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PREMESSA
Per “economia dell’idrogeno” s’intende un’economia basata sull’utilizzo dell’idrogeno come
vettore energetico più che come fonte energetica in senso stretto. Si parla di vettore per il
fatto che questo elemento può trasportare, a grandi distanze e in grandi quantità, energia
prodotta da diverse fonti (nel futuro essenzialmente da energie rinnovabili) e tale energia,
immagazzinata sotto forma di idrogeno, può essere poi impiegata per alimentare i bisogni di
attività urbane ed industriali.
Per analizzare l’economia dell’idrogeno, il punto di partenza d’obbligo è l’esame dell’attuale
economia che, come sappiamo, è basata sul petrolio. Se da un lato è a tutti noto il ruolo del
petrolio come fonte energetica su cui si fonda la società attuale, dall’altro sono sempre più
evidenti i limiti della sua economia: limiti naturali legati alla sua scarsità, limiti geopolitici
relativi alla non uniforme distribuzione dei giacimenti, con il conseguente problema di una
forte interdipendenza tra politica ed energia (che si ritrova alla base di gran parte dei conflitti
militari del presente e del passato) e, non ultimi, i limiti ambientali legati al problema
dell’inquinamento.
Anche se il termine adottato è quello di economia del petrolio, in realtà le fonti attualmente
utilizzate sono molteplici, come illustra il grafico di pagina seguente (Fig.1). Si nota
chiaramente che più del 90% dell’energia primaria consumata nel mondo è legata a sorgenti
energetiche come il petrolio, il gas naturale e il carbone, le quali sono dette fonti fossili e sono
accomunate dalla presenza di carbonio nelle loro molecole: dovremmo quindi più
propriamente dire che viviamo nell’economia del carbonio ed è da questa che volenti o
nolenti saremo costretti ad uscire.
Nella sua storia, l’economia del carbonio ha subito profondi cambiamenti causati da diversi
fattori: in primis quello legato all’inquinamento ambientale che, in maniera sempre maggiore,
è argomento di discussione politica in tutti i Paesi, essendo ormai accertata la correlazione tra
l’aumento della concentrazione di CO ₂ nell’atmosfera e l’aumento della temperatura media
globale del pianeta. L’economia del carbonio ha affrontato tale problema ricorrendo
all’impiego di combustibili sempre più poveri di carbonio. Nel corso degli ultimi 200 anni,
partendo dall’impiego del legno, si è passati all’utilizzo del carbone, per poi arrivare al
petrolio ed infine al gas naturale, cioè a combustibili contenenti molecole con un numero
sempre minore di atomi di carbonio (rapporto carbonio/idrogeno da 8 a 0,25). Ecco che la
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molecola di idrogeno, essendo priva di carbonio, può essere impiegata come combustibile in
modo del tutto ecocompatibile e senza emissioni di CO ₂.
FIG.1 : Energia primaria consumata nel mondo (2005).
Il dibattito in corso sull’energia del futuro è indirizzato verso lo sviluppo di un’ economia
basata sulle fonti rinnovabili, le uniche in grado di offrire una vera soluzione ai problemi
ambientali. Di questo dibattito quello che qui interessa è come si pone il vettore idrogeno
rispetto a tale futuro, tenendo presente che esso non è una sorgente di energia primaria ma è
solo un vettore energetico, capace cioè di “trasportare” energia, e poiché non esiste libero in
natura e deve essere prodotto artificialmente per essere utilizzato.
Nello schema sottostante (Fig.2) possiamo vedere un esempio di un possibile sistema
energetico integrato, basato sulla futura economia dell’idrogeno. Nella parte bassa dello
schema possiamo notare il ciclo di produzione dell’ idrogeno tramite Reforming di Gas
Naturale (GN): ad una prima torre di estrazione del GN segue il vero e proprio impianto di
produzione dell’ idrogeno, dal quale escono come prodotti di reazione, oltre ovviamente al
desiderato H ₂, anche CO ₂ e H ₂O. La prima viene reinserita nel sottosuolo all’interno di un
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giacimento esaurito; la seconda viene invece accumulata in un acquifero salino, essendo
comunque acqua pulita.
FIG. 2: Sistema energetico integrato basato sulla futura economia dell’idrogeno.
Ma l’idrogeno, come vedremo più approfonditamente in seguito, può essere prodotto anche
per vie diverse dal Reforming, che non necessitano di estrarre ed utilizzare GN, il quale, come
sappiamo è in esaurimento e comunque potrebbe essere utilizzato direttamente per la
produzione di energia elettrica senza bisogno di essere trasformato. I due principali metodi
alternativi sono la Gassificazione di Biomasse e la produzione tramite l’ Elettrolisi dell’
acqua.
Il vantaggio del primo metodo, oltre all’evidente abbondanza della materia prima, ovvero la
biomassa recuperabile dagli scarti delle lavorazioni agricole e dall’allevamento, è che non
necessita di elettricità per il funzionamento del processo e quindi il gas di sintesi ottenuto (una
miscela di idrogeno e ossidi di carbonio) può poi essere bruciato (previo trattamento per
separare la CO ₂) in una centrale elettrica, producendo elettricità da immettere in rete.
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Per quanto riguarda l’elettrolisi, essa è senza dubbio il metodo più semplice per la produzione
dell’idrogeno: richiede soltanto acqua, che normalmente è facilmente reperibile, ed energia
elettrica che, al contrario di quanto avviene per la gassificazione di biomasse, qui è invece alla
base del processo. Se questa energia elettrica proviene da fonti rinnovabili, quali
l’idroelettrico, il fotovoltaico, l’eolico o le stesse biomasse, è possibile produrre ossigeno ed
idrogeno (entrambi elementi utilissimi in vari ambiti industriali) in modo del tutto pulito ed
ecocompatibile.
Concentrandosi solo sull’idrogeno, per rimanere nel merito di questo elaborato, esso può:
essere inviato a centrali elettriche e bruciato per la produzione di altra energia elettrica
(bisogna però attentamente valutare se tale energia “secondaria”, prodotta dalla
combustione dell’idrogeno, è economicamente più conveniente rispetto all’energia
“primaria” che viene sprecata per la produzione dell’idrogeno stesso);
essere inviato ad una stazione di servizio di H ₂ e quindi alimentare veicoli in
sostituzione della benzina;
essere utilizzato come combustibile in FUEL CELL, aspetto che tratteremo
approfonditamente in seguito.
Per concludere questo quadro generale, può essere utile accennare alle principali tesi che
portano avanti coloro i quali ritengono che una futura economia dell’idrogeno non sia
un’utopia ma, anzi, una possibile e realizzabile soluzione ai problemi energetici dei prossimi
decenni.
Tra questi esperti c’è chi privilegia l’impiego dell’idrogeno essenzialmente per il fatto che è
facile da conservare e trasportare ed è quindi un ottimo vettore di energia, inoltre può essere
prodotto da energie rinnovabili e questo è certamente un punto a suo vantaggio. Altri esperti
mettono invece l’accento sul fatto che le celle a combustibile (tecnologia che meglio si è
integrata con l’utilizzo dell’idrogeno), avendo un rendimento maggiore dei motori a
combustione interna, ridurranno notevolmente il consumo dell’energia. Una terza corrente è
sensibile al fatto di non far dipendere i consumi interni da forniture energetiche di altri Paesi,
cosa che purtroppo l’Italia è costretta a fare, importando dall’estero sia il petrolio e il metano
necessari alla produzione di energia, sia una parte di energia elettrica che vien prodotta
direttamente all’estero. Infine, un quarto gruppo vede nello sviluppo delle fuel cell e
dell’idrogeno, unitamente ai relativi sistemi e infrastrutture, una opportunità per creare nuovi
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programmi di ricerca e/o un mercato di questi nuovi prodotti a favore dei consumatori e delle
industrie.
Fatte tutte queste considerazioni, andiamo ad analizzare nel dettaglio prima l’idrogeno in
quanto elemento chimico con le sue caratteristiche, poi i vari metodi di produzione che
esistono, per poi passare al suo trasporto/stoccaggio ed utilizzo, toccando i pro e i contro di
quella che per molti potrebbe essere una valida soluzione ai problemi energetici prossimi e
futuri: l’economia dell’idrogeno.
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I° CAPITOLO: ELEMENTO H
1.1 Cenni storici.
La storia dell’idrogeno ha accompagnato parte degli sviluppi dell’industria, soprattutto
chimica, negli ultimi 250 anni. Se vogliamo datare la scoperta, o meglio l’esatta
classificazione di questo elemento, dobbiamo risalire a Henry Cavendish che nel 1766 lo
chiamò ‘aria infiammabile’. Il termine ‘idrogeno’ è legato a Antoine-Laurent Lavoisier che
così lo denominò, nel 1785, nella nuova nomenclatura chimica, per indicare che da esso si
genera l’acqua.
Il suo primo impiego fu come gas di riempimento dei palloni aerostatici. All’inizio del 19°
secolo una miscela contenente più del 50% di idrogeno era usata per il riscaldamento e
l’illuminazione di abitazioni e strade. È invece più recente la storia dell’energia ottenuta
dall’idrogeno e ai protagonisti di questa storia va riconosciuta la virtù di aver fatto progredire
gli studi della tecnologia dell’idrogeno fino al livello attuale.
Negli anni Trenta del 20° secolo è nata in alcuni la convinzione di poter parlare non più di
energia da idrogeno ma di economia dell’idrogeno, intervenendo con quest’ idea sul problema
della crisi energetica ipotizzata in un futuro più o meno lontano, dovuta all’esaurimento del
petrolio. Alcuni fanno risalire il concetto di economia dell’idrogeno all’ingegnere tedesco
Lawaczek il quale, negli anni Trenta, sosteneva che, a causa della bassa viscosità
dell’idrogeno, sarebbe stato più economico trasportare energia in forma di idrogeno tramite
tubazioni, piuttosto che come elettricità via cavo. Molti concordano invece nel far risalire
l’inizio del movimento dell’economia dell’idrogeno al 1974, nel corso della conferenza
THEME (The Hydrogen Economy Miami Energy). Un grande impulso all’idea dell’economia
dell’idrogeno è stato di certo dato dall’International Association for Hydrogen Energy (IAHE)
che ogni due anni organizza una serie di conferenze denominate World Hydrogen Energy
Conferences (WHEC), nelle quali, di biennio in biennio, si fa il punto sullo stato dell’arte
della tecnologia e si propongono le nuove idee e soluzioni per il futuro.