, in cui l'OLP dichiarò la rinuncia al
terrorismo, si impegnò ad annullare gli articoli della sua Carta che negavano ad Israele il diritto
all'esistenza, e promise di cercare una soluzione pacifica al conflitto decennale.
Israele, a sua volta, riconobbe l'OLP come rappresentante del popolo palestinese. La
Dichiarazione di Principi stabilì un insieme di principi generali concordati tra le parti, riguardanti
un periodo intermedio di autogoverno palestinese della durata di cinque anni, e delineò un
percorso graduale dei negoziati tra israeliani e palestinesi.
La Dichiarazione e altri accordi firmati da Israele e dai palestinesi condussero alla firma
dell'Accordo interinale israelo-palestinese nel settembre 1995. Questo prevedeva l'espansione
dell'autogoverno palestinese nella Cisgiordania attraverso l'elezione di un'autorità preposta
all'autogoverno, il Consiglio Palestinese (eletto nel gennaio 1996). In base all'accordo interinale,
la Cisgiordania venne suddivisa in tre tipologie di aree:
Area A, che comprendeva le principali città della Cisgiordania e ricadeva sotto la piena
responsabilità del Consiglio Palestinese;
Area B, che comprendeva piccoli centri abitati e villaggi nella Cisgiordania, con
responsabilità del Consiglio Palestinese sugli affari civili e mantenimento dell'ordine
pubblico, mentre Israele manteneva la responsabilità predominante sulla sicurezza;
Area C, che comprendeva tutti gli insediamenti ebraici, le aree di importanza strategica
per Israele e le aree ampiamente disabitate della Cisgiordania, con piena responsabilità
israeliana per la sicurezza e l'ordine pubblico.
Per quanto riguarda i colloqui multilaterali, invece, furono istituiti come parte integrante del
processo di pace, al fine di affrontare i problemi chiave della regione e contribuire alla costruzione
della fiducia necessaria per promuovere lo sviluppo e la normalizzazione delle relazioni tra i paesi
del Medio Oriente.
Le delegazioni furono suddivise in cinque gruppi di lavoro che si occupavano di temi specifici di
interesse regionale, come ambiente, controllo degli armamenti e sicurezza regionale, profughi,
risorse idriche e sviluppo economico
40
.
Il processo di pace però, venne interrotto dalla vittoria di Netanyahu, leader del partito di destra
Likud, che non era favorevole all’attuazione degli accordi redatti.
4.3 Camp David II e la Seconda Intifada
40
Ambasciata d’Israele in Italia, il processo di pace,
https://embassies.gov.il/rome/AboutIsrael/history/Pages/Il%20processo%20di%20pace.aspx
27
Nel mese di luglio del 2000, presso Camp David
41
, su invito del presidente statunitense Bill
Clinton, si svolse un nuovo summit per esaminare la situazione israelo-palestinese.
Le delegazioni dei diplomatici furono guidate da Ehud Barak, primo ministro di Israele, e da
Yasser Arafat, leader dell'Autorità Nazionale Palestinese.
Tuttavia, il summit si chiuse in modo infruttuoso, segnando simbolicamente la fine del processo
di pacificazione avviato a Oslo nel 1993, dando inizio a una prolungata fase di stallo nelle
trattative che contribuì ad aumentare le distanze e le tensioni tra le parti coinvolte.
Da un versante, Barak manifestò per la prima volta la volontà di mettere in discussione il dominio,
pur senza compromettere la sovranità, di Israele su tutta Gerusalemme, e si dimostrò incline a
espandere la quota di territorio della Cisgiordania da concedere ai palestinesi. D'altro canto,
'Arafat ribadì il diritto del popolo palestinese a riavere le terre occupate dagli israeliani non come
concessione ma, secondo quanto stabilito dalla risoluzione 242/1967 dell'ONU.
L'offerta israeliana a Camp David si aggirava intorno al 91% della Cisgiordania. Barak e Clinton
attribuirono ad 'Arafat una eccessiva inflessibilità durante i negoziati, ma ciò potrebbe essere
spiegato dalla crescente frustrazione del popolo palestinese, che non ottenne nulla dal
riconoscimento di Israele con gli accordi di Oslo: in termini di miglioramento delle condizioni di
vita, fine dell’occupazione, blocco degli insediamenti israeliani in Cisgiordania.
Le accese dispute alla fine del summit enfatizzarono il ruolo delle parti coinvolte nell'insuccesso
dei negoziati, esacerbando ulteriormente il divario nelle relazioni
42
.
Il 28 settembre del 2000, Ariel Sharon si recò alla Spianata delle moschee
43
, accompagnato da
una massiccia scorta militare composta da un migliaio di soldati israeliani, fu una palese e diretta
provocazione politica sia verso i palestinesi che verso il governo di Barak. Certamente l’azione di
Sharon intaccava con la sacralità del sito, ma fu la violazione del “territorio” palestinese
(occupato) dagli israeliani -e la denominata “passeggiata” sulla Spianata delle Moschee- che
venne interpretata in maniera incitante. Questo e gli eventi che ne seguirono furono la scintilla
che innescò una situazione già estremamente tesa, dando il via alle sommosse conosciute come
Seconda Intifada, o Intifada al-Aqsa.
Il gesto di Sharon sollevò nuove proteste del popolo palestinese nella città vecchia di
Gerusalemme, che sfociarono in vere proprie sommosse represse nel sangue. Il giorno seguente,
numerosi scompigli si ebbero anche in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza; la dibattuta uccisione,
da parte delle forze israeliane, di un dodicenne Muhammad Al-Durrah, divenne il simbolo di
questa nuova rivolta.
La differenza sostanziale tra la prima e la seconda Intifada è da ricercarsi nella violenza e l’atrocità
con il quale questa è stata “combattuta”, sia da parte di Israele, che venne accusato di un uso
sproporzionato della forza; sia da parte dei palestinesi.
41
Residenza di campagna del presidente degli Stato Uniti nel Maryland.
42
Enciclopedia Treccani- V ertice di Camp David, (2012) https://www.treccani.it/enciclopedia/camp-david-vertice-
di_(Lessico-del-XXI-Secolo)/
43
È il principale complesso religioso di Gerusalemme ed è un luogo sacro sia per i musulmani che per gli ebrei.
Situata su una collina all’interno della città vecchia, dalla conquista di Gerusalemme gli israeliani ne controllano gli
accessi. Questi sono aperti a tutti, ma solo ai musulmani è permesso pregare al suo interno. Il complesso, chiamato
in arabo al Haram al Sharif (مرحلا فيرشلا), è il terzo luogo sacro più importante per l’Islam dopo la Mecca e Medina.