- 11 -
descrive l’importante ruolo che occupano oggi i musei scientifici, in particolare i
science centre, i quali possono proporsi come uno dei principali luoghi in cui si
può attuare una nuova “cittadinanza scientifica attiva ”.
Il terzo capitolo si propone di introdurre brevemente le strutture della
comunicazione scientifica attive nella regione Campania, con particolare
riferimento a quelle museali, con l’intento di capire quale sia il loro modo di
costruire un nuovo rapporto tra scienza e società, di quali siano la loro storia, i
loro strumenti operativi e il loro ruolo.
L’ultimo capitolo ha come obiettivo di capire – attraverso un’indagine qualitativa
sul campo basata sul giudizio, l’esperienza e le competenze di osservatori
privilegiati, protagonisti a vari livelli e in varie forme della comunicazione
scientifica – la condizione della scienza di oggi: di come si è passati dal “modello
del deficit” (ossia quel modello di divulgazione scientifica inteso come
un’attività di trasmissione unidirezionale, di un sapere scientifico oggettivo,
verso un pubblico passivo che, vittima di deficit di conoscenza, ascolta e capisce
solo parzialmente l’informazione scientifica) alla comunicazione scientifica
partecipata; di quale sia il ruolo della divulgazione e comunicazione scientifica;
del ruolo degli esperti di comunicazione scientifica e, infine, del ruolo delle
strutture scientifiche: musei, science centre, associazioni scientifiche.
Questa ricerca, naturalmente, non ha lo scopo di presentare una realtà
generalizzabile, ma di confutare o meno, almeno in parte, l’ipotesi costruitasi
nell’arco della tesi: se cioè sia avvenuto, e come è avvenuto, il passaggio dalla
divulgazione scientifica a una comunicazione scientifica partecipata e se il
modello del deficit sia, o meno, in crisi.
- 12 -
CAPITOLO I
L’EVOLUZIONE DEI MUSEI SCIENTIFICI:
DALLE “CAMERE DELLE MERAVIGLIE”
AI SCIENCE CENTRE
“….e tutto il giorno sono veduti da tanti Signori,
che passano da questa città, i quali visitano il mio pandechio di natura,
come un ottavo miracolo del mondo.”
Scriveva Ulisse Aldrovandi in una lettera del 1605
Abstract
Sebbene gli science centre abbiano origine in tempi abbastanza recenti, già il Palais de
la Découverte di Parigi assumeva molte caratteristiche degli science centre, nel 1937;
insomma, se la grande diffusione degli science centre inizia negli anni sessanta, la loro
storia si ricollega in modo diretto a quella più antica della mostra della scienza e della
tecnica.
Se è vero che oggi rimane ancora aperto il dibattito sulla considerazione degli science
centre come musei, è anche vero che essi, allo stato attuale, devono essere considerati
un’importante fase del processo di evoluzione dei musei della scienza e della tecnica.
Il tentativo di questo primo capitolo è, quindi, quello di ricostruire il percorso storico
che ha portato alla nascita, in primis dei musei della scienza, a partire dalle camere delle
meraviglie, e poi, degli science centre. L’analisi sistematica di questo capitolo cercherà
di individuare, di questo percorso, i momenti critici e gli eventi più importanti che ne
hanno condizionato gli sviluppi nelle successive epoche storiche.
Nei primi due paragrafi si fa accenno alla nascita e alla diffusione delle raccolte
scientifiche. In particolare, nel paragrafo 1.1 vengono analizzate le prime forme di
collezionismo dell’epoca classica fino al Rinascimento. Nel paragrafo 1.2, invece,
vengono osservate le diffusioni e le trasformazioni delle raccolte del Seicento, in
seguito alla rivoluzione scientifica. Nel paragrafo 1.3 vengono esaminati i musei della
scienza e della tecnica che sorgono nelle grandi capitali alla fine del Settecento e
nell’Ottocento. Nel paragrafo 1.4 si considerano le esposizioni internazionali della
- 13 -
tecnica e dell’industria, che si sviluppano nella seconda metà dell’Ottocento fino ai
primi anni del Novecento. Tali esposizioni influenzarono la nascita di nuovi musei della
scienza e della tecnica, fra cui il Deutsches Museum di Monaco. Quest’ultimo diventerà
il prototipo di un nuovo stile museale.
Il paragrafo 1.5 è dedicato alla nascita dei primi science centre e alla loro rapida
diffusione a partire dall’Exploratorium di Oppenheimer in tutto l’Occidente e nel resto
del mondo.
L’ultimo paragrafo, l’1.6, approfondisce le caratteristiche dei science centre del
ventesimo e ventunesimo secolo, condizionati – soprattutto – dalle nuove tecnologie
digitali.
- 14 -
1.1 Dall’Ellenismo al Rinascimento:
l’origine della cultura museale
Il termine museo deriva dal latino museum, mutuato dal greco mouseion, che
indicava in origine un tempio dedicato alle nove muse. 1
In seguito, con questo termine si designa anche il luogo dedicato alle opere
letterarie e agli insegnamenti filosofici. Vi venivano conservate opere di grandi
poeti e scrittori come Esiodo, Omero, Archiloco, ma, accanto alle statue delle
muse, c’erano anche un gran numero di vasi, dipinti, ornamenti di bronzo, d'oro e
d'argento, dedicati alle divinità; alcuni di questi pezzi erano esposti
all'ammirazione dei cittadini. Si trattava, però, di piccoli templi dove si
mescolava la cultura agli oggetti come segno di culto divenendo i luoghi delle
arti, delle virtù intellettuali e civili. La cultura museale, quindi, nasce con
l’esigenza di collezionare oggetti solo a scopo votivo.
Dobbiamo aspettare l’epoca Ellenistica per avere un prototipo di museo
tipicamente scientifico organizzato sul modello del Peripato2 quando Tolomeo I
Sotèr, nel 290 a.C., fece confluire ad Alessandria diversi poeti, scienziati, e
letterari del Peritato, li fece alloggiare e studiare nel Museo e nella Biblioteca,
quest’ultimi importanti progetti ultimati sotto il regno di Filadelfo, figlio di
Tolomeo I.
Si formò, così, una comunità di studiosi, a disposizione dei quali il sovrano aveva
creato strutture residenziali, una sala per banchetti, una sala di lettura, un
chiostro, un giardino botanico, un giardino zoologico, un osservatorio
1
Nella mitologia greca, le nove dee figlie di Zeus e di una dei titani pre-olimpici, Mnemosine, dea della
memoria; si credeva vivessero sul monte Parnaso, nella Focide, o sull'Elicona, in Beozia.
Le nove dee figlie della memoria, infatti, presiedevano a tutte le arti e le scienze e ispiravano poeti,
filosofi e musicisti.
Monaco Giusto - Casertano Mario - Nuzzo Gianfranco, Attività letteraria dell’antica Grecia, Palombo,
Palermo 1998.
2
Nel 335, quando Alessandro fu nominato re, Aristotele tornò ad Atene e fondò la sua scuola, il Liceo,
così chiamata perché l'edificio si trovava nei pressi del tempio di Apollo Licio, secondo la tradizione,
gran parte delle lezioni nella scuola aveva luogo mentre insegnanti e allievi passeggiavano nel giardino
del Liceo, la scuola aristotelica finì per essere soprannominata "Perípato" (dal greco peripatéin,
"camminare" o "passeggiata.
ibidem, p. 150.
- 15 -
astronomico e una biblioteca. In questi edifici erano conservati e usati a scopo
didattico oggetti di vario tipo, come strumenti chirurgici, strumenti astronomici,
pelli di animale, zanne d'elefante, statue e busti. Si creò un nuovo centro di studio
che, muovendosi dall’enciclopedismo tipico aristotelico, avviò il processo di
specializzazione di molti studiosi in varie branche della conoscenza.
L’Ellenismo portò a maturazione quel processo che, nei secoli precedenti, aveva
sostituito alla figura del filosofo-scienziato, solitario e studioso di vari problemi,
la scuola filosofica, come luogo di ricerca, di riflessione e di diffusione del suo
sapere. Questo processo ebbe inizio non solo grazie al tramonto dell’idea
platonica di superiorità della filosofia sulle altre scienze, ma grazie soprattutto
all’atteggiamento sostanzialmente innovativo, e coerente con la nuova mentalità
ellenistica, del sovrano, disposto a utilizzare esose somme di denaro in progetti di
promozione culturale e ricerca scientifica. Nasce, così, il finanziamento della
scienza3 con la convinzione del monarca di fare cose utili per il proprio regno.
Museo e biblioteca di Alessandria
È invece con la civiltà romana che la funzione dei musei è unicamente quella di
conservare statue e oggetti preziosi con lo scopo di meravigliare. Molti storici
3
Questo fenomeno fu denominato Mecenatismo, cit. in Monaco Giusto - Casertano Mario - Nuzzo
Gianfranco, Attività letteraria dell’antica Grecia, Palombo, Palermo 1998.
- 16 -
latini, infatti, affermano che i romani più ricchi riempivano le loro abitazioni di
manufatti e statue come segno della loro ricchezza e facoltà, con l’intento di
stupire e segnando l’atto di nascita del collezionismo privato.
Plinio il Vecchio sosteneva che i musei avevano questa grande capacità di
affascinare perché l’uomo, di fronte alla bellezza della natura, rimaneva folgorato
dalla spettacolarità dell’opera concentrata in uno spazio piccolo4. Plinio il
Vecchio, inoltre, nella Naturalis Historia, sua opera più famosa, spiegava che il
motivo del calo della ricerca scientifica del suo mondo, era da ricercarsi nella
pace, nemica della scienza e delle arti.
Secondo lo storico, il benessere e la conciliazione non spingevano più gli
scienziati a lavorare: si era in un certo modo impigrito lo spirito di ricerca e non
venivano più finanziati progetti di studio dal momento che non se ne avvertiva il
motivo. È molto probabilmente per questa ragione che il museo latino non era né
realizzato, né visto come centro di diffusione della cultura e della ricerca
scientifica.5
Con la fine dell’Impero romano, in un certo senso, i musei cessano di esistere.
Motivo di ciò potrebbe essere il fatto che moltissime ville di cittadini facoltosi
non si riempivano più di statue o oggetti preziosi che, fino allo splendore
dell’Impero romano, erano il frutto di commerci e appropriazioni delle regioni
sottomesse e che, in questa nuova fase storica, non esistevano più. Inoltre, non vi
erano più bottini di guerra, spesso esposti in luoghi pubblici (terme, portici, fori)
come testimonianza della potenza dell’impero romano, oramai decaduto.
Nel corso del Medioevo, invece, il collezionismo non era del tutto scomparso
anzi, proprio come era avvenuto inizialmente in epoca classica, si raccoglievano
oggetti di devozione che riempivano le chiese con lo scopo di venerare Dio.
Insieme a questi oggetti di culto e oggetti preziosi, vi erano anche reperti
provenienti da terre lontane che inizialmente non potevano essere considerati
oggetti di liturgia, ma erano esposti con l’intento prioritario di provocare e
colpire l’immaginazione.
4
Pietro Greco, La città della scienza, storia di un sogno a Bagnoli, Bollati Boringhieri, Torino 2006.
5
Casillo Giuseppe - Urraro Raffaele, Letteratura latina, Bulgarini, Firenze 1998.
- 17 -
La maggior parte di questi reperti erano raccolti da mercanti o crociati durante i
loro viaggi nel mondo. Si trattava a volte di resti di animali sconosciuti
all’Europa, come coccodrilli o tartarughe; a volte di minerali, come resti di
meteoriti; altre volte, ancora, di manufatti. Spesso, a queste tipologie di resti,
venivano spesso attribuiti storie leggendarie con poteri sovrannaturali. Queste
raccolte, però, non avevano nessun intento scientifico, per cui sia le rarità naturali
che le opere umane erano combinate senza un ordine. Erano lì solo per
meravigliare.
Allo stesso modo, anche i nobili collezionavano oggetti simili per venderli in
caso di problemi economici e, soprattutto, per stupire i propri ospiti durante
occasioni particolari come feste, anniversari, cerimonie.
Nel Medioevo, quindi, le chiese e i monasteri d'Europa divennero i principali
centri di raccolta di gioielli, statue, manoscritti, sacre reliquie, esposti al pubblico
nelle grandi festività o dati in pegno in caso di esigenza. Allo stesso tempo,
nobili, principi e sovrani costituivano, insieme alla Chiesa, i principali
committenti di opere d'arte.
Kunstkammer di Frans Franken il
giovane (inizio XVII secolo).
Quadri, statuette, conchiglie, e altri
esemplari naturali, raccolti insieme a
rappresentare il mondo.
- 18 -
Alla fine del Medioevo va segnalato il ritorno del museo “laico”, per certi versi
simile a quello ellenistico in quanto luogo di discussione, ricerca e studio; per
altri versi simile a quello romano in quanto luogo di raccolta ed esposizione.
Insomma, questo tipo di museo sintetizza sia la funzione di ricerca-acquisizione-
conservazione che la finalità di studio-educazione-diletto6, in maniera
singolarmente simile a quanto avviene nei musei contemporanei. In questo
periodo, in cui si afferma il gusto per il classico, rinascono luoghi che raccolgono
libri, reperti archeologici e codici tipici della classicità. Da questo forte interesse
per la classicità deriva la necessità di ordinare le raccolte e di catalogare i reperti.
Si diffonde, così, l’uso dello “studiolo” che contribuisce – a partire dalla fine del
XIV secolo – a preparare la nascita dei musei, nell’accezione contemporanea. Gli
studioli sono luoghi privati, di solito collocati in piccoli spazi di palazzi di nobili
o di mercanti, in cui questi avevano il loro scrittoio arricchito con oggetti del
periodo classico. Successivamente, in pieno Rinascimento, questi luoghi
divengono molto ricchi e importantissimi, perché costituiscono lo spazio per
coltivare la conoscenza, trasformandosi in simboli di prestigio culturale e di
ricchezza economica.
Diventano famosi gli studioli di Lionello D’Este nel Palazzo Belfiore di Ferrara,
di Isabella D’Este nel palazzo Ducale di Mantova, di Alfonso D’Este nel castello
di Ferrara, di Francesco I de Medici a Palazzo Vecchio di Firenze.7
Lo studiolo italiano era caratterizzato da oggetti d’arte, da naturalia (animali
impigliati, ossa, fossili pertinenti alla botanica, alla zoologia e alla mineralogia) e
moltissimi artificialia (gli orologi, le serrature di Norimberga e vari manufatti).
Era, per così dire, la prefigurazione di un museo specialistico e, spesso, aveva
una sua logica espositiva, non sempre di facile interpretazione. La finalità di
questa collezione era comunque e sempre quella di meravigliare.
Un esempio molto interessante è il caso della Villa delle Meraviglie voluta dal
principe Pier Francesco Orsini 8. Questa villa esponeva all’aperto diverse sculture
6
Mottola Molfino Alessandra, Il libro dei musei, Allemandi, Torino, 1992.
7
Bertuglia Sergio - Stanghellini Andrea, Science Centre, una trattazione generale, un caso di studio
Name, Genova 2001, p. 47.
- 19 -
che richiamavano altrettante culture della Terra. È questo, infatti, il periodo delle
grandi scoperte geografiche e la proposta di questa collezione era quella di
percorrere un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso queste meraviglie del
mondo.9
Lo studiolo di Francesco I, invece, non durò a lungo perchè questi volle creare un
ambiente più grande in cui poter raccogliere tutte le sue collezioni ordinate
specificamente e, soprattutto, aprirlo a coloro che desiderassero ammirarlo. La
collezione diventava per la prima volta pubblica, dando vita al primo vero museo
moderno come mezzo di diffusione della cultura: nasceva la Galleria degli Uffizi
(1572)10.
Se in Italia il collezionismo prendeva in considerazione prevalentemente raccolte
umanistiche, nel nord Europa si manteneva una continuità con le raccolte
medievali. Parliamo delle Wunderkammern (stanze delle meraviglie) considerate
eredi degli studioli francesi, perché vi era la volontà di raccogliere tutto il
macrocosmo in una stanza, raccogliere il mondo e tenerlo sott’occhio11.
Va ricordato che siamo nella prima metà del ‘500, dopo il sacco di Roma, in una
situazione d’incertezza storica derivante in primis dalla sottomissione del papato
di Clemente a Carlo V nel 1528 e, successivamente, dal tentativo fallito di
quest’ultimo di dare una dimensione sopranazionale all’Impero, finito con la
divisione dei propri domini in due monarchie ereditarie (spagnola e austriaca).
L’Impero si trasformò così in una confederazione di principati e città tedesche
indipendenti. Il Sacro Romano Impero stava finendo informalmente, mentre nel
1806 finì anche ufficialmente.12
In qualche modo, quindi, una funzione delle Wunderkammern era anche quella di
controllare, simbolicamente, almeno un “pezzo” di mondo.
8
Realizzata nel 1552 a Bomarzo dall’architetto Pietro Logorio il quale dopo la morte di Michelamgelo fu
chiamato a lavorare a San Pietro cit. in Pietro Greco, La città della scienza, storia di un sogno a Bagnoli,
Bollati Boringhieri, Torino 2006, p. 84.
9
ibidem.
10
Bertuglia Sergio - Stanghellini Andrea, Science Centre, una trattazione generale, un caso di studio,
Name, Genova 2001, p. 47.
11
ibidem.
12
Dizionario di storia Universale, DeAgostini, Novara 1995.
- 20 -
L’arte era solo un aspetto delle collezioni di queste stanze delle meraviglie. Le
Wunderkammern raccoglievano un po’ di tutto: naturalia, artificialia, stranezze e
altri oggetti curiosi. In questo senso, la principale differenza con gli studioli
italiani è proprio nella differenza di contenuto dal punto di vista museologico.
L’esposizione era molto confusa anche se, con ogni probabilità, esisteva
comunque una logica espositiva. 13
Alla base di queste collezioni “giocava”, comunque, la rarità la cui intenzione era
quella di meravigliare. Potevano in alcuni casi convivere in queste collezioni
diversi tipi di oggetti rari: perché lontani nel tempo e nello spazio; per il
materiale, che poteva essere unico pur non essendo di particolare valore, o ancora
per l’artificium (qualità) che li caratterizzava. 14
Col passar del tempo, queste collezioni casuali divenivano sempre più raccolte
specialistiche con un intento tassonomico, ma non si comprende bene quando il
collezionismo viene sottoposto a criteri scientifici. Fatto sta, che nel ‘500 in Italia
emergono molte collezioni naturalistiche rilevanti, pur non essendovi particolare
coerenza cronologica con la ricerca scientifica.15
Alcuni collezionisti mettono su raccolte organizzate sui tre regni: botanica,
zoologia e mineralogia, utilizzando una logica categoriale sia per la collezione,
sia talvolta per l’esposizione. Nel 1544 nasce a Pisa, ad esempio, il primo
giardino botanico europeo. Il primo museo naturalistico, invece, è quello che
realizza nel 1561 Ulisse Aldrovandi nella sua casa di Bologna.16 Questo museo
conteneva animali, pietre, piante e una biblioteca con più di 4000 volumi. Egli
voleva creare un luogo di conservazione con lo scopo di farne un centro di
ricerca. Aldrovandi utilizza spesso il termine sperientia che etimologicamente
coincide con l’experimentum di Galileo, cioè con la verifica sperimentale
piuttosto che con la fede dell’ipse dixit aristotelico.17 Egli, come lo scienziato
moderno, vuole avere un rapporto diretto con il mondo e con tutta la sua
13
Mottola Molfino Alessandra, Il libro dei musei, Allemandi, Torino 1992, p. 22.
14
ibidem.
15
Pietro Greco, La Città della scienza, storia di un sogno a Bagnoli, Bollati Boringhieri, Torino 2006, p.
85.
16
ibidem.
17
Mottola Molfino Alessandra, Il libro dei musei, Allemandi, Torino 1992, p. 23.
- 21 -
fenomenologia. Ovviamente, il caso di Aldrovandi come anche quello di Orsini,
non sono episodi unici; ricordiamo qui numerose collezioni di altri studiosi di
storia naturale – come Calceolari, Mercati, Imperato – i quali vogliono creare
gabinetti di studio per sviluppare ricerca scientifica con un nuovo approccio
all’insegnamento delle scienze naturali. Non a caso, contemporaneamente agli
orti botanici, per affermare gli interessi naturalistici di questi studiosi nascono le
prime cattedre universitarie dette “dei semplici”, cioè di persone che non
facevano parte di principati o di casati nobili, ma che amavano fare ricerca per
soddisfare la loro voglia di conoscenza scientifica 18.
Aldrovandi: Dragon of 1572
18
Pietro Greco, La Città della scienza, storia di un sogno a Bagnoli, Bollati Boringhieri, Torino 2006, p.
86.
- 22 -
1.2 Il ‘600 e la riaffermazione del museo scientifico
Secondo Bertuglia e Stanghellini lo sviluppo dei musei scientifici non si può
comprendere solo a partire dalle collezioni del Rinascimento e dalle
Wunderkammern; esso deve invece essere riferito alla Rivoluzione scientifica che
ha coinvolto tutto l’Occidente tra il 1500 e il 1800. 19
Se per Rivoluzione scientifica si intende uno stravolgimento degli apparati
concettuali che investono tutte le discipline, possiamo allora individuare nella
storia del pensiero scientifico la Rivoluzione scientifica che va dal 1500 al 1800,
che ci interessa appunto per comprendere lo sviluppo dei musei scientifici del
‘600.
Essa viene considerata un processo storico e un movimento di idee che, a partire
dal XVI secolo, ha portato alla nascita della scienza moderna sperimentale e
all’abbandono della precedente immagine della realtà, fondata soprattutto sulla
filosofia di Aristotele.
Si è soliti definire l’ambito cronologico della prima Rivoluzione scientifica nel
periodo che va dalla pubblicazione dell’opera di Niccolò Copernico “La
rivoluzione delle sfere celesti” (1543), fino all’opera di Isaac Newton “I principi
matematici di filosofia naturale” (1687).20
Punto di avvio della prima Rivoluzione scientifica è stata senza dubbio la
rivoluzione astronomica effettuata da Copernico, il quale mise in discussione
l’apparato cosmologico risalente ad Aristotele e Tolomeo, ponendo il Sole, e non
la Terra, al centro dell’universo.
Partendo da questo assunto, successivamente Keplero individuò il movimento
ellittico dei pianeti, mentre Galileo abbandonava la distinzione tra fisica terrestre
e fisica celeste, elaborando un metodo unitario che consentiva lo studio di tutti i
fenomeni relativi al movimento. Quest’ultimo contribuì all’elaborazione di un
19
Bertuglia Sergio - Stanghellini Andrea, Science Centre, una trattazione generale, un caso di studio,
Name, Genova 2001, p. 48.
20
Nicola Abbagnano - Giovanni Fornero, Filosofi e filosofie nella storia, Paravia, Milano 2000, volume
1°.
- 23 -
metodo che congiungeva l'osservazione dei fenomeni naturali, il ricorso alla
matematica per la formulazione delle leggi scientifiche e la verifica
sperimentale.21
Infine Newton, con la sua teoria gravitazionale, unificò la fisica di Galileo con le
leggi di Keplero del movimento dei pianeti.
Occorre aggiungere, tuttavia, che la Rivoluzione scientifica fu già preparata, nel
corso del Rinascimento, da una serie di fattori:
• la nuova collaborazione che si stabilì fra artigiani e scienziati, per
realizzare nuove strumentazioni scientifiche, dal semplice cannocchiale di
Galileo fino alle sofisticate apparecchiature dei laboratori moderni di
fisica, diventando essenziale sia per l’osservazione dei dati sia per il
controllo sperimentale delle ipotesi scientifiche;
• il ruolo preminente man mano assegnato all’osservazione della natura;
• l’esigenza di liberarsi dai modelli del sapere elaborati dalla filosofia
scolastica.
In particolare venne abbandonata, con la prima Rivoluzione scientifica, l’antica
concezione della scienza come contemplazione pura della verità, a favore di un
approccio, di cui si fece interprete soprattutto Francesco Bacone, che sottolineava
l’importanza pratica e operativa del sapere scientifico. 22
Si affermava, inoltre, presso scienziati e filosofi, una concezione meccanicistica
della realtà, per la quale ogni singola parte dell’universo rivelava la regolarità
uniforme delle leggi geometrico-meccaniche che Dio avrebbe imposto alla natura
al momento della creazione. Infatti, Dio era ritenuto come un artigiano che aveva
creato l’Universo come una macchina perfetta che non consumava mai le sue
parti (conservazione della materia) e le quali parti non si fermavano mai
(conservazione del moto). Era escluso però ogni intervento di Dio successivo alla
creazione.23
21
ibidem.
22
Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia. © 1993-2004 Microsoft Corporation.
23
Paolo Tucci, Nani sulle spalle di giganti, in Pitrelli Nico - Sturloni Giancarlo (a cura di), La stella
nova. Atti del III Convegno nazionale sulla Comunicazione della scienza, Polimetrica International
Scientific Publisher, Milano 2005, pp. 250-251.
- 24 -
Dal punto di vista culturale, l’arte era stata fino a quel momento il maggior
interesse per le classi agiate, ma in questo periodo fa irruzione il piacere per il
sapere scientifico. Abbiamo visto che accanto allo stupore e alla meraviglia
prende piede la volontà di capire i meccanismi della natura. Nella Kunstkammer
di Dresda, infatti, accanto alle collezioni tradizionali era collocato un Cabinet
d’Ignorance, in cui gli oggetti erano lasciati senza indicazioni proprio per destare
curiosità del visitatore nello scoprirne il funzionamento.24 Le raccolte e le
collezioni scientifiche assumono un ruolo attivo, non solo dunque come
inventario di oggetti, ma anche come strumento per conferenze e dimostrazioni25.
Citiamo ad esempio il:
Cabinet di Bonnier de la Mosson
la Sala dell’Accademia delle scienze di Parigi
24
Bertuglia Sergio - Stanghellini Andrea, Science Centre, una trattazione generale, un caso di studio,
Name, Genova 2001, p. 49.
25
Francesco Riggi , Presentazione di Museologia scientifica, 2005, www.ct.infn.it .