Introduzione
dall’altra la letteratura nazionale coeva, campo nel quale convergevano importanti
interessi politici di Ghisleri e dei suoi stretti collaboratori.
Il positivismo rappresentò una potente arma culturale da agitare contro le ottusità
che circondavano i giovani redattori. Se non tutti si dotarono una solida base filoso-
fica (Ghisleri, ad esempio, mal sopportava tale tipo di studi), molti concordarono
però nella necessità di abbracciare la battaglia che questo sistema prospettava:
l’abbattimento degli antichi valori sui quali si fondava l’attività quotidiana degli
uomini, opponendovi i “fatti”, la “scienza”, gli unici elementi che potevano dare la
spiegazione dell’agire umano ed interpretare, con cognizione di causa, l’ambiente
che circondava l’individuo. Ma il positivismo significò anche un’alternativa laica,
fondata su salde basi filosofiche, da contrapporre al modello culturale cattolico. I
giovani che fecero parte delle prime esperienze giornalistiche di Ghisleri mal sop-
portarono i precetti che la Roma papale imponeva. Cresciuti per lo più in nuclei
familiari nei quali l’elemento religioso era talvolta l’unica regola da rispettare, ed
emancipatisi culturalmente mediante la ricerca e lo studio, intesero proporre una
nuova “fede”, un credo la cui sostanza consisteva nel porre in primo piano l’uomo
nei suoi caratteri naturali, lontano da ogni vestigia metafisica. Credettero che la rea-
lizzazione di una società nella quale la “ragione” fosse l’elemento portante della
convivenza fosse già scritta dal sapere scientifico nella storia e che, dunque, occor-
resse solo mostrare agli uomini in cosa essa consistesse concretamente. Proprio a
questa battaglia, Ghisleri ed i suoi collaboratori dedicarono enormi sforzi. Grazie a
tali premesse di ordine filosofico, riuscirono a colmare quel vuoto di “idealità” che
era sorto dopo la constatazione della divergenza tra il proprio intimo sentire e gli
antichi precetti religiosi imposti nell’adolescenza.
Sotto gli “influssi” delle verità scoperte per mezzo dei nuovi studi, Ghisleri dette
vita ad una vasta campagna di emancipazione culturale. Diresse in primo luogo la
sua attività nel creare fogli di propaganda anticlericale da distribuirsi nella provin-
cia cremonese. L’impegno ghisleriano in questo campo differì nella sostanza
dall’atteggiamento di molti avversari del cattolicesimo. Egli sostenne che, per otte-
nere la “conversione” dei fedeli, non si doveva opporre una battaglia frontale. Se si
fosse arrivati ad uno scontro diretto, basato ad esempio sulla critica al sistema di
valori dei cattolici, si sarebbe ottenuto il solo risultato di far rinchiudere i credenti
in sé stesi. Ghisleri propose invece di condurre una propaganda parallela che faces-
se vedere a pieno quali erano le prospettive ed i vantaggi che i nuovi sistemi filoso-
fici offrivano. Sostenne che era necessario unire a questa campagna culturale uno
Introduzione
stile di vita, da parte dei “prosatori”, che facesse comprendere al popolo quanto
questi fossero integerrimi ed onesti nel loro impegno quotidiano. Operando in tal
modo si sarebbe realizzata una critica mediata, non diretta, del sistema culturale a
cui facevano affidamento i seguaci del cattolicesimo. Le indicazioni di Ghisleri, al
fine di ottenere l’affrancamento del popolo dagli antichi costumi mentali, non si
limitarono però solo a questo. Egli segnalò quale necessario baluardo, per la crea-
zione di una società positiva, una accorta politica sul tema dell’educazione. Indicò
l’esigenza che l’insegnamento venisse impartito seguendo il sistema di valori laico,
scevro, ancora una volta, da ogni influsso metafisico. Era inoltre necessario che gli
educatori non fossero degli ecclesiastici. Essi, infatti, oltre a costituire un pericolo
per il tipo di insegnamenti che offrivano agli studenti, potevano ledere l’immagine
stessa della nazione sostenendo il primato della Chiesa sullo Stato. A questi moniti,
si aggiungevano le lotte per impedire che si affermasse un modello di istruzione
basato sulla pedissequa osservanza di schemi rigidi d’insegnamento (spesso co-
struiti sulla memoria e sull’educazione autoritaria anziché sullo sviluppo delle fa-
coltà critiche ed intellettive del singolo allievo). Nel sistema scolastico ravvisava
un importantissimo momento della vita nazionale al quale occorreva dirigere i più
attenti esami. Cominciò dunque in questo periodo quella passione per la propagan-
da, per la pedagogia, per l’educazione politica che ancora negli anni venti lo ve-
dranno recitare un ruolo di primo piano tra i democratici italiani.
In questa epoca avvenne anche l’avvicinamento ai suoi padri culturali: Vico, Ro-
magnosi, Cattaneo e De Sanctis. I primi tre assumeranno però, nel proseguo della
sua vita, un peso preponderante rispetto a quello esercitato nella giovinezza dal cri-
tico napoletano. La comprensione delle prime posizioni politiche e letterarie assun-
te da Ghisleri deve essere valutata proprio in rapporto alla visione del mondo che lo
studio di questi uomini contribuì a delineare. Risulterebbe impossibile comprende-
re le sue lotte se non si confrontassero con l’importante contributo che essi dettero
alla sua preparazione (va ricordata però, nell’ambito dei padri culturali di Ghisleri,
anche la figura di Roberto Ardigò che, dal 1879, assunse un peso significativo nella
sua formazione).
Accanto alla potente “arma culturale” offerta dalle nuove filosofie, uno spazio rilevan-
te fu destinato allo studio della letteratura. Tale capitolo riveste un significato partico-
larmente decisivo al fine di comprendere le battaglie dei giovani articolisti che colla-
borarono con Ghisleri. Fedeli seguaci di Francesco De Sanctis, essi ritennero necessa-
rio che la battaglia politica fosse accompagnata da un non meno deciso impegno nel
Introduzione
campo dei soggetti letterari. Il compito della letteratura doveva essere quello di mette-
re in luce le iniquità esistenti all’interno del Paese, di spronare i lettori ad impegnarsi
direttamente per mutare i rapporti di potere esistenti. Ciò su cui si intendeva insistere
era proprio di favorire la costruzione di una corrente letteraria “democratica”, che a-
vesse quale perno la vita del popolo, le sue difficoltà quotidiane, le miserie
dell’individuo. Essa non doveva celarsi dietro ad alcun interesse costituito, aveva
l’obbligo di non abbandonarsi all’atteggiamento cortigiano di molti scrittori del passa-
to. La battaglia dispiegata per il miglioramento della letteratura italiana deve quindi
essere vista nell’ambito delle prospettive politiche che Ghisleri ed i suoi giovani col-
laboratori intesero perseguire. Se si fosse creato un filone culturale che avesse preso
per mano il popolo indicandogli le necessità, le urgenze del Paese, e che inoltre gli a-
vesse spiegato, utilizzando il mezzo della letteratura, quali potenzialità e quali diritti
poteva vantare nei confronti di coloro che imponevano il modello culturale vigente,
modello che relegava il popolo ad una posizione di secondo piano, si sarebbe potuto
dar vita ad una nuova fase della vita politica italiana. Essi indicarono perciò agli scrit-
tori di erigersi quali esempi, per la popolazione, di rettitudine ed impegno civile, di
diventare artisti nello scrivere e nel vivere. Volevano così reagire al disimpegno dei
temi letterari che caratterizzava l’epoca, disimpegno che era l’altra faccia dell’apatia
politica nella quale si adagiavano larghi settori del popolo. Ormai lontani dal sentire
comune gli insegnamenti di Mazzini, Cattaneo, Settembrini, De Sanctis, gli scrittori
cercavano il facile applauso commuovendo scioccamente. Spronarli ad affrancarsi da
questo stile, da questa letteratura di maniera andava di pari passo con la severa
requisitoria rivolta al mondo politico e civile italiano degli anni settanta; anche in essi
l’indolenza, l’inerzia, la mancanza di grandi ideali, l’assenza di visioni programmati-
che a lunga scadenza costituivano la base del vivere quotidiano. Ebbe così inizio una
campagna contro la “Giovane Letteratura”. Con tale nome venivano infatti chiamati
gli scrittori (come De Amicis, Molmenti, Faldella, Giacosa) che erano in auge in quel
periodo, narratori che, peraltro, incarnavano lo forma mentis del tipo di letterato con-
tro cui i giovani collaboratori di Ghisleri si scagliavano. Dalle pagine dei periodici
giovanili di quest’ultimo fu messa in luce la mancanza di valori che caratterizzava i
libri pubblicati in quel periodo, carenza che si manifestava sia a livello di contenuto
della narrazione che di ricercatezza della forma. Per Ghisleri, il realismo italiano coe-
vo assumeva i contorni di un “addestramento” letterario senza alcuna sostanza. Con-
trassegnava un periodo di transizione, periodo nel quale non vi era un mondo ideolo-
gico chiaro e preciso. Egli reagì anche contro la possibilità che i letterati della sua e-
Introduzione
poca si sentissero gli autentici rappresentanti della gioventù di cui lui faceva parte, co-
stituita da ragazzi impegnati nei temi sociali e politici, profondamente diversi, per
qualità caratteristiche ed essenziali, dal sentire degli scrittori coevi.
Ma la giovinezza di questi giovani articolisti, visse anche una battaglia più specifica-
tamente politica. A grandi linee potremo dire che furono tutti accomunati dal repub-
blicanesimo. Molto diverso però fu il contenuto che venne dato a questo interesse ide-
ologico. Solo Ghisleri, tra tutti gli altri, si impegnò decisamente per diffondere le i-
stanze repubblicane. Si adoperò in particolare per creare uno stato federale e democra-
tico sulla base degli insegnamenti cattaneani. Credette fermamente nella bontà insita
nel popolo, nella sua capacità, in ogni occasione, di saper scegliere per il meglio. Fu
anche per questi motivi che divenne un ardente sostenitore del suffragio universale; si
persuase che solo concedendo ai cittadini il potere, si sarebbe abbattuta l’inerzia vi-
gente della politica. Solo affidando al popolo il giudizio sull’operato dei governi, si
sarebbero risolte le spinose questioni sociali (di qui l’avvicinamento di Ghisleri, sino
agli anni ottanta, al socialismo). Ma la posizione dei suoi collaboratori, su questi temi,
fu spesso differente. Cantalupi, uno dei suoi più importanti amici, manifestò dei rilievi
sia circa l’opportunità che si dovesse lottare per costruire una repubblica in Italia,
stante la necessità di dover ancora rinsaldare lo Stato e creare una pacificazione inter-
na, sia circa la convenienza che il Paese, già frammentato al suo interno, potesse rag-
giungere una maggiore identità mediante un potente sistema di autonomie locali. A
queste critiche verso le idee che Ghisleri manifestava, va aggiunta la refrattarietà di
Cantalupi nel concedere il suffragio universale ad un popolo che culturalmente era an-
cora incapace di decidere da solo. Bissolati e Turati si dedicarono con maggior fervore
alla causa del socialismo (a partire dal 1878-79) che a quella repubblicana; in loro il
problema economico e sociale prevalse, col tempo, su quello istituzionale (di qui la
polemica tra Ghisleri, Bissolati e Turati della fine del secolo). Gli altri giovani che
collaborarono con Ghisleri (Giganti, Fulloni, Cernuscoli, Congedo) divisero solo in
parte le opinioni del pubblicista cremonese sui temi politici. Lo appoggiarono piena-
mente nella battaglia per diffondere una visione positivista della società ma, pur es-
sendo d’accordo che solo la repubblica avrebbe facilitato l’instaurarsi di essa, non det-
tero alcun contenuto sostanziale all’assenso manifestato più volte. Non abbracciarono
concretamente nessuna delle cause che Ghisleri perseguì nel campo politico.
Il presente lavoro cerca dunque di ricostruire, sulla base dei carteggi di Ghisleri con-
servati presso la Domus Mazziniana di Pisa, la sua prima attività giornalistica, i rap-
porti di amicizia che la contraddistinsero, gli scontri e l’atmosfera all’interno della
Introduzione
quale dovette agire per il perseguimento dei suoi obbiettivi. L’arco temporale compre-
so è quello che va dal 1872 al 1878, epoca durante la quale Ghisleri prese parte ad otto
periodici: “La Gazzetta degli Studenti”, “Lo Studente”, “Il Preludio”, “Il Risveglio”,
“Papà Bonsenso”, “Avanti”, “La Vita Nuova ed Il Preludio” e “La Rivista Repubbli-
cana”. Saranno comunque i primi tre periodici a rappresentare la base prevalente
dell’analisi sulla iniziale attività ghisleriana. Infine, sono state trascritte in “Appendi-
ce” alcune delle lettere, particolarmente significative, dei più importanti collaboratori
di Ghisleri, missive che rappresentano il loro percorso culturale, gli attriti, le aspira-
zioni, i proponimenti che ne animarono la giovinezza, lo stile e gli ideali che contrad-
distinsero questi giovani talenti della cultura italiana.
La famiglia, i libri, i primi amici
Capitolo 1: La famiglia, i libri, i primi amici
I ricordi della giovinezza che Arcangelo Ghisleri conservò durante la sua esistenza so-
no utili per tratteggiare l’arco delle conoscenze e delle difficoltà nelle quali egli tra-
scorse la sua prima adolescenza. Nato il 5 settembre 1855 a Persico, in provincia di
Cremona, tra l’ortodossia cattolica del mondo contadino e l’indigenza economica de-
rivante dalla propria estrazione sociale, concluse le scuole elementari grazie alle borse
di studio ricevute per meriti; si iscrisse così alle scuole tecniche e successivamente al-
l'istituto tecnico uscendone a 17 anni coi diplomi di ragioniere e perito commerciale
1
.
Il padre, Luigi
2
, tentava quel passo non perché volesse per Arcangelo un futuro diver-
so dalla sua umile condizione di direttore dei lavori agricoli per conto altrui, ma per-
ché, avendo già altri cinque figli, desiderava, compiuto che avesse la scuola tecnica, di
impiegarlo immediatamente come scrivano in municipio o nell’amministrazione dei
Fratelli Turina presso i quali egli lavorava come fattore, stimato per l’intelligenza e
l’ineccepibile onestà. Per frequentare quelle scuole, Luigi fece alloggiare il figlio
presso la casa di suo fratello Faustino (fattore anch’egli). Arcangelo rimase in quella
dimora per sette anni e mezzo. Poiché era esonerato dalle tasse, lo zio incoraggiò suo
padre a fargli proseguire gli studi, ma fu Arcangelo stesso che, appena finito l'istituto,
per desiderio di trovare un’occupazione, accettò di svolgere l’attività di scrivano pres-
1
La legge Casati del 1859 istituì la differenziazione tra istruzione classica e tecnica. Quest’ultima si
portava a compimento mediante tre anni di scuola tecnica e tre anni di istituto tecnico, mentre
l’istruzione classica necessitava di cinque anni di ginnasio e tre di liceo. Nel 1869 Luigi Luzzatti, allora
Segretario Generale del Ministero dell’Agricoltura, portò il corso dell’istituto a quattro anni per dare
una eguale dignità alle due scuole, e fornire una istruzione generale finalizzata a scopi tecnico-
scientifici. La riforma di Luzzatti, entrata in vigore nel 1871, rimase pressoché invariata sino al 1923.
Sulla scuola in questo periodo cfr. G. Talamo, La scuola dalla legge Casati alla inchiesta del 1864, in
‹‹L’organizzazione dello Stato››, Milano, Giuffrè, 1960, n.7; D. Bertoni Jovine, Storia della scuola po-
polare in Italia, Torino, Einaudi, 1954; A. Antonelli, L’istruzione tecnica e professionale di Stato nelle
strutture e nei programmi da Casati ai giorni nostri, Milano, Giuffrè, 1964; A. Caracciolo, Autonomia
e centralizzazione degli studi superiori nella età della Destra, in ‹‹Rassegna Storica del Risorgimento››,
1958, n.4, pagg. 573-603.
2
I genitori di Arcangelo furono Luigi (fattore agricolo a Casalbuttano) e Barbara Lodoli. La famiglia
Ghisleri era talmente conosciuta per la propria operosità e probità che quando Luigi Ghisleri morì set-
tantenne (nel 1900), l’originale e popolarissima figura di morigerato agricoltore venne ricordata come
un’autentica benedizione del cielo, come quella di un uomo che in vita si era comportato da autentico
cristiano aiutando tutti come fratelli. Cfr. “L'eco del Popolo” e “Il Cittadino di Cremona” che registra-
rono lo straordinario concorso di popolo alle sue esequie.
La famiglia, i libri, i primi amici
so l'Ing. Rizzi (figlio del datore di lavoro dello zio), lavorando contemporaneamente
come ispettore della ferrovia Cremona-Mantova allora in costruzione. Fu in questo pe-
riodo che cominciò la passione per le letture di critica storica e letteraria; e fu altresì
allora che secondò l’inclinazione per le discussioni filosofiche e politiche.
Nella scuola tecnica Ghisleri poté soddisfare la sua curiosità intellettuale grazie alla
possibilità offerta dal professore d'italiano di consultare la sua ricca biblioteca (Ghisle-
ri lo descriverà più tardi come un “prete colto, liberale, amico del Tommaseo”
3
). Ma
ben più importante per la formazione di Ghisleri fu l’apporto del professore dell'istitu-
to tecnico, Giuseppe Tedoldi, ex prete ritornato dall'America, cognato di Ettore Sacchi
4
, versato in
3
Brano tratto da uno studio dattiloscritto di G. A. Belloni conservato nella Domus Mazziniana di Pisa
(d’ora innanzi D.M.Pi.), D III e 12/12.
4
Ettore Sacchi nacque a Cremona nel 1851. Laureatosi in legge a Pavia, svolse l’attività di penalista
acquistando enorme successo. Divenne deputato nel 1882 nel collegio di Cremona e, con tale carica,
svolse una attività di rilievo nelle file radicali. Nel 1906, in qualità di Ministro di Grazia e Giustizia e
dei Culti nel gabinetto Sonnino, fu promotore della legge che abolì il sequestro preventivo dei giornali;
nel 1910 divenne vicepresidente della Camera dei Deputati e Ministro dei Lavori Pubblici ancora in un
gabinetto Sonnino, carica che mantenne anche con il successivo governo Giolitti (30 marzo 1911-19
marzo 1914). Contrario all’intervento nella Grande Guerra, non si rifiutò tuttavia di partecipare al gabi-
netto Boselli (18 giugno 1916-20 ottobre 1917) e successivamente a quello Orlando (29 ottobre 1917-
23 giugno 1919) in qualità di Ministro di Grazia e Giustizia e dei culti, dimettendosi però il 17 gennaio
del 1919. Nelle elezioni del 1921 ottenne il seggio in Parlamento poiché, pur non avendo vinto nel col-
legio di Cremona, non si convalidò l’affermazione di Roberto Farinacci per ragioni d’età. Morì a Roma
nel 1924.
La famiglia, i libri, i primi amici
storia inglese e conoscitore dei più noti scrittori di Francia
5
. Egli secondò Ghisleri
nella passione per la lettura mettendolo in relazione con Edoardo Porro e Costantino
Soldi
6
. Saranno questi uomini che avranno parte dominante nella costruzione della
forma mentis del giovane Arcangelo. Nel periodo scolastico egli accelererà perciò il
5
Poco conosciamo di Giuseppe Tedoldi. Ghisleri lo citò nelle proprie memorie del 1884 così: “Tra i
miei maestri di scuola, unico, per stima profonda, cresciutami cogli anni e coll’esperienza, e per merita-
to affetto, ricordo il prof. Gius. Tedoldi”. Brano tratto da P.C. Masini, La scapigliatura democratica.
Carteggi di Arcangelo Ghisleri: 1875-1890. A cura di P.C. Masini, Milano, Feltrinelli, 1961, pag. 261.
Un’altra memoria di Tedoldi è contenuta in una lettera del 18 febbraio 1876. In essa Ghisleri confidava
a Gatti: “ Credo fermamente che se vi sono peccati, il più grave, anche in faccia a Dio, dev’essere quel-
lo di operare contro la propria coscienza. Ho dintorno a me qui nella piccola Cremona ottimi esempi di
situazioni consimili. Quel prof. di lettere dell’Istituto Tecnico, che io amo come un secondo padre, e
che fu il vero papà della mia intelligenza, era prete e mi diceva le afflizioni amare che gli avvelenarono
la sua apostasia. Pensandoci (gli diceva io) mi sento pieno di meraviglia pel vero coraggio di cui ha da-
to prova, malgrado la sua indole così quieta e affettuosa. L’ottimo uomo crollò il capo e parve dire:
v’hanno situazioni dolorose si dè doloroso il vedersi reietto, isolato da tanti e parenti e amici che prima
vi erano intimi e devoti; ma è pur doloroso per un animo sincero il dover sempre mentire, il dissimula-
re, il violentare continuo le proprie opinioni per rispetto alle persone che vi circondano: è un sagrificare
la propria individualità a quella degli altri; è il sacrificio più doloroso che ci possa essere, una vera con-
sunzione dello spirito”. D.M.Pi., G V c 3/2.
6
Scrive Belloni: " A Cremona, in quegli anni, aveva grande rilievo morale uno di quei sacerdoti di Cri-
sto che la posizione, controrivoluzionaria assunta dalla Curia nei confronti del Risorgimento, aveva
spinto a deporre la tonaca [..] Chi era questo Soldi? Poca cosa nella Storia Universale: gran cosa nella
storia di un'anima.
Continuatore dell'opera per gli asili infantili di Ferrante Aporti, [...] Costantino Soldi era nato a Pieve
d'Olmi nel 1822. Nel periodo eroico del Risorgimento, col Prof. Edoardo Porro, protomedico di Cre-
mona, sfidando il giogo austriaco, aveva sempre introdotto corrispondenze e pubblicazioni patriottiche
da Pavia (il Porro aveva un doppio fondo nella sua carrozza, il Soldi ricoverava le carte proibite nel Ta-
bernacolo inviolabile![)]. Il Soldi fu un caldo Cattaneo. Come il Tedoldi (che insegnò all'Istituto Tecni-
co ed ebbe Ghisleri a discepolo e assistente) come Stefano Bissolati (padre di Leonida), come Diomede
Bergamaschi e altri, il Soldi infine si spretò, per la ragione suddetta. A Cremona imperversò contro i
‘preti liberali’ il principio del vescovato [sic] di Mons. Bonomelli, persecutore del Tosi sopratutto. Il
Soldi ‘mutata la veste, non mutato il core’ (ciò scrisse di lui Ghisleri) a nuovo sacerdozio sacrò la vita -
consigliando e praticando l'alto suo ideale - della giustizia e dell'amore fra gli uomini". D.M.Pi, D III e
12/12. Sulla originale figura di Stefano Bissolati cfr. S. Bissolati, Esposizione d’una coscienza, Cremo-
na, Tip. Ronzi e Signori, 1864; sua moglie, Paolina Caccialupi, fu una traduttrice di Bakunin (cfr. M.
Bakunin, Dio e lo Stato, con prefazione di Leonida Bissolati, Milano, F. Fantuzzi, 1893) ed una figura
intellettuale di spicco. Per notizie biografiche cfr. Per Paolina Caccialupi Bissolati. 6 aprile 1894. Pa-
role dette davanti al feretro dalla Prof. Carmela Baricelli, dal Prof. Arcangelo Ghisleri, dall’Avv. Luigi
Ratti, Cremona, Tip. Sociale, 1894.
La famiglia, i libri, i primi amici
cambiamento di prospettive che già stava manifestando. Se fino ai dodici anni, cioè
sino al secondo corso della scuola tecnica, fu uno studente assiduo e scrupoloso, dedi-
candosi alla sola lettura dei testi scolastici, nel periodo successivo cominciò a scoprire
nello studio il mezzo per appagare i bisogni dell'animo. Iniziò allora ad essere bibliofi-
lo. L'amore per la lettura assunse ben presto i caratteri della bibliomania e ciò lo portò
a trascurare la scuola stessa. “Ebbi la fortuna” – ricorderà Ghisleri in seguito –“che i
miei professori chiudevano non uno ma tutti e due gli occhi, ma fin allora ero purista
fanatico ed ero ancora credente cattolico”
7
. Col passare dalla scuola tecnica
all’istituto, il mutamento interiore fu accelerato. “Era un passare (per rispetto ai pro-
fessori di lettere) dall'Abate Cesari a Francesco De Sanctis e dagl'inni sacri ad Antonio
Franchi.”- proseguiva Ghisleri - “Il passaggio era proprio brusco. Benché il professore
dell'istituto [Tedoldi] non ragionasse mai di dogmi e per deliberato proposito e per na-
turale delicatezza non entrasse mai in disquisizioni di principi religiosi, però applicava
la sua filosofia nella storia come nella letteratura, e benché indirette le sentivo ben io
le trafitture alle mie antiche credenze [..] Entrate una volta nel mio cervello, non pote-
vano stare inerti e lavoravano, lavoravano”
8
. Il dubbio s’insinuò lentamente. Se non
rinnegava ancora le passate credenze, certo stava avvenendo un cambiamento; pur te-
nendosi saldamente aggrappato alla propria fede cattolica, esaminava liberamente tut-
to senza alcuna incertezza; “sentia una sete,” – rivelava ancora Ghisleri – “un'arden-
tissima sete di studi e di dibattimenti sempre più viva [..] volevo tutto appurare da me,
tutto rivedere e confutare e riordinare [..] per colpa della scuola ho passati quei tre an-
ni in una sterile atonia dello spirito, interrotta ad ora ad ora da lampi di ribellione e da
febbri improvvise d'applicazione, ma sbarrate dalle esigenze scolastiche. Nell'ultimo
anno non fui solo il più trascurato della classe, ma anche il più birichino, ero ribelle
convinto e temuto. E ne’ primi mesi mi compiacqui di torturare a mia volta i professo-
ri [..] facevo opposizione seria ed attiva; contrastavo l’opportunità dei compiti, del
metodo, dell'ordine, facevo opposizione a tutto [..] prendevo di mira l'ordinamento
dell'istituto nel suo complesso e le mie frecce salivano salivano colpendo grado grado
i professori, il preside, la giunta di vigilanza e il ministero. Perché facessi più colpo [,]
nelle mie botte ci metteva del garbo e lasciavo il mio pensiero senza esprimerlo aper-
tamente”
9
. Nello stimolo alla lotta avvertita come necessaria contribuirono sia, come
visto, le figure della cerchia cremonese, ma non meno gli uomini e gli ideali risorgi-
7
Brano tratto da una minuta diretta ad Andrea Cantalupi del 23 agosto 1873. D.M.Pi., G I e 24/104.
8
Ivi.
9
Ivi.
La famiglia, i libri, i primi amici
mentali. Appartiene a questi anni lo spostamento dell’attenzione verso il passato, l'at-
trazione sentita per le generazioni del 1830 e del 1848. Ben presto gli autori ed i pro-
tagonisti della storia di quel periodo divennero i suoi insegnanti di vita, portandolo ad
amare un passato ricco di grandi gesta, di anime elevate, di indicazioni per un diverso
futuro, tanto diverso, in meglio, del presente meschino.
Questa crescita culturale entrava però in conflitto con quelli che erano i dettami fami-
liari. Il legame che unì Ghisleri ai propri genitori fu, infatti, in ogni occasione, molto
forte. Da essi ebbe una costante assistenza in ogni circostanza della vita, persino nei
momenti in cui le diverse opinioni sulle scelte da compiersi avrebbero dovuto condur-
re ad una insanabile spaccatura. Nonostante le consistenti differenze nella visione del
mondo, Ghisleri riconosceva nella propria indole molte delle peculiarità dei genitori.
Le crisi di silenzio, la passione per la propaganda, la sua costumatezza, i moti
d’espansione e di festosa benevolenza, la rettitudine e l’onestà delle proprie idee, ve-
nivano da lui ricordate come tratti caratteriali ispirati dai genitori. Pur essendovi que-
sto legame, Ghisleri sentì che non poteva venir meno a quanto la coscienza ed il pro-
prio senso critico gli dettavano. Questo percorso provocò una delle maggiori lacera-
zioni affettive manifestatisi nel nucleo familiare. Nel 1875, ancora nel periodo in cui
la scoperta dei nuovi valori e l’immersione nella battaglia davano forza al pensiero,
Ghisleri scriveva a questo proposito: “se avessi una famiglia omogenea al mio pensa-
re, nulla di meglio. Per me sarei felice. Ciò che m’addolora è questa diversità
d’opinioni, non altro. Io non ho mai rimpianto gli anni della fede cieca e trovo
nell’austera affermazione del vero positivo una virile voluttà che mi compensa di ogni
illusione. Io aborro le illusioni e quindi m’afferro al polo libero che possiamo cono-
scere e credo a quello e mi basta”
10
. Più tardi, nel 1884, in un diverso periodo della vi-
ta, ritornerà sul difficile scontro familiare ricordando come il padre, di carattere auste-
ro e religioso, non per convenzione, ma per un profondo senso della moralità, “soffrì
assai quando nel 1877, fondando[si] l’Anticlericale, vide me tra i promotori, mentre
sino allora io aveva evitato di lasciargli comprendere l’evoluzione operatasi nel mio
animo dalla fede all’ateismo. E ne soffersi anch’io. Ma mia madre, certamente non e-
stranea a quei dolori, non dissemi mai verbo in proposito! Di parole parca, di tempe-
ramento chiuso, riflessivo calmo riservato, interpreto il silenzio suo così: ch’ella com-
10
Brano tratto da una minuta indirizzata ad Antonio Sartini del 5 dicembre 1875. D.M.Pi., G I h 1/63.
La famiglia, i libri, i primi amici
prendeva le lagnanze e le raccomandazioni essere inutili, solo esacerbare una piaga:
quindi in lei la forza (abituale al suo senno delicato) di astenersene”
11
.
Giulio Andrea Belloni
12
, discepolo di Ghisleri, avrebbe insistito molto sull’aspetto del
mutamento interiore manifestatosi in questi anni. Egli ricordava come Arcangelo nac-
que in un ambiente nel quale la rigida osservanza dei precetti religiosi era spesso
l’unica regola da seguire. Anche Ghisleri, inizialmente, aveva rivolto i tratti più pro-
fondi della sua personalità verso i simboli perfetti di quella fede che illuminava la la-
crimarum valle. Ma, successivamente, nel rapportarsi con la vita civile, comprese co-
me dello spirito del vangelo si facesse uno strumento per creare un clima di oscuranti-
smo; come alcuni ministri della chiesa compiessero delle iniquità nell'atto stesso in cui
identificavano la propria fede con una realtà oggettiva ed onnisciente di loro esclusivo
possesso. Ghisleri vide allora come molti uomini, tra cui Soldi, Tedoldi e Porro, per-
sone dalla virtù cristallina, intellettuali brillanti ed elevati, fossero stati espulsi dalle
istituzioni ecclesiastiche a causa delle loro battaglie per la libertà di pensiero
13
. Si tro-
vò allora a dover trarre delle conclusioni che lo posero in contrasto con la visione of-
fertagli dai genitori. Vi fu in tale periodo una grave carenza di "idealità" derivante dal-
la distruzione dei valori rassicuranti dati dalla famiglia. La nuova cultura, che sostitui-
va la precedente, riuscì per poco tempo ad occupare la mente di Ghisleri il quale, din-
nanzi alle delusioni derivanti dal combattimento giornalistico finalizzato alla distru-
zione di taluni approcci storici e letterari dei suoi tempi, si troverà a dover far fronte
ad un esaurimento delle forze intellettive
14
.
11
P. C. Masini, La Scapigliatura democratica, cit., pag. 262.
12
Giulio Andrea Belloni nacque a Roma nel 1902. Laureato in giurisprudenza con E. Ferri, abbracciò
l’indirizzo positivista e, sotto l’influsso di Ghisleri, divenne studioso di Cattaneo e Romagnosi (di cui
curò anche una raccolta di saggi). Divenuto mazziniano e repubblicano, ottenne la carica di Segretario
Nazionale del Partito dal 1924 al 1925, ed in tal periodo diresse “L’Alba Repubblicana”. Con l’entrata
in vigore della legge Federzoni sulla stampa, svolse un’attività pubblicistica finalizzata allo studio della
criminologia e dell’antropologia. Divenne redattore dell’“Annuario di studi legislativi e di diritto com-
parato”, dell’“Archivio dell’antropologia criminale”, de “La Scuola positiva”, de “La giustizia penale”
(in qualità di condirettore) e di “Criminalia”. Imprigionato per i suoi contatti con “Giustizia e Libertà”,
ebbe parte attiva nella lotta di liberazione organizzando il Partito Repubblicano. Nel 1946 divenne sia
Segretario Politico del Partito, sia direttore della relativa testata giornalistica “La Voce repubblicana”.
Abbandonate tali cariche nel 1947, fu eletto deputato l’anno successivo. Morì a Perugia nel 1957. Su G.
A. Belloni, cfr. Dizionario biografico degli italiani, Roma, Treccani, 1982, voce a c. di B. Di Porto.
13
Su questo cfr. lo studio di G.A. Belloni conservato nella D.M.Pi., D III e 2/2.
14
Sulle difficoltà della giovinezza di Ghisleri si veda in “Appendice” la memoria autografa del 27 mag-
gio.
La famiglia, i libri, i primi amici
È nel triennio 1873-1875 che comunque si formò la sua figura. Il periodo della giovi-
nezza di Ghisleri si presenta senza dubbio come il momento psicologicamente e stori-
camente più affascinante della sua vita. In questi anni la passione per la letteratura oc-
cupò larga parte dell’iniziale attività di studio, in tale campo tuttavia non arriverà mai
ad un grado di compiuta maturità stilistica e creativa. Di ciò divenne progressivamente
cosciente
15
. “Non fui vano” - scrisse a questo proposito - “neppure in letteratura, e la
modestia era figlia di un apprezzamento imparziale che facevo del valore altrui e del
mio; ma se mostravo mediocre stima de’ miei prodotti letterari non si era per modestia
sibbene per un più alto concetto che avevo in mente e al quale io stesso non mi sarei
stimato incapace di raggiungere, ove i mezzi di tempo e di studi mi fossero stati con-
ceduti. Ho avuto alte, anzi altissime ambizioni, proporzionate agli altissimi ideali in-
tellettivi e sociali che mi scaldarono l’anima; ambizioni così alte, che per la loro ine-
seguibilità cessavano di interessare l’amor proprio per rimanere un semplice faro lon-
tano, collocato in fondo al sentiero delle mie tendenze a rischiararne i manchevoli pas-
si. Di qui le audacie, che sembravano vanitose e non lo erano, e insieme la modestia
che s’adattava ai più umili uffici e ai più oscuri posti della vita nel mentre chi avesse
letto nel mio animo vi avrebbe scorto l’orgoglio del proprio ideale e tale un elevato
sentimento della propria dignità, da poter sembrare presuntuoso”
16
. Ad ogni modo,
grazie a questa passione per le lettere ed alla relazione stretta col proprio professore
dell’istituto, Ghisleri, nel ’74, riuscì ad ottenere un posto quale assistente per
l’insegnamento di italiano. Avendo Tedoldi ritenuto eccessivamente pesante fare le-
zione in tutti i corsi, suggerì al Preside, sotto la propria responsabilità, di impiegarlo
quale insegnante per il primo biennio. Poiché gli istituti tecnici dipendevano allora dal
Ministero dell’Agricoltura e Commercio e da una giunta di vigilanza locale pressoché
autonoma, non ci fu necessità di chiedere il permesso ministeriale. A diciotto anni
15
Oltre ad occuparsi di letteratura e critica letteraria, Ghisleri si dilettò nello scrivere poesie (pure di
contenuto molto modesto) e si occupò di musica della quale era in gioventù un appassionato ascoltatore
(in specie del melodramma). In tutte queste occupazioni, lasciate per dedicarsi esclusivamente alla dif-
fusione dei principi repubblicani ed anticlericali, non è difficile scorgere alcuni dei tratti tipici
dell’ambiente culturale lombardo della scapigliatura, in specie se si associano tali impegni culturali ed
artistici alla partecipazione politica.
16
P. C. Masini, La scapigliatura democratica, cit., pagg. 262-263. Questo scritto risente molto del pe-
riodo in cui fu meditato. La memoria, che è del 1884, venne stesa quando Ghisleri si trova in prostrante
stasi dopo la penosa uscita dal “Pro Patria” e la delusione derivante dai ripetuti fallimenti giornalistici.
In condizioni di miseria e solitudine accetterà di lì a poco l’incarico di insegnante a Matera. Su questo
periodo cfr. A. Benini, Vita e tempi di Arcangelo Ghisleri, Manduria, Lacaita, 1975.
La famiglia, i libri, i primi amici
Ghisleri assunse così l’incarico d’insegnante di letteratura del primo biennio
dell’istituto avendo come allievi giovani di età anche maggiore della sua. “L'incarico
era gratuito” – ricorderà più tardi – “(il professore [Tedoldi] mi aveva detto: le servirà
per domandare poi l'incarico alla S.[cuola] Tecn.[ica] se il Prof. Arcari, vecchio, andrà
presto in pensione) - ma io n'ero felice perché m'interrompeva dalle cure contabili e
materiali dell'ufficio dell'ingegnere. [..] Per più di due anni ebbi tale insegnamento e
non ricordo alcun atto di indisciplina o dispiacere datomi dagli allievi: io ero così mo-
desto e parlavo loro come ad uomini e trovavano più interessanti le mie che quelle del
professore, così che nelle lezioni mi pareva di scorgere in loro quasi un desiderio di
protezione a mio riguardo e mi facevano una nomea simpatica nelle loro famiglie. [..]
Ma quell'incarico era per me, come il giornalismo più tardi, una specie di lusso, di di-
vertimento - come altri prende le ore a fumare - e non mi distraeva dalle occupazioni
redditizie.”
17
Affianco all’attività di insegnamento, Ghisleri, lasciato l’impiego presso l’ingegner
Rizzi, aprì uno studio di ragioneria pagando a metà l’affitto con il suo ex compagno di
scuola Giovanni Coggi. Il socio lavorava fin da allora come rappresentante di oli ed
altre merci e continuò tale attività; Ghisleri cercava invece di guadagnare altro denaro
facendo ripetizioni di ragioneria, aritmetica e grammatica; “accettai perfino” – ricor-
derà ancora–“ di dare ripetizioni di latino ai nipoti del deputato Mori - mi preparavo io
regole ed esercizi per loro, e così ero costretto a imparare qualcosa anch'io -, ma era la
lezione più ben pagata, essendo in due, 4 lire l'ora e quando tornarono al
17
Il brano trascritto è tratto da alcune "Note autobiografiche di Arcangelo Ghisleri. estratte da una cor-
rispondenza familiare del 2.4.1922”. In calce portano scritto “copia riservata per il fido discepolo di
Arcangelo Ghisleri, e onor. amico Dott. G. A. Belloni Persico, 23/5/55”. D.M.Pi., D III e 12/12.
La famiglia, i libri, i primi amici
Ginnasio Parini di Milano ebbi la soddisfazione che il Prof. disse alla madre che tro-
vava avevano fatto molto progresso”
18
. Ma con l’attività di ragioneria, in una città
senza commercio, vi era poco da guadagnare. Ebbe solo da ordinare cinque anni arre-
trati di una fabbriceria ed i registri di un vetraio al quale aveva dato lezioni di contabi-
lità. Per questo motivo, quando nel 1876 si aprì il concorso per applicato alla Banca
Popolare di Cremona, vi fece domanda. Venne messo allo sportello dei risparmi, “do-
ve non c'era da oziare, ma stare attenti alle registrazioni e ai calcoli d'interesse, dentro
alle cifre tutto il giorno!"
19
.
La volontà di uscire dal guscio cremonese trovò tuttavia sfogo nella collaborazione ad
alcuni periodici studenteschi stampati nel nord d’Italia che rappresentavano in tale pe-
riodo l’unica sede valida per quel confronto d’idee alle quali il giovane Ghisleri rivol-
geva le proprie attenzioni culturali, il solo luogo ove far sentire il peso delle proprie
convinzioni, letterarie prima, politiche poi.
18
Ivi. In queste note scritte da Ghisleri, furono tralasciate tutte le tribolazioni ed umiliazioni che egli
conobbe in giovinezza per le difficoltà economiche. Ad esempio, ecco cosa scriveva in quegli anni a
proposito dell’incarico presso quella famiglia: “Sai che in questo mese (settembre) io sono, come stu-
pendamente seppe qualificarmi un mio amico di qui, un uomo sequestrato? Fui richiesto come istrutto-
re di un bambino settenne in una famiglia in una ricca famiglia: accettai; ma l’istruzione era pretesto; la
verità è che mi tocca fare vicenda da padre, da pedagogo, da medico ed infermiere e da bambinajo (dico
il vero) perché il bambino va soggetto a improvvise intermittenti convulsioni e vuole essere continua-
mente assistito. Aggiungi che il ragazzo è così inviziato che è intrattabile. Nientemeno che dalle 9 della
mattina fino a mezzanotte ed anche 1 ora dopo mezz.
te
io sto con lui e, se in vita simile non istupidisco,
è miracolo, è mercé della elasticità della mia natura, che, più compressa, più rimbalza. Non ho bisogno
di dire che questa mia situazione è una continua sequela di privazioni [..] E sono stanco! Ho già sofferto
anche troppo la povertà. I pregiudizi del mondo, i desideri del padre, gl’impegni presi, mi tennero sacri-
ficato ora un po’, ora una altro po’ per niente meno che due anni (e compiono colla fine del mese cor-
rente). Ora so abbastanza siccome sa di sale lo pane altrui (sanguinanti parole del poeta) e qual sia du-
ro colle lo scendere e salir per le scale di signori che preoccupati dalle loro eleganti nullaggini, non
sanno vedere nei loro dipendenti che tanti automi, balocchi o macchine di servizio, mentre sono uomini
che pensano, sentono, ed hanno anch’essi una loro dignità umana e cittadina che esige del rispetto, che
trascurata s’offende, che maltrattata se ne risente e soffre e sanguina pari e anche più profondamente e
dolorosamente che non della loro - vacua e corrotta”. Questo brano è tratto da una minuta indirizzata ad
Andrea Cantalupi del 20 settembre 1874. D.M.Pi., G I e 24/128.
19
D.M.Pi., D III e 12/12.