Introduzione
Il corpo umano è l’oggetto costantemente al centro di qualsiasi discorso circa la
simbologia del vestire e le relative interazioni con la dialettica natura-cultura.
Ma al di là delle definizioni di corpo che possono essere date e che sono
molteplici, in quanto ogni disciplina al suo interno fornisce differenti possibilità
di lettura, è interessante indagare il modo in cui il corpo umano si riveste di
simboli ed assume significati differenti grazie all’elemento della maschera e del
costume inteso quale mascheramento-travestimento della persona stessa.
La presenza della maschera e del costume mascherato, infatti, ci appare in ogni
circostanza, sempre e comunque, un elemento connaturato all'uomo, ancor di più
se si considera la non facile tensione bipolare fra 'natura' ed 'esistenza' insita nei
due elementi citati: in questo caso l'uomo può essere considerato, più che
portatore di una maschera o di un costume, un intermediario fedele, attraverso il
proprio corpo rivestito, del percorso non agile che conduce all'alter-ego
consentendo all'altro il passaggio fondativo alla relazione duale.
Dietro l'elemento della maschera e del costume, infatti, è possibile quasi sempre
riconoscere la dialettica di un rapporto homo-natura/homo-cultura; un rapporto
entro cui la maschera e il costume si rendono riconoscibili come prodotti
intenzionali di un progetto di mondo, come elementi significativi e portatori di
valori, sociali e culturali, di estrema importanza.
La maschera e il costume, infatti, sono in grado di caratterizzare l'individuo dal
punto di vista identitario, perchè partecipano ad un complesso processo di
costruzione che, proprio attraverso questi elementi vestimentari, permette
all'uomo di trovare il proprio posto nel mondo. Tale processo si verifica in
maniera analoga sia nell'ambito dei popoli di interesse etnologico che nella
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società contemporanea, anche se con notevoli differenze.
Nelle società tradizionali, possiamo parlare di maschera-costume intesa nella sua
accezione classica di manufatto, ma anche in quella più ampia di maschera
vestimentaria, per lo più di ordine sacro e apotropaico, utilizzata nell'ambito dei
vari riti di caccia, iniziatici, funebri, ecc.
Nella società contemporanea, invece, più che di maschere si può parlare di
costumi-maschera, cioè di forme vestimentarie che nascondono l'identità
individuale costituendo delle maschere apparenti, senza che vi sia trasmissione di
significati sacri o cultuali: il costume-maschera dell'individuo contemporaneo
diventa, così, il simbolo della ribellione di un'intera generazione e lo strumento
attraverso il quale imporsi nel tentativo di affermare dei valori, individuali o di
gruppo, rispetto alla società d'appartenenza.
Si verifica, dunque, un fenomeno di trasposizione che ci permette di passare
dalla maschera-costume, utilizzata in ambito sacro e tradizionale dai popoli di
interesse etnologico, al costume-maschera tipico dei gruppi giovanili
contemporanei e delle subculture del gusto più recenti.
Per capire in che modo avvenga questo complesso passaggio, quali fattori
intervengano, quali dinamiche si attuino e a quali risultati si arrivi, nel presente
lavoro si è voluto affrontare un viaggio simbolico che, partendo dalla concezione
più genuina di maschera-costume, arriva ai giorni nostri, alla forma di un
costume vestimentario concepito come vera e propria maschera identitaria, il cui
ambito d'azione, però, è decisamente differente.
Si è scelto, dunque, di suddividere l' elaborato in due parti, sia per prendere in
considerazione più aspetti possibili, sia per portare avanti un'analisi comparativa
che metta in luce le caratteristiche di ciascuna delle due realtà - mondo
tradizionale e società contemporanea - in cui la maschera e il costume si trovano
ad operare.
Nella prima parte verrà affrontata una analisi antropologica della maschera:
partendo dallo studio della sua fenomenologia, della sua definizione nell'ambito
della costruzione identitaria dell'individuo e della sua valenza semiotica, si
passerà alla differenziazione tra maschera temporanea e maschera permanente.
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Verranno poi analizzati vari casi in cui la maschera-costume interviene
nell'ambito dei popoli di interesse etnologico assumendo, di volta in volta,
valenze e significati differenti: dalle maschere tipiche dei riti di caccia esquimesi,
alle maschere fondatrici di miti culturali presso i popoli mesoamericani; dalle
maschere mostruose di carattere zoomorfo del Messico precolombiano alle
maschere iniziatiche dei vari rituali tradizionali.
A questi si aggiungeranno esempi di come le maschere intervengano nell'ambito
di particolari miti di fondazione presso vari popoli tradizionali, dagli Ashanti del
Ghana agli Edo della Nigeria, fino a riti più particolari come il rito Ncwala degli
Swazi del Sudafrica, il rito Kwarip dei Kamayurà o il rito Ndop dei Wolof del
Senegal.
Tra le tante opere, ampio spazio è stato dato al testo del celebre antropologo
Claude Lèvi-Strauss, La via delle maschere, fondamentale per avere un
approccio analitico alla tematica affrontata, e al lavoro di Gilberto Mazzoleni, I
buffoni sacri e il ridere secondo cultura, per i dati relativi allo studio del
fenomeno del clownismo rituale e del culto kachina, indispensabili ai fini della
nostra indagine.
Da questa prima parte, in cui il tema della maschera-costume viene osservato da
più punti di vista e in più ambiti (anche in quello dello sciamanesimo), si passa
ad una seconda parte in cui il tema viene ribaltato e affrontato a partire dalla
costruzione identitaria dell'individuo contemporaneo attraverso il fenomeno della
moda. E' la moda, infatti, a generare nell'attuale società tutta una serie di costumi
vestimentari che assumeranno, sempre di più, la valenza di vere e proprie
maschere identitarie, specie nell'ambito delle subculture giovanili.
Nella seconda parte del presente lavoro, dunque, si cercherà di indagare il modo
in cui la moda interviene nel processo di formazione dei costumi-maschera,
anche attraverso il celebre testo del sociologo George Simmel, La moda, fonte di
interessanti esempi quali la figura del maniaco della moda e del demodè. In
seguito si cercherà di spiegare cosa si intende per corpo rivestito e come
l'elemento del grottesco sia sempre presente nel processo di formazione del
costume-maschera dell'individuo contemporaneo.
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Dopo aver introdotto il concetto di subcultura, con l'aiuto di vari lavori degli
studiosi che se ne sono occupati, da Dick Hebdige a Ted Polhemus, verrà
affrontato un breve excursus relativo alle varie tipologie di subculture
tradizionali diffusesi tra gli anni Sessanta e Novanta del XX secolo, quali teddy-
boys, mod, punk, skin-head ecc. E' nell'ambito di questi gruppi giovanili, infatti,
che si sono verificate le condizioni utili affinchè gli elementi vestimentari,
unendosi ai valori culturali e sociali di ribellione e contestazione, dessero vita ai
vari costumi-maschera.
Lasciate le subculture più tradizionali, il viaggio proseguirà con quelle più
recenti, quali surfer, skater e raver, fino ad arrivare ai fenomeni contemporanei,
come giochi di ruolo e cosplay, dove si compie l'ultimo passaggio.
Obiettivo di questa tesi è dunque seguire l'evoluzione compiuta dalla maschera
per vedere come questa sia passata dall'essere una maschera-costume, nei popoli
di interesse etnologico, all'essere un costume-maschera nella società
contemporanea: una trasformazione, questa, che non comporta soltanto
un'inversione sintagmatica tra le parole 'maschera' e 'costume', ma una vera e
propria traslazione di significati e di simboli culturalmente determinati.
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Parte I
Dalla Maschera al Costume
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Capitolo I
La maschera: una perpetua produzione
di significati
1. Fenomenologia della maschera
Innanzitutto, per capire come la maschera e il costume possano rivestire il corpo
umano di significati e simboli di varia natura, è necessario prima accennare al modo
in cui verrà inteso il corpo nel caso specifico del presente lavoro.
Una possibilità di sintesi sul piano antropologico la danno U. Fabietti e F. Remotti
nel loro Dizionario di Antropologia dove si afferma che: «Forma tangibile assunta
dalla persona nell’esperienza individuale e collettiva, il corpo è lo strumento
attraverso cui l’ordine sociale riproduce se stesso sul piano fisico e su quello
simbolico».
1
Il corpo è dunque una sorgente inesauribile di simboli, ma al di là delle innumerevoli
definizioni, occorre riflettere sul corpo come materiale scrittorio. Da questo punto di
vista dunque esso sarà considerato come carta su cui l’uomo scrive al fine di
realizzare la produzione culturale di se stesso.
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Ne deriva un codice che va perciò decrittato, così come vanno interpretati i diversi
1 U. Fabietti - F. Remotti, Dizionario di Antropologia, Zanichelli, Bologna, 1997, p. 67.
2 A. Saggioro, Simbologia del Vestire, vol. 0, Ed. Nuova Cultura, Roma, 2007, p. 25.
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significati che può assumere un corpo mascherato, soprattutto in determinate
occasioni e in specifiche modalità.
In particolar modo, come sappiamo, una delle parti che vengono coinvolte
maggiormente nell'opera di mascheramento è proprio il volto umano, elemento di
fondamentale importanza se si pensa che esso, rispetto al corpo vestito che può
rappresentare la possibilità di omologazione, esprime il simbolo dell'identità
individualizzata.
Ogni volto è uguale a se stesso, ciò significa che ogni individuo rappresenta
un'identità assoluta, una novità totale in virtù dell'unicità del suo volto.
La maschera invece dissimula il volto, per svelarne l'enigmatica essenza: essa è la
fiction piu' vera del vero ed è, nel vasto ventaglio delle sue forme, un immenso
museo dell'immaginario.
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La regola, per una maschera, è capovolgere ogni norma: quel che è interdetto diviene
lecito, se è vero quel che si sa sulle maschere e il travestitismo episodico durante le
feste folkloristiche o nei riti iniziatici.
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Fondamentale è anche la dimensione temporale che la maschera rappresenta: il
tempo della maschera non è il tempo storico, ma è un tempo diverso, e ciò vale sia
per la maschera occidentale, (quando è utilizzata nel periodo di carnevale) che per
quelle tradizionali (della Melanesia, degli Esquimesi, di molti popoli africani, degli
Indiani d'America, delle popolazioni Andine). «In queste culture domina per lo più il
tempo sacro, l'intemporale tempo degli spiriti, il tempo dell'identico ritorno; e
domina, di contro ad ogni forma individuale, ad ogni singolo volto o corpo, la figura
dai tratti essenziali, sempre identici, trascendentale, la forma in sè, al di là del mitico
e del simbolico che emana dai fissi lineamenti della maschera: entriamo in una
3 B. Callieri - L. Faranda, Medusa allo specchio, Ed. Universitarie Romane, Roma, 2001,
pp. 13 - 14.
4 Ibidem.
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dimensione codificata, liturgica e, dunque, simbolica».
5
Questo vale sia per le
maschere dei Dogon del Mali che per quelle dei Wolof del Senegal, sia per quelle
dei buffoni sacri che dei clown e per tante altre categorie di maschere.
Laura Faranda spiega nel suo testo: «Ognuna di esse infatti, come la maschera in
genere, è memoria assoluta, nella sua categoriale realtà, ed è, nella sua schematicità
trascendentale, l'oggetto fenomenologico per eccellenza che ci consente di passare
all'altra faccia dello specchio, nel mondo delle essenze, nel risvolto notturno delle
cose. La maschera è come un testo, è il teatro di una produzione, in cui si
ricongiungono il produttore del testo e il suo lettore: la maschera “lavora” da
qualunque lato la si prenda; decostruisce una lingua e ne costruisce un'altra,
voluminosa, senza fondo, nè superficie, senza lo spazio del quadro, ma con lo spazio
del gioco combinatorio, della verosimiglianza discorsiva».
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La maschera possiede un significato globale e segreto, variabile secondo le dottrine:
senso biografico, per la critica psicoanalitica, progetto, per la critica esistenziale,
senso socio-storico, per la critica marxista, sovraimpressione del senso sociale, per la
critica antropologica. Essa è quindi uno spazio polisemico, in cui si incrociano
parecchi sensi possibili, e da cui è necessario eliminare lo statuto monologico,
tenendo presenti le vibrazioni semantiche iscritte nel messaggio della maschera, che
si può incontrare da un capo all'altro della scala discorsiva, della frase del discorso,
dalla linguistica alla retorica, dalla funzione psicologica al senso esistenziale.
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Questo rovesciamento dei luoghi scientifici del linguaggio apparenta la significanza
della maschera (cioè la maschera nella sua specificità testuale) al lavoro onirico,
come descritto da Freud, e la pone contro le costrizioni dell'ideologia tradizionale del
senso: cosicchè la maschera non è più un enunciato, un prodotto finito e conchiuso
ma, come direbbe R. Barthes, un'enunciazione, cioè una produzione perpetua.
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5 B. Callieri - L. Faranda, Medusa allo specchio, Ed. Universitarie Romane, Roma, 2001,
pp. 13 - 14.
6 Ibidem, p. 15.
7 Ibidem.
8 R. Barthes, Il brusio della lingua, Einaudi, Torino, 1988, p. 87.
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Maschera, pertanto, come testo e come realtà categoriale, soprattutto in una
prospettiva etnologica. Maschere tradizionali che sono costruite secondo codici
rigorosi e segreti, che disdegnano l'individuazione, la personalizzazione, che
conducono a un volto e a un corpo liberato dalle apparenze del singolo e dal
provvisorio o momentaneo della situazione, volto in cui ogni particolare ha una
funzione e un significato nella costellazione esoterica e rituale della cultura che lo
produce. Come afferma ancora Faranda: «Questi sistemi concettuali (o meglio
metafisici), noi occidentali li possiamo pecepire anzitutto a livello dello “stile”, ma
ciò non deve trarci in inganno: lo stile è multiforme (per decorazione, forma, durezza
e diversità del materiale), ma il senso è uno, è unitario, ed è il “configurarsi
dell'essenziale”, è l'esser veicolo di messaggi evocanti le cose invisibili all'uomo».
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E' qui che si rinviene dunque il più profondo enigma della maschera, la sua
pregnanza fenomenologica, la sua datità originaria: astrazione, geometria sacra,
forma dell'invisibile; e tanto più potente nel suo delinearsi e anche nel suo potere di
controllo sociale, quanto più si riflette al dato etnologico: l'Africa, per esempio, non
conosce la maschera altro che sdrammatizzata attraverso la danza e il rito collettivo.
«Strappata dal viso e dal corpo del portatore e del gruppo, privata del costume che la
completa, dell'abbigliamento che l'accompagna, noi la vediamo immobile, cosificata,
un mero oggetto da catalogare».
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Dobbiamo invece ricordare che il passaggio tra
sacro e profano, tra natura e soprannatura, tra tempo primordiale e tempo storico, si
compie attraverso la maschera, la quale trasforma il portatore nel suo simulacro, ne
svela il volto essenziale, meta-fisico: e ciò in ogni dettaglio, il quale appunto va
decodificato secondo una chiave analogica.
Non va poi tralasciato il fatto che la maschera, o la sua assenza, contribuisce ad
affermare o negare un’identità che nell’essere umano, oltre che da altri elementi,
viene rappresentata anche tramite il vestito ed il costume, dal momento che l'identità
9 B. Callieri - L. Faranda, Medusa allo specchio, Ed. Universitarie Romane, Roma, 2001, p. 16.
10 Ibidem.
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sia individuale che collettiva, viene spesso definita per eguaglianza e
diseguaglianza.
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Frequentemente, infatti, soprattutto nei popoli di interesse
etnologico, l’identità dell’individuo è costruita in relazione al gruppo d’appartenenza,
anche tramite un particolare costume o una specifica maschera, in modo tale che i
membri di tale gruppo possano far riferimento a questi elementi per identificarsi tra
loro.
11 A. Saggioro, Simbologia del Vestire, vol. 0, Ed. Nuova Cultura, Roma, 2007, p. 38.
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