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Introduzione.
E‘ difficile credere alle verità che ti vengono dette, molto spesso però è il
dire inespresso che rende giustizia all‘oratore che va blaterando di continuo
di fatti che non gli appartengono. L‘arte parla per conto del suo autore, che
esso sia pittore o scrittore poco conta, ciò che dinanzi non dice, velato e
caotico ed a volte incomprensibile il proprio pensiero si rispecchia nel suo
lavoro. Ciò mi ha sempre affascinata. Sin da piccola ho avuto la fortuna
d‘avere a che fare con l‘arte, come del resto coloro della mia stessa
generazione mediante l‘ausilio della televisione e dei programmi per
bambini in essa trasmessi e ad una serie di palinsesti mi vado riferendo: i
cartoni animati, l‘arte, la prima espressione d‘arte con cui ho avuto a che
fare. Per questo ho deciso di sviluppare questo argomento, non v‘è nulla al
mondo che non meriti curiosità e l‘arte, di certo, non fa eccezione. Un
uomo fotografato imprime un‘espressione statica che può essere
interpretata, capita, decantata. Un uomo dipinto può stregare con il suo
sguardo anche secolare la mente di chi l‘osserva. Un essere vivente
rappresentato, disegnato e messo in condizione di vivere nonostante di vivo
abbia nulla è semplicemente capacità di riportare in vita un qualcosa che
non sempre lo è stata. Il sogno di ogni scienziato. Il sogno di ogni artista. Il
Disegno in Movimento.
Nel corso del Capitolo Primo di fatto espongo quel che a mio avviso è il
disegno in movimento, narrando parte delle mie impressioni nate, scaturite
da ciò che la mia mente ha elaborato e che la mia sensibilità ha recepito.
Nel Secondo Capitolo si hanno accenni sulla storia del Cinema
d‘Animazione Italiano dove si ha il piacere d‘incontrare autori che hanno
fatto nascere questa realtà nostrana facendola crescere e prosperare, non
solo, si hanno di fatto nozioni storiche tecniche riguardanti i primi
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cortometraggi e le loro prime realizzazioni con coloro che un tempo furono
pionieri ed ora son padri fondatori.
Il Capitolo Terzo parla del collegamento intrinseco tra le Arti figurative ed
il Cinema Disegnato.
Nella Quarta sezione della tesi si parla delle difficoltà, della storia, degli
autori che hanno contraddistinto il video d‘autore nostrano.
Nel Quinto capitolo si animano le opere di Alberto D‘Amico e di Ursula
Ferrara approfondendo con impressioni personali la loro arte e capacità c
comunicativa.
Il Capitolo Sesto è interamente dedicato a Gianluigi Toccafondo per il
quale a mio avviso l‘arte del Disegno in Movimento è poesia illustrata. Non
dicendo altro rimando alla lettura del capitolo per godere appieno della
straordinaria capacità dell‘artista di esprimere il proprio io in modo
allegorico, caotico e pertanto eccezionale.
Nella Settima ripartizione, il Capitolo Sette, si parla di Emanuele Kabu e
di un artista ―sconosciuto‖, ignoto non per le sue opere ma per la sua
identità conosciuto con il nome di Blu. Secondo me costui non è altri che
un‘allegoria vivente, ossia una persona che parla di se stesso non soltanto
mediante le proprie opere bensì attraverso le impressioni che gli osservatori
hanno sviluppato sulla sua enigmatica figura.
Nell‘Ottavo Capitolo è il turno di Simone Massi di ―parlare di sé‖. Di fatto
illustro le sue tematiche, il suo stile, insomma le sue opere.
Il Nono Capitolo è un frammento della storia italiana vista attraverso gli
occhi del il fu Luigi Veronesi. Per la serie che non v‘è morte neanche nella
scomparsa.
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Il Decimo capitolo è una distinzione ed un‘unificazione per quel che
concerne la Video Arte ed i Video Clip e l‘Arte nei Video Musicali. Qui le
differenze, le analogie, un destino comune raggiunto mediante convergenze
in due cammini apparentemente paralleli.
I Capitoli Undici e Dodici sono rivolti al panorama internazionale dove
vengono citati alcuni artisti stranieri, tra i più significativi per quel che
concerne il mio pensiero, ossia: Aleksandr Petrov, Ryan Larkin, John
Canemaker, Winsor McCay e George Herriman.
Nel Tredicesimo Capitolo prende luce colui che la luce, di fatto la diede
alla video arte: Nam June Paik.
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Capitolo 1
Il Disegno in movimento.
Ciò che non può essere quantificato con una spiegazione razionale, a volte,
è considerato astratto. Quel che ha resto l‘essere umano tale è la sua
capacità di pensare in termini assoluti nell‘astrattismo del mondo andando
a concepire concetti quali la fede, il credo, la morte, la vita. Il Disegno? La
rappresentazione grafica dell‘io intrinseco di ogni animo umano, alcuni dei
quali maggiormente sensibili nei confronti del tutto e pertanto, creativo.
L‘Artista? L‘uomo. Questo è quello che io vado pensando mentre di fatto
osservo l‘espressione massima della creatività, ma non tutti sono del mio
avviso e non tutti nell‘arco della storia complessa e travagliata che ci
accomuna la vedono da questa prospettiva. Il disegno di fatti è da sempre
considerato l‘espressione grafica dell‘attività progettuale. Sì, siamo
d‘accordo se si pensa come prima citato in termini assoluti andando ad
inglobare questa visione nel modus operandi del mio punto di vista, nel
quale un progetto può essere il massimo parto eruttato con forza dalla
mente del tecnico che lo stesso va elaborando, ma è realmente così? Da
sempre architetti famosi, artisti, disegnatori di ogni sorta hanno usato la
―matita‖ facendo sì che i propri pensieri defluissero attraverso il braccio per
scatenarsi come un‘andata di marea sul bianco foglio ma purtroppo e non,
paradossale, la tecnologia ha interrotto questo naturale processo facendo da
tramite, ponendosi come mezzo, verso la realizzazione finale. A
testimonianza abbiamo una progressiva tendenza a considerare il disegno
con quasi l‘esclusiva valenza di strumento di comunicazione per un
prodotto, indi monopolio della commercializzazione. La computer grafica
comanda, l‘uomo esegue. Ma non è forse vero che la tecnologia è figlia e
serva della razza umana? Non è stato indi l‘uomo a ricrearla? Perché allora
s‘evince da ciò che dico che è male? Ci fu un tempo nel quale il disegno
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era arte, un‘era del mondo vista attraverso gli occhi di un singolo uomo in
grado di portare in vita una figura che sembrava morta, perennemente
statica su di una tela o un foglio prima bianco. Ma ciò di cui parlo non è
affatto perduto. La computerizzazione dell‘arte non è male, non è bene, è
evoluzione e mai fine a se stessa. A testimonianza di ciò l‘ultimo decennio
è stato caratterizzato da un rinnovamento e rinvigorimento del disegno.
Basta pensare agli anni novanta, contrassegnati da una grande attenzione ai
nuovi media, dall‘analisi del posthuman e di altre tendenze ormai
categorizzate dalla storia. Non più il disegnare viene considerato come
tramite, vettore atto a confezionare il prodotto ultimo, preparazione e
strumento promulgativo, bensì vera e propria opera d‘arte etichettata e
valutata come tale. Non è stata di fatto solo una ritualizzazione come nel
caso della pittura nel corso degli anni Ottanta, altresì di una vera e propria
rinascita. Mi viene in mente l‘araba fenice ed in effetti l‘associazione non
del tutto è impropria. Molti disegnatori nell‘arco della storia hanno
idolatrato questa chimera, animale leggendario, attingendo da esso forza e
speranza, immaginazione mista ad una spolverata di realtà che fa sì che
ogni leggenda possa assumere quella sfumatura di concretezza che la rende
speciale, e proprio come per l‘araba fenice anche il Disegno si spoglia delle
sue vesti precedenti ed ardendo nel fuoco della sua stessa creazione
ringiovanisce, rinasce e nel farlo si evolve. Prima alludevo al fatto che la
computerizzazione non fosse il male, né il bene ed a mio avviso avevo ed
ho ragione poiché pensiero non posso cambiarlo in poche righe, ma
un‘evoluzione del vettore che prima fungeva da mezzo e che ora viene
considerato strumento unico e realizzazione finale del pensiero astratto di
un uomo che, pur essendo se stesso permane artista. Rimanendo artista, il
disegnatore sfrutta ciò che la tecnologia gli offre e rende la sua opera come
mai in precedenza aveva potuto fare, la rivisita usando tecniche che prima
dell‘avvento della tecnologia erano impensabili. La soggettività della
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creazione non va perduta ma si rinnova e nel contempo la sua versatilità
ingigantisce come del resto l‘espressività in mano agli artisti, galvanizzati
ora più che mai dalla possibilità di mettere in luce le proprie creazioni non
solo come classe operaia, ossia come lavoratori necessari per promulgare
graficamente un prodotto concreto, bensì come vera e propria opera d‘arte
come accennato in precedenza. Il disegno si veste per la sera e si trasforma
da cameriere a prima donna e danzando sulla bocca di galleristi, critici,
artisti e collezionisti viene riconosciuto come opera vera e propria
abbandonando il suo status operaio e diventando se stesso. Ma del resto,
questo è ormai noto. Ciò che non tutti sanno, almeno coloro che con questo
ambiente hanno poco a che fare è che la progressione della tecnologia
come il video ha reso possibile ed alla portata degli artisti gli strumenti in
grado di concepire il disegno in movimento. Lo immaginate il più grande
artista di tutti i tempi in grado di ―montare‖ i propri quadri e di far sì che il
suo tocco potesse essere definitivamente immortale non nella mente, bensì
davanti agli occhi di coloro che la sua opera andavano osservando nell‘arco
dei secoli? Ve la immaginate la Gioconda che solleva le mani dal ventre ed
indica, volgendo il capo, l‘ambiguo paesaggio alle sue spalle facendo sì che
la luce del vespro andasse ad illuminare quel suo strano, enigmatico ed in
quanto tale semplicemente straordinario sorriso? Io penso che se Leonardo
da Vinci avesse avuto gli strumenti di oggi, or come ora nel nostro
immaginario collettivo avrebbe un ruolo decisamente diverso. Magari
meno apprezzato. Oppure maggiormente accreditato. La tecnologia non è
bene. Non è male. Evoluzione. Un‘evoluzione che ha fatto sì che il Disegno
diventasse ciò che è sempre stato destinato ad essere. Arte.
Ognuno di noi nel corso della propria infanzia ha avuto a che fare con la
televisione. Non tutti a dire il vero, e per non essere ipocrita devo dire che
io ho avuto la fortuna che così fosse, nonostante molto spesso sento dire
che ―la televisione è il diavolo e che la gioventù di oggi non è come quella