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Abstract
L’obiettivo di questa tesi è quella di mettere in evidenza le relazioni che sussistono tra tre
diversi tipologie dell’architettura tradizionale giapponese: la residenziale aristocratica, la
religiosa e la militare. Quest’ultima, la meno studiata, è stata precipuo oggetto di
approfondimento. Si sono quindi esaminati gli aspetti storici, materiali, prettamente costruttivi
e strategici che hanno condotto alla nascita e allo sviluppo dell’architettura militare
giapponese, il cui esempio più perfetto e meglio conosciuto è il castello di Himeji. Lo studio
si è basato principalmente sulla bibliografia in lingua inglese, mancando in Italia un qualche
studio comparabile su tale argomento. La ricerca ha evidenziato elementi comuni che legano
insieme per forme e processi costruttivi le suddette tipologie edilizie, e che, nonostante la
presenza di forti influenze della cultura cinese, il Giappone ha saputo mantenere con relativa
autonomia e distinzione con aspetti tecnici unici nel loro genere. La costruzione militare ha
saputo incarnare perfettamente la cultura del popolo nipponico raccogliendo la tradizione
tecnica di quella civile e religiosa, adattandola alle tecniche di combattimento peculiari della
classe guerriera feudale.
In questa tesi si affrontano quindi le problematiche relative alla storia, agli stili, alle tecniche
costruttive e alle strategie militari offensive e difensive diffuse e maturate in Giappone
dall’epoca Asuka fino ai primi anni del periodo Edo, al fine di comprenderne l’evoluzione e le
relazioni interconnesse. La stessa analisi architettonica, tecnologica e funzionale del castello
di Himeji ha rivelato come l’apice del processo evolutivo dell’architettura tradizionale
giapponese abbia avuto origine e sia indissolubilmente legato alle tipologie edilizie e a agli
aspetti costruttivi più antichi, radicati nella cultura nipponica.
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Introduzione
L’architettura dei castelli giapponesi nacque a partire della seconda metà del XVI secolo
principalmente per esigenze difensive, durante un’epoca caratterizzata da sanguinose guerre
civili e conosciuta come “periodo degli Stati Combattenti” (Sengoku Jidai, 1467-1568).
Epoca in cui i singoli feudatari lottavano tra loro per il potere e la supremazia della propria
casata sulle altre. Fino ad allora i sistemi difensivi erano costituiti essenzialmente da semplici
terrapieni con palizzate di tavolati lignei e fossati a protezione dei territori e dei possedimenti
dei signori della guerra (daimyo), arroccati in luoghi elevati difficilmente raggiungibili, difesi
da torri d’avvistamento e dagli elementi naturali, come alberi, fiumi o alte montagne. Nel
1542 accadde però un evento imprevisto che cambiò totalmente le strategie difensive ed
offensive di tutto il Giappone e diede una forte spinta evolutiva all’architettura del Paese con
la costruzione che conosciamo ancora oggi. Fu l’arrivo dei Portoghesi e delle loro armi da
fuoco a mutare gli scenari fino ad allora determinati da tecniche offensive e difensive che si
basavano principalmente sul colpire a distanza il nemico con frecce scagliate da grandi archi
(yumi) per poi ingaggiarlo in campo aperto prima a cavallo e poi a piedi con armi da mischia
come la katana (la famosa spada giapponese) e lunghe lance taglienti (yari). Ma da quel
momento in poi i giapponesi iniziarono a riprodurre e ad impiegare i fucili a miccia importati
dagli occidentali, molto più potenti e con una gittata maggiore rispetto agli archi, ma
soprattutto in grado di mettere in crisi le tradizionali difese lignee. Una personalità in
particolare, Oda Nobunaga (1534-1582), intuì il potenziale di queste armi impiegandole per
conquistare e unire fra loro molte province del Giappone sotto il suo controllo. Egli diede così
inizio all’epoca Momoyama (1573-1614) con la costruzione di un nuovo tipo di edificio,
usato come proprio quartier generale e funzionante come fortezza impenetrabile ad ogni
attacco nemico, oltre che residenza in tempo di guerra: il castello. Esso si costituì come
enorme e massiccia struttura lignea a più piani rivestita di intonaco e tegole ignifughe
impostata su grandi basamenti fatti di pietra e terrapieni. Il castello era inoltre difeso da una o
più torri di guardia, da mura perimetrali (anch’esse intonacate, con feritorie dalle quali poter
sparare sul nemico), da almeno un fossato oltre che dagli elementi naturali circostanti. Per
tutta la durata dell’epoca Momoyama, fino ai primi anni del periodo Edo (1603-1867), furono
costruiti castelli in modo più o meno standardizzato da ogni singolo feudatario: più o meno
grande a seconda del sito in cui sorgeva e delle disponibilità economiche del signore, ma
sempre per proteggersi in primis dagli attacchi degli archibugeri nemici, e per esibire con la
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propria mole la forza militare del proprietario e dissuadere i potenziali nemici. I sistemi
difensivi dei castelli costituivano di fatto l’ultima difesa, in quanto le battaglie si svolgevano
quasi sempre in campo aperto; solo quando un esercito era messo alle strette si ritirava
all’interno del castello per proseguire lo scontro fino alla vittoria o alla morte, spesso
autoindotta tramite il suicidio rituale. L’apice dell’architettura dei castelli si raggiunse nei
primi anni dell’epoca Edo, tra il 1601 e il 1609, con la costruzione del castello di Himeji,
conosciuto anche come il “castello dell’Airone Bianco” per l’aspetto candido dato dal
rivestimento ad intonaco. Esso, proprio perché mai è stato teatro di uno scontro armato,
rimane ad oggi pressochè intatto nella forma di quando fu eretto, nel XVII secolo. Con i suoi
edifici e le strutture difensive è muto testimone della massima evoluzione raggiunta in
Giappone da questo tipo di architettura.
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Capitolo 1 - Evoluzione stilistica e costruttiva dell’architettura
religiosa e civile giapponese dal periodo Asuka al periodo
Muromachi
1.1 - L’influenza dell’architettura buddhista nei periodi Asuka (552-710) e
Nara (710-794)
Il Buddhismo fu introdotto in Giappone dalla Corea alla metà del VI secolo. Verso la fine di
quel secolo fu accettato dai governanti giapponesi anche per la struttura e pratica di
insegnamento e apprendimento scolastico. La cultura e la religione buddhiste si erano
sviluppate in Cina basandosi sul Buddhismo Mahayana indiano, poi temperato dal
confucianesimo cinese e dalle idee taoiste diffuse nella penisola coreana. Insieme agli
insegnamenti del Buddhismo, i giapponesi importarono anche le forme dei templi buddhisti
cinesi: essi derivavano inizialmente da quelle del tempio indiano (evidente nella
trasformazione della stupa indiana rispetto alla pagoda cinese), successivamente furono
modificate basandosi sulla pianificazione delle architetture imperiali cinesi.
1
Il Nihonshoki
(libro del 720 d.C. narrante la storia del Giappone) riporta che un architetto, sei sacerdoti
buddhisti e un pittore provenienti dal regno coreano di Paekche giunsero in Giappone nel 577
per mostrare ai giapponesi la disposizione e le tecniche costruttive degli edifici monastici.
2
1.1.1 - I complessi templari e dell’edilizia civile del periodo Asuka
Si sa per certo che l’imperatore Soga no Umako costruì il primo tempio in Giappone, l’Hoko-
ji, tra 588 e 596, poi ribattezzato come Asuka-dera per il nome della capitale in cui si trovava,
cioè Asuka (fig. 1.1). Durante questo periodo, il layout del tempio era prescritto, e seguiva
strettamente gli stili continentali, presentando un cancello principale rivolto a Sud e la zona
sacra circondata da un corridoio coperto semichiuso (kairo) accessibile attraverso un cancello
centrale (chumon). Il recinto sacro conteneva una pagoda, che fungeva da reliquiario per gli
oggetti sacri, e una sala principale (kondo). Il complesso poteva avere altre strutture come la
sala per la lettura (kodo), un edificio contenente una grossa campana (shoro), un archivio per i
testi sacri (kyozo), quartieri residenziali per sacerdoti e monaci ed edifici prospicenti a vasche
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1
LOCHER (2010), Traditional Japanese Architecture, p. 25
2
JEFFREY (2011), The History of Japanese Architecture, p. 41
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termali destinate alla pulizia del corpo (fig. 1.2).
3
I complessi sono disposti secondo i principi
della geomanzia cinese (feng shui), specificamente con gli edifici orientati verso il sole o
verso una vista particolare, e sono pensati “per entrare in armonia con le forze cosmiche
dell’ambiente”. Gli edifici templari, sin dalle origini, erano grandi costruzioni di legno
robusto con larghe coperture rivestite da tegole di ceramica e campate tra i pilastri riempite
con malta di fango e rivestite da intonaco di calce, con più livelli di mensole, più o meno
articolate, che si protendevano dalle spesse colonne circolari per sostenere le sporgenti gronde
del tetto.
4
Accanto all’architettura religiosa buddhista fu introdotta anche una nuova
architettura residenziale (di cui oggi non è rimasta traccia), della quale si dovettero fare
patrocinatori ed esecutori materiali un buon numero degli oltre 100.000 immigrati provenienti
dalla Corea e dalla Manciuria che in quest’epoca si stabilirono nell’arcipelago.
5
1.1 - Illustrazione ricostruttiva dell’aspetto che poteva avere il tempio
Asuka-dera
6
1.2 - Planimetria del tempio Asuka-
dera
7
La legalizzazione e lo sviluppo della cultura buddhista in Giappone furono assicurati
dall’imperatrice Suiko (554-629) e dal principe Shotoku (572-622) i quali resero possibile la
costruzione dei primi templi a spese dell’erario. Il più antico complesso monumentale oggi
sopravvissuto è il tempio di Horyu-ji (fig. 1.3), nei pressi dell’attuale Nara, il cui nucleo
originale risale al VII secolo. Esso si compone di un grande chiostro quadrangolare, con
portico principale d’ingresso a Sud, che recinge un ampio spiazzo entro il quale si innalzano
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3
JEFFREY (2011), The History of Japanese Architecture, p. 41
4
LOCHER (2010), Traditional Japanese Architecture, p. 26
5
BUSSAGLI (1981), Architettura orientale, 377
6
http://www.japan-photo.de/ASUKA-DERA.jpg, 28/07/15
7
SUZUKI (1980), Early Buddhist Architecture in Japan, p. 45