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INTRODUZIONE
Questa ricerca cerca di approfondire le teorie estetiche di Michele Guerrisi, scultore ed esteta.
Si ritiene molto importante il fatto che esso fosse sia un artista che un esteta in quanto si è del
parere che una persona dotata di maggior genio artistico possa meglio comprendere i
problemi legati al mondo dell’arte, a differenza, di un puro teorico.
Un artista, infatti, si pone in un modo diverso rispetto a un individuo meno dotato di genio.
Esso riesce a vedere l’arte in un modo differente, non solo meccanico e fisico, ma è capace
anche di vedere nella realtà le proprie emozioni e, inoltre, sa come trasferirle agli altri tramite
il mezzo artistico e la propria fantasia, riuscendo così a meglio definire ciò che per esso è
veramente importante. Così facendo, offre una nuova idea, la “sua” idea del mondo che ci
circonda.
Per questo lavoro ci si è avvalsi di diversi metodi di ricerca, reperendo informazioni
soprattutto dai libri di Michele Guerrisi oltre che sui testi dei vari autori da esso citati o
criticati negli stessi, come L. Venturi, Wölfflin, Hegel, A. Riegl e B. Berenson e soprattutto
Benedetto Croce.
Oltre che dai testi si è cercato, seppur in maniera minore, informazioni dai quotidiani e da
internet.
Il lavoro si divide in quattro parti principali più una biografia dell’artista. Il primo capitolo è
una breve introduzione storica in cui si parla delle idee che il fascismo aveva riguardo l’arte,
come ad esempio il mito della nuova romanità, idee che fortemente influenzarono Michele
Guerrisi nelle sue opere artistiche.
Non bisogna inoltre dimenticare che in quegli anni erano molto influenti le idee di Croce e,
gli scritti di Guerrisi, sono un ottimo esempio di come il filosofo marchigiano ha fortemente
influenzato la società e l’estetica di quegli anni in Italia.
Nella seconda parte si è presa principalmente in esame l’arte della scultura e i problemi a essa
legati.
Il capitolo è suddiviso a sua volta in tre sottocapitoli in cui si parla del concetto di volume, la
composizione e gli schemi artistici e le cause della decadenza della scultura in Italia.
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Per quanto riguarda il concetto di volume, si parte dal problema che secondo Guerrisi la
scultura è considerata dai più un’arte minore rispetto alle altre, come ad esempio la pittura.
Questo è accaduto nel momento in cui essa si è svincolata dalla tradizione accademica e
dall’arte classica ed è diventata inespressiva e di conseguenza la pittura è stata presa in
maggior considerazione.
Fu solo con Giotto e la sua prospettiva che la forma tornò a essere importante nell’arte
italiana. Tramite esso, anche la pittura che lo seguì divenne più plastica, superando gli schemi
bizantini. Questo non vuol dire che i pittori e gli scultori sono antitetici ma, gli uni
influenzarono gli altri, perché l’arte è una e le differenze e le prevaricazioni di un’arte rispetto
a un’altra sono solo da ricercare nel gusto di un determinato periodo storico.
Anche il problema della forma come volume, nello specifico della scultura, è da attribuire ai
diversi gusti delle differenti epoche e gli artisti, dall’inizio della storia dell’arte fino a oggi,
hanno sempre cercato di superare con le loro opere, i limiti del gusto e bisogni intellettuali del
loro tempo.
Qualunque sia la definizione che si voglia dare alla forma, rimane il fatto che uno è il volume
fisico e altro il volume inteso come forma ideale.
Il modo di intendere la “forma” è dettato anche da fattori socio-culturali che definiscono
differenti gusti nelle diverse epoche. Questi fattori concorrono alla creazione di una diversa
opinione nel gusto comune, da cui gli artisti dovranno partire per la creazione delle loro
opere.
Tutte le arti, comunque, hanno la caratteristica di produrre immagini e la scultura in
particolare le realizza attraverso le forme. Questo non vuol dire che l’arte è imitazione della
natura e, per potersi estraniare da tale astrazione, è necessario possedere gusto, anche da parte
della critica. Questo presuppone il fatto che l’artista che crea debba essere dotato di genio e il
critico di gusto.
Un altro problema della scultura è sempre stato il suo rapporto con la realtà, con la
somiglianza, cose che hanno sempre fatto travisare il pensiero estetico dell’artista e del
critico. Ma il fatto che gli scultori abbiano sempre creato opere mettendo assieme diverse
forme, come ad esempio le chimere, non stupisce nessuno.
Questo succede perché la nozione che la forma creata dalla fantasia dell’artista sia unica, si è
talmente tanto radicata nella cultura generale che, separando le immagini componenti la
stessa, si impedirebbe la contemplazione della forma nella sua totalità e quindi nel suo
insieme di impressioni.
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Rendendo note così le proprie impressioni, l’errore in arte diventa un’astrazione, e se
qualcuno tende a trovare inesattezze in un’opera, cercherà di aggirare il problema avvalendosi
di una qualche teoria, confondendo così l’arte con la ragione. Ecco che molti artisti,
sbagliando consapevolmente, scadono nella teoria, smettendo di creare arte.
Per comporre un’opera, l’artista deve solo usare la sua fantasia, non la realtà, facendo anche
in modo di far dimenticare tutto il processo artistico dietro la materialità dell’opera,
trasfigurando così la realtà e creandone una nuova.
È molto diffusa nell’opinione generale che la composizione possa avvenire solo quando le
forme da inserire in un’opera siano molte ma ciò significherebbe che comporre sia solo un
atto automatico di aggradamento fra le varie figure. Invece, una composizione deve essere
fatta in modo che nulla possa essere tolto dall’opera senza che essa perda armonia.
Quindi, comporre altro non è che l’immagine stessa, la prima intuizione.
Tutto ciò di cui necessitano gli artisti per comporre, ovvero gli schemi, come ad esempio, lo è
la prospettiva o la composizione intesa nel senso comune, finisce spesso nelle mani di persone
non avvezze alle pratiche dell’arte come lo sono i critici.
Uno di essi, Wölfflin, ha cercato con le sue teorie sulla pura visibilità di classificare la storia
dell’arte attraverso cinque schemi, ognuno dei quali costituito da due concetti antitetici.
Questi schemi, per Guerrisi, ci deviano dal vero significato che l’opera vuole suggerirci, ci
danno soltanto l’impressione di averla compresa.
Un altro critico, con cui Guerrisi non è d’accordo, è Venturi in quanto esso considera
differenti le opere fatte in diverse epoche storiche, e l’autore invece ci dice che esse in realtà
sono sempre intuizioni artistiche, e chiuderle dentro concetti di stile è inutile al fine della
critica. Ecco che la scultura, essendo stata snobbata dai critici, ha perso la sua attrazione e, per
tornare ad essere considerata come le altre arti, dovrà svincolarsi da tutti gli schemi a dalla
mimesi con la natura, fattori dai più riconosciuti come arte ma che in verità non lo sono
affatto.
Spetterà alla “sua” generazione affrancarsi da tali schemi, usando la fantasia per trasformare
l’intuizione in opera d’arte.
Nella terza parte di questa tesi, si parla delle relazioni fra l’idea figurativa, la rappresentazione
e la critica. È solo nella visione, secondo l’autore, che la realtà ci appare in oggetti e cose, ma
in realtà il mondo che ci circonda è una cosa unica, ed è tramite la ragione che noi chiudiamo
gli oggetti in concetti.
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Prima però di capire in che modo la realtà diviene forma del sentimento, bisogna rispondere
ad una domanda: come nasce la visione, senza la quale non potremmo riprodurre e nemmeno
contemplare l’arte?
Nel testo “L’idea figurativa”
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, l’autore rivede perciò la teoria di Croce in cui si afferma che
“ognuno è artista a modo suo”, e dice anche che tutti noi siamo in grado di percepire le cose
artisticamente perché non possiamo allontanare il nostro interesse dalla natura e dal
sentimento.
Percependo e ricreando entra in gioco anche la memoria, (che altro non è che quel lasso di
tempo, breve o lungo che sia, che intercorre fra la percezione e il momento della
riproduzione) ma ciò non significa che essa sia già arte, in quanto, l’arte inizia soltanto
quando la volontà decide, con l’aiuto della fantasia, di esprimere ciò che si è percepito.
Il prodotto finale non è quindi il puro fatto visivo, ma un proiettare la sensazione nel mondo
del gusto, del sentimento e dell’esperienza. La concezione che l’arte riproducesse tramite la
visione le forme della natura, ha portato d’altronde a diverse assurdità nella storia dell’arte.
Inoltre, nel momento dell’individuazione, l’occhio vede la natura nella sua totalità, ma
l’attenzione dell’artista si sofferma solo su ciò che per lui è veramente importante, individua
cioè il particolare nel generale e questo è un atto che solo lo spirito può operare. Questo
presuppone il fatto che un’opera non nasca da una mera osservazione della natura, ma dalla
fantasia, che fa si che l’artista abbia almeno una vaga idea di ciò che deve riprodurre.
Ciò potrebbe farci pensare quindi che l’idea sia già arte, ma invece sarebbe un pensiero errato.
Se l’arte esistesse già nella fantasia dell’artista, che senso avrebbe allora creare opere d’arte?
Tornando alla visione, quando guardiamo qualcosa ci è impossibile fissare un unico punto di
vista a causa del movimento degli occhi e dei fenomeni facenti parte la natura, e di
conseguenza, il punto di vista trova concretezza solo all’interno dell’immaginazione.
Anche la fantasia è in continuo movimento e, influenzata dall’esperienza, fa si che gli artisti
rappresentino nel movimento stesso la loro impressione.
Alla base di tutte le rappresentazioni figurative sta il fatto che percepiamo i fenomeni tramite
concetti universali e cioè quelli geometrici. Tali schemi geometrici rendono realizzabili tutte
le creazioni materiali ed artistiche.
Tutti questi concetti, altro non sono che schemi, cose di cui gli artisti si servono per la
creazione di opere, ovvero per il processo artistico. Il discorso sugli schemi, continua nel
mettere a paragone composizione poetica e figurativa, e l’autore afferma che anche il poeta,
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M. Guerrisi, L’idea figurativa, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1952.
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come il pittore o lo scultore, produce immagini; solo che esso usa schemi diversi come il
ritmo o i vari termini e la sistemazione delle varie parole altro non che composizione.
Questo ci fa notare l’importanza di tali schemi, che devono essere in un primo momento
accettati e compresi, e soltanto in seguito, con l’aiuto del genio e della fantasia, devono essere
superati. Ciò non indica che la storia dell’arte sia riconducibile solo a schemi, in quanto, ogni
artista, da un suo significato personale a ognuno di questi schemi universali.
La critica al contrario, nel cercare di spiegare la storia dell’arte e l’arte stessa solo attraverso
l’utilizzo di questi schemi, è intercorsa nel più grande errore in fatto artistico. Un altro grave
errore dei critici è quello di giudicare le opere senza conoscere il periodo storico in cui esse
sono state fatte, senza comprendere cioè i bisogni esistenti in quel tempo che hanno portato
alla loro creazione. Ecco che la storia dell’arte si sofferma solo su alcuni punti principali.
Questo avviene perché gli schemi sono sempre in continua evoluzione e i punti più salienti di
tale trasformazione vengono presi in maggiore considerazione rispetto a degli altri dagli
storici dell’arte e soprattutto dai critici. Nasce così l’errore della categorizzazione dell’arte.
Nella quarta parte, ci si è occupati della critica nei confronti del linguaggio figurativo e dei
fattori che riguardano il rapporto fra artista e critico.
Sempre all’interno de “L’idea figurativa”
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, l’autore ci dice una cosa molto importante, ovvero
che per poter criticare un’opera, il genio e il gusto devono diventare una cosa sola ma senza
però dimenticare l’opera. Infatti, lo sbaglio in cui più spesso intercorre la critica, è quello di
utilizzare la letteratura come mezzo per spiegare un’opera. Questo accade perché essa è più
facile da capire e è alla portata di tutti.
Tuttavia, così facendo, la critica regredisce alle forme meccaniche dalle quali l’arte deve
rifuggire e, conseguentemente, la gente comune finisce con il confondere l’opera con
l’oggetto che essa rappresenta. La critica d’altronde è sempre andata di pari passo con la
storia dell’arte e, anche se in concetto di arte è stato studiato con metodo solo a partire dal
XVII secolo, è logico che la critica migliore sia quella fatta nel periodo in cui tale opera è
stata creata. Chi meglio di coloro che hanno vissuto i bisogni per cui è stata creata una
determinata opera artistica possono meglio comprenderla?
Ma oggi un critico incorre in un grande errore: giudica un’opera del passato tenendo conto di
tutta la storia dell’arte, quando invece il metodo migliore e giusto sarebbe quello di giudicarla
rapportandola solo con quelle opere che la hanno preceduta. Inoltre la critica, nel giudicare
un’opera, deve cercare di comprendere il processo artistico perché l’espressione, essendo in
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M. Guerrisi, L’idea figurativa, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1952.
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continua trasformazione grazie alla fantasia e all’esperienza, non può essere ricondotta
solamente a schemi universali e di conseguenza statici, validi per tutte le epoche.
L’autore critica anche la categorizzazione dell’arte di Hegel e soprattutto la presunta
superiorità di un’arte rispetto ad un’altra.
È criticabile pure l’idea hegeliana sulla concezione stessa della materialità di cui sono
costituite le opere di scultura, ovvero la tridimensionalità che secondo Guerrisi invece da sola
non spiegherebbe l’arte della scultura.
Un altro storico criticato dall’autore è Riegl, di cui critica soprattutto la teoria secondo la
quale la storia dell’arte è riconducibile a due schemi fondamentali: il principio tattile e il
principio ottico.
Vi è un certo riscontro fra le teorie di Riegl e quelle di Berenson, soprattutto nella sua teoria
dei valori tattili e la visione pittorica, che secondo lo stesso Berenson, servirebbe a spiegare
l’accento del rilievo nell’arte da Giotto a Michelangelo.
Tutte queste teorie, non servono dunque a spiegare lo svolgimento dell’arte e inoltre ne
impediscono la sua corretta comprensione, mentre spetta solo alla fantasia, nel suo continuo
tramutarsi, rappresentare le forme e le intuizioni, creando un collegamento tra i fenomeni, il
sentimento e l’arte.